Nell’agosto del 1933, la diciottenne Violette Nozière viene arrestata con l’accusa di avere avvelenato i genitori, somministrando loro una dose eccessiva di sonnifero. Mamma Germaine era riuscita miracolosamente a salvarsi dopo alcuni giorni di coma, mentre il padre non ce l’aveva fatta.

Secondo l’accusa, la ragazza avrebbe anche aperto il gas nell’appartamento, per far credere a un doppio tentativo di suicidio.
Per la stragrande  maggioranza dei francesi la bella Violette è un “mostro in gonnella”, mentre per alcuni intellettuali trasgressivi diviene una giovane ribelle da osannare.

Per capire come possano essersi formati pareri così discordanti dobbiamo tornare alla Prima guerra mondiale, quando il ferroviere Baptiste Nozière, occupatissimo a gestire il trasporto delle truppe verso il fronte, apprende che prima di lasciare Parigi aveva messo incinta l’amica Germaine Hezard.

Alla figlia non prevista, che nasce nel 1915, viene dato il nome di Violette.
Terminato il conflitto, la coppia si sposa e va a vivere a Parigi, insieme alla loro prima e unica figlia. La famiglia abita in un modesto bilocale al sesto piano di un grande edificio.

Negli studi Violette va decisamente male, ma non è questo il motivo per cui viene costretta a cambiare spesso la scuola: secondo gli insegnanti, la ragazzina è un esempio deplorevole a causa delle sue relazioni amorose con diversi compagni. E non si tratta di amore platonico.

 

Inoltre, marina la scuola per andare a divertirsi con amici molto più grandi di lei. Trascorre il tempo nei bar alla moda, si fa invitare nei ristoranti di grido e dorme spesso in hotel stellati con qualche signore danaroso. Se deve viaggiare in città, alla affollata metropolitana preferisce il più elegante taxi.

Violette Nozière ama anche fare compere in boutique dove i genitori, con il loro magro reddito, non sono mai entrati. Tutto questo lo ottiene sfruttando senza scrupoli il suo bel corpo: ancora minorenne, quando non riesce a trovare un amico che le copra le spese, si prostituisce occasionalmente al quartiere latino, popolato da studenti universitari e intellettuali.
Oppure posa nuda per una rivista venduta clandestinamente, in un’epoca in cui la pornografia è illegale.

Tra gli studenti universitari e i borghesi con il portafoglio gonfio che frequenta, per non sfigurare, la ragazza s’inventa che il padre è ingegnere e la madre stilista.
Violette si lega soprattutto al bel Jean Dabin, uno studente di Legge senza mai un soldo in tasca. Si tratta di vero amore, perché gli paga tutte le spese. Insomma, è lei che lo mantiene.

Più volte i genitori cercano di vietare a Violette di trascorrere giornate oziose al Bar de la Sorbonne o al Palais du Café, e di incontrarsi con quel fannullone di Dabin, ma è un obiettivo impossibile da raggiungere, perché papà Baptiste è sempre in giro per il suo lavoro di ferroviere, mentre mamma Germaine non ha abbastanza polso.

“Questi qui mi stanno troppo addosso”, pensa la diciottenne, che dovrà obbedire ai genitori fino a 21 anni, l’età in cui diventerà maggiorenne secondo le leggi dell’epoca.
Così, il 23 marzo del 1933, la ragazza compra un tubetto di Soménal, un potente sonnifero. La stessa notte scioglie alcune compresse nel cibo e poi esce come al solito.

Baptiste e Germaine vengono svegliati da un incendio, probabilmente appiccato dalla stessa Violette per farli morire tra le fiamme e il fumo. Siccome la dose di sonnifero non è stata sufficiente per tenerli addormentati, i due riescono a spegnere l’incendio quando è ancora limitato ai tendaggi. Tirando un sospiro di sollievo, pensano a un banale incidente.

Arriva l’estate e Violette vorrebbe che Jean Dabin, il suo fidanzato, la portasse al mare in auto. A noleggiarne una dovrà pensarci lei, come al solito, ma la ragazza ha finito i soldi.
Per sicurezza questa volta Violette di tubetti di sonnifero ne compra tre. Li svuota e macina le pastiglie fino a farle diventare polvere, che poi, la sera del 21 agosto, mette nel cibo dei genitori.

Quando la coppia dorme ormai pesantemente, la ragazza prende tutti i soldi che la madre tiene in un cassetto e quelli appena arrivati della paga del padre. Non molti nel complesso, ma abbastanza per una bella vacanza in spiaggia e per noleggiare l’auto.
Prima di uscire di casa, all’una di notte, la giovane apre il gas augurandosi che faccia un buon lavoro…

Mamma Germaine, a differenza del marito, scivolato rapidamente nel sonno eterno, dopo qualche giorno riacquista i sensi. Per fortuna il gas non è ristagnato nell’appartamento, ma è fuoriscito da una finestra dimenticata aperta. È la stessa madre a denunciare Violette alla polizia.
La ragazza finisce per ammettere le proprie responsabilità, ma dichiara di avere agito per esasperazione.


“All’età di 12 anni mio padre mi baciò sulla bocca”
, racconta, “poi mi accarezzò e alla fine mi portò in camera da letto approfittando dell’assenza di mamma. Negli anni, mi ha violentata molte altre volte in un capanno di nostra proprietà. Ho sempre tenuto per me questo terribile segreto e ho spesso pensato al suicidio”.
Poi però aveva cambiato idea, decidendo di punire il padre, senza preoccuparsi troppo della sorte della madre.

VIOLETTE NOZIÈRE, L'ASSASSINA AMATA DAI SURREALISTI
Germaine smentisce la figlia, accusandola di essersi inventata tutto come al solito: “Mio marito era un uomo troppo buono per comportarsi in maniera così indegna”.
I magistrati esaminano il capanno dove si sarebbero ripetute le violenze: risulta a ridosso di alcune povere abitazioni, i cui inquilini non hanno mai notato niente di strano.

 

Durante un interrogatorio a Jean Dabin, mamma Germaine nota che al dito ha un anello con pietre preziose appartenuto al marito. Dabin spiega che glielo aveva regalato Violette senza dirgli da dove provenisse, e, togliendolo, lo rende alla vedova.

Il processo si svolge l’anno dopo, nel 1934. Il pubblico ministero accusa Violette Nozière di non avere organizzato il finto suicidio dei genitori per vendicarsi delle supposte violenze sessuali del padre, ma per rubare i loro risparmi e pagarsi così le vacanze.

L’imputata ribatte che non aveva bisogno di soldi, in quanto un amico molto ricco di sessant’anni, un certo monsieur Emile, le garantiva tutto quello di cui aveva bisogno. Quest’uomo, però, non verrà mai individuato.

Quando ormai il processo ha preso una direzione decisamente sfarevole per l’imputata, mamma Germaine si rivolge accorata alla giuria: “Vi prego, abbiate pietà per mia figlia”. Parole inutili, perché viene riconosciuta colpevole di omicidio e condannata a morte.
Alla lettura del verdetto, la ragazza dice soltanto: “Ringrazio mia madre per avermi perdonato”.

Violette dovrebbe posare il suo delicato collo sotto la lama affilata della ghigliottina, ma sono molti anni che non viene decapitata una donna. Allora il presidente della Repubblica francese Albert  Lebrun decide di commutare la pena capitale in lavori forzati a vita.

In ogni caso, Violette Nozière è diventata un personaggio celebre, dopo che i giornali popolari hanno ricostruito nei dettagli gli aspetti piccanti della sua vita.
Tanto che i trasgressivi poeti e pittori del movimento surrealista ne fanno un idolo: quella giovane rappresenta per loro un modello di resistenza alla famiglia autoritaria e all’ipocrisia sessuale. Le dedicano poesie e le fanno omaggi, come il mazzo di rose rosse inviatele in carcere dal celebre poeta André Breton.

Anni dopo, i grandi rivolgimenti europei giocano a favore della condannata.
Durante l’occupazione tedesca nella Seconda guerra mondiale, iniziata nel 1940, i nazisti mettono a capo della Francia il vecchio generale Philippe Pétain, il quale aveva creduto alle affermazioni di Violette Nozière riguardo alle violenze subite dal padre. Inoltre Violette, nel carcere di Rennes, si è sempre comportata bene. Nel 1942, Pétain le riduce la condanna a 12 anni di lavori forzati.

L’assassina viene quindi scarcerata nell’agosto del 1945, quando la Seconda guerra mondiale è appena finita e anche la Francia torna alla libertà.
In seguito, Violette sposa un dirigente della prigione di Rennes: si può immaginare che il suo comportamento esemplare in carcere fosse anche dovuto al fatto che vi aveva trovato l’amore.

In breve tempo ha cinque figlie, ai quali non parlerà mai del proprio passato, e finisce per riconciliarsi con mamma Germaine. Muore il 18 novembre 1966, a 51 anni.

Su di lei sono stati scritti saggi, romanzi e, nel 1978, il grande regista Claude Chabrol le ha dedicato un film, intitolato semplicemente Violette Nozière, interpretato da Isabelle Huppert.

 

Sopra e sotto la storia a fumetti di Violette Nozière scritta da Eddy Simon e disegnata da Camille Benyamina

 

Infine, “l’omaggio” degli Area…

 

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Di Sauro Pennacchioli

Contatto E-mail: info@giornale.pop

2 pensiero su “VIOLETTE NOZIÈRE, L’ASSASSINA AMATA DAI SURREALISTI”
  1. Vorrei solo ricordare, per completezza, che i nostri Area (la band guidata dal compianto Demetrio Stratos) le hanno dedicato un pezzo dal titolo inequivoco di “Hommage A Violette Nozières” nell’album “1978 gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!”.

  2. Segnalo un “Hommage à Violette Nozières” (sic) sullo storico album degli Area “1978 gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!”.

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