Chissà se i vecchi lettori dell’Editoriale Corno ricordano quelle brevi storie a fumetti, senza personaggio fisso, che a volte apparivano in coda ai giornalini dei supereroi. La sensazione è che non venissero particolarmente apprezzate, e di questo vi è qualche traccia nella rubrica della posta.

VIC CARRABOTTA

Un riferimento agli “sciocchi raccontini” su una pagina della posta della Editoriale Corno



Oggi, grazie a Internet e ad anni di ricerche, ristampe, schedature e catalogazioni varie, sappiamo che si trattava spesso di storie degli anni Cinquanta, tratte da testate dello stesso editore. O meglio, del conglomerato editoriale facente capo a Martin Goodman, che in quel periodo pubblicava serie a fumetti con il marchio Atlas. Ma, all’epoca, si poteva rimanere perplessi.

Certamente alcune di queste storie erano firmate dagli stessi grandi disegnatori che illustravano le storie dei supereroi, come Jack Kirby, Steve Ditko, Gene Colan, George Tuska, Don Heck; ma era evidente, anche a lettori marmocchi, lo stile più acerbo di questi autori. In alcune storie, firmate anche da illustri sconosciuti, era evidente sia l’ambientazione retrò nell’abbigliamento e nei macchinari. Lo stile grafico era tenebroso, affastellato e a volte approssimativo, davvero distante dalle geometrie sontuose e dalla grandiosa ariosità delle tavole dei supereroi kirbyani.

VIC CARRABOTTA

Una carrellata di storie brevi apparsi in coda agli albi della Editoriale Corno



All’inizio non vi fu bisogno di simili riempitivi. Gli albi della Corno erano di 48 pagine, le storie degli anni Sessanta erano per lo più di 22: con due storie complete l’albo era bell’e fatto, bastava aggiungere una pin up, la pagina della posta, un po’ di pubblicità interna. Oppure si poteva aggiungere un terzo personaggio, soprattutto sfruttando quelli le cui storie erano di sole 10 tavole.

Stando al repertorio di Luca Mencaroni, “L’era dei super eroi Corno” (tre volumi deliziosi pubblicati a Bari tra il 2014 ed il 2016), su L’Uomo Ragno, la prima testata pubblicata dalla Corno dal 1970, apparve all’inizio come comprimario il solo Dottor Strange. Poi, dal n. 22, anche Ant Man. La struttura a tre personaggi durò per un po’, ma già sul n. 27 apparve la breve storia non di genere supereroistico “Il segreto della palude”, tratta comunque da una produzione recente (Tales to Astonish n. 46 del 1963). Queste brevi storie divennero costanti dal n. 117 (ottobre 1974), sempre attingendo alla produzione dei primi anni Sessanta, coeva o poco precedente a quella dei supereroi. Per poi fare un balzo di dieci anni indietro sul n. 126 (febbraio 1975), dove apparve “Il trenino”, tratto da Mystic n. 25 del 1953, con disegni piuttosto crudi di Robert Q. Sale, caratterizzati da una brutale violenza di un adulto su un bambino.

VIC CARRABOTTA

La versione in lingua originale de “Il trenino”



Sull’albo successivo, troviamo una storia tratta da Mystery Tales, sempre del 1953, con disegni altrettanto crudi di Sam Kweskin, un disegnatore che, contrariamente all’oscuro Sale, fece in tempo a  partecipare al boom dei supereroi, disegnando alcune storie di Sub-Mariner.

VIC CARRABOTTA
VIC CARRABOTTA

Le “due facce” di Sam Kweskin



Sul n. 135 fa il suo “debutto” in Italia, per così dire, il disegnatore Vic Carrabotta, su cui torneremo più avanti. La storia, tratta da Mystic n. 41 del 1955, fu tradotta con il titolo “Ti leggo nei pensieri”.

VIC CARRABOTTA

La versione originale de “Ti leggo nel pensiero”, apparsa in italiano su L’Uomo Ragno Corno n. 125



Le storie dell’epoca Atlas scompaiono dal n. 150 al 186. Riappaiono nel solo n. 187 del 1977 e scompaiono di nuovo.

Una evoluzione simile hanno le altre testate di supereroi della Corno, pur con qualche differenza. Devil, per esempio, ospita questo tipo di materiale solo una volta, sul n. 123 del 1975.

Storie a fumetti degli anni Cinquanta comparirono su nove volumi del tascabile Eureka Pocket, apparsi tra il 1972 e il 1979. Nonostante il formato minuscolo, e nonostante questa serie spesso pubblicasse storie apparse negli albi di supereroi, ebbe almeno il merito di riportare a volte il nome delle testate da cui il materiale era tratto. Sono serie all’epoca sconosciute ai lettori, dai nomi suggestivi, di cui oggi invece si trovano facilmente in commercio le ristampe.

Anche in questo caso, tuttavia, il materiale Atlas degli anni Cinquanta, e quello Marvel dei Sessanta/Settanta, è mescolato in modo abbastanza casuale, con salti di stile grafico piuttosto evidenti. Per fare un esempio, il pocket “Il volto del terrore” alterna brevi storie horror disegnate da disegnatori “moderni”, ancora attivi oggi come Howard Chaykin e P. Craig Russell, a materiale a marchio Atlas di disegnatori dimenticati come Harry Lazarus, Mort Lawrence, Jay Scott Pike, e quel Paul Reinman che quantomeno fece in tempo a inchiostrare Jack Kirby, sia pure in modo un po’ approssimativo, in alcune storie di supereroi.

Molti di questi disegnatori sono morti da tempo. Di alcuni non esiste alcuna notizia biografica. Costituiscono, insieme, una sorta di milite ignoto del fumetto. Erano scarsi? Forse alcuni sì, se si fa riferimento alle conoscenze anatomiche, alla precisione del segno, alla capacità di usare in senso moderno la grammatica del fumetto, rinunciando per esempio al dettaglio inutile per cercare una sintesi grafica personale. Eppure, quel materiale continua a essere riscoperto e ristampato, non solo perché proveniente dai progenitori dei creatori del mondo dei supereroi Marvel (quel mondo che, attraverso i cinecomics, non è mai stato tanto di moda come oggi), ma anche, forse, per il suo valore intrinseco. Per la convinzione, probabilmente, che se oggi abbiamo raffinati autori di pensose (e a volte penose) graphic novel, è stato anche grazie alla militanza di autori che, un tanto al chilo, producevano fumetti per un pubblico di massa.

VIC CARRABOTTA

Ristampe moderne: due Marvel Masterwork dell’era Atlas



Siccome il mondo del fumetto conserva a volte un minimo di memoria del suo passato accade che “i mondi si scontrano” (usiamo un titolo adeguato al genere di storie di cui parliamo), e così il ricordo degli anni Cinquanta arriva sino ai giorni nostri.

Per esempio, il citato Vic Carrabotta è morto il 22 novembre 2022 alla bella età di 93 anni. Il benemerito sito AfNews ha dato la notizia in Italia, riprendendola da fonti americane. Probabilmente ha lasciato indifferenti i lettori. Del resto, torniamo alla domanda iniziale: chi ricorda quelle inutili storielle in calce agli albi Corno? E quali qualità artistiche dimostrò il buon Vic in quelle storie?

Eppure, approfondendo un po’ la sua figura, si scoprono cose interessanti, che forse val la pena ricordare.

Al momento in cui vengono scritte queste righe è ancora in rete, senza annuncio della morte, il sito ufficiale viccarrabotta.com, dove si legge tra l’altro: «Sono considerato una icona vivente della Golden Age del fumetto americano … Ho avuto una carriera lunga e attiva che si è estesa per otto decenni. Alcuni dei miei lavori migliori sono il concept design e lo storyboard per progetti Disney come La carica dei 101  e I pirati dei Caraibi, e lo sviluppo e la direzione di campagne pubblicitarie per compagnie come Coca-Cola, Delta Airlines, AT&T … Comunque, la mia più profonda eredità continua a essere quella di alcuni dei mei primi lavori, quando divenni uno dei disegnatori su cui contava Stan Lee nei primi anni della Atlas, successivamente Marvel».

Non è singolare che un disegnatore che vanta una carriera di otto decenni, e che ha lavorato in tanti campi anche molto remunerativi dell’arte commerciale, tra cui il cinema e la pubblicità, riconosca che quei primi disegni degli anni Cinquanta, apparentemente “brutti”, costituiscono la sua più profonda eredità artistica?

In effetti, stando al sito atlastales.com, Carrabotta firmò come disegnatore 91 storie, di durata variabile da 2 a 6 tavole ciascuna, apparse su varie testate horror, western e di guerra tra il 1952 e il 1958. Non tutte, naturalmente, tradotte in italiano, sebbene alcune abbiano avuto multiple edizioni. Per fare un esempio (con l’aiuto stavolta del sito comicsbox.it), la storia “Blind Date” (“Appuntamento alla cieca”), risalente al 1952, ha avuto due edizioni con la Editoriale Corno (Capitan America n. 92, 1976, e Eureka Pocket n. 55, 1979) oltre a una recente con Panini Comics (Le grandi storie dell’orrore, 2018).

In una intervista del 2006 disponibile sul blog ohdannyboy.blogspot.com, Carrabotta ricorda di aver conosciuto prima Jack Kirby, poi Stan Lee, e di aver provato stima e gratitudine per entrambi, poiché grazie a loro era entrato nel business. Poi però, quando Lee non potè più dargli lavoro, a causa della grande crisi degli anni Cinquanta, preferì abbandonare del tutto il campo del fumetto (come, del resto, dovettero fare molti altri disegnatori) dedicandosi alla grafica commerciale e alla pubblicità, vincendo premi come art director, realizzando storyboard e poster cinematografici. In un certo senso “dimenticando” il fumetto e conquistandosi, per la sua velocità e affidabilità, il nomignolo di Quick Vic.

Nonostante ciò, negli ultimi anni, con la crescente difficoltà di adeguarsi ad un mercato in mano a disegnatori molto più giovani e padroni delle tecniche digitali, Vic si rese conto che il proprio nome, come superstite, tra gli ultimi, della Golden Age, poteva ancora affascinare collezionisti e appassionati. Cominciò quindi a partecipare alle fiere del fumetto, a realizzare recreation di vecchie tavole, o disegni originali con protagonisti gli eroi Marvel a cui non ebbe modo di contribuire. Per esempio, sul sito fineartamerica.com, si trova una illustrazione con i Fantastici Quattro, Namor il Sub-Mariner, l’Uomo Ragno, insieme ad illustrazioni per bambini, caricature, e materiale grafico di vario genere.

Una illustrazione realizzata negli anni Duemila da Vic Carrabotta



In effetti, il fumetto non è certamente l’unico campo artistico nel quale un disegnatore possa cimentarsi, e nemmeno il più prestigioso e redditizio. Ma di sicuro è tra quelli che genera una maggiore empatia con il lettore, e che, attraverso la molla del collezionismo, della raccolta maniacale di materiale antico, delle ristampe da parte degli editori, consente ad alcuni vecchi autori di continuare a farsi apprezzare da un pubblico nostalgico.

Vic Carrabotta negli anni Cinquanta; da Journey into Mystery n. 1



Carrabotta, la cui famiglia di origine doveva sicuramente essere italiana, e più probabilmente siciliana (come tanti altri artisti Marvel, tra cui il “ragusano” John Buscema ed il “palermitano” Vince Colletta), aveva partecipato al n. 1 di Journey into Mystery. Era una gloriosa testata che, partita con il marchio Atlas nel 1952, era entrata in piena era Marvel quando, sul n. 83 del 1962, vi fece la sua prima apparizione Thor, uno dei supereroi ancora oggi più conosciuti.

Journey into Mystery n. 1, con all’interno una storia disegnata da Vic Carrabotta, e il n. 83 con Thor di Jack Kirby



Certamente è inesatto affermare che avesse contribuito alla creazione dei personaggi dell’Universo Marvel, come ha sostenuto il nipote Johnmichael Carrabotta, ricordando il nonno, sull’onda dell’emozione, in un post molto affettuoso su Facebook. È vero però che, come si mostra nel medesimo post, in occasione della morte di Stan Lee, con cui era rimasto in contatto negli anni, il nostro Vic realizzò del disegni per un servizio televisivo su Wach Fox, emittente televisiva locale della South Carolina, lo Stato dove viveva l’artista.

Immagine tratta dalla pagina Facebook di Johnmichael Carrabotta, che ha ricordato con affetto il nonno Vic



Stando al sito ufficiale, Vic Carrabotta aveva partecipato a convention fumettistiche sino a poche settimane prima della morte. Inoltre, sempre negli ultimi mesi di vita, aveva completato le illustrazioni per il graphic novel “The Last Eleven Days of Earl Durand”, adattamento di un romanzo dallo stesso titolo, scritto da Jerred Metz nel 2005.

Immagine tratta dal sito ufficiale



Lo stesso Metz, in una testimonianza, ha dichiarato che Carrabotta considerava questo libro il suo capolavoro. E chi siamo noi per contraddirlo?

Rip, Quick Vic.


© Francesco Lentano 2022







Un pensiero su “VIC CARRABOTTA, OTTANT’ANNI DI FUMETTI”
  1. Articolo molto, molto interessante. Di Vic Carrabotta non avevo mai sentito parlare e forse è proprio la prima volta che se ne parla in Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *