The Shadow, ovvero L’Ombra (da noi L’Uomo Ombra), nasce nel 1931 come voce narrante del radiodramma americano Detective Story Hour. Il programma radiofonico servì anche per lanciare nel 1932 l’omonima pulp, in pratica una serie di pubblicazioni che contenevano un romanzo breve ciascuna. In brevissimo tempo L’Uomo Ombra ebbe un enorme successo.

Lo scrittore Walter B. Gibson scrisse per anni questi brevi romanzi sotto lo pseudonimo di Maxwell Grant, alternato con altri autori che usavano lo stesso nome.

UOMO OMBRA (THE SHADOW) NON È STATO RIPENSATO
The Shadow, presumo sia chiaro a questo punto, fu una vera icona della cultura pop dei suoi tempi. Tanto grande da essere stato pure fonte d’ispirazione per la creazione di successivi personaggi come Batman, tanto per dire.

Perciò, com’è che da questi presupposti si è finiti con il tentativo di prendere il personaggio e trasformarlo in una figura trendy-fesciòn dei plasticosi anni novanta?

UOMO OMBRA (THE SHADOW) NON È STATO RIPENSATO
Il film del 1994, intitolato per l’appunto L’Uomo Ombra, comincia da un antefatto: Lamont Cranston (Alec Baldwin) è un reduce della Prima guerra mondiale trasferitosi in Tibet. Qui, sotto lo pseudonimo di Ying-Ko, diventa un potente signore della guerra il cui impero si regge sul commercio della droga.

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Una notte, degli strani individui fanno irruzione nella sua fortezza. Cranston viene rapito e portato di fronte al Tulku. Un… non so, mistico santone, credo. Il quale costringe alla redenzione Ying-Ko/Lamont Cranston e lo addestra in arcane tecniche di manipolazione mentale, affinché punisca i malvagi e raddrizzi i torti.

UOMO OMBRA (THE SHADOW) NON È STATO RIPENSATO
Di norma sono il primo a sostenere il bisogno dell’essenzialità. Ma, in effetti, passare da signore della guerra a eroe con i superpoteri tramite una redenzione-lampo di otto minuti forse è un tantino eccessivo.

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Cosucce tipo i “come” o i “perché” Cranston venga convinto a purificare la sua anima, sono del tutto accessorie. Alla fine tutto è un semplice screen crawl, un indice che elenca situazioni prima di presentarlo a New York, sette anni dopo, nei panni de L’Uomo Ombra.

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A New York, quindi, Ying-Ko torna a essere Lamont Cranston. Un generico e immotivatamente ricco playboy dell’alta società.
Sarebbe il nipote del capo della polizia, ma, siccome più volte viene sottolineato il fatto che non faccia una beata mazza dalla mattina alla sera, resta un mistero da dove prenda i soldi. Presumo siano i risparmi di quando commerciava in droga e schiavizzava la gente dei villaggi in Tibet per farli lavorare nei campi di papaveri.

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A ogni modo, al Museo di storia naturale di New York viene consegnata una misteriosa cassa. Una volta aperta la cassa rivela di contenere nientepopodimeno che il sarcofago di Gengis Khan. In realtà, al suo interno c’è Shiwan Khan (John Lone), l’ultimo discendente di Gengis.

Costui dice di aver viaggiato dal Tibet agli Stati Uniti all’interno del sarcofago per assorbire i poteri del suo antenato. Quali siano e come abbia fatto non si sa. Dopotutto sono dettagli. Comunque sia, Shiwan vuole riprendere l’opera lasciata in sospeso dal bis-bis-bis-bis-nonno conquistando il mondo.

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Altro “dettaglio”: Shiwan, che fino a quel momento non era mai apparso, si rivela essere un compagno di studi di Lamont ai tempi della sua redenzione-lampo presso il Tulku.

Nel frattempo, il dottor Reinhardt Lane (Ian McKellen) sta lavorando a un progetto top secret per il governo sull’energia atomica. Il suo viscido assistente, Farley Claymore (Tim Curry), non si sa come, ma tanto so’ dettagli, si mette in combutta con Shiwan Khan. E spiega che il progetto di Lane può essere utilizzato per costruire una bomba.

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Naturalmente il dottore ha una figlia, Margo Lane (Penelope Ann Miller). La quale viene presentata come una tizia strana che “sente le voci”. Si tratta di una sensitiva, e dato che i poteri de L’Uomo Ombra funzionano solo sulle menti deboli (?) su di lei non hanno effetto. I motivi, naturalmente, sono sempre dettagli.

Tra l’altro, mi chiedo perché, anche mantenendo la sua centralità nella storia, Margo non potrebbe essere solo un bravo assistente de L’Uomo Ombra. Perché l’unico personaggio femminile deve finire per forza a lingua in bocca con il protagonista?

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Ok, siamo in un film degli anni novanta: Margo segue il cliché della tizia affascinata dal bello e tenebroso. Si innamora di Lamont attratta dal suo lato oscuro di uomo buono, d’accordo. Capisco che sulla sceneggiatura c’è scritto che devono stare assieme e perciò così è. Ma cos’è che lui di preciso vede in lei, oltre la scollatura?

Com’è e come non è, armato di una bomba atomica (nome coniato da Cranston in una sequenza piuttosto astuta), Shiwan Khan minaccia di vaporizzare New York. Naturalmente L’Uomo Ombra deve sventare la minaccia e, fondamentalmente, questo è il film.

Se c’è una cosa che non ho capito è perché il progetto sia andato a finire nelle mani di chi è andato a finire. Vediamo di capirci. Da un lato, c’è Sam Raimi. Un regista pieno d’innata fantasia, che con quattro spicci e due sputi ha dato vita alla saga di Evil Dead. Con la saga viene portato vincitore dalla folla e apprezzato in generale dalla critica.

Raimi per anni si batte per girare il film su L’Uomo Ombra. Non glielo lasciano fare e perciò lui se ne esce con Darkman. Che è solo il miglior cinecomic di sempre, del resto. Un bel successo al botteghino, fan entusiasti, ma, al di là di ogni cosa, Darkman è una… diciamo versione alternativa de L’Uomo Ombra. Dato che si basa molto su di lui. Che si fa, dunque?

Il film su L’Uomo Ombra non è più un sogno, ma una solida realtà. E chi viene messo alla regia? Russell Mulcahy, che al suo attivo può contare Razorback. Un insipido beast movie, rivelatosi subito un miserabile fallimento finanziario. Dopodiché venne Highlander. Il quale, anche se oggi è considerato un film di culto, comunque rimane un film piuttosto blando, che all’epoca fece veramente paura al botteghino.

Seguì Highlander II, disastro epocale che pure quelli a cui era piaciuto il primo film volevano la sua testa su una picca. Poi ancora Una bionda tutta d’oro. Super-giga-flop massacrato quasi all’unanimità, che incassò solo un quarto dei ventiquattro milioni spesi per realizzarlo. Quindi, con questi presupposti perché Mulcahy e non Raimi?

Al di là della discutibile scelta della regia, uno dei principali problemi de L’Uomo Ombra è un altro. Ovvero l’idea di base non era fare un buon adattamento o, quantomeno, un buon film.

No, l’intenzione era sfondare il mercato con il blockbuster-super-mega-wow. Da cui sarebbe sorto un impero multi-franchise a marchio registrato. Dalla linea di giocattoli, ai fumetti e pure prodotti per la casa, già che ci siamo. Per la serie speraci e credici.

Il punto è che L’Uomo Ombra è un bel film. La resa visiva, con questa versione stilizzata in stile art deco di New York, è splendida. La cura con cui sono state realizzate le scenografie è magnifica. Così come il cast, agghindato con una favolosa collezione di abiti scintillanti degli anni trenta, da far risaltare ancor di più le scenografie.

Ci sono pure parecchi spunti interessanti. Primo tra tutti la dualità del personaggio, presentandolo prima come un mostro, un uomo malvagio e senza scrupoli. Che risale l’abisso della sua anima nera per passare dalla parte del bene.

Peccato che tutto sia fondamentalmente un’inutile perdita di tempo. L’Uomo Ombra è un film attraente nell’estetica, ma tutto sommato vuoto. Perché è tutto un po’ così e così: zero mordente e privo di grinta o di uno straccio d’idea che vada al di là della messinscena.

E a proposito dell’estetica: per quanto bella resta troppo pettinata, troppo pulita. Dopotutto, L’Uomo Ombra nasce nel 1931, in piena Grande depressione economica. Un periodo in cui, che te lo dico a fare, la criminalità era alle stelle. La maggioranza delle persone stava con la fame agli occhi, a fare file per una scodella di minestra e un tozzo di pane.


In un contesto simile, l’idea di un uomo che cerca di fare giustizia muovendosi nel marciume e nello squallore di una società degradata e ridotta per lo più in ginocchio avrebbe avuto il suo appeal. Ma di questo nel film non c’è traccia. Tutto è bello, pulito e ordinato.

A nessun personaggio del film viene dato niente di concreto da fare. Personaggi, storia ed eventuali risvolti ti vengono schiaffati in faccia giusto in quindici minuti. Il che rende la restante oretta e mezza de L’Uomo Ombra un semplice collage di sequenze.

E questo, d’altro canto, è il grande problema che affligge la quasi totalità dei cinecomics degli anni a cavallo tra gli anni novanta e i primi duemila: il supereroe che non fa una mazza per tutto il film, a parte spararsi le pose in un paio di sequenze a effetto. Trascinandosi per le lunghissime fino all’ovvio, scontatissimo finale, in cui lui vince e i cattivi perdono.

In definitiva, è difficile immaginare che questo Uomo Ombra sappia quali segreti si nascondono nei cuori degli uomini. Semplicemente perché L’Uomo Ombra si svolge in un mondo senza segreti. I buoni sono i buoni e i cattivi sono i cattivi. Uno schema semplicistico fedele forse alla forma delle pulp, ma non al loro spirito.

I vecchi film della Hammer tanto per dire, oggi sono oggetto di omaggi e citazioni più o meno esplicite (vedi, per esempio, Il mistero di Sleepy Hollow di Burton). In qualche modo si cerca di ricreare il fascino di quelle opere, tentando di far leva sui fan e gli appassionati nostalgici. Di ricreare “artificialmente” quell’atmosfera. Ma, come nel caso de L’Uomo Ombra, non si riesce ad attirare il pubblico di massa come accadeva in origine.

Perché? Perché quei vecchi film dell’orrore, con le porte cigolanti e il sangue cartoonesco non erano caratteristici quando erano nuovi. Erano semplice intrattenimento di massa, regolato dalle convenzioni del giorno. La gente li trovava belli perché erano opere contestualizzate.

E nel momento in cui una nuova generazione di spettatori dev’essere introdotta a ciò, il tutto andrebbe aggiornato in modo che non sia una semplice imitazione. Bensì “bello” secondo gli standard attuali. Come fece Tim Burton con Batman. Un Batman di cui, paradossalmente, L’Uomo Ombra è diventato un’imitazione piuttosto scadente.

 

Ebbene, direi che per oggi è tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

L’Uomo Ombra (The Shadow)

Titolo originale:
The Shadow

Regia:
Russell Mulcahy

Produzione:
Martin Bregman

Willi Baer
Michael S. Bregman

Sceneggiatura:
David Koepp,

basato su The Shadow
di Walter B. Gibson

Starring:
Alec Baldwin

John Lone
Penelope Ann Miller
Peter Boyle
Ian McKellen
Jonathan Winters
Tim Curry

Casa di produzione:
Bregman/Baer Productions, inc.

Distribuzione:
Universal Pictures

Data di uscita:
1 luglio 1994

 

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