U.S. Agent è figlio degli anni ottanta. Anni che per l’America hanno rappresentato il ritorno a una forte affermazione sul piano mondiale, dopo che nel decennio precedente la guerra del Vietnam e lo scandalo Watergate ne avevano offuscato l’immagine.
L’America del presidente Ronald Reagan torna a mostrare i muscoli all’Unione Sovietica, rimarcando il ruolo di superpotenza mondiale.
Questo ha avuto conseguenze anche sulla “cultura pop”: il cinema non sta a guardare, e un reduce con problemi di stress postraumatico come Rambo viene riciclato da emarginato a eroe nazionale. La Hasbro viene risollevata da una crisi di vendite piazzando nei negozi le action figure di G.I. Joe (presentato come true american hero, “vero eroe americano”).
In un clima del genere quali conseguenze può aver portato a Capitan America il supersoldato per eccellenza?

 

Il Superpatriota, l’anti-Cap

Da quando Stan Lee e Jack Kirby lo avevano scongelato nel 1964, Cap aveva lentamente abbandonato i richiami propagandistici iniziali. Diventando nei primi anni settanta, sulla scia della Contestazione giovanile, una sorta di rappresentante della coscienza americana, criticandone certi aspetti e facendosi portavoce dei disagiati. Divenendo, insomma, il simbolo di quello che l’America dovrebbe ambire a diventare secondo la nuova sensibilità di quegli anni. Un ambasciatore dell’ideale americano, del “Sogno”.
Mark Gruenwald, responsabile della serie dal 1985 al 1995, continuò le storie di Capitan America secondo questa linea, e nel 1986 gli creò un rivale che incarnasse, dal suo punto di vista, un modo totalmente differente di rappresentare il patriottismo: il Superpatriota.

U.S. AGENT, IL LATO DURO DI CAPITAN AMERICA

John Walker, questo il vero nome del Superpatriota, già dall’aspetto richiama il “machismo” dell’epoca, essendo stato disegnato sull’immagine del poderoso Ivan Drago, la nemesi di Rocky Balboa (altro celebre eroe americano rinvigorito dalla presidenza Reagan)… il che è anche un po’ paradossale, considerando che Drago era un sovietico.
Soprattutto, John Walker era tutto quello che Steve Rogers non era: Steve era del Nord, John veniva dal Sud. Il primo era un ragazzo povero cresciuto a New York, il secondo un medio borghese della classe rurale. Uno un ragazzo umile, l’altro uno spaccone. Steve (dagli anni settanta in poi) un liberal, John un conservatore.
Su queste basi, Gruenwald delinea un radicale contraltare di Cap: il Superpatriota, ex wrestler potenziato artificialmente (tanto da ottenere una superforza), riciclatosi supereroe, va in giro per gli States tenendo comizi. Ha un manager che lo sponsorizza e inscena, con l’aiuto di alcuni colleghi wrestler, dei falsi attentati dove il Superpatriota mostra tutte le sue virtù e allo stesso tempo si dichiara il futuro dell’America, ritenendo Cap vecchio, bollito e superato.

 

Il nuovo Capitano

Siamo negli anni ottanta, dicevano, l’epoca del boom dello showbusiness, e il Superpatriota rappresenta il lato commerciale e spettacolare dell’essere un supereroe. Ma fare l’eroe è una vocazione e un impegno serio, e l’idealista Capitan America non può stare a guardare.
Ben presto Cap e il Superpatriota vengono alle mani. In seguito Gruenwald ha l’idea di sostituire Steve Rogers nel ruolo di Capitan America proprio con John Walker. Una commissione che risponde al presidente invita Capitan America a lavorare direttamente per il governo, altrimenti di rinunciare allo scudo, al nome e al ruolo.
Steve Rogers rifiuta, e il ruolo viene offerto quindi al Superpatriota, il candidato “ideale” a sostituirlo… almeno in teoria.

U.S. AGENT, IL LATO DURO DI CAPITAN AMERICA

Gruenwald si mette d’impegno, regalandoci uno dei personaggi più umani e dalla psicologia meglio definita di quegli anni. Sì, perché malgrado i tratti non proprio idealistici, John Walker non è un personaggio completamente negativo: ama genuinamente il proprio Paese, ed è realmente intenzionato a diventare un eroe americano, sebbene i suoi modi siano ben diversi da quelli di Cap.
Il giovane rampante realizza dunque il suo sogno americano, e la sua grande occasione. Gli viene anche affiancato un partner, come fu per il Cap originale in tempo di guerra, un ex socio di John, l’afroamericano Lemar Hoskins. Lo segue prima come Bucky, poi con il nuovo alias di Battlestar.
John Walker inizia lentamente a capire il ruolo e la leggenda di Capitan America e si sforza duramente per esserne all’altezza: grazie a Gruenwald diventa a tutti gli effetti il protagonista della testata, che continua parallelamente a narrare le gesta di Rogers, ora con un altro alias.

Mese dopo mese ci si appassiona nel vedere i suoi sforzi, i tentativi, quelli riusciti e quelli non riusciti, di essere un Capitan America degno del predecessore. Dal numero 333 della serie fino al 350. Nel finale della saga, Gruenwald ci mostra la crescita e la maturazione di questo ragazzo, che crede così fermamente nel suo governo.

A un certo punto, per il neo Capitano le cose non si mettono bene. Un gruppo di vigilantes moralisti, definiti i Cani da guardia, viene a conoscenza della sua vera identità (dopo che due ex soci di Walker, i wrestler che lo aiutavano nelle farse inscenate ai tempi in cui era il Superpatriota, hanno rivelato il suo segreto alla tv) e rapisce i suoi genitori.
Nel tentativo di salvarli, Cap/Walker si scontra con i Cani da guardia e a rimetterci sono purtroppo i suoi genitori.
La tragica perdita rende Walker una letale macchina per uccidere: caduto in uno stato semicatatonico, il nuovo Cap fa un uso spropositato della forza. Tanto che il governo non sa più cosa fare: continuare a puntare su di lui o destituirlo?

La saga termina con un colpo di scena: Gruenwald rivela che dietro la commissione governativa che ha fatto licenziare Steve Rogers e ingaggiare Walker non c’è altri che il che il Teschio Rosso, l’arcinemico del Capitano, creduto morto ma in realtà più vivo che mai. Abbandonati i vecchi metodi di nazi-terrorista e la terrificante maschera rossa, e adottando un nuovo modus operandi, quello dell’imprenditore, cerca di far crollare il sistema americano dall’interno.
Il Teschio Rosso, tra l’altro, adesso ha le fattezze di Steve Rogers ottenute tramite un processo di clonazione. Con l’inganno fa credere a Walker, ormai sull’orlo della pazzia, che dietro tutte le perdite che ha subito ci fosse proprio il suo precedessore.

Inevitabile è lo scontro tra i due eroi, ma la determinazione e la caparbietà del vero Cap riesce a prevalere, facendo venire a galla tutta la corruzione dietro la Commissione, ristabilendo ancora una volta che Capitan America non rappresenta nessuna realtà governativa, ma è unicamente al servizio della gente, del popolo americano.

Se dunque Capitan America non è al servizio del governo, esso si cercherà il proprio rappresentante, uno che risponda direttamente a loro. Un… agente degli Stati Uniti.
E chi è il più adatto ad esserlo, se non John Walker? Il governo, ritenendo di aver investito troppo su questo ragazzo, anziché licenziarlo gli offre una nuova occasione…

 

Ecco U.S. Agent

Dopo averne simulato la morte, dopo averlo sottoposto a numerose sedute psichiatriche e avergli fatto un parziale lavaggio del cervello (tanto da avere rimosso la morte dei suoi genitori), nel 1989 il governo americano è pronto a dare a John Walker una nuova vita… e una nuova identità: “ucciso” John Walker, ecco a voi l’agente federale Jack Daniels (le battute su entrambi i nomi provenienti da famosi distillati si sprecano), nome in codice U.S. Agent.

U.S. AGENT, IL LATO DURO DI CAPITAN AMERICA

 

Con addosso un costume nero e uno scudo in tinta (utilizzati in precedenza proprio da Steve Rogers, in sostituzione di quelli da Capitan America), il nuovo supereroe agisce direttamente per ordine del presidente degli Stati Uniti: il suo primo incarico è unirsi ai Vendicatori della Costa Ovest per dirigerli.

L’imposizione di un nuovo capo alla filiale dei Vendicatori sulla costa del Pacifico non va affatto giù. Mentre i più fanno buon viso a cattivo gioco, l’intemperante Occhio di Falco arriva prima allo scontro (non solamente verbale) e poi a lasciare il team.

Il carattere rigido, l’imposizione militaresca e la personalità aggressiva messa in evidenza dall’autore della serie, John Byrne, non fa di U.S. Agent il compagno di squadra ideale, ma durante le missioni i Vendicatori scoprono un elemento valido e affidabile che, a poco a poco, si guadagna la fiducia e il rispetto.

Anche quando ai testi arriva il veterano Roy Thomas le cose non cambiano. Thomas delinea meglio la personalità di U.S. Agent, mostrandoci un uomo che si sente solo e incompreso, che non riesce a esprimere i propri sentimenti, vittima appunto dell’immagine da “duro”.

Mark Gruenwald non abbandona la sua creatura: scrive due miniserie sul personaggio, nelle quali ci mostra come John recuperi la memoria, giura sulla tomba dei genitori di non eccedere mai più nell’uso della forza (pur rimanendo sempre un personaggio combattivo) e cambiando la propria posizione nei riguardi del governo.

Pur non schierandosi mai apertamente contro il governo, U.S. Agent inizia a ignorare certi ordini e ad agire secondo la propria coscienza. Come quando aiuta il Punitore nel fermare alcuni mafiosi (anziché arrestarlo), o quando si schiera dalla parte degli immigrati messicani clandestini contro funzionari delle forze dell’ordine corrotti (rispettivamente, in Punisher: No Escape e in Avengers Spotlight 31 – 34, entrambi del 1990).

U.S. Agent è un punto di vista diverso del modo di fare il supereroe. Utilizza le proprie abilità rischiando la vita per il prossimo, ma la sua personalità è prepotente, irritante e irritabile. Preferisce le maniere forti alla diplomazia ed è sempre convinto che lo Zio Sam, pur con difetti ed errori, sia comunque sempre nel giusto.

 

Force Works

A metà degli anni novanta la Marvel decide di sciogliere la filiale dei Vendicatori della Costa Ovest e farla rinascere come un nuovo team indipendente: i Force Works. Con la supervisione di Iron Man, questo nuovo team cerca di agire preventivamente ai disastri, utilizzando un sofisticato supercomputer e i poteri di Wanda Mamximoff, Scarlet, legati al caos e all’imprevedibilità.

U.S. Agent è uno dei protagonisti indiscussi della squadra. Gli autori Dan Abnett e Andy Lanning, e il disegnatore Tom Tenney, fanno un restyling al personaggio. Tolgono tutti gli elementi che richiamano a Capitan America e gli conferiscono una nuova immagine: un costume bianco e blu, e uno scudo energetico anziché il vecchio disco di vibranio.
La serie ha scarso successo, nonostante appaia nella serie animata del 1994 dedicata all’alter ego di Tony Stark, dove curiosamente non è presente U.S. Agent. Nel cartoon al suo posto c’è Occhio di Falco.

 

U.S. Agent recuperato come live action

Con la chiusura di Force Works (e la morte di Mark Gruenwald, creatore e maggiore propulsore del personaggio) U.S. Agent finisce nelle seconde file. Dopo uno sfortunato tentativo di riciclarlo come una sorta di Judge Dredd, con un costume simile, gli viene ripristinato il look originale. Appare come guest star in numerose serie, spesso a capo di team improbabili come La Giuria, i nuovi Invasori o gli Omega Flight (un supergruppo canadese… con a capo un superpatriota americano).

Anche durante il crossover Civil War, che ha messo in ginocchio l’intero microverso dei supereroi Marvel obbligandoli a scegliere se agire con favore del governo o clandestinamente, U.S. Agent fa solo una comparsata in un tie-in. Lui che era l’eroe più politicamente schierato e il più adatto a prendere parte a questa disputa ideologica.
Dopo aver partecipato a una sfortunata nuova incarnazione dei Vendicatori (i Mighty Avengers di Henry Pym, scritti da Dan Slott) per U.S. Agent, anzi, più correttamente, per John Walker arriva il momento di venire utilizzato in maniera continuativa nella serie dei Thunderbolts.

Nell’ultima battaglia con i Mighty Avengers, U.S. Agent perde gli arti sinistri a seguito di una lotta contro un altro supersoldato, il cyborg Nuke. Ma lo sceneggiatore Jeff Parker ha un nuovo ruolo per lui: smessi i panni di U.S. Agent, John Walker diventa il capo del carcere di massima sicurezza del Marvel Universe, il Raft, e coordinatore dell’ennesima incarnazione dei Thunderbolts (criminali redenti al servizio del governo), guidati da Luke Cage.

Thunderbolts è il titolo degli anni Duemila che conta il maggior numero di presenze di John Walker, mostrandocelo più maturo e consapevole del proprio status, elevandolo dal ruolo di macchietta prepotente che aveva assunto negli ultimi tempi. Ora rischia la vita nel tentativo di sedare rivolte o evitare rappresaglie sui detenuti.

Nel 2012, su Dark Avengers, John Walker vede guarire le proprie ferite grazie a un siero derivato dal simbionte di Venom (che ha la capacità di curare i danni subiti, anche i più gravi) e torna a vestire i panni di U.S. Agent, ma la serie viene chiusa poco dopo.

Da allora U.S. Agent ha fatto numerose altre apparizioni in diverse testate Marvel, fino a quando, nel 2020, la Marvel ha rilanciato i Force Works.

Nel corso degli ultimi anni pare che nessun autore abbia voluto o saputo puntare su questa versione “dura” di Capitan America, forse l’eroe che meglio rappresenta uno dei lati più veri della realtà americana.
Tuttavia, tempi più floridi si preannunciano per lui, dato che U.S. Agent sarà uno dei personaggi della serie Falcon & the Winter Soldier di prossima uscita sul canale Disney Plus.

 

La serie vede il mondo reagire alla scomparsa di Capitan America dopo gli eventi narrati nel film Endgame e la creazione di una nuova figura che lo sostituisca, U.S. Agent, appunto. Il personaggio sarà interpretato da Wyatt Russell, figlio del celebre Kurt, protagonista negli anni ottanta di celebri cult movie quali Grosso Guaio a Chinatown e 1997 Fuga da New York.
Per quanto sia una coincidenza, c’è del poetico nel vedere il figlio di una superstar degli anni ottanta interpretare un eroe di fantasia, figlio di quel decennio.

 

 

 

 

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