L’anomalia di Zagor è arcinota, nato nel 1961 in formato striscia dal 1965 viene ristampato in formato “albo gigante” all’interno della seconda serie della Collana Zenith, una serie edita dal 1960 dalle Edizioni Araldo e destinata a ristampare storie di personaggi pubblicati precedentemente nel formato a strisce. Il personaggio esordisce sul n. 52 ripresentando fino al n. 116 le ristampe delle storie già pubblicate, mentre la prima storia inedita è pubblicata sul n. 117. Prima di Zagor sulla Collana Zenith erano stati ristampati altri personaggi (come Hondo, Kociss e Un ragazzo nel Far West).
Il n. 1 di
Zagor quindi corrisponde all’albo Zenith n. 52, e le due numerazioni differiranno sempre di 51 numeri.

 

1965

Sui primi numeri di Zagor “albo gigante”, che fin dall’inizio hanno periodicità mensile, vengono pubblicate storie risalenti al 1961-62. Si tratta di un periodo concitato che vede le origini di Zagor avvolte nel mistero e il peso dei contributi dei vari autori ancora oggi piuttosto incerto. Senza addentrarci qui in dispute che lasciano il tempo che trovano faremo riferimento per l’attribuzione della paternità delle varie storie alla voce Wikipedia: albi di Zagor. Risulta così che la storia del n.1 dello Spirito con la scure, “Zagor” sarebbe da attribuire interamente a Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli), che in questo modo risulterebbe il creatore unico del personaggio.

 


Che la storia sia sicuramente di Sergio Bonelli lo intuiamo dalla lunga introduzione comica che ha come protagonista Cico, che non può essere altro che farina del suo sacco. Zagor appare solo a pagina 12 e non è una apparizione memorabile, a pagina 20 facciamo la conoscenza del suo urlo che naturalmente è un calco di quello di Tarzan, e non è ancora il mitico Ayaaaak!. Zagor e Cico iniziano a fare coppia a partire da pagina 26. La paternità del secondo albo è secondo la Wikipedia da condividere tra Guido Nolitta e il disegnatore Gallieno Ferri, che invece risulterebbe autore unico del terzo, quarto e quinto albo. La storia del sesto albo che chiude il primo anno di pubblicazioni sarebbe stata scritta a due mani da Gallieno Ferri e da Gian Luigi Bonelli, padre di Sergio.

 

1966

Le storie dal n.7 al n. 10 risultano essere state scritte tutte da Gian Luigi Bonelli e lo possiamo intuire dal tipo di personaggio che vediamo in azione: una specie di Tex con la scure. Con l’episodio “Tragedia nella palude”, apparso in formato striscia il 26 maggio 1963, Sergio Bonelli riprende in mano i testi e fa spiccare il volo al personaggio.

 

 

Nella storia del n. 12, “Sulle orme di Titan”, fa la sua prima storica apparizione il nemico zagoriano per eccellenza: lo scienziato pazzo Hellingen. Nolitta ripescò quello che diventerà uno dei nemici più amati dai lettori dalle sue letture giovanili e in particolare da “Virus” di Federico Pedrocchi e Walter Molino (un fumetto di fantascienza del 1939), sia per la personalità del protagonista sia per l’aspetto fisico. Qui forse Hellingen non possiede ancora tutto quel carisma che acquisirà nelle storie successive, ma appare già come un nemico diverso rispetto agli avversari “realistici” finora affrontati. Si apprezza la capacità di Sergio Bonelli di caricare di pathos anche le situazioni apparentemente più normali.

 


Di quest’anno è anche il n. 15, ”Iron Man”, una delle storie più apprezzate dai lettori, che la misero al primo posto in un “referendum” del 1972.


1967

Il 1967 è un anno importante, i numeri di questo anno corrispondono ad albi a striscia pubblicati nel 1964, in quel periodo le pagine degli albi a striscia erano passate dalle iniziali 32 a ben 80, dando vita a storie più elaborate e complesse rispetto alle precedenti. Una delle storie più drammatiche di questo periodo è il n. 20, “L’inferno dei vivi”, che da alcuni è considerato il primo passaggio a storie più impegnate. Il concetto dell’innocente ingiustamente accusato è sempre stato fonte di storie coinvolgenti tipo il Conte di Montecristo: e Zagor riesce a fuggire dalla prigione fingendosi morto proprio come il protagonista del romanzo di Dumas (Nolitta, a proposito di questa storia, disse che era stato ispirato proprio dal Conte di Montecristo).

 


Le storie crescono ma non sono ancora esenti da difetti, questa, per esempio, dà la sensazione di essere sviluppata in modo sbrigativo, pur restando in grado di mantenere alta l’attenzione del lettore. Ormai Zagor sta diventando a tutti gli effetti un personaggio da fumetto seriale. La serie smette di essere un insieme di episodi casuali senza una linea chiara di sviluppo, il mondo di Darkwood comincia a delinearsi e la saga ad acquistare spessore.

 

1968

Le storie del 1968 erano state pubblicate nel formato a striscia solo l’anno prima, nel 1967, anno in cui cominciano ad apparire i primi capolavori. Tra questi il n. 33, “La casa del terrore”, una storia dove l’elemento comico si intreccia in maniera perfetta a quello horror dando vita a un racconto esaltante.

 


L’atmosfera malsana di questo albo non si dimentica, come pure lo sguardo dell’inquietante Priscilla, che per ammissione dello stesso Sergio Bonelli ha una certa somiglianza con la Morticia della Famiglia Addams. I disegni di Ferri cominciano a essere spettacolari e rendono bene l’atmosfera angosciante della storia. La fisionomia del maggiordomo David è ovviamente ripresa dallo zio Tibia.


1969

Annata abbastanza in sordina, in cui non escono veri e propri capolavori. Continuano le incursioni nel genere horror, ma senza raggiungere i vertici de “ La casa del terrore”, con “L’uomo lupo” un classico della Universal.  Altre storie dimostrano una involuzione nel lavoro di Nolitta, che non sempre riesce a conferire ai racconti un solido impianto narrativo.

 


Anche l’introduzione di elementi fascinosi e insoliti per un fumetto western, come la mitica setta di assassini Thugs, non sortisce gli effetti sperati. Forse la storia migliore dell’anno è quella del n. 46, “Il fante di picche”, dove Zagor è alle prese con un nemico “trasformista”, una nemesi abbastanza classica nel mondo dei fumetti.

 

1970

Il 1970 rappresenta una pietra miliare per la saga di Zagor. In questo anno la serie a striscia cessa le pubblicazioni e gli albi di Zagor gigante cominciano ad accogliere gli episodi inediti. La storia più bella dell’anno, il n. 55, “Zagor racconta”, era comunque apparsa in formato striscia nel 1969.

 


Qui Guido Nolitta ci introduce a un personaggio maturo che in sintonia con i tempi non vede più il mondo in bianco e nero ma in tutte le sue sfumature di grigio, e ci racconta, con la sua solita innegabile capacità di trasmettere pathos, come il giovane Wilding passò attraverso un duro percorso di colpa e redenzione.


1971

Il 1971 costituisce quello che i fan più accaniti chiamano “periodo pre Golden age”. Guido Nolitta ha ormai scaldato i motori, le storie sono costruite con maestria, gli inserti comici sono godibili e funzionali al racconto, i comprimari crescono in spessore e personalità come i cattivi che perdono la monodimensionalità degli inizi e diventano personaggi complessi se non tragici.

 


Nel n. 67, “Il re delle aquile”, Ben Stevens, uomo dal volto sfigurato, non è stato dilaniato solo nel corpo, ma anche nell’anima, trasformandosi da tranquillo cercatore d’oro in un bandito crudele e spietato.

 

1972

Con il 1972 inizia il periodo d’oro dello Spirito con la scure, Nolitta e Ferri raggiungono i loro massimi livelli che permetteranno la realizzazione di parecchi capolavori senza tempo, proiettando nella leggenda l’eroe di Darkwood. Gli albi che vanno dal n. 85 al n. 89 sono tutti dei capolavori. Contengono due tra le saghe più amate dai fan: “Zagor contro il vampiro” e “Odissea americana “.

 


In “Zagor contro il vampiro” l’ennesima contaminazione con il genere horror da vita a un classico immortale dove Nolitta riesce a costruire un atmosfera di angoscia quasi palpabile grazie alla lunghissima introduzione dove il vampiro non compare mai.

 


Quanto a “Odissea americana”, l’incredibile e allucinante viaggio lungo il Tallapoosa River è sicuramente uno dei migliori esempi di avventura zagoriana. Per questa storia Nolitta scomoda uno dei principali archetipi dell’epica occidentale, il percorso dell’eroe che tra mille difficoltà realizza il proprio destino. Il mito del viaggio risuona in questa storia in tutta la sua forza evocativa, ma l’autore non si limita a riproporlo pedissequamente. Con un formidabile scatto di inventiva, arricchisce il racconto con un elemento allo stesso tempo destabilizzante e decisivo: la non plausibilità. Gigantesche piante carnivore, torme di scimmie assassine, infide “foreste di pietra”, seducenti nebbie allucinogene: un mix di citazioni da romanzi e film di avventura vecchio stile riproposte con un linguaggio nuovo e una vena di malinconica nostalgia che conferiscono all’episodio un fascino irresistibile.

 

1973

Il 1973 procede allo stesso livello macinando storie meravigliose una dopo l’altra, a testimonianza di una vena felicissima che non accenna a esaurirsi. L’anno è dominato dalla presenza di un capolavoro: “Oceano”.

 


Con la indimenticabile saga di “Oceano”, una storia che si estende su quattro numeri, Nolitta si confronta con l’avventura con la A maiuscola, a questi livelli c’è solo il Pratt di “Una ballata del mare salato”. È la storia che rappresenta la quintessenza di Sergio Bonelli: avventura, mistero, magia, ritmo incalzante, personaggi magnificamente tratteggiati, poesia, ironia e umorismo. Inoltre c’è la capacità dell’autore di far convivere tutti questi diversi elementi in un insieme dall’armonia soprannaturale.

 

1974

Anche guardando a questa annata con un occhio distratto non si può non accorgersi della sua eccezionalità. Sembra che non esistano più storie-riempitivo, cali di ispirazione o passi falsi, solo capolavori che si susseguono uno dopo l’altro in una sequenza incredibile.

 


Due trittici spiccano in particolare, il primo è composto da “il buono e il cattivo”, “Le montagne selvagge” e “Terre bruciate”. Una storia semplice, quasi “disneyana” nella sua linearità, una corsa a due verso un eredità. Ma il percorso verso la meta è pieno di insidie, lo svolgimento è mozzafiato, il ritmo non perde un colpo, e tiene inchiodati alla lettura dall’inizio alla fine.

 


Il secondo ciclo comprende “Ritorno a Darkwood”, “Ora zero” e “Minaccia dallo spazio”, dove Nolitta regala al disegnatore Franco Donatelli l’occasione di mettersi in mostra con una storia che vede l’attesissimo ritorno di Hellingen, l’arcinemico di Zagor, il Mad Doctor frustrato, megalomane, e vendicativo nella sua apparizione migliore dove inventa i missili teleguidati. In dicembre, con il n. 113, “Messaggi di morte”, prende il via l’ennesima splendida storia che si protrarrà sui primi tre numeri dell’anno successivo.


1975

Il 1975 prosegue sugli stessi livelli del 1974, continuando la storia iniziata nel dicembre dell’anno precedente che si sviluppa nel n. 114 l’epocale “La marcia della disperazione”.

 


La storia contiene tutti gli ingredienti dei capolavori nolittiani: trama solida, sviluppo impeccabile, personaggi ben delineati, azione avvincente, colpi di scena, e per la prima volta un personaggio femminile dalla forte personalità: la bella Frida Lang. Umanità, poesia , avventura, tragedia, orgoglio, cupidigia , disperazione, amore e ogni altro sentimento umano è qui presente. Albi come questi dimostrano che Nolitta al suo meglio è stato uno dei più grandi scrittori italiani di fumetti.

 


Con il n. 117, “Arrivano i samurai”, Sergio Bonelli regala anche al fedele disegnatore Franco Bignotti una grande storia dove Zagor mette a confronto il suo codice d’onore con quello dei samurai. Subito dopo, preda di una inestinguibile “trance creativa” Sergio Bonelli confeziona l’ennesimo capolavoro, il n. 119, “La rabbia degli Osages” illustrato da Donatelli.

 


Si tratta di una storia tra le più mature dal punto di vista “filosofico” che mette in luce la differenza abissale  tra “Legge” e “Giustizia”. Così facendo si disvela l’ambiguità di fondo dell’”etica zagoriana”, mai assolutista come quella di Tex e sempre relativista nel riconoscere torti e ragioni di entrambe le parti. Come profondità di pensiero siamo dalle parti del Wheeling di Hugo Pratt.


1976

Anche nel 1976 il livello superlativo raggiunto dalle storie di Nolitta non ne vuole sapere di scendere. Indiscutibilmente questo è l’anno del n. 131, il mitico “Kandrax il mago”, una delle saghe più lunghe e più belle dell’intera serie.

 


Guido Nolitta introduce uno dei più carismatici nemici di Zagor: Kandrax, un druido celtico dai poteri sovrannaturali “ibernato in tempi antichi e ridestatosi per caso”. La storia si caratterizza per l’inserimento di un numero spropositato di personaggi (tra cui primeggiano gli iconici Bat Batterton e Digging Bill) e di elementi narrativi che hanno rappresentato certamente una sfida per le capacità dell’autore di riuscire a mantenere legato insieme tutto quel materiale. Quest’anno Nolitta concede il bis con un secondo capolavoro, il n. 136, “Tigre!”.

 


Storia dalle tinte sovrannaturali incentrata su un antica maledizione proveniente dalla misteriosa India. Con questa storia la maggior parte dei fan ritiene conclusa la Golden age zagoriana. Periodo caratterizzato da: un eroe molto umano, comprimari ben assortiti, nemici carismatici, ma mai del tutto malvagi e storie che contengono una morale o comunque un messaggio di fondo.


1977

Nel 1977 il livello qualitativo degli albi di Zagor, che si era mantenuto eccelso per ben cinque anni, cala drasticamente. Ormai Sergio Bonelli è completamente assorbito dai suoi impegni editoriali, sta mettendo in campo la sua serie d’autore “Un uomo un avventura”, e dal suo nuovo personaggio, Mister No. Inoltre scrive le storie di Tex, prendendo gradualmente il posto del padre. Sergio Bonelli ha da poco superato i quaranta, considera ormai Zagor un personaggio della sua giovinezza mentre Mister No rappresenta la sua maturità.

 

In quest’anno, cosa mai successa in precedenza, cede volentieri la responsabilità delle sceneggiature di Zagor ad altri (Decio Canzio e Alfredo Castelli) con inevitabili cali qualitativi. Del resto neanche le due storie che egli stesso realizza in questo anno, il n. 142, “I cannibali di Green Spot” e il n. 149, “Guerriero rosso”, riescono ad andare oltre la mediocrità.


1978

Nel 1978 la situazione migliora, almeno parzialmente. Continuano come nell’anno precedente i contributi di Alfredo Castelli e Decio Canzio, ma il nome di Guido Nolitta appare su 8 albi su 12.
E tra questi 8 ben 4 sono dedicati a una lunga storia che mischia giallo e avventura. Inizia sul n. 157 “La taverna del gufo”, che ci riporta dritti dritti ai fasti del passato. Come aveva fatto con Kandrax il mago, Nolitta costruisce una storia piena di personaggi (tra i quali spiccano il mitico Fishleg e il sorprendente Ramath il fachiro) e di elementi narrativi riuscendo a fare convivere il tutto all’interno di una narrazione scorrevole e appassionata.

 


Gli elementi avventurosi e quelli umoristici sono perfettamente bilanciati, abbiamo in Virginia anche un elemento femminile che va oltre le convenzioni. Sergio Bonelli, come testimoniano le coeve storie di Mister No, non aveva perso l’ispirazione ma solo la voglia.


1979

Le storie del 1979 sono oggetto di controversia, almeno 5 delle 10 attribuite a Sergio Bonelli, ma riportano come secondo nome anche quello di Decio Canzio. La vulgata vuole che Bonelli fosse l’autore del soggetto e Decio Canzio della sceneggiatura, ma non esistono certezze.

 


Conviene concentrarsi sulle 5 interamente attribuite a Bonelli, tra le quali spicca il n. 168, “La tribù scomparsa”. L’albo vede il ritorno “a furor di popolo” di Ben Stevens, il protagonista del re delle aquile in una storia inferiore a quella che lo aveva visto emergere nel 1971. Stessi protagonisti del passato, ma storie più deboli, meno ricche di pathos e meno epiche.


1980

Il 1980 è l’ultimo anno in cui gli aficionados possono leggere una storia di Guido Nolitta. Il suo abbandono lascerà i lettori senza parole. I fan cercheranno per anni delle risposte a questa scelta. Non le troveranno. Anche perché forse non ce n’erano. Zagor venne abbandonato in un modo quasi brutale, da un giorno a l’altro, lasciando il personaggio nelle mani di un team di autori male assortito che comprendeva anche il geniale Tiziano Sclavi.

 


Marcello Toninelli, arrivato nel 1982, rappresentò infine un nuovo un punto di riferimento credibile. L’ultima storia di Nolitta e Ferri inizia sul n. 179 e si intitola “ Hellingen”: non è un capolavoro ma rimane un modo più che dignitoso di congedarsi.

 

3 pensiero su “TUTTI GLI ZAGOR DI GUIDO NOLITTA”
  1. Quasi impossibile non essere d’accordo con questa analisi di tutto quel lungo periodo delle storie di Zagor. Grazie.

  2. Excursus rapido ma esaustivo. Fa venire voglia di riprendere in mano quei vecchi albi.
    Nella sintesi però credo sia saltato un passaggio: gli albi a striscia che aumentano di pagine nel ’64 sono quelli di Tex, dato che quelli di Zagor non hanno mai avuto 32 pagine.

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