La leggenda vuole che la linea Abc sia nata nella testa di Alan Moore nel giro di un fine settimana, e concepita per la Wildstorm di Jim Lee dopo il tracollo della Awesome Comics di Liefeld. Sotto l’etichetta Abc nacquero cinque serie: La Lega degli straordinari Gentlemen, Tomorrow Stories, Top 10, Promethea e Tom Strong. In questa sede parleremo solo del beniamino di Millenium City: Tom Strong.


Negli anni ottanta, Alan Moore con MarvelMan e Watchmen ha scolpito le regole, e sottolineo scolpito perché voglio che in testa le parole scolpito e regole vi portino a pensare, per associazione, proprio ai 10 comandamenti che Dio diede a Mosè, su come scrivere un fumetto supereroistico (affermazione forse troppo categorica – NdR). Nel 1999, circa dieci anni dopo, Moore ritorna sulla scena del fumetto a rincuorare i fan mostrando un’alternativa alla dilagante fiumana di disadattati in costume creati proprio sulla scia del Comico e Rorschach, cioè dei suoi stessi personaggi di Watchmen.
Girando nei blog e nei forum ho visto che di Tom Strong dicono tutti la stessa cosa: si tratta di un omaggio alla golden e alla silver age dei comic book.
 

Effettivamente, Tom Strong ha molti richiami al fumetto degli anni che vanno dai trenta ai cinquanta, per esempio nella struttura delle storie. A parte qualche ciclo non più lungo di quattro numeri, le avventure sono sempre autoconclusive e molte volte le copertine ricalcano lo stile di quelle dei fumetti d’epoca. I ruoli sono netti e ben definiti (il buono e il cattivo) e il cast di supporto ha come modello di riferimento i vecchi romanzi di Doc Savage, il classico Superman o anche il Tintin di Hergè.
Solo questi aspetti non rendono però giustizia alla serie, della quale, se si può affermare che è priva di trame particolarmente articolate o machiavelliche, è anche giusto dire che le pagine di Tom Strong sono ricche di una prosa elaborata, accompagnate da una caratterizzazione dei personaggi semplice e geniale, curata e rispettosa delle regole e dei canoni che il bardo si è imposto nella costruzione di un fumetto che ricordi/omaggi/citi, scegliete voi il verbo che più vi sembra idoneo, la golden age.
Non bisogna certo pensare a Tom Strong come a un ritorno alle trame piatte e scontate, o a una riproposizione di vecchie strutture narrative per vecchi lettori nostalgici: Alan Moore, con Tom Strong, si ripropone di scrivere una serie in grado di emozionare e stupire il lettore. Anche se ci sono gli stessi obbiettivi delle riviste pulp di racconti avventurosi tipici degli anni trenta e dintorni, lo stile ineguagliabile del bardo emerge nella presentazione anacronologica, ma appassionante, delle avventure del difensore di Millenium City, fino al brusco finale voluto dall’autore per via dei soliti dissapori con le major (nel corso delle pubblicazioni, infatti, la WildStorm di Lee fu venduta alla Dc Comics), con le sottotrame che si evolvono lentamente in secondo piano, numero dopo numero: esempio lampante, la distruzione della figura morale del padre di Tom.

Un fumetto in grado di emozionare e stupire il lettore.
Che siamo di fronte ad un’opera diversa di Alan Moore è chiaro fin dalle primissime pagine: in Tom Strong – Le origini, il primo sublime numero stupendamente illustrato da Chris Sprouse, la storia comincia con il piccolo Timmi che, prima di recarsi a scuola, riceve il pacco di iscrizione agli Strongmen d’America: contiene un distintivo, un certificato (non molto diverso da quelli che i lettori più attempati ricorderanno di avere ricevuto, per posta, con l’iscrizione al Club dei Supereroi dell’editoriale Corno) e un albo a fumetti che racconta le origini di Tom Strong.
Così il primo numero vi lascia infatuati da una duplice narrazione, fuori e dentro le pagine, che il piccolo Timmi legge avidamente mentre va a scuola, seduto nella funivia appesa alla ragnatela di cavi che corrono lungo i canyon di Millenium City, una città sviluppatasi decisamente verso l’alto.
Poche pagine piene di freschezza: Tom Strong era l’ennesima rivoluzione nel mare di metaumani problematici che popolano il fumetto seriale di quegli anni. Anche le origini sono di altissima godibilità, e qui mi fermo con gli spoiler anche se parliamo di un fumetto ormai vecchio.
Moore cita, attinge e rielabora materiale che figura sicuramente tra le sue letture preferite. Le origini di Tom Strong, infatti, ricordano molto l’incipit di Tarzan delle scimmie di E. R. Burroughs: Sinclair e Susan Strong decidono di appartarsi in un’isola solitaria chiamata Attabar Teru, con lo scopo di portare a termine un audace esperimento per la creazione di una sorta di superuomo, ma un naufragio e la morte del loro unico marinaio li costringe in qualche modo a improvvisare. L’esperimento comporta che il bambino venga cresciuto in una camera speciale concepita dallo stesso inventore e padre di Tom, Sinclair, in cui la gravità sarà maggiore di quella terrestre per rendere il piccolo più forte e resistente dei normali esseri umani.
Il plot, nonostante lo ritroviate in una moltitudine di letture, non annoia, tutt’altro: cattura sempre l’attenzione.
Sono poco più di 30 pagine, ma il bardo le riempie più di un tacchino nel giorno del Ringraziamento. C’è l’omaggio alla golden age: nelle tavole ambientate al “presente narrativo”, Tom Strong sventa diligentemente una rapina ai danni dei cittadini che si trovano nella funivia, dove si trova anche il piccolo Timmi, talmente rapito dal fumetto da non accorgersi del suo eroe in azione proprio in quel momento. C’è la narrazione delle origini dell’eroe, un mix puro e semplice di avventura, sci-fi classica e temi più attuali: isole deserte, indigeni, automi meccanici e inventori ambiziosi votati alla scienza, tanto da sacrificare il proprio figlio in nome di essa.
Insomma, una giusta chiave di lettura di Tom Strong non esiste: pur essendo, questo, un tributo al fumetto del passato, nasconde molto altro. È un puzzle che viene riempito man mano, numero dopo numero, e i personaggi si rivelano nel corso delle successive storie. Impossibile restare indifferenti ai piccoli gioielli che Moore scrive nel corso di questa opera: le esilaranti storie degli Strongmen of America, le scenette comiche tra Salomone, il gorilla intelligente (un evidente omaggio a Re Solivar di Gorilla city dei fumetti di Flash) e Pneuman, l’uomo pneumatico, inventato da Sinclair alla fine del 1800. Insomma, quell’indispensabile cast di supporto che arricchisce le trame del fumetto.

Dire che Tom Strong è solo un omaggio alla golden age, quindi, vuol dire ridurre meriti e qualità di un’opera che necessita più di una lettura. Impossibile non notare lo svecchiamento che Moore opera sui modelli del fumetto classico, pur conservandone la componente fantastica e avventurosa.
Tom Strong non è un semplice omaggio, è un restauro del fumetto classico e gli elementi innovativi ci sono tutti: la famiglia allargata di Strong, ovvero il campione forzuto e intelligente di Millenium city, rispettoso della vita e del prossimo, che ama incondizionatamente la principessa di una tribù di un’isola lontana e isolata; la caratterizzazione dei personaggi e i legami che intercorrono tra gli elementi del cast presentati lentamente… vogliamo parlare del figlio illegittimo di Tom Strong, nato dal rapporto con una nazista? No, non parliamone, leggetelo, perché quella storia è l’ulteriore esempio della superiorità di Moore come scrittore, capace di spostare il centro del palcoscenico verso tutti i personaggi per renderli, a turno, protagonisti di storie appetibilissime.

Crisis on infinite Hearts è una miniserie di Tom Strong che deve essere assolutamente letta: Moore elabora un’audace teoria sugli universi paralleli, la cui diversità si basa essenzialmente sull’amore.
Come è assolutamente da leggere la miniserie incentrata sulla cosiddetta Terra Obscura, nella quale Tom fa la conoscenza del suo doppio Tom Strange: la controparte del nostro pianeta, situata al lato opposto dell’universo, in cui abitano gran parte dei personaggi della golden age privi di copyright, incluso l’inflazionato Black Terror, la cui versione del Bardo è di un fascino disarmante per quanto ricalca il cinismo e la determinazione di Batman.
Parlando di universi paralleli, come non amare Warren Strong, il coniglio parlante che abita in una dimensione in cui tutto sembra un cartone animato (ispirato a Hoppy the Marvel Bunny, versione conigliesca di Capitan Marvel, pubblicata a suo tempo dalla Fawcett – NdR).

La famiglia di Tom Strong rappresentata come la famiglia di Capitan Marvel negli anni quaranta

 

Difficile non innamorarsi di Paul Saveen, la nemesi storica di Tom Strong, creato sul modello di un altro character letterario caro al bardo, Fantomas: il numero finale della serie, in cui è il vero protagonista, il racconto della più tremenda disfatta del nostro eroe. Mi rendo conto di quanto sia difficile convincervi di quanto è bella questa serie senza spoilerarvi le parti cruciali: non mi resta da dire che anche questo lavoro di Moore lascia un segno importante nella storia del fumetto. Grazie anche al co-autore Chris Sprouse, disegnatore dal tratto pulito che riesce a trasmettere al lettore l’atmosfera fantastica voluta da Moore.
Tom Strong è un fumetto da avere nella collezione, anche se la serie fu chiusa dall’autore, con tutto l’universo Abc (per disguidi con la Dc), per una sorta di apocalisse che dalla serie Promethea si propagò sugli altri fumetti della linea. Tom Strong e Top 10, comunque, in seguito sono stati protagonisti di alcune miniserie scritte da altri autori.

La recente edizione italiana della Rw Lion di Tom Strong, succeduta a quella storica della Magic Press

 

 

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