MUSICA E SANGUE NEL GORE ITALIANO DI THE CARPENTER'S HOUSE

Una band metal composta da quattro ragazze avvenenti e trasgressive decide di girare il video di una loro canzone all’interno di una vecchia falegnameria abbandonata, famosa per essere stata teatro di una serie di raccapriccianti torture e omicidi di un serial killer.

Secondo molti, le urla delle vittime si possono ancora sentire rimbombare tra quelle mura. Ben presto le ragazze capiscono che l’edificio non è per nulla sicuro e che qualcuno, nascosto nell’ombra, aspetta solo le prossime vittime.

The Carpenter’s House
Già dai primi momenti in flashforward si capisce dove voglia andare a parare The Carpenter’s House, primo lungometraggio del milanese Brace Beltempo, già regista di “Insonnia”, terzo episodio di “P.O.E. 4 – The Black Cat”, film firmato insieme a Chris Milewski e Domiziano Cristopharo. E ci va dritto senza il minimo ripensamento, senza lasciare nulla all’immaginazione: sangue, grida, perversione e una ragazza seminuda. Insomma, tutto quello che deve fare un film di genere.

La trama non brilla forse di originalità, anzi, si può dire che sia un accessorio per sostenere le situazioni, un intermezzo di collegamento tra una tortura e una decapitazione. Un filo che unisce tutto tenendolo ben saldo e che funziona molto bene, nonostante la semplicità che strizza l’occhio alla banalità.

Merito del buon risultato è senza dubbio la regia chiara e senza fronzoli, che non vuole mai strafare sconfinando al di là di quello che si vuole offrire. Non c’è spazio (fortunatamente) per pensieri profondi o la ricerca di qualche significato particolare per quello che succede.

Così abbiamo un maniaco assassino con la più classica delle maschere, quella antigas, che si aggira per le stanze buie, senza essere visto e sentito, pronto a colpire l’ignara vittima.


A condire la messa in scena c’è la recitazione “debole” delle quattro protagoniste, inversamente proporzionale alla loro presenza scenica, che dà al tutto un sapore di trash movie che in certo senso valorizza il film.

I dialoghi sono qualcosa di ipnotico, dove al trash si mescolano le volgarità dei bar più malfamati, un vero tripudio di sconcezze e ammiccamenti a sfondo sessuale. Ovviamente il look delle quattro protagoniste non è da meno: un mix di punk stereotipato e gothic, al quale è stato tolto tutto il “superfluo”, per mettere in mostra le loro grazie in più di un’occasione (ovviamente con “classe e garbo”).

The Carpenter’s House è anche un solido film gore/slasher che si concede un colpo di scena (quasi) inatteso e ben articolato.

The Carpenter’s House è divertente, fan service allo stato puro per chi si diverte con il sangue e i suoi derivati. Si tratta di un film che fa della sua imperfezione un punto di forza, quasi un vanto, calamitando l’attenzione dello spettatore e divertendolo dall’inizio alla fine.

 

Non dispiacerebbe vedere il regista Brace Beltempo alle prese con un altro lungometraggio, avendo a disposizione mezzi e attori che ne possano valorizzare al meglio le capacità.

The Carpenter’s House

regia: Brace Beltempo

cast: Selene Feltrin, Marika Esposito,
Alessia Semprebuono, Soraya Maggio,
Marco Mazzola, Marco Mannini,
Angela Ferro Faruggio, Tony Tuono

thriller,
gore, slasher

Italia
2018
70 min
colore

 

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