The Barbarians è un film di Ruggero Deodato senza capo né coda, ma non si può dire che l’impegno non ce l’abbia messo.
Capiamoci, Cannibal Holocaust e La casa sperduta nel parco, due film dello stesso regista, oggi sono considerati dei capisaldi del cinema di genere, ma all’epoca furono presi a fischi e sputi. Pertanto non è che ci fosse tanta gente che facesse a gara per scucirgli il contante.

Siamo nel periodo in cui la grande macchina italiana dei rip-off lavorava a tutta forza e dove Deodato si trova a essere solo un ingranaggio. Vedi per esempio I Predatori di Atlantide, che l’arca perduta era stata già presa. Oppure Camping del Terrore, perché a Crystal Lake in alta stagione vattelo a trova’ un buco libero.
Su questa scia, visto e considerato che il filone sword & sorcery negli anni ottanta era al suo apogeo, qualcuno si sarà detto diamoci la mazzata finale con The Barbarians e chi s’è visto s’è visto.

Si arrivò all’improvvisa, matta e disperatissima produzione di film sword & sorcery come se piovesse. Un ruolo fondamentale lo giocarono Clash of the Titans (più assimilabile al peplum, ma tant’è) nel 1981 e soprattutto Conan il Barbaro nel 1982. Da questo momento in poi, apriti cielo che la fantasia vola altissima, proprio. Alimentata naturalmente da chi, se non Menahem Golan della Cannon?

THE BARBARIANS, I DUE CONAN DE NOANTRI

Perciò siamo nel 1987, quando sui colli abruzzesi si prova a mettere in scena l’età hyboriana. Sorvolando su quel “& co.” nel titolo del film, di cui non ho la più pallida idea del perché sia lì o cosa diavolo dovrebbe significare, parte il pippone narrante che ci introduce alla storia dicendoci che…

THE BARBARIANS, I DUE CONAN DE NOANTRI

la tribù dei ragnicks, un tempo popolo ricco e (credo) potente, barattò tutta la sua grande ricchezza in cambio di un rubino magico. Il cui portentoso potere è, udite udite, quello di portare la musica, la gioia e la bontà nei cuori delle genti.

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Il che, sì, è molto utile in un’epoca in cui vige la legge del più forte, dove le situazioni si risolvono tirando fuori le lame. Per farla breve, grazie al rubino i ragnicks diventano praticamente degli zingari.

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Ed ecco che scatta l’inghippo: Kadar, malvagio cosplayer di Heather Parisi ai tempi di Disco Bambina, vuole il brillozzo tutto per sé, in maniera tale da poter essere la primadonna nelle recite organizzate all’oratorio.

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Perciò, dopo un lungo inseguimento nelle vaste praterie abruzzesi che il Wyoming levati, Kadar Parisi blocca le carovane dei ragnicks. Una volta elargiti ceffoni a destra e sinistra, fa prigioniera la regina Canary, capa dei giostrai.

Poi parte la tiritera: “Dammi la pietra, dov’è la pietra…”, e avanti così per un bel po’. Ma la pietra non c’è, perché Canary prima di essere catturata l’aveva affidata al suo braccio destro affinché la nascondesse.

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“Va be’, parlerai”, dice Kadar: “Ci volessero trent’anni, ma parlerai”.
Così torna a casa, dove ad aspettarlo ci sono i suoi tirapiedi d’ordinanza vestiti con i costumi avanzati da uno sketch di Bat-Roberto.

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I ragnick sono stati attaccati a causa del brillozzo. Kadar vuole il brillozzo. Il centro di tutte le vicende è il brillozzo ma, non si sa perché, Canary porta avanti l’insistente piagnisteo su due orfani raccattati per strada.

Uno dei due orfanelli con un morso stacca le dita a Kadar. Quest’ultimo se ne esce con la promessa che non li ucciderà, nonostante la Evil-Lyn degli scappati di casa gli consigli il contrario. Il piano di Kadar è molto più “sottile”…

Prende i due gemelli, che tra parentesi si chiamano Kutchek e Gore, e li sbatte ai lavori forzati. Ora, è interessante notare come si tenda a sottolineare l’importanza del ceppo etnico da cui provengono i ragazzini.
Nonostante siano tenuti a pane e acqua in un inferno di fatiche costanti, spossanti, logoranti ai limiti della sopportazione umana, questi comunque crescono e diventano Peter e David Paul. Per gli amici The Barbarian Brothers. Perché… beh, sì, insomma… loro sono barbari. Dove tutte le altre genti muoiono di fatica, loro tirano fuori un fisico da panico.

Dunque, il piano del malvagio cosplayer della Parisi. Avendo promesso di non uccidere i gemelli (perché?) li ha fatti crescere tra una fatica e l’altra, facendoli torturare uno da un tizio con un elmo d’ottone e l’altro da uno con l’elmo di ferro.
A questo punto, messe ai gemelli le maschere simbolo del loro odio, li spinge a combattere fra di loro. Bene. Anzi, male.

Anche se entrambi crescono con la convizione di essere l’unico sopravvissuto tra i due, dovrai pur renderti conto che in tutta la cava la gente muore di fatica e stenti. Mentre questo tizio che hai davanti non solo è diverso dal tipo che ti torturava, ma per di più ha il tuo stesso identico fisico. Due conti no, eh?

In secondo luogo, Kutchek e Gore erano bambini di circa otto, forse dieci anni quando sono stati catturati. Bello vedere come siano diventati uomini all’incirca sulla trentina, anno più anno meno. Niente di male se non fosse che, mentre loro crescevano, la Parisi, la regina degli zingari, Evil-Lyn e tutti gli altri non sono invecchiati manco di un giorno.

Comunque sia, dopo una coreografia di lotta che il piccolo coro dell’Antoniano pare protagonista di un episodio di Ken il Guerriero, gli elmi si rompono. I due si riconoscono dopo una linea di dialogo imbarazzante e fuggono sfasciando tutto.
Cosa che, del resto, avrebbero potuto fare già da molti anni, ma la storia in qualche modo doveva pur arrivare fin qui.

Alla fine della fiera questi due rimbecilliti fuggiti dal palazzo della Parisi si incontrano “casualmente” con Ismene, un’altra orfana che la regina Canary aveva raccattato. Dopodiché, insieme, decidono di recuperare il rubino magico.

Non è che ci sia molto altro da aggiungere, in realtà, visto che il resto di The Barbarians si riduce a sequenze “avventurose”, con i protagonisti alla ricerca del brillozzo.
Mi preme solo sottolineare un paio di queste sequenze, prima di passare alle conclusioni.

Si scopre che il rubino magico si trova in una palude difeso da un “feroce drago”. Per avere una possibilità di sconfiggerlo, i gemelli dovranno recuperare delle armi magiche dalla tomba di un antico re. Su carta sembra tutto ok.

Peccato che, nella realtà dei fatti, a difendere la tomba ci sia Uan, che stava passando un brutto periodo prima di essere assunto a Fininvest per fare il pupazzo di Bim, Bum, Bam. Passi pure Uan.

Ma il “drago” dov’è? Cioè, guarda là come ‘sto feroce dild… mostro, si rizza dalle acque melmose in tutta la sua equivoca, fallica bellezza.
Triste, sì. Desolante, forse. Ma comunque fantastico.

Bene, a questo punto arriva “La Domanda”: com’è The Barbarians?
Presumo sia doverosa una premessa riguardo il “contesto” in cui apparve il film. Più su si parlava della “grande macchina italiana dei rip-off”, giusto? Una macchina che, per alcuni anni, ha tirato fuori a nastro “copie economiche” di film famosi.
Ebbene, in quegli anni lì ormai era agli sgoccioli. Anche per via della progressiva scomparsa delle case di produzione/distribuzione americane che si accollavano le spese di queste baracconate. In primis la Cannon.
Tanto per capirci, tra il 1986 e il 1987, lo stesso periodo in cui produsse The Barbarians, la Cannon tirò fuori una quarantina d’altri film, se non più.

Ma l’epoca dei rip-off era alla frutta e la Cannon stava per fallire. Perciò, a conti fatti, The Barbarians è la cuspide che va a chiudere non una, bensì tre ere contemporaneamente.
Fatta questa “premessa”, è più facile capire il perché The Barbarians sia un film ai limiti dello spavento. A partire dalla storia scritta su un post-it, fino alle scenografie, i costumi e il resto della compagnia bella ai limiti del ridicolo.

Fondamentalmente The Barbarians è un’accozzaglia di cose tirate su a spicci e preghiere e incollate con lo sputo. Il cattivo lo vestiamo come Heather Parisi? Ma sì. La pietra magica ti dà il potere di essere la primadonna a Sanremo? Perché no? Anzi, posso quasi sentire Deodato che dice: “O, gente, ci avanza qualche rotolone di carta igienica e un paio di pastelli a cera. Perché non ci facciamo il drago?”.

In definitiva, però c’è anche da dire che The Barbarians, nonostante tutti i suoi difetti, è un film che ha una sua dimensione. Alcune idee sono interessanti, i personaggi non sono tutti da buttare e spesso qualche guizzo di carattere lo tirano fuori.
Tutto sommato è un film abbastanza divertente. Alcune linee di dialogo sono azzeccate e tutto lo spettacolo scorre abbastanza velocemente da non annoiare.

Forse se Deodato avesse avuto a disposizione un budget più alto The Barbarians sarebbe stato un film molto migliore.
In ogni caso, al netto dei difetti, vale comunque la pena buttarci un occhio. Fosse anche solo per il fatto che in giro, sullo stesso filone, c’è addirittura di peggio.

Ultimo appunto: che fine hanno fatto Peter e David Paul, i Barbarian Brothers?
Beh, David si era poi dato alla fotografia, e più o meno aveva ancora a che fare col settore del bodybuilding, visto che realizzava scatti per riviste di fitness. La morte l’ha raggiunto nel sonno nel 2020.
Peter, da quello che mi pare di aver capito, sembra che abbia sbroccato. Pare che vada in giro per il campus dell’università del Rhode Island, correndo avanti e indietro con vecchi stracci urlando di essere il “Cavaliere della Luce” e altre assurdità a carattere religioso.

 

Ebbene, detto questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma sopratutto Stay Retro.

 

 

2 pensiero su “THE BARBARIANS, I DUE CONAN DE NOANTRI”
  1. Queste rece di Retronauta stanno diventando la mia droga. Rido molto, sarà normale? Mah, comunque ridere fa bene. Il sintomo più inquietante non è questo: è che mi viene voglia di (ri)vederli, questi film.

  2. I due si riconoscono dopo una linea di dialogo imbarazzante e fuggono sfasciando tutto. sta frase vale il prezzo di tutta la recensione! TOOOP

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