Dick Ayers

Prima di arrivare a Dick Ayers facciamo una premessa: la storia del fumetto, come quella del cinema, della letteratura o di qualsiasi altra arte, non è fatta solo dalle opere realizzate, ma anche da quelle che non vennero alla luce.

Nello spirito gozzaniano delle rose non colte (da Cocotte, poesia del 1911) o in quello gucciniano delle lettere non spedite (Quello che non, canzone del 1990), è giusto ricordare che le opere non realizzate possono illuminare di sé la carriera di un autore, o dare semplicemente nuovi spunti di ricerca a chi deve ricostruire la storia di un artista. Lo sapeva bene Federico Fellini, che da un film non girato (Il viaggio di G. Mastorna) fu ossessionato tutta la vita, accettando infine, in tarda età, di farne un fumetto con i disegni di Milo Manara.

Abbiamo notizie di opere mai realizzate da alcuni dei grandi nomi della letteratura: per Giovanni Verga, ad esempio, I Malavoglia e Mastro-Don Gesualdo dovevano essere solo le prime opere di un ciclo di cinque romanzi, di cui conosciamo anche i titoli, ma che non furono mai completati.

Tra gli appassionati di cinema e fumetto, l’adattamento del romanzo Dune ad opera di Alejandro Jodorowsky, con lo storyboard disegnato da Moebius, è divenuto più celebre del film “vero”. Qualche anno fa, al Comicon di Napoli, fu proiettato un appassionato documentario ove si suggerisce la tesi che questo film mai realizzato abbia influenzato la storia del cinema (germinando, tra gli altri, Alien e Guerre Stellari) e del fumetto (il ciclo de L’Incal, sempre firmato da Jodo e Moebius) molto più del film effettivamente girato da David Lynch, che fu peraltro un fiasco commerciale.

Ora un’altra premessa. La storia del fumetto, come quella del cinema, della letteratura o di qualsiasi altra arte, non è fatta solo dai grandi maestri. L’industria culturale ha bisogno di produzioni di tutti i livelli, di artigiani che si adattino ai gusti del pubblico, di mestieranti pronti a fare il lavoro sporco per consentire agli artisti di distillare le gocce della loro grandezza.

Così, per esempio, la storia della Marvel (la casa editrice che, con i suoi cinecomics, ancora oggi fa soldi a palate e sbanca i botteghini del pianeta) è stata fatta, a partire dagli anni sessanta, da un manipolo di grandi nomi come Stan Lee, Jack Kirby, Steve Ditko, John Romita, Gene Colan, John Buscema. Ma la baracca è stata mandata avanti anche dai minori: i vari Don Heck, Joe Sinnott, Dick Ayers…

 

Dick Ayers, un autore trascurato

Ecco, il povero Dick non ha mai goduto di buona stampa. Come matitista ha lavorato su serie minori; come inchiostratore ha fatto squadra soprattutto con Jack Kirby, ma solo nel periodo iniziale della Marvel in cui si doveva lavorare velocemente dati i bassi compensi; e comunque, secondo i critici, il tratto di Dick Ayers era troppo pesante per giovare ai disegni del “Re”.

Eppure, rivedendo oggi alcune pagine, Ayers non sembrava incapace di creare un buon layout: ecco qui sotto due esempi, tratti dal comic book antologico Batterfield n. 10 (1952, edizione italiana – Tra l’altro, nel recente volume della Panini con tutte le storie di questa collana è stato assurdamente eliminato solo un fumetto su Mussolini di Bill Everett che per fortuna potete trovare in questo nostro articolo, NdR)…

 

CHI SA QUALCOSA DEL "TEXONE" DI DICK AYERS?

 

… e Combat Kelly and the Deadly Dozen n. 1 (1972, versione originale).

 

CHI SA QUALCOSA DEL "TEXONE" DI DICK AYERS?

 

 

Del resto l’artista fu introdotto, nel 2007, anche nella Will Eisner Hall of fame, a dimostrazione di una carriera comunque di un certo rilievo (probabilmente il suo personaggio più importante fu il primo Ghost Rider, del quale parliamo qui – NdR).

Di interessante, nella vita di Dick Ayers, c’è anche il fatto che, in tarda età, realizzò una autobiografia a fumetti in tre volumi. Molti fumettisti hanno narrato se stessi a vignette: Art Spiegelman in Maus, Marjane Satrapi in Persepolis; oltre a Andrea Pazienza, Joe Sacco e decine di altri. Ma non sono molti i disegnatori che giunti “alla sera della vita” hanno ancora una volta intinto il pennello nell’inchiostro per raccontare la loro carriera. Ayers lo ha fatto, con un’opera che non è passata alla storia (la casa editrice non esiste più, il volume è ormai fuori catalogo, i disegni erano spesso poco più che abbozzi), ma che racconta tanti aneddoti interessanti per chi voglia conoscere la storia del fumetto americano tra i suoi alti e bassi.

Ayers non nasconde i momenti di difficoltà: la necessità di abbandonare il fumetto e riciclarsi prima come postino, durante la grande crisi del fumetto seguita alla Caccia alle streghe a metà anni cinquanta, poi come guardia giurata dopo una lite sui diritti d’autore con la Marvel; l’insoddisfazione per il trattamento ricevuto dagli editori; la scarsità di lavoro in tarda età, quando anche fare una “recreation” della copertina del primo numero dei Fantastici Quattro, reinchiostrando le matite di Jack Kirby oltre trent’anni dopo, diventava una occasione da non perdere per guadagnare qualcosa.

Ecco, tra i tanti momenti del libro, il primo incontro con Burne Hogarth, disegnatore di Tarzan, qui docente in una scuola di fumetto cui il giovane Dick mostra il suo primo progetto per una serie mai pubblicata, Chic ‘n Chu.

 

CHI SA QUALCOSA DEL "TEXONE" DI DICK AYERS?

 

Ecco Stan Lee che, durante la grande crisi degli anni cinquanta, esorta Dick a cambiare mestiere.

 

 

Ed ecco ancora Stan, questa volta baciato dal successo negli anni sessanta, quando si attribuiva la piena paternità dei testi pur scrivendo solo un abbozzo di trama e i dialoghi.

 

 

“L’agente” di Dick Ayers va alla Bonelli

Cosa c’entrano le due premesse e dove vogliamo arrivare? Presto detto. Nel terzo volume dell’autobiografia sono pubblicate alcune lettere che Ayers ha ricevuto negli anni da paesi per lui esotici come Australia, Inghilterra e Italia. Ed è proprio quest’ultima lettera ad incuriosire. Scritta in un inglese perfetto, firmata da “Michael” (un Michele inglesizzato? Un italoamericano?), la lettera menziona uno dei nostri più famosi editori di fumetti. Ecco una sintesi:

“Sono stato a Milano … I tipi della Bonelli dicono che si dovrebbe partire entro poche settimane. Vogliono davvero lavorare con te, ma sono molto riservati sulle tariffe, le condizioni di pagamento e gli aspetti tecnici. Perciò aspetto una loro telefonata da un giorno all’altro, per sapere cosa pensano di poterti offrire. Ma penso che sia sì al 95%. Erano molto scettici nel vedere una persona così giovane rappresentare un famoso professionista come te, ma io ho mostrato la nostra corrispondenza, per dimostrare che abbiamo parlato di questo. Sono stati contenti del materiale che ho mostrato loro, soprattutto quello della storia di Hex”.

Come interpretare questo documento? La Bonelli pensò davvero di lavorare con Dick Ayers? E quando? Per fargli fare cosa? Magari un Texone, come quello affidato a Joe Kubert, veterano ben più famoso dei comic book americani? Chi sarebbe stato lo sceneggiatore? E cosa sarebbe potuto venir fuori dall’incontro fra la tradizione italiana e un veterano dei supereroi made in Usa come Ayers?

Purtroppo le ricerche svolte durante la preparazione di questo articolo non hanno consentito di trovare ulteriori elementi. La lettera non è datata; Dick Ayers ha disegnato Jonah Hex per la Dc Comics sino ai primi anni ottanta, ma nella sua autobiografia non c’è traccia di alcun contatto con editori italiani. L’artista è morto nel 2014.

 

Forse inizialmente alla Bonelli non avevano considerato bene il fatto che le matite di Dick Ayers su “Jonah Hex”, pur efficaci, erano impreziosite dalle potenti chine del filippino Tony DeZuniga

 

Dunque di questo fumetto, o progetto di fumetto, non sappiamo nulla, e tutto ciò che si può fare è fantasticare.

 

PS

A chi si chiede che senso abbia scrivere un articolo accennando a ipotesi destinate a restare indimostrate, riproponiamo i versi di Eugenio Montale:

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

 

© Francesco Lentano 2019

 

 

Un pensiero su “CHI SA QUALCOSA DEL “TEXONE” DI DICK AYERS?”
  1. Adoro il fantafumetto almeno quanto il fumetto, ma confesso che al Texone di Dick Ayers avrei preferito uno Zagorone di Donnie ( Lo Scattante secondo Stan The Man Lee aka Il Sorridente ) Heck collo stile matite e chine degli Avengers 32-40 prima serie ( esordio dei Figli del Serpente e del Laser Vivente e degli Ultroidi tra le altre cose ) così jazz e spigoloso e stiloso e mai + replicato collo stesso entusiasmo dal cartoonist, mannaggia alli pescetti ! Io non amo Ayers e le sue chine morbide che hanno ammosciato tanti lavori di King Kirby – basti comparare il primo numero degli Avengers inchiostrati da Dick ai successivi quattro inchiostrati dallo spigoloso e stiloso Geo Bell aka Geo Roussos – e nemmeno le sue matite sul Nick Fury ed il suo commando ululante in WWII. De gustibus of course.

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