Terminator Genisys, film del 2015 di Alan Taylor, è qualcosa di fenomenale. La storia del cinema è costellata di film brutti, tuttavia è difficile riuscire in un colpo solo a sbagliare così tante cose insieme.

In buona sostanza è ovvio che l’unico scopo di un seguito è quello di mungere a sangue un concetto, un personaggio o magari un intero genere. Terminator è solo uno dei tanti casi in cui un’idea valida viene sfruttata oltre i suoi stessi limiti, iterazione dopo iterazione, fino a trasformarsi nella caricatura di se stessa.

Terminator Genisys o come provare a cavare sangue dalle rape

TERMINATOR GENISYS



The Terminator, il film originale del 1984 da cui tutto è cominciato, era essenzialmente un b-movie. Con il suo budget di appena sei milioni e mezzo di dollari (cifra raggiunta con le unghie e i denti, visto che inizialmente i dindini in gioco messi a disposizione di James Cameron erano un bel po’ di meno), alla fine Terminator ne incassò quasi ottanta.

Un action sci-fi dalle tinte vagamente viranti all’horror la cui trama, semplice e diretta, era tanto efficace quanto suggestive erano le idee di fondo su cui poggiava. Il punto di Terminator non è quello che racconta, bensì ciò che mostra.

Il concetto alla base è lo stesso di qualunque film creature features: da Spiriti nelle tenebre a Pitch Black, passando per Lo squalo fino ad Alien, indipendentemente dal genere il succo quello è e quello rimane. Le cose funzionano in quanto i protagonisti non hanno alcun modo di ragionare con “la bestia”.

TERMINATOR GENISYS



Fondamentalmente Terminator è una “fuga” da cui emerge il costante senso d’impotenza dei protagonisti, braccati senza tregua da un essere inarrestabile e letale con cui non può esserci alcun tipo di contatto. Sullo sfondo, a reggere il teatrino di sparatorie e morti ammazzati, c’è una suggestiva backstory di fantascienza. Bene.

Trentacinque anni dopo: Terminator Genisys. Benissimo. In un mondo che ci ha regalato sequel, reboot e prequel di Predator, Die Hard, RoboCop e Ghostbusters PG-13 che nessuno voleva e nessuno aveva chiesto, ecco l’ennesima risposta a una domanda che nessuno aveva fatto. O meglio, una domanda, lecita, sorge spontanea: sul serio c’è gente pagata per scrivere cose simili?

Il problema principalmente sta nel fatto che quella backstory di guerre future, macchine assassine e viaggi nel tempo, sì, suggestiva, affascinante, intrigante e tutto quel che vuoi; è meno affidabile di un cane in una salumeria per costruirci un film. Prova ad allargare lo sfondo ed un attimo dopo anneghi in un mare di “ma perché” e “sì, va be’”.

TERMINATOR GENISYS



Dovrebbe essere chiaro a chiunque che tutti quei concetti stanno bene lì, inespressi, a fare da sfondo al nucleo principale. Per capirci: prendi Ritorno al futuro. Come se Robert Zemeckis e Bob Gale a scrivere il film si fossero impantanati a spiegare cos’è e come funziona il “flusso canalizzatore”. Non esiste una spiegazione plausibile a una cosa del genere. 

Non solo sarebbe completamente ininfluente ai fini dell’avanzamento della storia, ma anche piuttosto sciocco andarsi a ficcare in un vicolo cieco di spiegazioni ridicole e insensate.
Soprattutto, sempre a proposito di chiarezza, c’è un punto in particolare che pare diventato un concetto inarrivabile.

Cioè, la grande differenza che passa tra protagonista e comprimario. In Terminator, la protagonista è Sarah Connor. Lei è il perno su cui ruotano tutti gli avvenimenti. Kyle Reese e il T-800 sono rispettivamente comprimario e antagonista. Successivamente, anche se leggermente decentrata a favore del figlio, Sarah rimane comunque la protagonista di Terminator 2.

TERMINATOR GENISYS



Il ruolo di comprimario passa da Reese al T-800. Il quale, come personaggio, ha un risalto maggiore. Da qui in poi, cosa hanno fatto tutti i seguiti di Terminator? Hanno continuato a spingere sulla figura di Arnold Schwarzenegger. Appunto, per la maggior parte del tempo Terminator Genisys si impegna disperatamente nel tentativo di giustificare solo due cose.

In primis, la presenza e l’aspetto decadente di Schwarzenegger sempre più anziano. In secondo luogo, un’assurda logica fatta di spiegazioni altalenanti. Tentativi poco plausibili di ridefinire ogni cosa di Terminator. 

Gli sceneggiatori Laeta Kalogridis e Patrick Lussier, gente che probabilmente ha sbagliato mestiere, tirano in mezzo tanti di quei what if (scritti su presupposti unicamente commerciali) che Terminator Genisys pare una fan fiction, anziché un film scritto da professionisti. 


Il peggio è che nessuno sembra accorgersi quanto siano orribili quelle idee e quanto male si traducano sullo schermo. Senza contare quanto la sceneggiatura sia pure satura di dialoghi agghiaccianti. 

Un esempio giusto per capirci: chiunque abbia visto i primi due film sa perfettamente che i T-800 hanno un’autonomia di centoventi anni con le batterie in dotazione, giusto? Quindi, l’idea che i tessuti umani di cui sono ricoperti i Terminator siano passibili di vecchiaia è un’idea, tutto sommato giusta, presente già ai tempi del primo film. Ci sta, insomma. 

Tuttavia, anche con un una roba del genere, praticamente servita su un piatto d’argento, i personaggi nel film non hanno alcun tipo di evoluzione e si limitano solo a fornire spiegazioni a convenienza. C’è un motivo particolare per cui il T-800 vecchio, arrivato nel passato quando Sarah era una bambina, sia così acciaccato? No.



C’è un motivo particolare per cui sembri più debole rispetto allo stesso modello con cui lotta all’inizio del film? No. C’è un qualsivoglia nesso logico per una qualsiasi cosa che vediamo accadere su schermo? No. La cosa è talmente percepita che il film evita la fatica di ragionare, inculcando direttamente il concetto in testa. Come? 

Mandando il T-800 a ripetere la battuta “Vecchio, non obsoleto!”. Tutto ciò, non fa altro che peggiorare le cose, rendendole più irritanti di quanto già non siano. Senza contare che in generale il T-800 qui sia un semplice pupazzone a misura PG-13. 

In apparenza è una macchina dura e fredda, ma in realtà è pieno di sentimenti verso quella specie di figlia adottiva. Un cyborg modello Tronky: “croccante fuori e morbido dentro”. Come sia potuto venire in mente a qualcuno una cosa del genere è difficile da immaginare. Cercare, poi, a tutti i costi il cliché della “famiglia atipica”, disfunzionale ma unita… santo cielo.



Nel frattempo, buttarci pure un abbozzo di critica morale, retorica svogliatamente imbarazzante verso la tecnologia e l’uso che ne facciamo oggi et voilà! La pappardella è servita. Terminator Genisys è un film desolante, scontato, banale e dal taglio estremamente infantile. Da cartone animato, nell’accezione negativa del termine. 

Terminator Genisys è la summa massima, la cuspide di tutto il peggio che questa saga ha potuto offrire in ogni media nel corso degli anni. Un disastro annunciato, predestinato a fallire già dal momento in cui questa bizzarra idea di provare a ridefinire, ancora, i canoni di una storia fatta e finita, è stata messa su carta. 

La prova lampante di come una storia senza più nulla da dire e sfruttata fino al midollo debba piegarsi alla logica dell’incasso facile. Tipo, il nome tira ancora? Bene, proviamo a incollare quattro cazzate insieme che tanto, alla fine, qualcosa la guadagniamo comunque.

Ebbene, detto questo credo sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.



(Da Il sotterraneo del Retronauta).



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