Nelle canzoni in lingua inglese e nei film americani sarà capitato a tutti di sentire pronunciare il nome di Ted Bundy. È un nome che forse dice poco agli italiani, ma che Oltreoceano provoca gli stessi brividi che abbiamo noi quando sentiamo parlare del “Mostro di Firenze”.

Ted nasce nel Vermont, sulla costa atlantica degli Stati Uniti, nel 1946. Sua madre, la ventunenne Louise Cowell, è una ragazza single. Neppure lei sa con certezza chi sia il padre, forse un militare dell’aeronautica. Per il momento lascia il bambino in istituto. Tre mesi dopo, pentita, torna a riprenderselo. A tutti racconta che è figlio di sua madre e che lei, quindi, è la sorella. Lo dice anche a Ted, confondendolo perché lo tratta come un figlio. Vivono con i nonni a Filadelfia.

Nel 1950, Louise lascia i genitori per trasferirsi con il figlio/fratello nell’altra costa degli Stati Uniti, a Tacoma, stato di Washington. Qui conosce e sposa un cuoco dell’esercito, John Culpepper Bunsy: Ted lascia il cognome della madre per prendere quello del patrigno, ma non legherà mai con lui. Avrà anche quattro fratellini (lui pensa che siano nipoti), cui farà da babysitter.

Da questo punto la sua vita procede sugli stessi binari di tanti ragazzini, tra scuola e vacanze nei campi dei boy scout. Però rimarrà diverso dagli altri. Sempre troppo elegante e timido, finisce vittima del bullismo, e d’altra parte anche lui è un violento. Durante l’adolescenza viene scoperto mentre spia le donne dalle finestre e ruba biancheria intima femminile.

All’università conosce Stephanie Brooks, una ragazza mora di famiglia altolocata e un po’ snob. Con lei ha la sua prima esperienza sessuale e i due diventano inseparabili, finché Stephanie comincia ad avere dei dubbi. Ted Bundy le ha raccontato un sacco di bugie per fare colpo: in realtà non appartiene alla sua elevata classe sociale, come le aveva fatto credere, e neppure sembra avere obiettivi nella vita. Finisce che lo molla, e lui ne esce distrutto.

Decide di tornare nei posti dove era nato, dall’altra parte dell’America, per scoprire le proprie radici. Solo qui, nel 1969, apprende la verità: sua “sorella” è in realtà la mamma. A questo punto qualcosa in lui cambia. Torna all’università, dove diventa uno studente modello. Si dedica alla politica, sostenendo un repubblicano afroamericano, candidato alla carica di vicegovernatore. Fa del volontariato, diventando telefonista in un’organizzazione che aiuta le persone in difficoltà, comprese le vittime degli stupri.

Per tutti è un uomo dolce e generoso, oltre a essere bello ed elegante, il che non guasta. Diventa amico di una donna divorziata che si innamora di lui, Meg Anders. Meg è colpita da come Ted tratta paternamente la sua bambina, ma il giovane ha ancora in mente Stephanie ed è deciso a riconquistarla. Le telefona, le scrive, lei gli risponde e forse non tutto è perduto. Lavora alla stesura di un opuscolo contro la violenza sessuale, ottiene una medaglia dalla polizia per avere salvato una bimba di tre anni che stava affogando.

Nel 1973 Ted Bundy è ormai un uomo sicuro di sé, dal futuro promettente: torna da Stephanie, la riconquista e subito dopo… la lascia per sempre! L’anno dopo è lei a cercare lui, ma Ted la ignora volutamente. Ha fatto tutto questo solo per vendetta.

Ted Bunsy sta entrano nell’ultima fase della sua vita, trasformandosi da promettente giovane esponente del Partito repubblicano a uno dei peggiori criminali di tutti i tempi. La maggior parte delle sue vittime saranno ragazze snelle e con la riga in mezzo ai capelli neri. Saranno il ritratto di Stephanie, che vorrà continuare a punire simbolicamente per restituirle tutto il dolore che le aveva inflitto.

La prima è la 18enne Joni Lentz, colpita a Seattle nel 4 gennaio 1974. Le compagne di appartamento trovano il suo corpo martoriato da un’asta dell’intelaiatura del letto. La ragazza non è morta e l’arrivo dell’ambulanza riesce a salvarla. Ma a causa dei danni cerebrali subiti, non ricorderà niente dell’accaduto.

Alcune settimane dopo tocca Lynda Ann Healy, 21 anni. Sul letto, nel seminterrato dove viveva, vengono rilevate delle macchie di sangue e una di liquido seminale, ma il suo corpo non c’è più.
Il 1 giugno del 1974, una ragazza di cui rimane molto poco, in seguito riconosciuta come la 21enne Brenda Ball, viene trovata in mezzo a un grande parco.

In un altro parco della regione, due mesi dopo si scoprono le spoglie di Janice Ott e Denise Naslund, 23 anni e 19, anche loro decedute da diverso tempo. Per quanto riguarda Janice, alcuni testimoni l’avevano vista insieme a un bel ragazzo con un’ingessatura al braccio, che diceva di chiamarsi Ted. Il giovane le aveva chiesto di aiutarlo a caricare una barchetta sul suo Maggiolino.

La notizia riportata dai giornali risveglia i ricordi di una ragazza, che decide di andare dalla polizia. Racconta che un certo Ted le aveva chiesto di aiutarlo a caricare una barca, ma, arrivata al Maggiolino, non aveva visto alcuna imbarcazione. Lui le aveva spiegato che doveva accompagnarlo in un certo posto per caricarla, ma la ragazza si era rifiutata di seguirlo.

Grazie a questa testimonianza, viene tracciato l’identikit del serial killer. Vedendo il quale, Meg, la donna divorziata che lo amava tanto, va dalla polizia sostenendo che potrebbe trattarsi di Ted Bundy. Gli agenti, però, escludono che quel brillante esponente politico, che studia per diventare avvocato, possa essere l’assassino.

Per seguire i corsi d’avvocato, Ted Bundy si sposta nel vicino stato dello Utah, dove nell’ottobre dello stesso anno la diciasettenne Melissa Smith viene trovata nuda, massacrata di botte e strangolata con le proprie calze.
Una coetanea, Laurie Aimee, scompare durante la notte di Halloween. Anche lei sarà ritrovata nelle condizioni della precedente.

Ma neppure Ted Bundy è infallibile. Un giorno, travestito da poliziotto, ferma la 18enne Carol De Ronch, la conduce sulla sua automobile con la scusa di un controllo, e qui comincia ad ammanettarle una mano. Anche con le manette al polso, la ragazza riesce a sgusciare dalla macchina e a salire su una moto di passaggio.

Ai veri poliziotti Carol descrive l’aggressore e il suo Maggiolino. Poche ore dopo, a 25 chilometri di distanza, la diciassettenne Debra Kent scompare dopo essere uscita da teatro. Nelle vicinanze vengono trovate le chiavi delle manette di Carol, ma di Debra non si saprà più niente.

Quattro mesi di pausa e si ricomincia più a sud, in Colorado, dove all’inizio del 1975 spariscono quattro ragazze. Nel frattempo, altri quattro scheletri di giovani donne vengono ritrovati nello stato di Washington: ormai non si riesce più a tenere il conto delle vittime, mentre tra i 25 sospettati della polizia non c’è ancora il nome del vero colpevole, Ted Bundy.

Il 16 agosto gli investigatori hanno un colpo di fortuna: i poliziotti dello Utah fermano un Maggiolino che è passato due volte con il rosso. Ted viene arrestato e la sua auto perquisita: all’interno trovano una spranga, un passamontagna e un paio di manette. Inoltre, manca la maniglia nel sedile accanto a quello del guidatore: un espediente per impedire alle ragazze di scappare?

TED BUNDY, IL SILENZIO DELLE VITTIME



Si comincia a sospettare che il fermato sia proprio “quel” Ted. Alcune delle ragazze che aveva cercato di rapire non lo riconoscono, ma una sì e questo basta per prolungare il suo arresto. La sua vecchia spasimante Meg è sempre più convinta che sia lui l’assassino, dice che aveva un’insana passione per il sesso estremo (gli piaceva legarla) e per quella del travestimento, perché spesso usava baffi posticci e finte ingessature.

L’opinione pubblica non è convinta: può un giovane impegnato nel sociale e dall’aspetto così per bene essere un feroce assassino? Intanto, lo si processa solo per il tentato rapimento di Carol De Roch, che lo riconosce in aula. Ted viene condannato dalla giuria, ma per settimane il giudice tentenna a emettere la sentenza: potrebbe fargli scontare da uno a quindici anni.

Intanto, Ted Bundy riesce a evadere attraverso la finestra della biblioteca del carcere. Nel dicembre 1977 arriva a Thallahassee, capitale della Florida, lo stato più caldo degli Usa. Tira a campare con piccoli furti, ma non perde il vecchio vizio. Il 14 gennaio 1978 una studentessa della vicina università trova due compagne di appartamento strangolate.

Altre due ragazze giacciono in una pozza di sangue, ma sono ancora vive e ce la fanno a salvarsi. Poche ore dopo, Ted Bundy massacra la ventunenne Cheryl Thomas, che pure riesce a sopravvivere, malgrado il cranio fratturato in cinque punti.
Un mese dopo rapisce una dodicenne, Kimberly Leach, i cui corpo verrà trovato otto giorni dopo in uno stato pietoso.

Finché un poliziotto, vedendo un’auto con la targa che risulta rubata, blocca l’uomo alla guida. Lui cerca di colpirlo, ma l’agente riesce ad arrestarlo. Ted torna in prigione. Diversamente dalle altre volte, in Florida il serial killer aveva lasciato le sue improte digitali sui luoghi dei delitti.

Durante le udienze, Ted Bundy chiede a una sua vecchia collega di univeristà, Carol Ann Boone, di sposarlo. Lei accetta, poche ore prima che venga emessa la sentenza di condanna a morte mediante sedia elettrica. Nelle visite in carcere, che dovevano avvenire in un clima piuttosto permissivo, la moglie Carol Ann rimane incinta. Nel 1982 nasce una bambina.

Nel frattempo, chiedendo continuamente appello, Bundy riesce a rimandare l’esecuzione. A un certo punto propone di posticipare la condanna di altri tre anni, in cambio della sua piena confessione riguardo ai molti casi di vittime delle quali non sono mai stati ritrovati i corpi. Ma tutti i familiari rifiutano di fare patti con lui.

Il mattino del 24 gennaio 1989, Ted Bunny viene giustiziato con una scossa elettrica di oltre duemila volt durata dieci minuti.
Nessuno saprà mai il numero esatto delle ragazze che ha ucciso tra il 1974 e il 1978. Probabilmente molte di più dei 28 omicidi che ha confessato.

Il suo terribile modus operandi e la sua crudeltà ispirarono un celebre film del 1991, Il silenzio degli innocenti, in cui l’assassino adesca le vittime chiedendo loro aiuto per caricare vari oggetti in macchina.



(L’immagine in apertura dell’articolo è tratta dalla locandina di Il silenzio degli innocenti, 1991, diretto da Johnathan Diemme con Jodie Foster e Anthony Hopkins. Il killer del film riprende il modus operandi di Ted Bundy per catturare le proprie vittime).

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Di Sauro Pennacchioli

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