Il personaggio di Tarzan è la personificazione del mito del buon selvaggio creato dal filosofo Jean-Jacques Rousseau?
Pur essendo figlio di bianchi nobili, Tarzan nasce nella foresta ed è allevato nel primo anno di vita dai genitori a contatto con la natura. In seguito viene rapito da una scimmia che lo cresce.

Il concetto di buon selvaggio è stato espresso dal filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau. Il buon selvaggio di Rousseau non è necessariamente “un selvaggio” nel vero termine della parola, ma un uomo che non è stato “guastato” dall’educazione, dalla civiltà, dall’ipocrisia  delle convenzioni sociali.

Rousseau ritiene che i “selvaggi” siano più rozzi, ma anche più sinceri degli uomini civilizzati, facilmente comprensibili e decifrabili. Il filosofo pensa che se tutti fossimo buoni selvaggi sarebbe molto più facile vivere nella società.

Il suo è un ideale fantastico che forse, in un certo modo, ispira anche la serie dei romanzi di Tarzan scritti da Edgar Rice Burroughs.

 

La natura per gli antichi

Tarzan è cresciuto a contatto con la natura. Quello della natura è un concetto che ha avuto significati diversi nel corso della storia. Per gli antichi pensatori la natura è temibile e l’uomo ne è sempre in balia. Questo concetto è sopravvissuto soprattutto nella tradizione culturale centroeuropea.

Se consideriamo la famosa raccolta di racconti dei fratelli Grimm la natura è matrigna. In essa l’uomo non riesce a sostentarsi, la fame è sempre in agguato. Per riuscire a strappare alla terra i suoi frutti, l’uomo, non ancora in possesso delle macchine, deve lavorare incessantemente e sottoporre gli animali che lo aiutano alla stessa fatica.

TARZAN È IL BUON SELVAGGIO DI ROUSSEAU?
Hansel e Gretel di fronte alla strega della casetta di marzapane

 

Pensiamo a “Hansel e Gretel”, fiaba di origine medievale raccolta dai fratelli Grimm, che è simile a “Pollicino” (1697) di Perrault.
Hansel e Gretel, come Pollicino, vengono abbandonati nel bosco dai loro rispettivi genitori che non possono sfamarli. I bimbi ritrovano la strada di casa e di nuovo i genitori li abbandonano nel bosco.
Le due favole narrano di un mondo in cui, ai bordi della foresta, la povertà è tale che l’infanticidio è una pratica contemplata.

 

Galileo Galilei e la natura come macchina

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Galileo Galilei

 

Attraverso gli studi di Galileo Galilei (1564 – 1642), tra il 1500 e il 1600 la natura diventa un’entità quasi astratta, apparendo come una macchina che funziona secondo le leggi della matematica e della geometria. La natura obbedisce a leggi precise che l’uomo è in grado di scoprire.

Se la Bibbia dice qualcosa che contraddice le leggi della natura significa che noi non sappiamo interpretarla. Per esempio, se nella Bibbia sta scritto che Giosuè fermò il sole questo non significa che il sole girasse davvero intorno alla Terra, ma che quella era l’opinione corrente ai tempi in cui il brano era stato scritto.

Galileo ebbe molti problemi con la Chiesa per queste sue idee e gli toccò abiurare per salvarsi dal rogo. Tuttavia le sue idee si diffusero e la sua concezione di natura come macchina diventò un’idea corrente.

 

Jean-Jacques Rousseau e il mito del buon selvaggio

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Jean-Jacques Rousseau

 

Jean-Jacques Rousseau fu un filosofo, scrittore, pedagogista e musicista ginevrino (1712  – 1778). Visse nel secolo dei lumi, il Settecento, periodo storico che riconosce la massima importanza della ragione contro l’oscurantismo della superstizione e la diseguaglianza degli uomini.

Nel Settecento si era ormai affermata l’idea di Galileo Galilei che la natura fosse una macchina meravigliosa, ma sempre una macchina. Si pensava che l’uomo avesse tutti i diritti di trarne quello di cui necessitava.
Si pensava che le risorse della natura, almeno per il numero di persone che c’erano allora e i loro bisogni, fossero illimitate.

Rousseau, pur essendo un illuminista, ha una concezione della natura diversa rispetto ai suoi tempi, una concezione che comincerà a diventare “di moda” nel periodo che precede la sua morte. Per lui la natura è buona. L’uomo dovrebbe vivere nello stato naturale in cui tutti sono uguali. O, almeno, con differenze minime.

L’uomo dovrebbe vivere nella natura come un buon selvaggio, non semplicemente come un selvaggio. Ammette che forse l’uomo non è mai vissuto nello stato naturale, da buon selvaggio come lui lo immagina.
Secondo lui l’uomo non è un animale sociale. Nello stato naturale viveva abbastanza isolato e si accoppiava sporadicamente, quando avvertiva la spinta sessuale.

Però l’uomo, a differenza degli animali, gode del libero arbitrio: può deviare dal proprio comportamento istintivo, mentre l’animale non può scegliere.

Per Rousseau è l’educazione che crea le differenze sociali e la diseguaglianza fra uomini. Questo avviene perché coloro che detengono il potere tentano in tutti i modi, con l’educazione e la propaganda, di convincere gli altri che la diseguaglianza tra gli uomini è una cosa naturale e quindi giusta.

 

“Emilio” di Rousseau

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Emilio o dell’educazione

 

In un periodo storico che attribuiva la massima importanza al ragionamento e all’educazione scientifica, Rousseau incoraggia l’educazione a tutto tondo (compresa l’educazione sessuale).

È contrario alle scuole religiose che addestrano gli studenti all’ipocrisia, a sentirsi gli uni diversi dagli altri. Nell’opera Emilio (1762), Rousseau immagina di essere un precettore che educa un allievo di nome Emilio.
Nel libro sostiene che l’uomo alla nascita è naturalmente buono. È la società che lo corrompe. Emilio sarà cresciuto a contatto con la natura, lontano dai pericoli della civilizzazione.

 

“Robinson Crusoe” di Daniel Defoe (1719)

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Robinson Crusoe e Venerdì sulla nave

 

Rousseau diffida dei libri perché potrebbero indottrinare le persone. È molto prudente nel metterli a disposizione di Emilio, il suo allievo. Teme che proprio attraverso i libri possano passare i pregiudizi della differenza di classe.

L’unico libro che considera adatto ai giovani è Robinson Crusoe di Daniel Defoe, perché insegna a cavarsela da soli.
Robinson Crusoe riparte da zero dopo essersi perduto su un’isoletta, e il personaggio di Venerdì è il capostipite di tutti i buoni selvaggi della letteratura.

 

La natura per i romantici

Jacques-Henry Bernardin de Saint- Pierre, “Paul e Virginie”, 1788, ispirato alla concezione della natura di Rousseau

 

Con il romanticismo, un movimento artistico, culturale e letterario che nasce nella fine del Settecento dopo l’illuminismo, la natura venne considerata in modo diverso.
Il romanticismo apprezza il pittoresco e il romanzato. La natura per i romantici è madre, se non del tutto buona, sicuramente innocente.

 

Giacomo Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (Recanati 1929, 1930).

Giacomo Leopardi riteneva di appartenere al classicismo, la cultura dell’antichità. Questo componimento, però, è intriso del sentimento romantico nei confronti della natura. È quasi un sentimento religioso che riempie di sé anche l’umile pastore. La natura è rappresentata indifferente ai dolori dell’uomo non per cattiveria, ma perché è priva di memoria.

— Dimmi: perché giacendo
a bell’agio, ozioso,
s’appaga ogni animale;
me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? —

 

Gli americani e Rousseau

Noi non sappiamo se Edgar Rice Burroughs, l’autore di Tarzan, avesse letto le opere di Rousseau. Ma anche se non lo avesse lette, dato che non era particolarmente colto, Rousseau era comunque molto conosciuto negli Stati Uniti. Le sue opere avevano influenzato i legislatori che scrissero la Costituzione degli Stati Uniti.

Le Costituzione americana afferma che il governo degli Stati Uniti esiste per servire i propri cittadini. È la concezione di Rousseau. Il potere non è del re o dei nobili, il potere è del popolo.

La concezione dell’uguaglianza di tutti gli uomini, dell’importanza quasi sacrale della natura, dell’amore per i grandi spazi è tipica della cultura americana.

 

Walt Whitman, il poeta degli spazi liberi

Quella che segue è una poesia dell’americano Walt Whiman (1819 – 1892).

Io sono innamorato di quanto cresce all’aperto,
della gente che vive tra il bestiame, che sa d’oceano o di boschi.

O buoi che fate tintinnare il giogo e le catene, o v’attardate,
in un’ombra di foglie, che mai esprimete con i vostri occhi?
Mi pare valga assai più d’ogni pagina a stampa, che abbia
mai letto in vita mia.

(W. Whitman, Il canto di me stesso, Foglie d’erba, 1855)

 

Edgar Rice Burroughs e Tarzan delle scimmie

Nel 1912 l’americano Edgar Rice Burroughs (1875 – 1950) pubblica Tarzan delle scimmie a puntate sulla rivista pulp The All-Story. Nel 1914 il romanzo viene pubblicato in volume e ha un immediato successo in tutto il mondo.

Nel romanzo di Burroughs, il gentiluomo John Clayton Greystoke e la sua giovane moglie Alice, che si trova incinta, mentre sono in viaggio in nave vengono abbandonati dai marinai durante un ammutinamento che avviene sulla costa selvaggia dell’Angola, in Africa.

Dopo la morte dei genitori la scimmia Kala alleva il piccolo Tarzan. Tarzan, crescendo, conosce una tribù indigena locale, ma ne non ha bisogno. È indipendente.

 

Tarzan è un personaggio mitico

Il ciclo di Tarzan scritto da Burroughs conta 24 romanzi più due racconti scritti per i più giovani. Fin dal primo volume, Tarzan delle scimmie, Burroughs presenta Tarzan come un eroe mitologico: bellissimo, forte, intelligente, generoso, fedele, capace di cavarsela in qualsiasi situazione.

Ama la giungla e la foresta, dove si trova perfettamente a proprio agio. Impara da solo a leggere e a scrivere sui libri lasciati dal padre. Ha altresì sviluppato tutti i propri sensi avendolo appreso dagli animali.

 

Jane e l’amore cortese

Tristano e Isotta, l’amore cortese

 

Anche Jane, la compagna di Tarzan, è un personaggio mitico. Buona, gentile e innamorata di Tarzan alla follia: quando lo sente in pericolo perché non torna, va alla sua ricerca senza alcun tentennamento. Tarzan ha occhi solo per lei. Il loro amore è un classico rapporto romantico che deriva dalla concezione dell’amore cortese.

L’amore cortese è stato chiamato così nell’Ottocento per definire l’amore medievale, almeno come veniva rappresentato nella letteratura del tempo. Il nobile cavaliere è sottomesso alla propria dama, come il vassallo al proprio signore. È una concezione idealistica dell’amore e che ha influenzato romanzi, cinema e fumetti.

Anche quella di Renzo e Lucia nei “Promessi Sposi” è una storia d’amore, ma Manzoni voleva essere realistico. Per lui la letteratura ha lo scopo di educare il popolo attraverso la realtà.
Nell’ultimo capitolo dei “Promessi Sposi” i compaesani di Renzo si aspettano che Lucia sia bellissima e rimangono delusi. Se ne lamentano con Renzo a cui viene l’amaro in bocca.

 

Le contraddizioni di Tarzan

Il Tarzan di Edgar Rice Burroughs è solamente un susseguirsi di credenze mitiche fatte proprie dai romanzi d’avventura?

Qualche neonato abbandonato nella foresta e allevato dagli animali è cresciuto fino a diventare un superuomo come lui? Qui c’è un articolo che prende in considerazione diversi casi di bambini e bambine allevati dagli animali. In nessuno di essi c’è stato un vero recupero intellettuale, soprattutto del linguaggio.

La specifica caratteristica umana è la capacità di pensare in modo astratto. Tale capacità è legata all’elaborazione del linguaggio. Senza la padronanza del linguaggio non esiste la possibilità di pensare in modo astratto. Quindi, secondo i ricercatori, non basta nascere essere umani, occorre anche l’imprinting, cioè imitare un altro essere umano che parli al bambino.

La storia di Tarzan è una rappresentazione di come si comportarono i bianchi in Africa durante le loro esplorazioni o conquiste? Con le grandi esplorazioni che avrebbero gettato le basi a grandi imperi coloniali, gli occidentali vennero a contatto con popoli lontani e abitudini di vita diverse. Queste abitudini vennero considerate primitive e affascinanti.
Però, nonostante i casi di “mal d’Africa”, nessun bianco abbracciò la natura come Tarzan.

 

Intrattenimento

Burroughs non cercava di descrivere la realtà, non voleva insegnare al popolo con la letteratura. Voleva solo divertire e avere successo. Il suo è un tipo di letteratura di intrattenimento che è stata definita barocca. Così la definisce il poeta Giovan Battista Marino (1608).

È del poeta il fin la meraviglia
(parlo de l’eccellente e non del goffo):
chi non sa far stupir, vada alla striglia!

 

Tarzan, il mio primo fumetto

I primi fumetti che ho visto erano strisce in bianco e nero di Tarzan. Io sono nata nel 1945, avevo un fratello maggiore di quattro anni. Abitavamo a Torino e andavamo a un’edicola di ghisa vicino a casa, dove mio fratello comprava Tarzan e me lo lasciava vedere. Erano i primi anni cinquanta.

Ho ritrovato alcuni fumetti di Tarzan in casa (non quelli degli anni cinquanta, purtroppo). Mi hanno affascinato come mi affascinarono da bambina. Uno era “Avventura a Pal-ul-don” di Russ Manning, realizzato alla fine degli anni sessanta su una misteriosa regione dell’Africa in cui vivono ancora gli animali preistorici. Allora ho voluto leggere il romanzo originale, “Tarzan il terribile” (1921), da cui era stato tratto il fumetto.

Quando avevo letto Tarzan da ragazzina non conoscevo ancora Rousseau, l’ho letto all’università. All’epoca in Piemonte si studiava bene il francese perché era stata una lingua molto importante per noi nell’Ottocento, in quanto i Savoia appartenevano a una dinastia francese.

Un professore mi fece leggere Rousseau e, nello specifico, l’Emilio… Il filosofo ginevrino si fissò nella mia memoria. Così, quando ho letto in “Tarzan il terribile” la descrizione di Lord Greystoke come di un uomo bellissimo, sincero e onesto che preferisce la giungla all’Inghilterra nobiliare in cui avrebbe avuto tutto il diritto di stare, mi è apparsa in testa la scritta: “Ecco il buon selvaggio di Rousseau”.

Ho ripreso in mano l’Emilio, dove Rousseau ribadiva che la sua era un’idealizzazione, che forse un buon selvaggio come diceva lui non era mai esistito… forse Tarzan lo diverrà solo per sbaglio.

 

Un pensiero su “TARZAN È IL BUON SELVAGGIO DI ROUSSEAU?”
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