La filosofia da chitarrista-operaio tutto sudore e muscoli, figlia di quella particolare American Way in tono minore degli anni cinquanta ha attecchito anche in Italia, nella letteratura, nel design, nella musica e nell’abbigliamento.
Il Boss ne è uno dei maggiori esponenti, attraverso le sue canzoni con due o tre accordi di strofa, ritornello e strofa con arrangiamenti piuttosto standard. Canzoni di quando c’era tutto da fare, da scoprire: l’epopea western dei primi pionieri, il tirarsi su le maniche e lavorare sodo sputandosi sui palmi delle mani. Il blues, il nichilismo dei canti dei neri martoriati del Sud, il country e il folk dei primi anni settanta. Adesso meno. Adesso è diventato tutto folklore, miti da figurine Panini.

Soprattutto quando a farlo è un multiproprietario di appartamenti, bar, ristoranti e ranch. Proprietario e socio di pacchetti di maggioranza in varie holding americane. Insomma, uno che gioca a cantarci di homeless, dell’America perduta, della mancanza di valori di una America tradita e violentata. Uno che recita a vestirsi in jeans e giacca, in pelle a frange e che si diverte ancora a calcare i palchi di mezzo mondo per la messa in scena dell’ennesima replica del copione che tutti si aspettano da lui. Un abile istrione partito da zero e che si è fatto tutto da solo: incarnificazione anche lui dell’american dream.

Springsteen_devils-dust

Tutto sommato è il meno peggio. Tutto sommato parla “al nostro immaginario”, parla degli stereotipi che noi europei vogliamo sentire da un americano di un certo tipo. Lo stesso motivo per cui i film di Benigni, Tornatore o Salvatores hanno avuto una certa considerazione in America: parlano dell’italia anni cinquanta, rievocano i fantasmi del neorealismo che ancora ci perseguitano, reiterano la macchietta dell’Italia tutto pizza, spaghetti, caciara e belle donne. Una Italia, come una America che, di fatto, non esistono più. Ma ci ostiniamo a crederci, perché è questo che amiamo. Questa regressione storica, questa voglia di fermare il tempo quando tutto era meglio, più genuino, più vero. La voglia di sentirci ancora come in quegli anni, ricordi eh?

E allora mettiamoli in scena questi miti e leggende. Divertiamoci con il l’eroe solitario, con cappellone e stivali che suona una chitarra impolverata, in una catapecchia similcoloniale con il viso sofferente e rassegnato, con tanto di barba lunga di tre giorni, vestito di pochi stracci (cuciti apposta per sembrare rustici con tanto di stylist al seguito) come si vede nel video di “Devil and Dust”. È tutto finto, tutti lo sanno, ma l’importante è sapere che ci va bene così.
Godiamoci l’ennesimo Dvd allegato al Cd, tutto sommato, non sarà originalissimo, ma è uno di quei sogni americani che possiamo ancora permetterci.

 

 

2 pensiero su “UN VECCHIO SPRINGSTEEN DA FIGURINE PANINI”
  1. In effetti è un po’ bollito ma, come dici bene tu, se proprio vogliamo “divertirci con il “Lonely Hero” con cappellone e stivali, che suona una chitarra impolverata”, che almeno siano originali americani. Meglio dei finti rockers all’amatriciana come Liga e Vasco.

  2. Non riesco più ad ascoltarlo da “THE GHOST OF TOM JOAD”, proprio per quei motivi lì. Non tanto la retorica del chitarrista-operaio tutto sudore e muscoli, ma proprio i 2 accordi, i pezzi lenti, i testi cupi, gli accordi paranoici. E il fatto CHE E’ BRUCE. Come sentire Mick Jagger che canta baby baby you break my heart i’m so lonely now i’m cryng… Ma smettila, vah.

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