Dall’immediato dopoguerra fino agli anni settanta il Far West è stato per il fumetto italiano il luogo per eccellenza dell’avventura, della nobiltà dei sentimenti e dell’esaltazione della virilità maschile. Questo West, che derivava dai film di John Wayne, è stato innanzitutto un luogo dello spirito e della mente, nonché un formidabile repertorio di archetipi e di personaggi.

Il processo di smitizzazione avviene soprattutto all’interno del genere cinematografico, per poi estendersi inesorabilmente al fumetto. Inizia negli anni sessanta con i film di Sergio Leone e il fenomeno degli spaghetti western. Passa attraverso i cosiddetti film “politici” italiani di Lizzani, Damiani, Petroni e Corbucci per giungere infine ai film “revisionisti” americani (schierati cioè dalla parte dei pellirosse) come Soldato blu, Piccolo grande uomo e Un uomo chiamato cavallo.

Successivamente il western, sia cinematografico sia fumettistico, comincia a perdere progressivamente di attrattiva e finisce ai margini dell’industria dell’intrattenimento, fino all’attuale eclissi. La storia del fumetto western italiano, peculiare e a tratti esaltante, vale la pena di essere raccontata. Lo faremo ricordando i suoi principali protagonisti.

Kit Carson cavaliere del West (1937)

Kit Carson è un personaggio ideato nel 1937 da Rino Albertarelli ispirandosi a una celebre figura storica del West, il trapper Kit Carson (1809-1868).

STORIA DEL FUMETTO WESTERN IN ITALIA



Apparso per la prima volta su Topolino n. 238 del 15 luglio 1937 della Mondadori con l’episodio Kit Carson cavaliere del West, è ritenuto il primo esempio di fumetto italiano moderno. 


Tex Willer (1948)

Tex Willer, inizialmente pubblicato nel “povero” formato striscia, è il più fortunato personaggio creato dalla coppia Gian Luigi Bonelli e Galep (Aurelio Galeppini). E la più famosa e duratura serie a fumetti italiana di sempre, tanto che ancora oggi è il più venduto.

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Il nome fu ispirato dall’insegna di un negozio milanese, “Tex Moda”, mentre il cognome avrebbe dovuto essere “Killer”, ma fu stemperato in Willer su consiglio di Tea Bonelli poco prima di andare in stampa, per non sfidare le ire dei censori. Il personaggio si impone sugli avversari a suon di pugni come Dick Fulmine e altri eroi italiani degli anni trenta derivati dal forzuto Maciste.

Piccolo sceriffo (1948)

Kit Hodgkins è il primo di una schiera di eroi adolescenti che si diffonderà in Italia durante gli anni cinquanta e sessanta. Era un tentativo di favorire l’identificazione dei potenziali giovani acquirenti con i personaggi dei fumetti attraverso la vicinanza di età.

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Creato da Tristano Torelli e disegnato da Camillo Zuffi, fa il suo esordio sulla testata omonima edita dalla casa editrice Torelli.

Pecos Bill (1949)

Nel 1948 lo scenggiatore Guido Martina venne incaricato dall’editore Mondadori di realizzare una nuova serie a fumetti ispirata al personaggio pseudo storico di Pecos Bill.

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La serie ottenne ben presto successo grazie anche ai disegni realizzati da un team di giovani disegnatori promettenti come Raffaele PaparellaAntonio CanalePier Lorenzo De VitaRinaldo D’AmiFrancesco GambaGino d’Antonio e Dino Battaglia. Il personaggio si caratterizzava per la striscia nera tra i capelli e per usare il lazo invece delle pistole, nel tentativo di renderlo meno violento per i bambini.

Kinowa (1950)

Kinowa è il primo western di successo dell’Editoriale Dardo, la casa editrice fondata alla fine degli anni quaranta da Gino Casarotti.

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Creato dallo sceneggiatore Andrea Lavezzolo con lo pseudonimo di A. Lawson e disegnato dalla EsseGesse (trio di disegnatori composto da Giovanni SinchettoDario Guzzon e Pietro Sartoris) è un personaggio poco “politically correct” che, indossando una maschera con le sembianze del diavolo, uccide con un certo compiacimento gli indiani che lo hanno scalpato. 



Capitan Miki (1951)

I tre della EsseGesse (Sinchetto, Guzzon e Sartoris) dopo l’esperienza di Kinowa decisero di fare il salto  e di proporre alla Dardo un personaggio realizzato da loro anche per i testi.

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Grazie a comprimari molto riusciti come Doppio Rhum, un vecchio scout ubriacone, e Salasso, sedicente medico ed esperto truffatore, il giovane ranger Capitan Miki arrivò a vendere nella seconda metà degli anni cinquanta oltre 250mila copie settimanali. 

I tre Bill (1952)

Il primo dei tre Bill era un tipo taciturno con uno strano costume di aspetto funereo. Il secondo era un gigante che accettava con lo stesso entusiasmo un’allegra bevuta o una allegra scazzottata.

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Il terzo, il più piccolo della famiglia, era dotato di una grande determinazione. Scritto da un grintoso Gian Luigi Bonelli, la serie era disegnata per i primi numeri da Giovanni Benvenuti.



Yuma Kid (1953)

Yuma Kid è un bianco che da bambino è stato trovato da una tribù nomade degli indiani Yuma mentre attraversava il deserto di Gila, durante una forte tempesta di sabbia.

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Si tratta di una sorta di clone di Tex che Gian Luigi Bonelli confeziona rendendo un po’ più “duro” il concetto di partenza, riuscendovi solo in parte. Si ricorda soprattutto per gli splendidi disegni di Mario Uggeri



Il sergente York (1954)

Il sergente Bill York è un giovane abile e rispettato che milita nella Legione Straniera dell’Ovest, il suo ruolo è quello di salvaguardare la pace, la giustizia e l’ordine.

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Il creatore Roy D’Amy (Rinaldo Dami) si ispirava nei disegni allo stile stilizzato di Milton Caniff, quando ancora in Italia i suoi colleghi seguivano il muscolare Alex Raymond.



Il grande Blek (1954)

Visto il successo di Capitan Miki, il vulcanico trio EsseGesse decide di concedere il bis con un nuovo personaggio: un atletico trapper dai lunghi capelli biondi che risponde al nome di Blek Macigno. L’eroe nelle sue avventure è accompagnato dal coraggioso adolescente Roddy e dal pasticcione professor Cornelius Occultis, due riuscitissime spalle.

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Il bilanciamento praticamente perfetto tra elemento umoristico ed elemento avventuroso permise a Blek di raggiungere le 400mila copie vendute a settimana.

Il piccolo Ranger (1958)

Se il Piccolo Ranger di Andrea Lavezzolo e Francesco Gamba riuscì a distinguersi tra le decine di eroi adolescenti che popolavano il fumetto western di quegli anni fu anche merito dei riusciti comprimari, soprattutto dal nasuto e divertente Frankie Bellevan, dagli incredibili baffi a torciglione.

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Inolte c’era il nero Ibrahim; il simpatico “Brandy” Gim, sempre un po’ alticcio; la rotonda Rosa Morning; la graziosa Claretta; il dispettoso “Denti” Bill e, infine, la straordinaria Annie Quattropistole, una vivace zitella sempre a caccia di mariti.

Un ragazzo nel Far West (1958)

La serie è nota soprattutto per essere stato il primo lavoro professionale di Sergio Bonelli, figlio di Gian Luigi.

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Franco Bignotti e l’esordiente Giovanni Ticci erano i due disegnatori principali. Il protagonista, Tim Carter, senza molta fantasia, è l’ennesimo giovane eroe del West di quegli anni sulla falsariga del Piccolo Sceriffo e di Miki.

Zagor (1961)

Zagor è figlio del “sense of wonder” di Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) e di Galliano Ferri, i quali riescono a confezionare un western che in realtà non è un western. Il personaggio è in perfetta contrapposizione a Tex, forse anche per non creare troppa concorrenza interna.

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Diversissima è infatti l’impostazione delle due serie: quasi del tutto realistica quella di Aquila della notte (Tex), regno della fantasia e della contaminazione di generi quella dello Spirito con la scure (Zagor). Zagor mescola western, avventura, umorismo, fantascienza, horror, romanzo storico, fantasy e racconto di viaggio fin dai primissimi numeri.

Maschera Nera (1962)

Il primo personaggio creato da Max Bunker (Luciano Secchi) si inserisce nel filone degli eroi western dotati di maschera, come Zorro e Lone Ranger. Pubblicato dalla Editoriale Corno, Maschera Nera raggiunge subito un certo successo nonostante la giovane età dell’autore.



Secchi si fa notare grazie ad alcune trovate geniali e a dosi massicce di humour e di violenza, il disegnatore Paolo Piffarerio si distingue per l’espressività e le sue contorsioni anatomiche sempre al limite del verosimile.



El Gringo (1965)

Omaggio di Max Bunker e Paolo Piffarerio alla nascente moda dello spaghetti-western, El Gringo è a tutti gli effetti un personaggio di avanguardia.



Gli autori sostituiscono l’immagine stereotipata del giustiziere con un non-personaggio, un osservatore che come Clint Eastwood viene coinvolto suo malgrado in avvenimenti che non lo coinvolgono più di tanto. Il formato tascabile, come quello di Kriminal e Satanik, sottolinea il sapore adulto delle sue avventure.

Alan Mistero (1965)

Dopo aver interrotto nel 1965 la collaborazione con l’Editoriale Dardo per motivi economici, abbandonando Miki e Blek, dei quali avevano ceduto i diritti, i tre della EsseGesse tentarono di diventare editori delle loro opere fondando la casa editrice Sisag e pubblicando Alan Mistero, un prestante pistolero dai capelli rossi.



La serie, malgrado i personaggi brillanti, si concluse con il n. 23 per le scarse vendite, forse causate dal prezzo di copertina alto, rispetto al numero delle pagine, per coprire i costi dei colori.

Comandante Mark (1966)

Memore forse di aver rifiutato Blek macigno nel 1953, la Bonelli si accaparra la nuova serie della EsseGesse ambientata durante la guerra d’indipendenza americana e incentrata su un personaggio a capo di un valoroso gruppo di patrioti: il Comandante Mark.



Serie forse poco originale, dato che ricorda in tutto e per tutto Blek, è comunque durata fino al 1990.

La storia del West (1967)

Sergio Bonelli lascia carta bianca a Gino D’Antonio per raccontare un secolo di storia americana, dalla spedizione di Lewis e Clark del 1804 alla conquista dell’Oklahoma del 1890, attraverso le vicende della famiglia McDonald.



Coadiuvato da disegnatori di livello altissimo come Renzo Calegari, Renato Polese e Sergio Tarquinio, con La storia del West, D’Antonio sforna un capolavoro, anche se di scarso successo.

Lone Wolf (1968)

Lone Wolf è stato creato nel 1968 da Luigi Grecchi e Fernando Fusco per L’Intrepido, il glorioso settimanale della Casa Editrice Universo.



Si tratta di un cavaliere solitario che indossa un poncho come Clint Eastwood in Un pugno di dollari, e che preferisce fare a cazzotti piuttosto che sparare.

Larry Yuma (1970)

Il personaggio è stato creato da  Claudio Nizzi e da Carlo Boscarato per  il settimanale Il Giornalino.

 



Larry Yuma, che si fa subito notare per la mantellina alla messicana e il sigaro perennemente tra le labbra, vive tante avventure di poche pagine indirizzate al pubblico più giovane.

 

Mortimer (1973)

In un epoca dove i tascabili vendevano parecchio in Italia, anche il western dovette accettare la contaminazione con il fumetto erotico. Dopo le indiane bionde Walalla (1965) e Vartan (1969), arriva il bounty killer Francis Mortimer, riuscito personaggio creato da Giorgio Pedrazzi.



Il fumetto risulta tra i più riusciti del genere per la caratterizzazione psicologica dei personaggi e per i disegni “sporchi” di Victor de la Fuente.



I protagonisti (1974)

Rino Alberarelli aveva 65 anni quando iniziò questa serie fortemente voluta da Sergio Bonelli, che si proponeva di “fare il punto” su alcuni personaggi dell’epopea del West per i quali il mito aveva preso il sopravvento sulla realtà dei fatti.



Albertarelli, attraverso uno scrupoloso lavoro di documentazione, fu in grado di riportare alla loro dimensione storica figure mitiche come il generale Custer e il capo degli apache Geronimo, liberandoli da quell’alone fantastico di cui li aveva circondati la fantasia popolare. Purtroppo l’autore morì prima di completare l’opera.

Jesus (1976)

Neli anni settanta i fumetti italiani erano i più venduti nel mondo. Non deve meravigliare dunque l’esistenza di produzioni “sperimentali” come questo Jesus, una serie a cura dei fratelli Missaglia, Ennio per i testi e Vladimiro per i disegni, edita dalla Geis di Renzo Barbieri.



La caratteristica più originale del personaggio è il suo abbigliamento “hippie” costituito da lunghi capelli biondi, pantaloni sfrangiati a “zampa d’elefante” e gilet di cuoio rigorosamente indossato sul petto nudo.

Ken Parker (1977)

Giancarlo Berardi voleva fortemente realizzare un fumetto basato sugli ideali del 1968 che avevano esercitato una forte influenza su di lui quando non era ancora ventenne. Accetta l’ambientazione western solo per farsi pubblicare da Sergio Bonelli (all’epoca orientato praticamente solo su questo genere), riuscendo anche così nel suo intento.



Questo “Robert Redford amico dei poveri”, splendidamente realizzato dal punto di vista grafico da Ivo Milazzo, diventerà l’eroe degli ex contestatori.

 

Welcome to Springville (1977)

Welcome to Springville è un originale fumetto western incentrato sulla vita dei cittadini della piccola città di Springville. Una particolarità del fumetto è non avere un eroe fisso, lasciando spazio ogni volta a un personaggio differente.



È stato pubblicato tra il 1977 e il 1979 sul settimanale Skorpio della Eura Editoriale. Le sceneggiature sono di Giancarlo Berardi, mentre ai disegni si sono alternati Renzo CalegariIvo Milazzo.

L’uomo del New England (1979)

Omaggio del grande Dino Battaglia ai paesaggi e alle atmosfere di Ticonderoga e Wheeling, i due capolavori di Hugo Pratt ambientati nel New England.



Questo volume, inserito nella serie “Un uomo un avventura”, si impone come uno dei più belli dell’intera collana.

Judas (1979)

Dopo la chiusura di Jesus, Ennio Missaglia ci riprova con la Daim Press di Sergio Bonelli pubblicando Judas, un duro dalla faccia di Charles Bronson che lavora per l’agenzia investigativa Pinkerton.



Le storie appaiono fin troppo diluite per rientrare nelle canoniche 96 pagine bonelliane e i disegni appaiono affrettati a causa delle pressanti scadenze. Dopo 16 numeri anche questa serie chiude.

L’uomo del Grande Nord (1980)

Uno tra gli ultimi capolavori di Hugo Pratt, che qui si inventa l’affascinante personaggio di Gesuita Joe, il meticcio franco-canadese Joseph Montour Riel, discendente del Louis Riel che guidò la resistenza dei meticci indiani nel Canada sul finire dell’Ottocento.



Splendida la sequenza introduttiva con le prime tredici pagine completamente mute in aperta e affettuosa polemica con Sergio Bonelli che lo rimproverava per i dialoghi scarni.

L’uomo di carta (1981)

“Se ami una donna di carta, sei un uomo di carta” dice la squaw Coniglia Bianca al biondo protagonista, che da parte sua la ribattezza “chiappe al vento”.



L’uomo di carta è una delle storie migliori di Milo Manara, sia dal punto di vista del disegno sia della storia. L’avventura intensa con un finale straziante lasciava presagire un Manara diverso che purtroppo non abbiamo più visto.

L’indiana bianca (1983)

Con l’indiana bianca pubblicata sulla rivista Orient Express, Paolo Eleuteri Serpieri coniuga le sue passioni di una vita: il West e le donne. Si tratta del suo primo lavoro nelle vesti di autore completo, dopo essersi affermato come uno dei migliori disegnatori della sua generazione sulle pagine di Skorpio e Lanciostory.



Il suo tratto preciso e ricco di dettagli riesce a catturare alla perfezione l’aspra bellezza del paesaggio e la brutale violenza del periodo storico.

Bella e Bronco (1984)

Conclusasi l’esaltante cavalcata de La storia del West, Gino D’Antonio torna al western con la serie apparentemente innovativa di Bella e Bronco, che si distingue soprattutto per la presenza di una figura femminile come protagonista.



Il formato più grande (21×26 cm) e con meno pagine (64) rispetto al classico formato bonellide lo hanno probabilmente penalizzato nelle vendite, tanto da dover chiudere dopo breve tempo.

Boone (1985)

Renzo Calegari negli anni ottanta può essere considerato il più grande disegnatore western italiano. Il suo tratto impressionistico, tormentato e vibrante riesce a immergerci completamente nelle ambientazioni selvagge e feroci del West.



Le avventure del trapper Boone, apparse sul Giornalino, ne sono una splendida testimonianza.

Magico Vento (1997)

Serie a fumetti western che ha il suo punto di forza nella miscela di più generi, in quanto unisce il western all’horror e al noir. Il personaggio è stato creato da Gianfranco Manfredi per la Sergio Bonelli editore.



L’eroe, che si chiama Ned Ellis, ha l’aspetto dell’attore Daniel Day Lewis. Dalle storie traspare un grande amore per la storia indiana, presentandone con precisione anche gli elementi religiosi o culturali.




Un pensiero su “STORIA DEL FUMETTO WESTERN IN ITALIA”
  1. Articolo interessante su un genere un po’ in declino. Per completezza integrerei le serie citate con gli “Angeli del West” di Longhi e Polese, e con “I racconti di Saloon” del grande Stelio Fenzo, entrambi apparsi su “Il Giornalino”.

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