Il cinema italiano si è spesso ispirato alle opere letterarie ottocentesche, russe e francesi in particolare.
A Guy de Maupassant, per esempio, devono qualcosa vari autori della nostra commedia. Oltretutto, il suo “contributo” non viene dichiarato nei titoli.

Tanto per dire, il regista Mario Monicelli e il soggettista Luciano Vincenzoni avevano certamente presente il racconto I due amici, quando nel 1959 realizzarono il tragicomico La grande guerra.
In questo caso, comunque, si tratta solo di uno spunto.

Invece l’episodio Quel porco di Maurizio (il terzo del film di Steno del 1965, Letti sbagliati) è un vero e proprio adattamento del racconto di Maupassant Quel porco di Morin (Ce cochon de Morin), pubblicato nel 1882.

Maupassant scrisse parecchi racconti su richiesta dei quotidiani francesi. Per gusto personale, ma anche per andare incontro a quello dei lettori, inseriva spesso vicende amorose e situazioni addirittura licenziose.
Quel porco di Morin ne è un valido esempio.

Gran parte delle produzioni italiane dell’epoca, specie quelle comiche, puntavano sull’elemento erotico. Ovvio quindi che un racconto come Quel porco di Morin non passasse inosservato.
Tenendo conto che Steno aveva girato nel 1960 Letto a tre piazze, con Totò e Peppino De Filippo, anche questo con un debito seppur meno evidente nei confronti del racconto Il ritorno.

Il racconto Quel porco di Morin inizia con il protagonista, il deputato Labarbe, che narra a un amico la vicenda del bottegaio Morin, della quale fu testimone. Il provinciale Morin decide di spassarsela per quindici giorni a Parigi.

Ecco uno dei passaggi iniziali del racconto, nel quale Maupassant descrive attraverso le parole di Labarbe le sensazioni di Morin a contatto col gran mondo parigino.
“Capisci cosa vogliano dire per un commerciante di provincia quindici giorni a Parigi. Roba da mettere il fuoco nelle vene. Uno spettacolo per sera, le donne che ti stuzzicano, un continuo eccitamento della fantasia. C’è da impazzire”.

Infatti Morin perde il controllo. Succede nello scompartimento di un treno. L’uomo, di fronte a una bella ragazza bionda, Henriette, non riesce a resistere, le salta addosso e la bacia.
Maupassant descrive così la ragazza: “Ella dimostrava da diciassette a vent’anni: bionda, alta, di portamento sicuro”.

Morin viene denunciato dalla ragazza e dagli zii, così chiede aiuto all’amico Labarbe, a quei tempi redattore capo di un quotidiano parigino. Labarbe accetta di andare insieme a un collega a casa di Henriette, per cercare di risolvere la situazione.

Maupassant non spiega esattamente cosa accada tra Labarbe e la ragazza, ma in un brano genialmente allusivo sottintende un rapporto intimo tra i due.
“Allora spinsi dolcemente il chiavistello; e, avvicinandomi in punta di piedi, le dissi: «Ho dimenticato, signorina, di chiedervi qualche cosa da leggere». Essa si dibatteva; ma aprii presto il libro che cercavo. Non ne svelerò il titolo. Era veramente il piú meraviglioso dei romanzi, e il piú divino dei poemi”.

L’episodio di Steno tralascia il prologo (la prima immagine è quella di due maiali che grufolano) e parte subito con la scena del treno.
Maurizio (Aldo Puglisi) è seduto nello scompartimento e non riesce a distogliere gli occhi da Enrichetta (Beba Loncar), una bella ragazza bionda che di fronte a lui assume posizioni provocanti mentre sta leggendo un libro (non uno qualsiasi, ma L’amante di Lady Chatterley, di D. H. Lawrence).

A un certo punto Enrichetta sale in piedi sul sedile, prende la borsetta dalla reticella e comincia a truccarsi. Maurizio sempre più attratto dalla ragazza si guarda intorno. Poi lei gli getta un’occhiata e lo sguardo di Maurizio si fissa sulle sue labbra (inquadrate in dettaglio).

Quando a Enrichetta cade la borsetta e il contenuto si sparpaglia a terra, Maurizio si precipita ad aiutarla. Le afferra le mani, i volti si avvicinano. L’uomo, preda di un’eccitazione incontrollabile, la bacia.
Enrichetta comincia a urlare e tira l’allarme.

STENO "COPIA" GUY DE MAUPASSANT

Come nel racconto, Maurizio viene denunciato dallo zio di Enrichetta e chiede quindi aiuto all’amico, l’avvocato Labarbiera (Carlo Giuffrè).
I due si recano nella casa di campagna dove Enrichetta vive con gli zii. Labarbiera viene ospitato per una notte, poiché lo zio della ragazza (Alberto Bonucci) deve aspettare il ritorno della moglie per prendere una decisione definitiva riguardo alla denuncia.

STENO "COPIA" GUY DE MAUPASSANT

L’avvocato, anch’egli attratto irresistibilmente dalla ragazza, quando lo zio ormai dorme, entra in camera di Enrichetta. All’inizio la ragazza urla, ma poi accoglie Labarbiera.
Steno mostra i due che si baciano nel buio della stanza, esplicitando ciò che Maupassant suggeriva soltanto.

Nel racconto, come nel film, si può intuire che Henriette/Enrichetta convinca lo zio a ritirare la denuncia dopo aver trascorso la notte con Labarbe/Labarbiera.
Sostanzialmente le differenze tra il racconto di Maupassant e l’episodio di Steno non sono molte.

Oltre alle diverse professioni dei protagonisti, nel racconto Morin è sposato e vessato dalla moglie, “un donnone ossuto e barbuto” scrive Maupassant, lo zio di Henriette è un assiduo lettore del quotidiano.

In Steno, Maurizio sta per diventare notaio. È sposato ma in una scena ad angariarlo è la suocera (Tecla Scarano). Lo zio di Enrichetta scopre che Labarbera è cugino dell’onorevole del partito di cui è sostenitore e spera di ottenere un favore.

È pur vero che il racconto ha un lato drammatico, poiché Morin, distrutto dalla vergogna, muore.
L’episodio di Steno invece accentua l’aspetto farsesco: basta vedere come viene tratteggiato il personaggio dello zio miope.

Inoltre mette in scena l’erotismo nella maniera tipica della commedia italiana di quegli anni.
Propende per il punto di vista maschile, tanto da suggerire che Enrichetta non sia del tutto innocente, e usi consapevolmente il proprio potere seduttivo.

D’altronde era il periodo nel quale trionfavano le lolite cinematografiche, al cui fascino l’uomo maturo non sapeva resistere.
Al di là di alcune differenze, il soggetto di Quel porco di Maurizio è quindi del tutto simile al racconto. Stupisce ulteriormente, perciò, che non vi sia alcun riferimento a Maupassant nei crediti del film.

 

 

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