SILVER SURFER, IL MESSIA DI STAN LEE E JOHN BUSCEMA

La prima serie di Silver Surfer, scritta da Stan Lee e disegnata da John Buscema nel 1968, è una eccezione alla regola. Salvo i disegnatori e gli aspiranti tali, i lettori di un fumetto seguono più il testo dei disegni. Se poi i disegni sono belli, tanto meglio.
Dico che Silver Surfer rappresenta un’eccezione perché le storie di Stan Lee obiettivamente non sono un granché. Mentre John Buscema nei disegni fonde magnificamente il proprio “espressionismo muscolare” con la “drammaticità creativa” di Jack Kirby. Nei limiti in cui Buscema riesca a essere creativo, si intende.
Quindi queste storie di Lee, che sarebbero state considerate pallose se illustrate da un disegnatore qualsiasi, acquistano tutto un altro valore grazie ai disegni di Buscema.

SILVER SURFER, IL MESSIA DI STAN LEE E JOHN BUSCEMA

Il limite fondamentale di Silver Surfer è nel personaggio stesso. Bisogna tenere presente che viene creato da Jack Kirby, all’insaputa dello stesso Stan Lee, come semplice inviato di Galactus, nel numero 48 dei Fantastici Quattro (1966). In origine, quindi, il suo è un ruolo limitato, per il quale servirebbe un personaggio definito solo in maniera approssimativa.

Invece Silver Surfer, per quanto concettualmente demenziale come “surfista delle galassie”, appare subito carismatico. Forse anche perché sono più o meno gli anni d’oro del surf in California cantati dai Beach Boys. E anche il destino di alieno esule sulla Terra, dopo aver tradito Galactus per salvarla, appare meritevole di sviluppi. Così il personaggio ritorna nelle successive storie dei Fantastici Quattro e di altri personaggi Marvel.

Tavola originale dei Fantastici Quattro, con Silver Surfer, realizzata da Jack Kirby

Rimane il fatto che Silver Surfer non è un personaggio pensato sin dall’origine per avere una serie propria. Non ha una seconda identità come Clark Kent/Superman e Peter Parker/Uomo Ragno. Questo significa mancanza di relazioni, di affetti simili a quelli di noi lettori. Un personaggio con poteri smisurati non è simpatico se non ha anche una vita normale, dove gioisce e soffre per donne o problemi di soldi. Insomma, la sua realtà ci è del tutto estranea.

Stan Lee, in occasione della serie, potrebbe fornirgli un alter-ego “umano”. Farne, come ho ipotizzato in un altro articolo, una specie di Sheldon Cooper (il pazzoide di Big Bang Theory) che non riesce a integrarsi con i compagni di lavoro e i vicini. E che quando risale sulla propria asse, richiamata dallo spazio dove accumula l’energia dei “raggi cosmici”, si ricopre d’argento acquisendo i poteri. Poteri da definire bene, comunque. Ma questa o un’altra opzione non è nelle corde di Stan Lee, che è solo un redattore e un dialoghista. Lee delega le “invenzioni” a Jack Kirby e poi ci ricama sopra, di più non fa.

Nel corso del tempo, grazie alla sua affabulazione, Stan Lee si è inventato retrospettivamente una carriera di sceneggiatore che è esistita solo in parte. Prendiamo l’unico personaggio che ha inventato negli anni sessanta, il decennio della Marvel classica: Capitan Marvel, uscito su Marvel Super-Heroes n. 12. Lo crea nel dicembre del 1967 perché Jack Kirby si rifiuta di ideare altri personaggi senza un adeguato riconoscimento. Quanto a Steve Ditko, ha lasciato la Marvel proprio perché il suo apporto di sceneggiatore non veniva evidenziato. Solo molto dopo, come Kirby, sarà ufficialmente considerato dalla Marvel “co-sceneggiatore”.
Quindi Stan Lee adesso ha a che fare solo con dei “disegnatori-e-basta”, come Gene Colan e John Romita. Non in grado di creare personaggi e situazioni interessanti, ma solo di rimacinare infinite volte quanto creato da Jack Kirby, Steve Ditko e Bill Everett. Così non possiamo attribuire a Gene Colan, se non in piccola parte, la creazione di Capitan Marvel che ha disegnato per Stan Lee.

In Capitan Marvel non risalta, per esempio, neppure il famoso concetto di “grandi poteri grandi responsabilità”, che Lee aveva teorizzato nelle storie scritte soprattutto da Kirby e Ditko. Jack Kirby, forse più dello stesso Lee, si era compenetrato nel meccanismo narrativo di Godzilla, disegnando decine di storie sulla sua falsariga (come ho teorizzato nell’articolo “La Mavel creò i supereroi grazie a Godzilla”). Dei piccoli Godzilla potenti e perseguitati, ma allo stesso tempo “obbligati” a fare del bene, dato il loro status di supereroi, un genere riportato al successo in quel periodo dalla Dc Comics. Meccanismo narrativo continuamente riprodotto nella creazione di nuovi supereroi in quattro anni irripetibili. Altre e meno fruttuose, rispetto a quelle ispirate da Godzilla, saranno le suggestioni dei successivi creatori Marvel.

In Capitan Marvel, guerriero Kree sceso sulla Terra, la struttura vincente dei personaggi Marvel è irrisolta perché da solo Stan Lee non è in grado di imbastirla. Di conseguenza il personaggio non ottiene alcun successo e viene stravolto alla ricerca di un meccanismo narrativo decente, mentre Jack Kirby, soprattutto quello “godzillano” dei primi anni sessanta, lo avrebbe dotato senza sforzo di una dimensione marvelliana. Così Stan Lee finisce per gettare la spugna, affidando ad altri sceneggiatori il personaggio fallimentare.

Alla ricerca di un nuovo eroe “spaziale” da sostituire a Capitan Marvel (siamo negli anni della corsa verso la Luna), Stan Lee nell’agosto del 1968 si appropria del Silver Surfer di Jack Kirby.
Nella trasformazione da semplice comparsa a titolare di una testata non aggiunge molto alla struttura di Silver Surfer, mentre modifica “l’ambientazione”.
Introduce Shalla Bal, fidanzata di Silver Surfer quando stava nel pianeta nativo di Zenn-La e si chiamava Norrin Radd. Ma non si può costruire una specie di soap opera con lei rimasta nel lontano pianeta e lui intrappolato sulla Terra da Galactus. Si finisce sempre nella stessa lagna: “Oh, Shalla Bal, se solo potessi riabbracciarti ancora…”.

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L’apparizione iniziale di Shalla Bal nelle matite di John Buscema, prima che Stan Lee la faccia modificare (all’inchiostratore Joe Sinnott?) per rendere la capigliatura meno “aliena”. A entrambi i personaggi, poi, fa aggiungere le pupille per lo stesso motivo

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Comunque non è che manchino le idee in questo Silver Surfer, sicuramente l’opera più impegnativa di Stan Lee come autore.
Si parte dalla riproposizione dello spirito del tempo. Siamo negli anni della Contestazione giovanile, nel periodo degli hippy. E le storie trasudano della retorica dell’epoca: la Terra è un posto fantastico rovinato dalle guerre, dalla fame eccetera.
Un populismo alla Mafalda, però senza gli eccezionali personaggi di contorno di Quino che servono per ricondurre i grandi temi alla realtà spicciola di tutti i giorni. In Silver Surfer, purtroppo, gli esseri umani sono piuttosto rari. In pratica ce ne sarà solo uno e morirà subito, come vedremo.

Probabilmente l’errore più grave della Marvel è stato quello di mettere in vendita il comic book a 25 centesimi, praticamente il doppio degli altri albi. Anche se il prezzo è giustificato dalle pagine in più, psicologicamente dissuade il lettore dall’acquisto (un po’ come accade con le nuove costose serie a colori della Bonelli). Stesso errore farà pochi anni dopo Jack Kirby con i New Gods.

Nel primo numero dell’agosto 1968 si raccontano le origini di Silver Surfer, quando è ancora Norrin Radd. Galactus, affamato dell’energia vitale dei pianeti (qualunque cosa voglia dire), sta per distruggere Zenn-La. Gli abitanti del pianeta, un tempo audaci, ora sono caduti nell’indifferenza e nell’ozio che hanno minato le loro capacità combattive. Stan Lee vorrebbe fare l’hippy, ma imbastisce una situazione di “decadenza della civiltà” che ricorda la propaganda fascista contro la democrazia.

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Alla fine Galactus risparmia Zenn-La in cambio dell’arruolamento di Norrin Radd come scout (“araldo”). Da questo momento sarà lui a cercare nuovi mondi nell’universo per “sfamarlo” con la loro “energia”.

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Silver Surfer, come abbiamo visto, alla fine conduce Galactus sulla Terra dove, alleandosi con i Fantastici Quattro, tradisce il suo capo. Il quale si vendica creando una barriera insuperabile intorno all’atmosfera terrestre: Silver Surfer non potrà più tornare sull’amata Zenn-La. E sulla Terra è calpesto e deriso anche quando cerca di fare del bene, come vediamo nella sequenza sempre presa dal primo numero del 1968.

In questa versione di Stan Lee, Silver Surfer è un non ascoltato messia. Un giorno dovremo fare i conti con il fatto che dagli anni trenta, ovvero gli inizi, fino agli anni sessanta, editori, direttori e autori di comic book sono quasi tutti ebrei, per capire come la loro cultura etnico-religiosa si sia trasferita nelle pagine dei fumetti. Si dice che l’alieno Superman sia la rappresentazione di Gesù. Io dubito che lo sceneggiatore ebreo, il disegnatore ebreo, il direttore ebreo e l’editore ebreo di Superman pensassero a Gesù Cristo. Pensavano più probabilmente al messia promesso dalla religione ebraica. A quanto sappiamo, Gesù fu condannato dalle autorità ebraiche attraverso il povero Ponzio Pilato perché “si spacciava” per il messia. Il salvatore atteso dalla tradizione. Quindi Superman, se è un messia, è il messia ebraico. Almeno nei primi anni della sua storia editoriale.

Però Stan Lee è un ebreo laico, forse ateo. Nelle storie di Silver Surfer mescola il messia ebraico con quello cristiano, che prevale nell’episodio con Mephisto pubblicato sul numero 3, il primo del trittico di episodi più riusciti dell’intera serie. Mephisto non rappresenta un diavolo “minore”, ma Satana stesso, il diavolo nella sua essenza.
Nella prima tavola qui sotto, Mephisto riconosce implicitamente a Silver Surfer il ruolo di messia, dato che con la sua “bontà” rischia di distogliere gli uomini dal commettere il “male”. Quello che aveva cercato di fare Gesù secondo il cristianesimo.

Per questo motivo decide di “tentare” Silver Surfer, come il Maligno ha fatto con “Gesù nel deserto” nei Vangeli.

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Se la storia contro Mephisto è la più creativa di John Buscema, soprattutto per le trovate grafiche che riesce a inserire nell’inferno, il disegnatore italoamericano si distingue anche nella storia con Thor e gli dei di Asgard, pur limitandosi in gran parte a riproporre, rimaneggiandole, le invenzioni kirbyane. Storia inconsistente, invece, per il testo.

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All’inizio dell’episodio il malvagio dio asgardiano Loki interpreta il diavolo tentatore nell’Eden, il biblico paradiso terrestre.

L’unica storia veramente scritta bene e sensata di Silver Surfer è quella successiva, l’ultima del trittico, con Lo Straniero.
In pratica, il dio ebraico dell’Antico testamento torna sulla Terra e decide di distruggerla con una minuscola superbomba per punirla dei suoi peccati. Si limita a ripetere quello che Dio aveva fatto con il diluvio universale.

SILVER SURFER, IL MESSIA DI STAN LEE E JOHN BUSCEMA
La copertina di John Buscema, veramente malriuscita, su richiesta di Stan Lee viene ridisegnata dall’art director John Romita Senior

Mentre Silver Surfer fa a botte con Lo Straniero/Dio, il suo amico scienziato Al Harper sacrifica la propria vita per salvare l’umanità.
Ecco, Al Harper è l’unico essere umano, in tutti i sensi, a rivestire un ruolo importante in una storia di Silver Surfer.

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Anche il numero 6 di Silver Surfer ha disegni accurati, ma la storia, oltre a essere lenta e priva di vere trovate, lascia piuttosto a desiderare. E motiva in pieno la mia avversione per i viaggi nel tempo.

Dunque, il Nostro scopre di poter viaggiare nel tempo e arriva nel futuro, quando l’invisibile barriera di Galactus che lo imprigiona alla Terra non esiste più.

Solo che l’universo del futuro è stato conquistato e “distrutto” da un mutante che si fa chiamare Il Signore (Overlord in inglese). Insomma, qui Dio è il diavolo. Alla fine dei tempi è il male ad avere trionfato sul bene.
Ma non pretendiamo troppi significati teologici in queste storie di Stan Lee, che in ogni numero si limita a cospargere ad minchiam qualche riferimento religioso. Diretto o indiretto che sia.

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Alla fine Silver Surfer torna nel passato e impedisce il verificarsi dell’incidente che ha creato il mutante. Facile risolvere un intreccio in questo modo, no?

Solo nell’ultima vignetta Stan Lee si accorge che a questo punto Silver Surfer potrebbe tornare comodamente a Zenn-La, perché si trova fuori dall’atmosfera terrestre e quindi oltre la barriera invisibile di Galactus. Allora rimedia con qualche verboso balloon, che trasforma tutta l’avventura in un sogno!
Se c’è una cosa che avverso più dei viaggi nel tempo sono le storie che alla fine si rivelano dei sogni. L’ultima possibilità dello sceneggiatore quando non sa più dove sbattere la testa.

Il numero successivo è significativo perché, nella seconda parte, sancisce il tracollo grafico della serie.
Anche se la prima parte è ancora disegnata lussuosamente.

Quella sotto è una tavola originale dell’episodio, forse la più bella, che è stata acquistata da mio fratello Gabriele: ora se la tiene in casa per rimirarla.

SILVER SURFER, IL MESSIA DI STAN LEE E JOHN BUSCEMA

Nella seconda parte della storia incentrata sulla “creazione” di un essere umano, una chiara offesa alle prerogative divine, i disegni calano di tono. Il numero successivo, l’ottavo, dimezza le pagine e scende di prezzo, 15 centesimi come gli altri comic book. I disegni, pur buoni, continuano a essere meno curati. Cosa è successo?

L’albo non vende e per questo Stan Lee se la prende con John Buscema. Cioè con chi ha reso un servizio eccezionale ai suoi testi! Forse gli diminuisce anche il compenso, a giudicare dalla minor cura dei disegni seguenti. Solo anni dopo Stan Lee, rivedendo le storie, si accorgerà che erano disegnate splendidamente (dimenticandosi di avere sostenuto il contrario).

Le altre storie di Silver Surfer, per quanto disegnate con meno creatività, mantengono il sapore dei primi episodi. Quasi sempre con riferimenti biblici coniugati alle tematiche sociali ed ecologiste della Contestazione. Tutto ciò, insieme alla dimensione spaziale, sono lo specifico genere narrativo di Silver Surfer. Nella Marvel classica degli anni sessanta, infatti, ogni supereroe copre un “genere” ben definito.
Quindi Silver Surfer, anche in queste nuove storie, continua ad avere a che fare con personaggi e situazioni contaminate con il “divino”. Come l’Olandese Volante respinto dall’Aldilà, il super-robot che sta per scatenare l’Apocalisse e il ritorno del diavolo Mephisto come nemico di Gesù/Silver Surfer. Il tutto sempre senza coerenza, per la verità. La religione è solo un espediente narrativo superficiale: Stan Lee non ha alcun vero contenuto da inserire nelle storie. Non ne ha la voglia, il tempo e la capacità.
Gli è venuto il guizzo di usare la religione già nella prima apparizione sui Fantastici Quattro, dove Silver Surfer è un po’ un “angelo caduto sulla Terra” a causa della sua disobbedienza a Dio/Galactus.

Nel numero 14, preso dalla disperazione per il continuo calo delle vendite anche con il prezzo dimezzato, Stan Lee fa incontrare Silver Surfer con l’Uomo Ragno per motivi promozionali. Bella l’idea del ragazzino solitario appassionato di fumetti.

Negli ultimi episodi l’aspetto “teologico-galattico” va a farsi benedire con storie sempre più generiche. L’ultimo numero, il 18, segna l’umiliazione definitiva: viene fatto disegnare, e quindi scrivere, dal creatore Jack Kirby. A segnare il completo fallimento commerciale dell’intera serie di Lee e Buscema.

Però il Silver Surfer di Stan Lee e John Buscema ha lasciato il segno. Chi lo ha letto non lo ha mai dimenticato, in fin dei conti anche per i testi di Stan Lee che rimandano, sia pure in modo maldestro, agli ideali della Contestazione. Ideali rappresentati attraverso la chiave biblica, per quanto confusa e contraddittoria. Certo l’effetto è riuscito solo perché questi testi verbosi e ripetitivi sono stati magnificati dai disegni di John Buscema, con un lavoro degno della Cappella Sistina.
Con il tempo il Silver Surfer di Buscema ha quasi cancellato dalla memoria quello del geniale Jack Kirby e, ovviamente, ha nullificato le interpretazioni del personaggio venute dopo.

L’impressione suscitata da Silver Surfer ha lasciato tracce anche nel cinema. Nel film di Jim McBride All’ultimo respiro (Breathless, 1983), il personaggio interpretato da Richard Gere è ossessionato dai fumetti di Silver Surfer.

In Italia Silver Surfer ha avuto un impatto forse ancora maggiore, anche perché è stato uno dei primi quattro supereroi Marvel pubblicati dall’Editoriale Corno. A partire da L’incredibile Devil n. 1, del 6 maggio 1970.
Ricordo ancora che il mio unico tema all’ora di religione l’avevo appunto dedicato a Silver Surfer…

(Per saperne di più sulla vita e le opere di John Buscema leggete l’illustratissimo articolo di Giornale POP a lui dedicato cliccando qui).

Di Sauro Pennacchioli

Contatto E-mail: info@giornale.pop

6 pensiero su “SILVER SURFER, IL MESSIA DI STAN LEE E JOHN BUSCEMA”
  1. Pensaurus birichino, hai citato il Gere del remake del film di Godard, ma hai omesso un riferimento obliquo come quello di Professione pericolo ( The Stunt Man 1980 ndr ) in cui Pete O ‘ Toole chiede al suo stuntman cosa farebbe il “suo ” personaggio di pilota in volo se sapesse di esser spacciato e questi gli risponde che ballerebbe sulle ali del biplano , cosa che poi davvero fa. Puro Silverado. King Kirby aveva anticipato la teoria delle stringhe ed il multiverso e Charlie non fa surf di Coppola. Deve aver letto anche le tue cose perché quando ci riprova nei New Gods pensa ad un Black Racer ( personificazione della Morte ) che scia nello spazio ed è l’alter ego di un soldato tetraplegico afroamericano. Non proprio Sheldon Peter Kent, ma mi piace la tua idea di farne un upgrade di Spock/Visione/Martian Manhunter che stringi stringi si dimostrano sempre + umani degli umani.
    Io rilancio con un Nereo Radius che sulla Terra diventa un santone alla americana di quelli che fanno i raduni negli stadi e raccolgono tanto cash. Silverado non ricorda chi era prima ed obbedisce ad una specie di combo degli Oberon e Morgan Edge nella saga del Quarto Mondo di King Kirby per la DC. Non ricorda come accedere ai suoi poteri cosmici, ma è in grado di fare piccoli miracoli. Ha l’aspetto di un terrestre calvo e ieratico come un Mastro Lindo sotto camomilla sempre. Qualcosa del suo passato ogni tanto emerge nei sogni.
    So che stai pensando che Ron the Edge è in realtà Mefisto o Incubo, ma sarebbe troppo prevedibile: è sempre Silverado o meglio un aspetto della sua anima scissa che ha deciso di dimenticare il tempo in cui era uno Sheldon cosmico a caccia della pappa per la idea di entropia della Marvel. Molto Sentry di Paul Jenkins , lo so, ma anche lì i riferimenti al Miracleman di Moore erano tanti. Le note sono sette . Ciao ciao

  2. La serie parte con l’idea di Lee di migliorare il lavoro di Kirby e si schianta al suolo finite le idee rubate, con un super-eroe lagnoso, verboso e moraleggiante di una morale confusa e contraddittoria.

    Surfer o meglio Norrin-Radd non è la creatura di luce creata da Galactus che non ha esperienza dei sentimenti e della vita come quello di Kirby ma è un lagnoso abitante di Zenn-la, pianeta senza guerra senza fame senza problemi. Essendo lui appunto lagnoso anziché godersi questo pianeta e la sua bella fidanzata Shalla Bal passa il tempo a lamentarsi di avere tutto ma di non esserselo guadagnato (mi ci identifico come farei con un figlio di miliardario che si lamenta per lo stesso motivo). A questo punto arriva una sfera di luce (Galactus) che minaccia Zenn-la. Norrin essendo un porta sfiga è tutto contento perché può sacrificarsi per il suo pianeta e volare nel cosmo (non pieno di gioia come quello di Kirby) ma lagnadosi del pianeta e della donna perduta che quando li aveva si lamentava lo stesso. Insomma un tipo simpatico con cui identificarsi. Sulla terra passa il tempo facendo la morale ai terrestri con banalità tipo “Nessun mondo più profusamente dotato di bellezze naturali …e di clima temperato…” , ci sarebbe da dirgli “…a Surfer, guarda che noi terrestri non abbiamo la tua corazza buona per viaggiare tra i pianeti, il clima temperato c’è solo quando c’è una bella giornata se no abbiamo anche tempeste, uragani, maremoti e alluvioni, in certe zone c’è sempre il ghiaccio in altre sempre sole e siccità e deserto”. Non parliamo poi della morale sulla violenza dei terrestri perché lui di tanto in tanto s’infuria e decide di insegnarci il pacifismo a suon di raggi cosmici (cosa che già era successa nei Fantastic four), salvo poi pentirsi incoerentemente.

    Il disegno di Buscema è molto bello ma i testi di Lee sono verbosissimi e spesso non fanno che illustrare quello che si capiva benissimo dai disegni. Le trame girano a vuoto per pagine e pagine, prima di arrivare finalmente al punto e in 17 albi Lee riesce a non creare neanche un personaggio nuovo (se si esclude l’Olandese volante, Frankenstein e Lucifero che però non sono proprio idee originali).

    Per quanto riguarda Superman … ma è Mosè salvato da morte sicura abbandonandolo in una culla su un fiume (nello spazio).

  3. Segnalo solo che il film di McBridE (con la E finale) è nientemeno che un remake di A bout de souffle (no, dico: la Nouvelle Vague!), e che l’ossessione per Silver Surfer voleva essere un indice di quanto fosse coglione il protagonista Richard Gere.
    Per il resto nulla da dire, sei un grandissimo conoscitore dei supereroi – e magari lo prendi pure come un complimento.

  4. Io sono la voce fuori dal coro, ma mi sento in dovere di spezzare una lancia a favore dell’Araldo d’Argento.
    Premessa doverosa è che io, al contrario di voi, sono solo un modesto fruitore di fumetti, e quindi, non possedendone gli strumenti, non sono in grado di valutare dal “di dentro” il lavoro degli artisti coinvolti.
    Chiedo scusa quindi se non porterò nulla di nuovo al sapere comune, ma è proprio questo sguardo da addetto ai lavori il motivo che più mi ha conquistato di questa pubblicazione, che ritengo illuminante e piacevolissima.
    Ma la parola del “TRUE BILIEVER” a questo punto s’impone, a mio avviso.
    L’uscita del Surfista in appendice al Devil della Corno fece di quell’albo un vero gioiello.
    I disegni di Big John erano superbi, per anatomie e posture.
    E i volti poi!!!!
    Quegli occhi, così espressivi.
    Anche i personaggi “BRUTTI” diventavano “BELLI” nelle sue mani, e intendo di una bellezza affascinante per espressività e movenze.
    Mefisto, Il Signore, Frankenstein, Quasimodo…..
    Avevano la bellezza classica dell’antica grecia, non più una libera interpretazione della figura, ma la figura nella sua forma più elegante.
    E chi più di Silver Surfer poteva prestarsi a questo.
    Il Surfista era anatomia ed eleganza allo stato puro.
    Snello, mai eccessivo, con quello sguardo senza occhi eppure…….
    E quel Thor poi!
    Ne vogliamo parlare.
    Quello in copertina l’avrò copiato così tante volte che lo saprei rifare a occhi chiusi.
    Quell’Asgard coi suoi mitici Dei Nordici, Loki in primis.
    Quante volte ho rimirato quelle figure.
    Per quanto riguarda poi il “VERBOSO” e “STUCCHEVOLE” dialogo del personaggio, secondo me non bisogna dimenticare che era il 1968.
    Erano gli anni del Vietnam e della fantasia al potere.
    I giovani erano sognatori e utopistici, e forse per questo credo sia stato un fumetto molto letto nei campus universitari in quegli anni.
    Stan Lee seppe cogliere questo clima e lo tradusse nel personaggio sconfitto che combatteva per la giusta causa ben sapendo di perdere sin dall’inizio.
    Io come ho detto in un altro mio commento ebbi modo di chiede a Stan Lee quale fosse il personaggio a cui era più affezionato e lui mi rispose, con mio grande stupore, proprio Silver Surfer.
    Comunque io nel 70 avevo 11 anni e quel candore senza se e senza ma del Surfista lo trovavo chiaramente illuminante.
    Ora le cose non stanno più così ma voglio tornare a guardarlo con quegli occhi, mentre sfreccia solitario su un mondo che lo odia.
    Bellissimo l’articolo e mi spiace di non poter apportare nulla di conoscitivo al bel dibattito in corso, ma come vi ho detto, io sono solo un appassionato che vi segue con entusiasmo.
    P.S. – io non posseggo un tavola originale di Big John come suo fratello, Sig. Sauro, ma ho un volto di Thor disegnato in pochi minuti da John Buscema con quattro tratti a penna, fatto in piedi durante una convention qui in italia(LUCCA?) che conservo gelosamente.

  5. Non mi aspettavo un articolo così critico nei confronti di una serie che per me è un capolavoro (e non solo per la straordinaria arte di Buscema). I testi di Stan Lee oggi possono sembrare estremamente didascalici e prolissi, ma per i tempi la sua narrazione epica, ma anche ironica, era qualitativamente sopra la media, per quanto riguardava i fumetti di supereroi, ed accettata senza problemi dai lettori. Le storie hanno le loro ingenuità, ma anche una notevole componente drammatica, che ha contribuito a rendere indimenticabili per molti appassionati (me compreso) svariati episodi. Se Silver Surfer è tra i personaggi che ho più a cuore lo devo a Lee e Buscema, che più di tutti gli altri autori, ne hanno esaltato la tragedia e l’umanità.

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