Quali sono le origini di Silver Surfer? È un giorno come tutti gli altri sul pianeta Zenn-La, in orbita intorno alla stella di Deneb nella stessa nostra galassia della Via Lattea. L’antichissima razza umanoide che lo popola è riuscita a realizzare l’utopia: le malattie, la povertà, le guerre e tutti i tipi di contrasto sociale sono stati sconfitti. Una società perfetta che ha, inevitabilmente, il suo rovescio della medaglia. Privi di ogni stimolo, gli abitanti si sono abituati a un’esistenza pigra ed edonistica.

Qualcuno, però, non si lascia trasportare dalla corrente. Il sognatore Norrin Radd, figlio di Jartan ed Elmar Radd (entrambi morti suicidi), non accetta questa rilassata passività, convinto che la realizzazione di ogni singolo individuo passi per la ricerca interiore, l’ambizione di realizzare i propri desideri e la voglia di mettersi continuamente in gioco. La sua fidanzata, la bellissima Shalla Bal lo ama profondamente e, anche se non lo comprende appieno, lo asseconda e lo ascolta.


Immaginiamoci la scena: improvvisamente il serpente abbatte il cancello dell’Eden e annienta tutte le certezze di un attimo prima. Una gigantesca astronave si materializza nel cielo di Zenn-La recando con sé un portatore di morte che non concede alcuna possibilità di sopravvivenza. È arrivato l’essere il cui nome viene sussurrato con terrore in tutto il cosmo: Galactus, il Divoratore di Mondi. Al di là di ogni morale, è mosso solo dal bisogno primario della ricerca del nutrimento. La sua è una fame continua e spaventosa, che può essere placata solo attingendo alle energie vitali degli sventurati mondi che incontra nel suo girovagare tra le stelle. Il popolo di Zenn-La è inebetito. Il Consiglio dei saggi che lo governa è imbelle e rassegnato.

Un solo uomo si erge a difesa del pianeta: Norrin Radd. Contratta con Galactus offrendogli la sua ubbidienza perpetua per la salvezza di Zenn-La. Inaspettatamente, l’Entità accetta il patto e gli fornisce gli strumenti necessari per i suoi nuovi compiti. Profondi cambiamenti fisici squassano la conformazione strutturale di Norrin: un involucro argenteo avvolge il suo corpo per dotarlo della necessaria protezione nello spazio. Come mezzo di trasporto gli viene dato un oggetto indistruttibile che assomiglia a un’asse (da surf!), collegato psichicamente a lui.

Norrin Radd non esiste più, al suo posto c’è l’araldo del Divoratore di Mondi: Silver Surfer. Il suo compito è semplice, ma estremamente impegnativo: dovrà trovare per il suo padrone nuovi mondi da “divorare”. Questa è l’origine di uno dei personaggi più belli e tormentati della Marvel Comics come fu raccontata nel primo numero di “Silver Surfer” dell’agosto 1968, una testata che, nonostante la sua brevità (solo 18 numeri), rimane uno dei vertici dalla narrativa a fumetti.

In realtà, la vicenda editoriale di Silver Surfer era cominciata su Fantastic Four n. 48 del marzo 1966. Il creatore fu Jack Kirby, solo lui poteva pensare a un’asse come mezzo di locomozione interstellare: Stan Lee ha ammesso che lo aveva disegnato nella storia di Galactus contro i Fantastici Quattro senza che lui ne sapesse niente. Nonostante questo, Stan Lee contribuì non poco alla sua caratterizzazione dandogli una parlata magniloquente e una personalità tragica degna di un personaggio shakespeariano.


L’ingresso di Silver Surfer nella storia del fumetto è dirompente. Galactus ha fame e il suo araldo, fino a quando ha potuto, lo ha condotto su pianeti privi di vita. Ora non c’è più tempo, la pazienza del padrone è finita e il suo servitore deve scovare il primo pianeta utile: la Terra. Tutto è pronto per il pranzo di Galactus, nonostante l’intervento dei Fantastici Quattro e l’intercessione di Uatu l’Osservatore (altra potentissima entità che, per amore dei terrestri, per una volta viola la regola del non interventismo).Tuttavia il freddo e implacabile araldo ha visto del buono nell’umanità, ne ha scoperto la bellezza e la grande potenzialità. Prova di nuovo un sentimento che la polvere del tempo aveva seppellito: la pietà. Non può fare a patti con le proprie emozioni. Ora ha il dovere morale di ribellarsi perché la Terra merita di essere risparmiata.

Galactus, sotto la minaccia dell’unica arma in grado di distruggerlo (il “nullificatore assoluto”, gentilmente offerto ai terrestri da Uatu) deve rinunciare a “mangiarsi” la Terra. Ma punisce il traditore creando una impenetrabile barriera personale che lo imprigionerà in quel mondo alieno per sempre, impedendogli di scorrazzare nello spazio come aveva imparato a fare (potrà tornare a farlo solo ventidue anni dopo, in Silver Surfer, vol. III, del luglio 1987).

La testata di Silver Surfer del 1968, nella quale si racconta per le prima volta le origini del personaggio, riparte da questa prigionia terreste, dagli innumerevoli e vani tentativi di fuga dell’eroe argentato. Sarà il pretesto per esplorare tanti lati dell’umanità, alcuni decisamente negativi come l’ostilità verso un essere così potente e diverso da noi che sconfina in un’autentica forma di razzismo, altri positivi come la nobiltà di chi si sacrifica per il bene degli altri.


Dicevamo della testata dedicata a Surfer. I lettori l’avevano richiesta a gran voce fin dalle prime apparizioni dell’eroe, ma i vincoli distributivi a cui la Marvel era ancora assoggettata non lo permettevano. Infatti i comic book Marvel erano distribuiti dalla concorrente Dc Comics, la quale, avendo ben presente come Martin Goodman (l’editore della Marvel) avesse turbato il mercato nei primi anni cinquanta inondandolo con tantissime serie di comic book, cercava di contenerne la furia editoriale.

Quando la Marvel passa a un distributore indipendente, Goodman ne approfitta subito per moltiplicare di nuovo le testate, fino a ristampare i comic book degli anni quaranta. Il mercato crolla di nuovo, non reggendo al peso di tante nuove pubblicazioni, ma stavolta a rimetterci le penne è la stessa Marvel, oltre alla Dc: solo Jim Shooter, più di dieci anni dopo, riuscirà a risollevare la situazione.

Se non altro, questa situazione ha permesso l’uscita della testata di Silver Surfer. Ma stavolta è Stan Lee a commettere un errore, pubblicando Silver Surfer in un albo bimestrale di 48 pagine, invece che nelle ormai consuete 32, al prezzo di 25 centesimi (il doppio rispetto agli altri comic book). In appendice, la testata pubblicava una storia autoconclusiva “presentata” dall’Osservatore e realizzata da autori sempre diversi. A causa del prezzo troppo alto la serie non decollerà mai e Stan Lee, parlandone arrabbiato con il nuovo sceneggiatore Roy Thomas, darà ingiustamente la colpa al disegnatore, John Buscema, che invece qui si esprimeva ai suoi massimi livelli. Buscema, alla nobiltà di Kirby, infondeva in Silver Surfer anche una forte espressività e nelle ambientazioni riusciva a essere molto creativo, qualità che non sempre saprà (o avrà la voglia di) mostrare.


Per essere stata una collana di soli 18 numeri, la testata di Silver Surfer presentò una incredibile varietà di temi e personaggi. Già nel N. 2 faceva la sua apparizione una razza aliena che avrebbe avuto una lunga storia nella Casa delle Idee: la confraternita di Badoon. Nel numero successivo esordisce uno dei “cattivi” per antonomasia della Marvel, il demone extra dimensionale Mephisto. Infastidito dalla purezza di Silver Surfer, Mephisto trasporta sulla Terra l’amata Shalla Bal per usarla come merce di scambio. L’eroe non cede alla tentazione di tenere con sé la sua amata perché il prezzo richiesto è troppo alto. Ci saranno nuove occasioni per rivedere la sua donna, non deve svendere la speranza.

Nel numero successivo, noi lettori che nei primi anni settanta seguivamo l’edizione italiana dell’Editoriale Corno avemmo la possibilità di vedere per la prima volta la versione di John Buscema (per l’occasione inchiostrata dal fratello Sal) degli dei di Asgard. Altro numero di struggente bellezza è il sesto. Lo Straniero (The Stranger) ha piazzato una potentissima bomba in grado di sterminare l’intera popolazione della Terra. Il sacrificio dell’eroico fisico afroamericano Al Harper impedirà lo scoppio e Silver Surfer conoscerà uno degli aspetti più nascosti degli esseri umani: la capacità di immolarsi per gli altri.



Le tematiche esplose negli anni sessanta come l’ecologia e l’intolleranza per il diverso, oltre all’altissimo livello qualitativo delle storie e dei disegni, con un Buscema in gran spolvero e ottimi rifinitori a dargli preziosa assistenza (come l’eccellente Dan Adkins), sono il marchio inconfondibile di queste storie. Eppure la testata continua a non vendere. Dal numero otto (inizio della trilogia dell’”Olandese Volante”) la testata diventa mensile e le pagine vengono riportate a 32 per abbassare il prezzo di vendita.

Per cercare il rilancio si sfrutta il consolidato meccanismo del team-up facendo interagire l’argenteo eroe con Spider-Man e la Torcia Umana, ci si gioca la carta del ritorno di Mephisto. Niente da fare. Con “To Smash the Inhumans”, del settembre 1970 (unico numero disegnato dal creatore Jack Kirby nel vano tentativo di attirare nuovi lettori), la testata chiude con il volto furente di Surfer, il quale, stanco delle continue vessazioni, giura vendetta contro gli abitanti del pianeta.

In seguito, ci saranno innumerevoli apparizioni di Silver Surfer, nuove testate con altri autori e nuovi sviluppi narrativi, ma sempre poco convincenti, fino ad approdare alla attuale serie gestita dal controverso Dan Slott ai testi e dallo psichedelico Mike Allred ai disegni. Questa versione, dai toni volutamente “vintage”, è forse la migliore tra quelle prodotte sul Cavaliere d’argento, anche e soprattutto per la sua surreale storia d’amore con la terrestre Dawn Greenwood. Tuttavia neppure essa si avvicina lontanamente al livello qualitativo della saga di Stan Lee e John Buscema, che tutti i lettori della prima ora continuano a rimpiangere.

 

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2 pensiero su “SILVER SURFER, IL CAVALIERE DELLE STELLE DI LEE E BUSCEMA”
  1. Il S.S. di Lee/Buscema era magnifico. Poesia e disegni michelangioleschi. Un MUST che supera il passare del tempo.

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