Nei fumetti non mancano certo i personaggi folli, soprattutto tra i criminali.
In particolare i classici nemici di Batman come Joker, Due Facce o il Cappellaio Matto sono etichettati come folli e vengono regolarmente rinchiusi nel manicomio cittadino chiamato Arkham Asylum, che prende il nome dell’immaginaria città in cui si svolgono alcuni inquietanti racconti di Howard Phillips Lovecraft.

Tra le più interessanti storie di Batman dedicate al tema della follia, vanno ricordate almeno quelle realizzate dagli autori britannici.
In “The Killing Joke” (Lo scherzo che uccide) del 1988, di Alan Moore e Brian Bolland, un Joker più spietato che mai cerca di far impazzire il commissario Gordon, mentre ricorda le drammatiche esperienze che hanno fatto impazzire lui.
In “Arkham Asylum” del 1989, di Grant Morrison e Dave McKean, Batman, per salvare degli ostaggi, deve accettare di restare nel manicomio insieme ai suoi nemici folli e di sottoporsi a sua volta a dei test psichiatrici.
In “Mask” (Maschere) del 1992, di Brian Talbot, Batman stesso scopre di essere un povero folle vestito di stracci che ha solo immaginato tutta la sua carriera di giustiziere come una fantasticheria da megalomane.

Di personaggi schizofrenici dei fumetti se ne possono citare vari.
“La Rosa e la Spina”, è una serie degli anni settanta dell’editrice Dc Comics su una ragazza che combatteva il crimine quando la sua personalità aggressiva assumeva il controllo e che poi, nella sua personalità abituale, non ricordava più nulla delle imprese compiute.
Aurora, è una supereroina della Marvel Comics, membro del gruppo canadese Alpha Flight, anch’essa dalla psiche scissa in due analoghe personalità opposte.
Starman, è uno dei vari supereroi della Dc con questo nome, proveniente dal futuro ed entrato nel 2007 nel gruppo della Justice Society, pur essendo affetto da disturbi mentali schizoidi che lo fanno parlare in modo incoerente.

Tra i tanti criminali folli dei fumetti, tanto per restare in ambito statunitense, ricordiamo anche lo Psico-Pirata, altro personaggio della Dc, che era capace di manipolare le emozioni altrui, ma che poi impazzì per l’incapacità di controllarle.

Il fumetto forse più legato al tema della follia è la serie Shade The Changing Man (Shade, l’uomo cangiante), pubblicata nel 1977 dalla Dc Comics.
In Italia apparve per la prima volta nel 1978 sul mensile antologico Il Supereroe dell’Editoriale Corno.

Shade era una serie di fantascienza creata da Steve Ditko, noto come primo disegnatore e co-autore di Amazing Spider-Man, albo che nei primi anni sessanta contribuì in modo determinante alla caratterizzazione di una galleria di criminali grotteschi paragonabili solo a quelli di Batman, come il folletto pazzo Goblin.

Una volta lasciata la Marvel nel 1966 per divergenze con il direttore Stan Lee e l’editore Martin Goodman, dovute allo scarso riconoscimento del suo apporto alla creazione dell’Uomo Ragno, Ditko passò a collaborare con altri editori, come la piccola Charlton, per la quale rinnovò o creò altre serie di giustizieri e supereroi, come Blue Beetle, The Question e Captain Atom.

Sono personaggi che ispireranno Alan Moore per i componenti dei Watchmen. Il personaggio più folle è il vigilante Rorschach, ispirato al detective mascherato The Question di Steve Ditko, ma che a differenza di questi indossa una maschera in cui appaiono macchie speculari sempre diverse (simili a quelle del test psicologico di Rorschach, appunto). Indagando su un assassino di bambini Rorschach aveva finito per impazzire, proseguendo la sua lotta al crimine in modo sempre più dissociato e spietato, con una lucida follia che Moore descrive magistralmente.

Anche per la Dc Comics Ditko disegnò alcuni personaggi particolarmente originali. “The Hawk and the Dove” (Il Falco e la Colomba), che esordì nel 1968 con i testi di Steve Skeates, era incentrato su due fratelli che agivano contro il crimine nei rispettivi costumi, ma avevano caratteri radicalmente opposti, riflettendo le posizioni che nel gergo politico sono chiamate “falchi” e “colombe”, l’una aggressiva e militarista e l’altra pacifista e diplomatica.

Nello stesso anno Steve Ditko creò un bizzarro supereroe folle di nome Creeper, il cui nome si potrebbe tradurre “colui che fa accapponare la pelle”.
Creeper, realizzato inizialmente con i testi di Don Seagall e di Denny O’Neil, sembrava un concentrato di elementi ripresi da vari personaggi inquietanti: i capelli verdi del Joker, la pelle gialla del crudele Ming delle storie di Gordon, la risata che ricorda quella del tenebroso giustiziere dei romanzi pulp The Shadow e un costume simile a una pelliccia o una criniera come quello del nemico di Spider-Man, Kraven il Cacciatore (un altro criminale un po’ folle co-creato da Ditko).

SHADE, IL SUPEREROE FOLLE DI STEVE DITKO

Creeper portava alle estreme conseguenze la schizofrenia presente anche in altri personaggi disegnati da Ditko, come Goblin o la coppia conflittuale Falco e Colomba.
Quando il giornalista-detective Jack Rider assumeva le sembianze di Creeper, grazie a un siero come quello del dottor Jekyll e il signor Hyde, l’incontrollabile personalità del giustiziere folle prendeva il sopravvento, evidenziando la componente di esibizionismo maniacale che dovrebbe avere chiunque si travesta con un costume per combattere il crimine.

Nelle versioni (di molto) successive del personaggio scritte da altri autori come Steve Niles, già sceneggiatore del romanzo a fumetti di vampiri “30 giorni di buio”, le componenti di horror e follia in Creeper furono ulteriormente accentuate.

Nel 1977, con l’aiuto ai dialoghi di Michael Fleisher, Steve Ditko creò per la Dc un’ennesima serie in cui aveva un ruolo importante la follia, intesa soprattutto come alterazione delle percezioni, il citato “Shade The Changing Man”.

SHADE, IL SUPEREROE FOLLE DI STEVE DITKO

SHADE, IL SUPEREROE FOLLE DI STEVE DITKO
Il protagonista, Rac Shade, era un agente proveniente da un’altra dimensione, dove era stato ingiustamente accusato di tradimento. Dotato del campo di forza di una “Veste M”, programmata per essere indossata solo da lui, che alterava le percezioni delle altre persone in base ai loro stati mentali, Shade tentava di dimostrare la sua innocenza e al tempo stesso difendeva la Terra dai criminali che ogni tanto si infiltravano dal suo mondo.

La M con cui era indicato il suo costume poteva voler dire “Veste di Meta”, il nome della dimensione da cui Shade veniva (un nome piuttosto simbolico, visto che in greco meta significa “oltre”, “al di là”), ma poi sembrò che significasse “Veste di Miraco”, dal nome del suo inventore, un termine che in inglese suonava come “Veste dei Miracoli”.
Comunque il dubbio significato della M avrebbe permesso ad autori successivi di chiamarla invece “Veste della Follia” (Madness, in inglese).

Del resto la pazzia la faceva da padrone nel quarto episodio di Shade, in cui l’eroe entrava nell’Area della Follia, una dimensione in cui si avevano visioni che facevano perdere la ragione e urlare fino al collasso cardiaco, da cui solo Shade riusciva a ritornare conservando il senno.

Incubi più blandi, con effetti paralizzanti si avevano invece nella Zona-Zero, di cui l’Area della Follia faceva parte. Stava tra la dimensione di Meta e quella della Terra, come se impazzire almeno un po’ fosse necessario per “cambiare mondo”.
SHADE, IL SUPEREROE FOLLE DI STEVE DITKO SHADE, IL SUPEREROE FOLLE DI STEVE DITKO
Questi affascinanti elementi non furono sviluppati fino in fondo perché l’autore sembrava interessato innanzitutto a risolvere gli intrecci drammatici e sentimentali della serie, a spiegare le origini dei poteri della veste di Shade e a dimostrarne l’innocenza, più che a esplorare subito le possibilità narrative che tali ambientazioni offrivano.

La prima serie, che non ottenne grande consenso di pubblico, si interruppe bruscamente con il n. 8, mentre Shade stava per immergersi nuovamente nella Zona-Zero.
Un nono episodio, di cui erano state realizzate solo le matite fu pubblicato molto più tardi, in un’antologia dedicata ai personaggi “cancellati” della casa editrice.

Per rivedere Shade in una versione più adulta e introspettiva oltre che duratura si dovette aspettare l’etichetta Vertigo “per lettori maturi”, sotto la quale furono riproposti molti personaggi Dc del passato rinnovati.

The Changing Man fu ripreso nel 1990 con i testi dell’inglese Peter Milligan, i disegni di Chris Bachalo, gli inchiostri di Mark Pennington e soprattutto le copertine psichedeliche di Brendan McCarthy (illustratore peraltro influenzato dallo stile di Ditko – NdR).

I tredici anni che separavano la prima e la seconda serie erano un abisso sotto ogni punto di vista. I disegni retrò e un po’ naif di Ditko con la leggerezza delle loro circonvoluzioni grafiche astratte furono sostituiti con le aggressive immagini di McCarthy e Bachalo.

Da parte sua Milligan, da buon inglese, ne approfittò per descrivere la follia che permea certi aspetti della società americana, un po’ come aveva fatto prima di lui il connazionale Alan Moore nel ciclo American Gothic di Swamp Thing.

Le nuove storie di Shade erano ambientate per lo più sulla Terra. Per trovare la follia, negli anni più consapevoli e problematici dell’ultimo decennio del Novecento non c’era bisogno di viaggiare in dimensioni lontane.

Il numero uno della nuova serie si apre con una coppia mista (lei bianca, lui nero) in viaggio nel profondo Sud degli Usa per incontrare i genitori di lei. Li trovano in casa, subito dopo che un maniaco li ha scannati con un coltello.

Nella colluttazione che segue tra il fidanzato nero e l’omicida interviene un poliziotto razzista, che ovviamente spara alla persona sbagliata. Così la giovane Kathy in un colpo solo si ritrova orfana e vedova.

La ragazza avrebbe tutti i motivi per abbandonarsi alla follia e per un po’ lo fa, ma vuole assicurarsi che l’assassino dei suoi cari non sfugga alla sedia elettrica e il giorno della sua esecuzione è davanti al penitenziario in cui sta per avere luogo. Nel momento in cui viene data la corrente che dovrebbe folgorare il condannato, però, si scatena la follia.

Si manifestano strane visioni e Shade si materializza sulla Terra, prendendo possesso del corpo dell’assassino e scappando poi dalla prigione sulla macchina di Kathy.

La coppia impossibile formata da una ragazza psichicamente instabile e dall’uomo che le ha sterminato la famiglia, ma che ora afferma di essere un alieno, si avvia a intraprendere un lungo viaggio attraverso l’America tra molte difficoltà e assillanti follie.

Il nuovo Shade è più sensibile e insicuro rispetto al personaggio originale di Ditko. In un flashback del n. 4 scopriamo che da ragazzo si dedicava a scrivere poesie, una tendenza da sognatore considerata asociale nel suo mondo e curata con un’operazione laser al cervello. Ma tale operazione nel caso di Shade non aveva sortito molto effetto.

Proprio per il suo “irrecuperabile” modo inconsueto di pensare era stato infine reclutato come agente da inviare sulla Terra. Ma anche se la Veste della Follia dà grandi poteri alla sua mente, presto si accorge di non avere nessuna possibilità di tornare indietro, un po’ come l’Uomo che cadde sulla Terra nell’omonimo romanzo di Walter Tevis e nel film che ne fu tratto da Nicolas Roeg con David Bowie protagonista.

Tra le inquietudini statunitensi a cui gli autori danno forma, sotto l’apparente regia occulta di una macabra parodia dello Zio Sam, c’è la ferita ancora aperta dell’omicidio del presidente Kennedy, i miti dello star system hollywoodiano che nascondono le contraddizioni dell’America, il destino privo di speranze di tanti anonimi senza tetto, le degenerazioni della filosofia consolatoria dei figli dei fiori, la violenza intollerante che si cela dietro il conformismo bigotto della provincia americana.


A Shade e Kathy si unisce l’anticonformista e ricca rapinatrice Lenny. Il nostro eroe alieno viene anche coinvolto dalla polizia nelle indagini su una serie di omicidi, che lo condurranno ad affrontare altre parti di sé stesso.

Si trova assediato dalle diverse personalità del serial killer di cui abita il corpo e che tornano a perseguitarlo, da altri alter ego che incontra esplorando la propria mente, di cui uno altrettanto aggressivo e spietato. Infine anche dallo spirito della sua Veste della Follia, che in pratica è l’anima di un agente che l’aveva usata prima di lui.
Insomma, Shade può candidarsi tranquillamente a essere uno dei personaggi dei fumetti più schizofrenici di tutti i tempi.

Tra i personaggi dell’editore rivale, la Marvel Comics, forse l’unico che potrebbe fargli concorrenza è Legion, un mutante teoricamente potentissimo il cui padre era il Professor Xavier, il capo storico degli X-Men, e che a sua volta è diventato protagonista dal 2013 della serie X-Men Legacy.

David Haller, alias Legion, nella sua psiche possiede circa duecento personalità folli, che deve tenere sotto controllo in un vero e proprio carcere mentale. Da ognuna delle quali può acquisire un diverso potere, una volta che l’abbia sottomessa al volere del suo io razionale cosciente. Il difficile è riuscirci.

 

 

(Da Segreti di Pulcinella).

 

 

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