Un’epoca che attrae facilmente le fantasie ucroniche italiane è quella del ventennio fascista. Uno dei pochi periodi della storia italiana in cui ci siamo illusi di essere una “grande potenza”, ma anche un periodo da trattare con le dovute cautele.
Sarebbe facile cadere nella rievocazione nostalgica o partire in parabole al di là del credibile, e scusate se mi vengono in mente i lavori di Farneti. Un autore è riuscito a trattare il periodo con il giusto tocco e il giusto equilibrio. Un autore a prima vista improbabile: Enrico Brizzi.

italia fascista vince la guerra

 

Sì, Enrico Brizzi, quello di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, ha scritto non un romanzo ucronico, ma ben tre: la “Epopea fantastorica italiana”, composta da “La Nostra Guerra”, “Lorenzo Pellegrini e le donne” e “L’inattesa piega degli eventi”.
Una trilogia dove traccia, attraverso venti anni di vita del protagonista, la storia alternativa di un’Italia fascista uscita vittoriosa dalla Seconda guerra mondiale.

In questa ucronia, nel 1935, Gran Bretagna e Francia sono tolleranti verso le ambizioni coloniali italiane, sacrificando l’Abissinia pur di non spingere Mussolini nelle braccia di Hitler. Questo significa un’Italia neutrale, se non ostile alla Germania. Germania che per prevenire un’eventuale pugnalata alle spalle preferisce colpire per prima, attaccando l’Italia.

In questa ambientazione di “La Nostra Guerra” si racconta la vita di Lorenzo Pellegrini, un ragazzino sfollato con i genitori in Toscana dopo che l’esercito tedesco ha travolto il Nord Italia ed è stata faticosamente fermato sugli appennini dagli Italiani aiutati dal corpo di spedizione anglo-americano.

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Una cartina del fronte italiano nel 1943-1944: una delizia ucronica

 

L’abilità del Brizzi sta nel calarsi nella visione del mondo del protagonista, guidando il lettore attraverso di essa.
“La Nostra Guerra” potrebbe sembrare una di quelle ucronie nostalgiche di cui parlavo all’inizio: tutto è rappresentato in tinte rosee e nazionaliste. Tutti sono sicuri del futuro radioso della patria guidata dal beneamato Duce. Quale mai dovrebbe essere il punto di vista di Lorenzo, un balilla pre-adolescente cresciuto con la propaganda fascista?

Nel romanzo successivo, “Lorenzo Pellegrini e le donne”, il protagonista è ormai un giovane uomo, la guerra è vinta e il futuro sembra ben avviato. L’Italia ha avuto un buon bottino coloniale, è alla testa di un gruppo di nazioni di ideologia fascista e gode della ricchezza del petrolio libico.

Il romanzo si alterna tra le avventure della nazionale di calcio in viaggio verso il Brasile per la coppa Rimet del 1950 e la vita spensierata di Lorenzo, impegnatissimo (come allude il titolo) a correre dietro alle gonnelle e ad avviarsi nella carriera di giornalista sportivo. Nella bella vita di Lorenzo c’è però una interruzione necessaria, quella del servizio militare. Lo passerà di stanza a Ponte sull’Eno, il nuovo italico nome dell’ex austriaca Innsbruck, una delle nuove provincie ottenute alla fine della guerra. Anche qui riuscirà trovare donne, ma non la bella vita.

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Con gli occhi di Lorenzo vediamo le sanguinose operazioni di controguerriglia contro i “terroristi” di lingua tedesca, i pattugliamenti e gli effetti della più classica delle strategie anti guerriglia: togliere acqua ai pesci. Le ricollocazioni forzate delle popolazioni politicamente inaffidabili… ovvero la deportazione di donne e bambini in Etiopia. È la prima breccia nella narrativa dell’Italia felice e vincitrice.

Il terzo romanzo, “L’inattesa piega degli eventi”, è una ucronia “calcistica”. La brillante carriera di cronista sportivo è stata interrotta dal più classico degli errori, l’essersi portato a letto la donna sbagliata.
Gli è stata offerta l’irrinunciabile opportunità professionale di seguire il massimo campionato di calcio… della Repubblica associata di Africa Orientale.


Il Lorenzo che sbarca a Massaua e che poi viaggerà in lungo e largo da Asmara ad Addis Abeba a Mogadiscio, è un uomo ormai fatto e con poche illusioni. Il regime viene visto nel pieno della sua decadenza, un enorme mostro impagliato e polveroso, pronto a disintegrarsi.

L’ex Impero, ora Repubblica associata formalmente indipendente, ma controllata da una minoranza di coloni bianchi, il razzismo, la repressione visibile in ogni angolo. Un pentolone in ebollizione pronto ad esplodere.

Lorenzo seguirà l’unica squadra mista, quella del Dire Daua, fino alla vittoria nel campionato locale e poi nella loro trasferta italiana che li porterà a giocare la finalissima della Coppa delle repubbliche contro l’invitta Juventus. Poi improvvisamente tutto cambia…

Chi vincerà e quale sarà il destino dell’Impero italiano, dovrete scoprirlo da soli.

Una serie di libri piacevolissima, impreziosita da pregevoli cartine e deliziosi francobolli ucronici… dai “4 grandi di Yalta” alla celebrazione della vittoria Anglo-italiana in Africa Settentrionale, con i faccioni di Montgomery e Italo Balbo.

 

Un pensiero su “SE L’ITALIA FASCISTA AVESSE VINTO LA GUERRA…”
  1. Nei “dintorni”, in un giorno di nebbia e vento dell’Atlantico oceano,
    i “ dintorni” del “Vittorioso in un periodo di tempo che si estende dal 1937 al 1970, al quale potrebbe ragionevolmente essere aggiunto il decennio anni 80 con il “Diario Vitt”, sono assai estesi e ricchissimi di pubblicazioni a fumetti che sono di fatto un insieme di realtà che formano un puzzle assai intricato! Perciò non ci si dovrebbe meravigliare se questi dintorni appaiono di primo acchito come realtà quasi estranee. Mi guardo intorno: “Chi, ad esempio, è colui che a capo chino con guanti e mascherina passeggia guardingo nel quartiere parigino del “Tempio”, tenendo ben stretta la lignea mano di un Pinocchio imbronciato e recalcitrante?? Chissà perché questo “sconosciuto” si aggira da queste parti, dove io sono di casa per motivi inesplicabili anche al sottoscritto? Forse per propagandare la prossima uscita di “Vitt & Dintorni”n°47? E in tale maniera far proseliti fra i residenti, barbuti e capelli a treccine, forse.
    Lo sconosciuto, lascia libero il ligneo burattino che fugge a corsa sfrenata perdendosi in lontananza in direzione del famoso Parco Jacovitti, voluto con caparbietà dal presidente Macron, lettore di Jacovitti fin al periodo di pargolo!. Si siede sbuffando su una ferra panchina di un minuscolo parco popolato da conigli non tanto domestici, intenti a cantare un coro ritmato dalle cadenze di una filastrocca vittoriana concepita in slang londinese! Poi guardandosi intorno con occhio un poco truce, mi racconta incongruamente, digrignando i denti visibilmente falsi, quanto segue: ”Lewis Carrol, uomo dalla mente poliedrica –scrittore, inventore, scienziato, matematico, fotografo, curato protestante e incurabile innamorato di ragazzine- tentò di accompagnare il testo di “Alice’s adventures under ground” con suoi disegni, ma le sue capacità artistiche erano scarse. L’incisore Thomas Bittergrape , che aveva lavorato per Carroll nel 1859 e ne aveva rivisto i disegni per “Il paese delle meraviglie”, gli suggerì di rivolgersi ad un illustratore professionista. Carroll, lettore abituale di “Punch”, si rivolse a il noto, anzi arcinoto, John Tenniel al quale era legato da eterna amicizia per motivi a me ignoti. Nel 1865 Tenniel, forse restio ad occuparsi di tale lavoro che riteneva in certe parti impossibile da illustrare [su suo esplicito volere qualcosa fu tagliato!] , così che dopo interminabili colloqui e lungaggini con Carroll, che servirono a ribadire l’intransigenza generalizzata dell’illustratore, illustrò la prima edizione. La prima versione manoscritta di Alice’s adventures in Wonderland si intitola “Alice’s adventures under ground”, e fu donata da Charles Lutwidge Dodgson (in arte Lewis Carroll) alla sua piccola musa forse inconsapevole del suo ruolo (ma le ragazzine di allora erano educate nell’arte della malizia e della finzione) Alice Liddell, il 26 novembre 1864, come regalo di Natale anticipato. Il manoscritto, ora conservato alla British Library di Londra, presenta un gran numero di disegni dell’autore, che fornirono per certi versi il modello per le illustrazioni di John Tenniel alla prima edizione del libro (1865). Rispetto alla storia contenuta nel manoscritto saranno aggiunti due nuovi capitoli (Pig and pepper e A mad tea-party)”. Tace ora l’erudito conversatore a senso unico, si soffia il naso e in tale modo scopre un poco il volto che con mia sorpresa mi appare la proiezione di me stesso fra alcuni anni, con occhi di vetro e una parvenza di teschio di colore scuro!! Ezechiel, che è sempre e comunque al mio fianco con un ruolo di angelo critico e custode, piange calde lacrime di fronte alla distruzione dovuta al trascorrere del tempo, ma io lo consolo ribadendo a voce piana che il passar del tempo è cosa ineluttabile!
    Comunque di tutto questo non si parlerà nel prossimo “Vitt & Dintorni”, lo so per certo poiché le cose non stanno viaggiando in questa direzione a causa del mio piacere di una mia voluttuosa predilezione per la distonia narrativa. D’altra parte ho già scritto tempo fa un intervento esaustivo quanto bastava, su “Alice nel paese delle meraviglie” e le illustrazioni ( disegni) di Jacovitti per il corrispondente volume edito dalla Scuola” di Brescia!
    Se ne parlerà in un numero futuro del 2021 o 22?? Non credo, perché in realtà tutto è già programmato per ragioni logistiche e inoltre il partito della “Falange Cattolica” è ben rappresentato non solo all’interno della Redazione, ma nel complesso variegato dell’”ASSociazione Amici del Vittorioso”!!. l numeri 48 e 49, ad esempio, oltre che dedicati a “Federico Pedrocchi e la nascita del fumetto italiano”, saranno ricchi di più di cento pagine, con interventi scritti che vi strabilieranno e vi apriranno gli occhi e le orecchie su particolari della vita un poco narrativamente nebulosa della figlia di Gianni de Luca, rincarnatasi miracolosamente in quella del padre e del suo Mantra! Poi in diverso argomento parte della vita virile e avventurosa ma di fatto parzialmente ipotetica, di Kurt Caesar nel deserto Libico, con trasferte per la sezione X dell”Intelligence” di Canaris, in Marocco, Spagna! E pure brevemente a Parigi per incontrare il collega francese Le Breton alle prese con l’apache esagitato “Rififi”, spia del “Vittorioso” ai tempi d’oro di questo settimanale e devoto scherano di Ragnibus l’ultra fan !
    Va beh, lascio lo sconosciuto (?) narratore ai fatti suoi e penso con preoccupazione alla sentinella di Vitus, in questo quartiere un poco misterioso, è una sua fidatissima collaboratrice e segretaria multilingue, Eva Kant sotto mentite spoglie! Sapendo che in questa finzione nulla corrisponde alla presunta realtà, dopo dodici ore di camminata parigina fatta avantieri insieme a un X Men alato!!! L’angelo caduto (che potete forse vedere nell’affiche cinematografica ( ogni tanto sparisce) disegnata dal padre di Nedejco Bajalika, collaboratore quest’ultimo nei primi anni 90 di Jacovitti, riprodotta qui in alto a destra, poiché tale mi pare l’essere alato. Ezechiel con il pelo irto ringhia sordamente per manifestare il suo dissenso, e fra il ringhio e a denti scoperti mi sibila: ”Tomaso, tu credi agli angeli e cose del genere?? Sei un povero fessacchiotto, non hai capito che quel tale aveva le ali di cartapesta colorata per beffarsi di te? Non l’hai riconosciuto quello sciagurato di Alfonso Garuti, ora pensionato dopo anni di carriera come direttore di una strana sezione metapsichica del Louvre. Poi incarcerato per presunte molestie nei confronti della mummia di una cugina di Nefertiti, evaso dalle segrete della Bastiglia tre notti or sono in occasione della festa del 2 di Luglio con fuochi artificiali e giochi di acqua (Sons et lumieres) provenienti dalle mille vasche d’acqua che adornano le piazze di Parigi??
    Io sono perplesso: ne vorrei parlare più approfonditamente con tutti i miei dieci milioni di fans, ma…..ma devo andare alla libreria Mona Lisait di boulevard de l’Hôpital, dove il simulacro di Sauro lo Pennacchio mi attende per importanti comunicazioni critiche e invidiose sulla direzione presa da “Vitt& Dintorni” verso un certo autocompiacimento autobiografico e autofotografico dei componenti della redazione e la scelta tecnico espressiva nell’uso l’uso del colore su “Vitt & Dintorni”, con parametri basati sul suo uso fatto dal pittore Auguste Renoir al tempo dei suoi paesaggi parigini con al centro i ponti allora sulla Senna (1881). Sarà proprio con lo Stragatto invisibile per innata vocazione che capirò il senso di questo mio scritto in contemporanea evoluzione: che mi dice il famoso gatto dello Cheshire con voce irridente? ”Tomaso, io pensavo al momento dell’ esclusione del nostro Jac Lisca di pesce con cacciata da Linus nel 1974, degli anni settanta quindi (quella degli ottanta è quasi comprensibile)”. Pazienza, dieci anni di differenza non sono pochi. Comunque quello del 1983 fu un rifiuto senza chiarimento alcuno ma in un certo senso annunciato dal fatto che nel 1980 lo stesso Oreste del buono allora ancora direttore della rivista in questione, rifiutò la pubblicazione delle cartoline a luci rosse del nostro Jac, poi passate all’editrice francese “Genziane”! Successivamente Joe Balordo episodio due fu rifiutato senza una parola di spiegazione da parte di Fulvia Serra, almeno anche or ora sul numero Hachette 58 di quasi recente pubblicazione , Luca Boschi nel suo commentario ripete questa teoria, rifacendosi a quanto detto dallo stesso Jacovitti a Stenti in una ormai vecchia intervista risalente al 1992. La faccenda del 1974 è più chiara e alla fine fu lo stesso Jacovitti ad andarsene perché si pretendeva che le sue critiche si rivolgessero solo alla destra politica e mai alla sinistra. Qui il sesso forse non c’entra!! Sospirando Sauro the Handsome sbotta: ”Nel 1983 Jacovitti era decaduto: quella storia era di una volgarità pazzesca, non l’avrei pubblicata neppure io.
    La si può vedere anche nel mio articolo: http://www.giornalepop.com/la-triste-fine-di-jacovitti/ Beh, si, la storia è, pensando all’autore, volutamente volgare, ma non tanto perché nel 1982 quando Jacovitti la disegnò firmando 1983, fosse di colpo decaduto, ma per la cocciutaggine di “Lisca di pesce” tesa a provocare una reazione in Fulvia Serra (di fatto nuova Direttrice al comando di una redazione tutta al femminile, composta di arrabbiate signore e signorine in crisi di astinenza!) che, evidentemente, non le piaceva. Ma allora perché disegnare una storia con quelle caratteristiche?? Jacovitti era irragionevolmente un bastian contrario e forse la situazione contingente l’aveva mandato un poco fuori controllo? Non credo, Jacovitti intendeva fare anche una critica specifica al mondo dell’intrattenimento a luci rosse veicolato attraverso film di serie B e fumetti che negli anni ottanta, anche attraverso Andrea Pazienza che pur era in sintonia con i tempi, intendevano essere all’avanguardia!! Neppure Luca Boschi, recentemente su Hachette/ Tutto Jacovitti, tenta di venire a capo della faccenda, che credo non verrà mai del tutto chiarita. Io penso alla concomitanza di più fattori sfavorevoli.

    Parte seconda: Jacovitti fra la folle folla di fan e dintorni

    I personaggi formativi dell’epos jacovittesco nascono in duplice forma, seriali con Pippo, Pertica, Palla e il cane Tom, e personaggi a loro stanti come Cucu, Caramba , Chicchirichi e così via. Questo fino al 1945, quando nel secondo tempo de “La famiglia Spaccabue” intitolato “Ghigno il Maligno”, si fanno vedere Cip, Gallina e chilometro, investigatori già apparsi e disegnati nel 1943/44 nella storia “Cip Poliziotto”. Sembrava un passo casuale destinato a rimanere tale ed unico. Invece Pippo, Pertica e Palla più il loro cane, reduci dall’avventura onirica sulla Luna, nella storia successiva di “Pippo in montagna”, si mescolano a Cip diventato arcipoliziotto, quasi alle sue spalle, in una storia che si svolge in montagna nel paese di Montelisca, che da questa ambientazione geografica prende il titolo!! In questa storia a fumetti nasce anche il personaggio di Zagar, un malfattore in tuta aderente nera, ispirato alla lontana, dai personaggi criminali della passata stagione della narrazione di storie a puntate sui giornali e poi dalle dispense settimanali. Nel 1945/46 Jacovitti disegna “Cip contro Zagar”, una storia epocale, che instaura il genere poliziesco all’inglese, connotato da una struttura narrativa ad enigmi, dove molti personaggi sono radunati insieme in un ambiente chiuso insieme all’investigatore di turno che con tutti loro avrà la resa dei conti inizialmente a voce, basata su un contradditorio che porterà all’identificazione del delinquente e al suo arresto! Nel caso di questa storia tutti i sospettabili sono radunati nel Castello del conte Lapislaz, collezionista di salcicce di antiquariato. Cip li raduna alla fine per smascherare il colpevole, da notare che all’interno della vicenda verso la fine, fa la sua comparsa Raimondo il vagabondo, già visto in opera nell’ambito di “Ghigno il maligno” e in una avventura a gags omonima al suo protagonista apparsa su”Il Vittorioso nel corso del 1946. I personaggi iniziano a prendersi delle iniziative, Jacovitti sornione li lascia circolare a loro piacimento! Ognuno di loro è caratterizzato da stilemi comportamentali che si ripetono uguali a sé stessi, un riflesso della situazione socio economica del periodo post conflitto della seconda guerra mondiale e che prelude al così detto “Boom economico” degli anni 50. Personaggi che tirano anche la cinghia per campare, che si arrabattano, che alla fine rimangono sempre uguali a sé stessi. Zagar verrà inevitabilmente smascherato, ma riuscirà ad ogni fine a fuggire, un epilogo che continuerà in tutte le storie future di questo genere!! Che saranno numerose (l’ultima in ordine di tempo sul “Diario Vitt” 1971 con “PiPiPi a Parlachiaro, anche se mancano i cani Tom e Kilometro, inaspettatamente mandati forse al canile da Jacovitti ), anche se intercalate per lunghi periodi da lavori di altro genere e anche con personaggi non seriali. Il nucleo formato inizialmente da pochi interpreti, tenderà a diventare più numeroso negli anni seguenti. Nel 1947 con la storia “Pippo e Zagar” i tre Pi arriveranno solo dopo cinque numeri di “sciopero,” alla base del quale stanno le due storie precedenti di “Pippo e la guerra “ e “Pippo e la pace”, che costituiscono un’anomalia in una serie a fumetti narrata sulla falsariga dell’umorismo e avventura, un’accoppiata “leggera”, mentre le due storie di pace e di guerra sono oggettivamente un “fuori serie” che non avrà fatto ridere molti bambini e ragazzi reduci da anni e anni di guerra vera! Comunque l’anno di grazia 1947 con “Pippo e Zagar, “Un cinegiallo arcipoliziesco di Jac”, vede formarsi di nuovo l’insieme di un terzetto con una coppia, più altri personaggi di contorno, che servono per imbastire un fatto non molto adatto alla fruizione di piccoli lettori: il rapimento di una bambina!! Jacovitti scivola su una buccia di banana, non è in asse con le sue fantasticherie, poiché le bambine rapite di solito non sono ridicole. Fanno affluire alle mente bruttissime storie, sono presagio funesto! Il Nostro se la cava per il rotto della cuffia con il rabbonimento dell’altrimenti truce rapitore Zagar, merito di una ramanzina subita dal saggio Pippo! Negli anni successivi le coppie possono diventano folla, sono unite in contesti particolari, come nello sportivo “Giro della Risata”!! Siamo nel 1948 che inizia con “Pippo e la bomba comica”, storia quasi di fantascienza popolare e di utopia, con l’arrivo del prof. Leopardo da Cinci, inventore dalla lunga barba bianca prensile!! Poi lo stralunato viaggio indietro nel tempo con la coppia Cip/Pippo( e il Faraone) e contorno, più l’acerrimo nemico Zagar, nel mondo dell’antico Egitto”. Verso la fine del 1948 finisce il periodo nel quale Jacovitti presenta sul Vitt due storie contemporaneamente, una a colori a tutta pagina e una in bianco e nero collocata in genere a pagina tre e composta di tre, massimo quattro strisce [Salvo accezioni]. Salto gli anni 1949/50 perché Pippo, Pertica, Palla e cane Tom sono in altre faccende affaccendati, senza entrare in contatto con il mondo di Cip e Zagar. Fino a culminare nel 1951 con “Pippo nel castello di Rococò”, dove entra in lizza anche la signora Carlomagno, nata nel 1945 nell’ambito della storia “La Famiglia Spaccabue”. La storia della Baronessa di Rococò, suoi parenti e amici, invitati particolari come Cip e Gallina sotto mentite spoglie, Zagar, la Signora Carlomagno insieme ad una variegata “banda” di ospiti che celano la loro vera indole per scopi fraudolenti, ha trovato più di un critico portato a leggere questa storia di carattere giallo/poliziesco, in chiave di analisi antropologica legata al sociale di allora, 1951. Un momento assai particolare che segue quello della “ricostruzione”, dove si fa largo la brama della ricchezza e del relativo potere, scopi perseguiti con ogni mezzo senza tener conto del principio dell’onestà e del rispetto per i diritti altrui! Il diavolo mette lo zampino nelle società degli uomini e produce l’avidità di molti per la ricchezza, “lo sterco”, appunto, del Diavolo!! Jacovitti nelle sue storie si erge spesso a moralista, e indossa le vesti dell’avvocato accusatore e la toga del giudice, senza mezzi termini condanna delinquenti di ogni tipo, a volte li perdona per interposta persona, Pippo, Cip e così via! Però io penso che questa sua vocazione di fustigatore dei costumi, sia il pretesto per scodellarci storie divertenti, spesso fantastiche e surreali, di genere “Giallo” oppure più genericamente di avventura! Ma Jacovitti, ne ha mai parlato di tutto questo con i suoi molteplici intervistatori?? Non mi pare!! Oppure si??

    Parte terza

    Termino la mia fatica tripartita in chiave storica analitica con Corrado Caesar e dintorni . Voce esterna:“L’eterno dibattito su Vitt e Fascismo, poi, ha alimentato molte pagine delle nostre riviste, e pochi numeri fa un lavoro di Bruno Maggi ha dato bacchettate severe a quegli anni del Vittorioso”.
    Beh, il fascismo non è certo nato per caso e se è durato venti anni non fu certo una situazione effimera, Monarchia, forze armate, nobiltà, borghesia, latifondisti e parte del clero e degli intellettuali gli erano favorevoli. Il quinto potere, la carta stampata, non poteva mettersi di traverso se voleva essere tale, cioè stampata e presente nelle librerie ed edicole. Questo in sintesi. Poi almeno inizialmente ci furono persone e istituzioni che si opposero, ma la dittatura fascista agiva come tale, e senza remora alcuna furono messe a tacere con il confino, la galera o peggio ancora!!
    “Il Vittorioso” se voleva nascere e durare doveva fare l’inchino: a mio parere lo fece allineandosi ai comportamenti degli altri giornali a fumetti per ragazzi. Poi, il comportamento dei singoli appartenenti all’Azione Cattolica non fu univoco, così come quello della chiesa.
    Comunque impensabile che potesse esistere un giornale in odore di antifascismo!! Maggi ha scritto un intervento senza forse avere il senso del contesto di allora, dove chi non si metteva la camicia nera ogni sabato poteva tranquillamente perdere il lavoro e fare morire di fame la propria famiglia.
    Poi dalla caduta di Mussolini e del Fascismo, si apre un altro periodo con il quale chi ebbe coraggio si contrappose ai nazifascisti anche con la lotta armata, ma dalla fine 1943 e parte del 1945 la stampa a fumetti per ragazzi ci fu oppure no a seconda delle circostanze.

    Anche su Caesar i giudizi sul suo stile e sulle sue storie, non è mai apparso uniforme: ognuno diceva la sua.
    E parecchio altro.
    A proposito di Caesar è molto interessante il capoverso che chiude la tua mail di qualche giorno fa, ed è il mestiere che la redazione di V&D dovrebbe promuovere: questa analisi comparata sullo stesso tema tra gli approcci di altre realtà, nella stessa epoca, o in un’altra, ecc..
    Il problema sono i collaboratori e le competenze. Per stare a me, ad esempio, la mia cultura fumettistica è limitatissima, praticamente marginale. Per altri ci sono altri problemi …

    Su Caesar è stato scritto molto, ma qualcosa di esaustivo non esiste e forse non è stato e sarà anche impossibile raccogliere tutti i documenti atti a sviscerare cause ed effetti della vita professionale di Caesar intrecciata a doppio filo com’è con la sua vita privata: il suo stile era discontinuo, però se all’occorrenza il Nostro in una notte disegnava più tavole di una stessa storia a velocità sovrumana, eeh, si può intuire che il risultato potesse poi evidenziare qualche caratteristica criticabile! Faccio solo un esempio, ma la vita di Caesar specialmente fra il 1940 e il 1946 non fu lineare e nemmeno facile: poi dal 1947 lavorò con più tranquillità, anche se poi con la morte prematura della moglie Elfie, il benservito di Mondadori e così via, Caesar non ebbe una esistenza facile, con un bambinetto, Rolf, da crescere. Pochi poi parlano del fatto che si risposò e dalla nuova moglie ebbe altri due figli. Morì relativamente giovane, non fu dunque in questa prospettiva fortunato.

    Io non sono un collezionista, mi son tenuto quello che avevo da ragazzo, senza impazzire per cercare quello che poi in parte ho letto nelle ristampa anche in volume.
    Diciamo poi anche che il fumetto degli ultimi decenni proprio non lo conosco e anche poco mi piace da quello che ho visto: sono ormai fuori tempo, ho altri pensieri per la testa, il fatto di essere più volte nonno mi ha molto impegnato, preferisco impiegare le mie energie residue in questo campo che nel cercare di usare tempo ed energie nello scrivere su argomenti sui quali dovrei faticosamente documentarmi! Ho un poco rimediato scrivendo a ruota libera su temi per me piacevoli che anche mi divertono e non mi stancano tanto: comunque ormai sono in generale in stato di affaticamento e devo tirare i remi in barca! Pazienza, nessuno dura in eterno.

    Postfazione : Beh, credo che sugli anni nei quali acquistavo ”Linus” inizialmente, fino al 1970, c’era in edicola pure “Il Vitt”, che almeno nei primissimi anni aveva collaboratori del calibro di Jacovitti, Landolfi, Giovannini, Sciotti, Caprioli e così via, che poi in parte emigrarono su “Il Giornalino” e ci restarono a lungo: quindi in un certo senso le atmosfere dei fumetti del Vittorioso ebbero un seguito, anche perché gli scrittori delle storie erano vecchie conoscenze, come Basari, Nizzi, Geraldini Signora, poi anche lo stesso Jacovitti, che poi nel 1979/80 con la scelta di illustrare il “Kamasultra” e collaborare con “Playboy”, si diede ingenuamente la zappa sui piedi, creando il caso della sua esclusione sia dal “Diario Vitt dal 1980 in poi e dallo stesso “Giornalino” con lo stop di sue storie già disegnata dal 1978! Ma lo stesso Jac intervistato a proposito più volte, ha sempre ribadito che la sua intenzione nel disegnare storie o semplici tavole di questa sua visione del mondo a luci rosse, è stata quella di demitizzare in senso burlesco la visione del sesso stravolta e ingigantita sia attraverso film a luci rosse o racconti e romanzi, anche fumetti, con personaggi femminili chiaramente proiezione di un immaginario tutto maschile e invero assolutamente illusorio. Si potrebbe dire che Jacovitti fece satira su questo aspetto dei medium che trattava le problematiche sessuali strumentalizzate al fine di vendere, con il palese inganno, perpetrato da i produttori ed editori o cineasti vari che deformavano il reale a solo scopo di far abboccare all’amo i vari pesci dello stagno delle illusioni. Io penso possibile se non probabile, che anche nel 1982 con la seconda storia di Joe Balordo, Jacovitti possa aver pensato di fare satira sul mondo editoriale o cinematografico a luci rosse, usando strumenti narrativi e visivi del fumetto poco opportuni nel contesto, di una rivista come “Linus”, che teneva molto all’apparenza delle cose, specialmente quando gestita il tutto la signora Fulvia Serra che era in sintonia con la redazione tutta al femminile, quella che l’ex direttore Oreste del Buono aveva a argutamente battezzato con il soprannome di “Banda aerea” numero due, mutuando il tutto da alcuni episodi de “L’Uomo Mascherato” alias Phanton nell’originale made in USA! Qui i ricordi sono più chiari, ma certamente non sono più i tempi gloriosi del “Vittorioso degli anni 1940/50 e del coevo modo del classico fumetto americano di avventura dal quale non si può prescindere. Ecco qui ben chiaro ( spero) l’importanza dei famosi “dintorni”, che in questo caso specifico, sono indispensabili per capire l’evoluzione del fumetto italiano avvenuto da guerra finita in poi, fumetto in senso generale compreso il “Vittorioso” e tutti i giornali e albi a fumetti in attività in quel periodo di rinascita, dopo l’egemonia del mondo fascista anche sulla cultura figurativa dei ragazzi durata un ventennio e poco più.

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