Dalla fine del Quattrocento e fin dopo la metà del secolo successivo, l’Italia è campo di battaglia per gli eserciti francesi, spagnoli e imperiali (composti dai terribili lanzichenecchi). Gli italiani assoldati come mercenari dall’una o dall’altra parte hanno il loro simbolo nel grottesco Scaramella, nome fittizio che nel Nord Italia designa un uomo magro, deboluccio e morto di fame.

SCARAMELLA, IL LANZICHENECCO BUFFONE
Fanfulla da Lodi, uno dei partecipanti alla disfida di Barletta, nell’interpretazione a fumetti di Mino Milani e Hugo Pratt

Il musicista francese Josquin Desprez (1455-1521), pur essendo specializzato in inni e canti religiosi, raccoglie in un libro di spartiti questa allegra “frottola”, ossia una canzonetta ironica.

Scaramella va alla guerra con la lancia e la rotella (scudo)

La zombero boro borombetta,

la boro borombo.

Scaramella fa la gala colla scarpa et la stivale

La zombero boro borombo la zombero borombetta.

Scaramella s’innamora sol per pianger notte ed ora

La zombero boro borombetta

La boro borombo.

Scaramella va sul campo con la spada sopra il fianco

La zombero boro borombetta

La boro borombo.

Scaramella va in galìa (in galea, in nave) per basar una zudìa (donna non cristiana)

La zombero boro borombetta

La boro borombo.

https://www.youtube.com/watch?v=z5aPWAZTlS0



Azzeccato il parallelo con Il soldato di ventura (1976), un film con Bud Spencer, rievocazione umoristica della disfida di Barletta (1503).

La figura di Scaramella deriva dalla letteratura cavalleresca di tipo grottesco, come il Morgante (1472) di Luigi Pulci e il Baldus (1517) di Teofilo Folengo, ma anche Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso (1516) ha la sua parte.

Gli eroi di questi poemi sono i nobili paladini, sebbene spesso presi in burla, e la tendenza avrà una continuazione in prosa sia in Francia con le avventure dei giganti Gargantua e Pantagruele (1532), sia in Spagna con la letteratura picaresca. I pìcari erano i soldati semplici armati di picca. Il primo tra questi pìcari è Lazarillo de Tormes (1554), ragazzino randagio ed affamato.
Ultimi verranno i tedeschi con il Simplicissimus (1669) di Hans von Grimmelhausen. E ancora il genere degli agitati avventurieri nomadi ispirerà il filosofo Voltaire nel suo Candido (1759)

Il nostro Scaramella si dà arie di guerriero, ma malgrado appaia ben armato con lancia, scudo e spada, non è sicuro il suo valore bellico, eccolo infatti che pensa più a farsi bello, con la scarpa e lo stivale, che a combattere. Per quale motivo?
Ha messo gli occhi su una nobile dama, ma costei non degna di nessuna attenzione lo scalcagnato militare, perciò Scaramella si lamenta, piangendo giorno e notte, della sua delusione amorosa. Alla fine lascia l’esercito e va in marina, cioè sulla galea, nave da battaglia impegnata specialmente contro le flotte dei turchi e dei saraceni. Qui finalmente trova la sua soddisfazione sessuale (baciare, in metafora) con una prigioniera musulmana, che non può rifiutarsi a lui. La “zudìa” letteralmente sarebbe giudea, ebrea, ma in genere indica colei che non è cristiana.

Lanzichenecchi



Ultima caratteristica della “frottola” di Scaramella, è il ritornello: La zombero boro borombetta, la boro borombò. Potrebbe trattarsi di una onomatopea, cioè l’imitazione di un suono, e sarebbe il rullo dei tamburi di guerra. Se si prova a battere il ritmo della musica con un tamburo, verrà fuori una marcia militaresca cinquecentesca. Il suono ci fa immaginare le falangi dei lanzichenecchi in movimento, con le alabarde tenute in avanti per attaccare il loro nemico, molto spesso sul suolo martoriato e saccheggiato della ricca Italia del Rinascimento.



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