Sandro Dossi, il fumettista che non nega un sorriso a nessuno, è nato a Monza nel 1944.
Dossi è uno dei disegnatori di fumetti umoristici più longevi e prolifici. Ha lavorato soprattutto per la storica casa editrice Bianconi (poi Metro), che dagli anni cinquanta ai novanta ha prodotto i fumetti di Geppo il diavolo buono, Braccio di Ferro, Pinocchio e il gatto Felix. Ha lavorato anche per la Disney, disegnando molte storie di Topolino e Paperino.

 

Sandro Dossi, tu, con Pier Luigi Sangalli e Alberico Motta, gli autori più importanti della Bianconi, siete tutti nati a Monza. Si può parlare di una scuola monzese del fumetto?
Parliamo di una vita fa… erano gli anni sessanta, quando avevo deciso che “da grande” avrei disegnato fumetti. Stavo frequentando la Scuola d’arte alla villa Reale di Monza e nel frattempo lavoravo part-time presso una piccola Agenzia pubblicitaria di Monza, ma non mi sentivo realizzato. Venni per caso a conoscenza che un ragazzo, Pier Luigi Sangalli, aveva da poco intrapreso la carriera di fumettista presso le Edizioni Bianconi e senza pensarci mi presentai a casa sua per conoscerlo. Trovai un ragazzo più grande di me disponibile e simpatico che mi propose di ripassare a china le sue tavole. Da subito incominciai a frequentare il suo studio per apprendere i segreti del ripasso e del disegno. In quel periodo, tramite Sangalli conobbi anche Motta che aveva appena finito il servizio militare e lavorava già per le Edizioni Alpe. I due erano amici di vecchia data, si erano conosciuti all’oratorio e avevano in comune la passione del disegno. Motta aveva insegnato a Sangalli i primi rudimenti del mestiere e l’aveva consigliato di presentare i suoi primi lavori all’editore Bianconi che lo fece lavorare subito. Dopo circa un anno fui presentato da Pier Luigi al “sciur” Bianconi che chiamavamo affettuosamente “Capo” e mi prese subito sotto la sua protezione proponendomi un lavoro come titolista grafico (realizzavo tutte le testate degli albi e i titoli delle storie) e inchiostratore di tavole di Sangalli e Mario Sbattella.

Il logo disegnato da Dossi

 

Nel frattempo anche Motta si era unito a noi come autore di Bianconi. “La scuola Monzese” era nata casualmente ed era formata già da questo trio. Tra di noi era nata una bella amicizia e ci si aiutava reciprocamente al bisogno nel lavoro.

Braccio di Ferro, con 150mila copie, era il personaggio più venduto della Bianconi. Geppo ne vendeva 40mila

 

Com’era l’atmosfera nella casa editrice?
In redazione regnava un’atmosfera molto familiare e amichevole, si scherzava sempre tra noi autori. Il “Clan Bianconi” era composto, in ordine alfabetico, da: Tiberio Colantuoni, Nicola Del Principe, Sandro Dossi, Alberico Motta, Mario Sbattella e Pierluigi Sangalli. In passato erano passati dalla casa editrice grandi autori del “comico” come Carpi, Chierchini, Gatto, Capitanio, Manfrin e Aloisi… e molti del “serio” che non facevano parte del nostro gruppo.
C’era una grande collaborazione e quando serviva un nuovo personaggio il Capo ci riuniva per pensare insieme le caratteristiche che doveva avere. Chi era più libero in quel momento lo schizzava e dopo l’approvazione ognuno di noi lo interpretava a proprio modo, tenendo però sempre presente il model. Bianconi aveva voluto italianizzare tutti i personaggi di copyright straniero dei quali acquisiva i diritti. Eravamo considerati politically uncorrect in quanto ci piaceva trasgredire nella stesura dei testi: l’editore faceva passare tutto. Spesso le storie avevano una doppia chiave di lettura. Le tavole erano disegnate in maniera semplice, in modo da poterle leggere anche senza l’ausilio del testo. Era nato lo stile Bianconi, un grande insegnamento da parte dell’editore che a me è servito anche per la realizzazione di lavori per altri editori.

Come è stato il tuo incontro con il personaggio di Geppo?
Le pubblicazioni che Bianconi aveva in edicola erano veramente tante. Io in quel periodo lavoravo soprattutto sull’albo di Felix, che era nato negli anni sessanta, e avevo incominciato a realizzare autonomamente storie dal 1964. Mi alternavo anche con gli altri autori su Braccio di Ferro (l’editore ne aveva acquisito i diritti) e inchiostravo ancora tavole di Sbattella e Sangalli al bisogno. Il disegnatore principale di Braccio di Ferro era Sangalli, quindi non avendo più tempo per altro, Bianconi mi aveva affidato la pubblicazione di Geppo, anche se le copertine erano sempre realizzate da Pier Luigi.
Geppo è il personaggio al quale sono più legato, in quanto l’ho disegnato per più di 30 anni e si può dire che mi accompagna da “sempre”. Ho iniziato la mia carriera ripassandolo e poi dopo anni disegnandolo. Inizialmente le sceneggiature erano di Motta, poi essendo lui passato ad altro, realizzavo anche i testi. Così sono nate storie che ancora oggi i nostalgici ricordano. Una delle storie apprezzate dalla critica è stato il team up con Braccio di Ferro. Nel 1984 propongo all’editore Inferno 2000, una rivisitazione dell’inferno di Dante dove i protagonisti sono proprio Geppo e Dante, che viene richiamato all’inferno da Satana. Ti leggo parte di una recensione fatta dall’autorevole Pier Luigi Gaspa su “Arabeschi”: “… Geppo, che si reca nella Firenze del 1984, dove il poeta, per sbarcare il lunario e mettere insieme il pranzo con la cena, è costretto a comporre canzonette («Sono toscano con la chitarra in mano» – lo si sente intonare, rammentando un celebre motivo del cantante Toto Cutugno). Convinto a seguirlo nell’impresa, dopo una serie di bizze e pretese contrattuali degne di miglior causa, Dante Alighieri accetta di scrivere questa ‘versione aggiornata’ della propria opera e, si fa per dire, comincia a lavorarci su. Intanto, poiché i tempi sono cambiati, meglio non parlare più di canti; verranno sostituiti da canzoni, ognuna delle quali darà il titolo a un capitolo del nuovo viaggio. La prima, quella di esordio nelle tenebre infernali (dove Dante arriva nell’auto messa a disposizione da Satana, con Geppo nei panni di Virgilio), è Il traghetto infernale. Le faranno seguito soltanto altre cinque canzoni prima che Dante venga cacciato perché i suoi ‘reportage’ infernali mettono alla luce problematiche sindacali da parte dei diavoli che è meglio sottacere!”.



Finita la collaborazione con Bianconi hai disegnato un po’ tutti i personaggi umoristici internazionali, da quelli della Disney a quelli della Warner Bros. Com’è stato lavorare con brand così famosi?
Inizialmente ho dovuto rivedere il mio modo veloce di lavorare, in quanto la qualità richiesta era alta e le vignette andavano più curate e riempite. Del resto le tavole erano remunerate in maniera diversa. È sempre emozionante incominciare una nuova collaborazione: l’incertezza, l’ansia, il metodo diverso di lavoro ti attanagliano. Poi, dopo il primo impatto, il disagio svanisce lasciando spazio alla fiducia. Per Disney tramite lo Staff di If di Gianni Bono ho realizzato più di 200 storie tra Topi e Paperi. Nel 1985 ho realizzato la storia più lunga in assoluto della mia vita lavorativa: Topolino e la terra senza tempo, divisa in quattro puntate (106 tavole). Verso la fine della mia collaborazione avevo disegnato anche parecchie storie di Paperinik con testi di Massimo Marconi.
Negli anni novanta ero stato convocato al Corriere dei Piccoli dalla direttrice Maria Grazia Perini per disegnare tutti i personaggi della Warner che, secondo me, sono i più difficili da interpretare: le matite delle tavole venivano inviate in America per l’approvazione e il sentirsi dire terrific che stava a significare il contrario, “meravigliose”, era stupendo. Ti creava sempre un’emozione. Con i personaggi Warner e Hanna & Barbera ho poi disegnato storie brevi, a volte autoconclusive, per il G-Baby delle Edizioni San Paolo.
Sotto la mia matita sono passati anche moltissimi personaggi da Calimero a Topo Gigio, da Tiramolla (edizioni Vallardi) a Prezzemolo, dalla Pantera Rosa ai Flintstones. Ho illustrato anche libri scolastici, fiabe classiche e album di figurine.
Sei stato persino in Belgio, allo Studio Peyo, per imparare a disegnare i Puffi. Ci puoi parlare di questa esperienza?
Che dire… un’esperienza unica che mi porto ancora dentro. Gianni Bono mi aveva chiesto se volevo fare delle tavole di prova per lo studio Peyo. Nonostante alcuni errori le tavole erano piaciute ed ero stato convocato per uno stage di una settimana in Belgio. Il loro metodo di lavoro era mostruoso: disegnavano con una precisione assoluta, contrariamente a me che, secondo loro, non ero preciso ed ero troppo veloce. Al rientro avevo realizzato su loro copyright delle illustrazioni per la Cucina dei Puffi, pubblicate su un libro della Mondadori. È stata una breve collaborazione che mi ha insegnato tanto.

Cosa fa Sandro Dossi oggi?
Dal 2008 il mercato del fumetto non passa lavoro. Per fortuna, contemporaneamente ai fumetti, ho avuto da sempre la passione per l’enigmistica e questa mi è servita per continuare a lavorare sempre disegnando. Ho collaborato con diverse case editrici specializzate nel settore, su albi per bambini e per adulti, realizzando giochi, vignette, rebus, strisce, puzzle, racconti gialli illustrati. Capita anche di fare delle commissioni per gli appassionati con tutti i personaggi che ho realizzato, anche di grandi dimensioni, colorate a tempera, con gli acquerelli, a mezzatinta.

Locandina di una mostra dedicata a Sandro Dossi

 

Cosa consigli ai giovani che si avvicinano al mestiere del fumettista?
A ogni intervista mi si fa questa domanda. Sempre difficile rispondere in quanto questo è un periodo difficile per l’editoria, non ci sono più editori e lettori, le edicole e le librerie sono desolatamente vuote e chiudono. Ci sono giovani molto preparati grazie anche alle varie scuole di comics esistenti. Ai miei tempi si imparava lavorando e mi sono sempre considerato un “artigiano del fumetto”. La vita del “fumettaro” è dura, qualcuno di questi giovani troverà lavoro abbastanza facilmente, altri dovranno avere pazienza e aspettare che la buona sorte arrivi dalla loro parte.

Per concludere presentiamo le tavole iniziali di una parodia disegnata da Sandro Dossi della saga di re Artù pubblicata da Topolino, nell’edizione in volume del Corriere della Sera.

 

 

4 pensiero su “SANDRO DOSSI, L’UOMO DIETRO A GEPPO”
  1. Grande professionista Sandro Dossi, e serie, quella di Geppo, che ha lasciato un ricordo positivo nei lettori. È triste che il settore non offra più opportunità a certi autori ma, come ricordato nell’intervista qui riportata, i lettori vanno entrando tra le razze in estinzione.

  2. Quello che Dossi definisce “fare il fumettaro” è un lavoro difficilissimo che assomma abilità molto molto raffinate, di regia, sceneggiatura, narrativa nonché ovvio, grafiche. Geppo resta il mio fumetto preferito di sempre. Bella intervista

  3. Grazie a tutti di aver apprezzato questa intervista e un grazie anche da parte di Sandro che è sempre felice di sapere quanta gente ha ancora Geppo nel cuore.

  4. Geppo era un personaggio pulito come pulite erano le storie di cui era protagonista. Mancano oggi personaggi di quel livello e spessore.
    Peccato.

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