Sam Sheppard, il fuggitivo

Un noto medico, tornando a casa, trova la bella moglie uccisa da un uomo misterioso. L’assassino colpisce anche lui e poi scappa. In seguito, il medico viene condannato per l’omicidio della donna.
Mentre lo stanno trasportando nel penitenziario, riesce a evadere fortunosamente. Da quel momento si mette alla ricerca del vero assassino della sua donna. Nessuno potrà fermarlo…

Questa è la trama de Il fuggitivo, un film d’azione del 1993 di Andrew Davis interpretato da Harrison Ford e Tommy Lee Jones, molto liberamente ispirato a una storia vera. Raccontiamola, questa storia.

Samuel Sheppard nasce il 29 dicembre 1923 a Cleveland, nello stato dell’Ohio. Figlio di un medico, Sam eccelle sia nello studio sia nello sport. Rinuncia alla carriera sportiva malgrado le numerose offerte ricevute, per studiare medicina seguendo l’esempio paterno.

A Los Angeles si specializza in osteopatia, la scienza che studia le ossa, e nel 1945 sposa Marilyn Reese.

Pochi anni dopo torna in Ohio per iniziare con successo a lavorare come medico nella città di Bay Village. La tragedia che cambierà per sempre la sua vita avviene il 4 luglio 1954. Dopo una serata di bagordi, Sam, che all’epoca ha 30 anni, si addormenta completamente ubriaco sul divano di casa.

Al mattino, pieno di ferite e con una grande confusione in testa, telefona al sindaco, suo amico, per dirgli che qualcuno ha ucciso sua moglie. La polizia, avvertita dal sindaco, accorre subito nella bella villetta in mattoni rossi affacciata sul grande lago Erie.

Sam Sheppard dice agli agenti che l’assassino è un misterioso individuo dai lunghi capelli ricci e che, proprio per questo motivo, non è riuscito a vederlo in faccia. Loro gli chiedono perché non abbia chiesto subito aiuto, dato che il delitto sembra essere avvenuto diverse ore prima.

A questo punto il medico racconta tutta la vicenda per filo e per segno: stava dormendo al piano terra per smaltire la sbornia quando, nel cuore della notte, era stato svegliato dal pianto e dalle urla della moglie che arrivavano dal piano superiore. Era salito di corsa per vedere cosa le stesse accadendo, visto che, oltretutto, Marilyn era incinta.

A quel punto uno sconosciuto lo aveva investito scendendo le scale e poi lo aveva preso a pugni, facendolo svenite. Non saprebbe proprio descrivere quell’uomo, sempre non sia una donna, del quale ha notato solo i lunghi capelli ricci.

Ripresi i sensi poco dopo, Sam era entrato in camera e aveva tastato il polso della moglie che giaceva inerte. Non c’era più niente da fare: era morta. A quel punto era andato a controllare il loro figlio di sette anni, Sam junior, il quale dormiva tranquillo nella camera accanto. Stranamente le grida della madre non lo avevano svegliato.

Infine Sam Sheppard era uscito dalla villa per inseguire l’assassino e l’aveva raggiunto in riva al lago, ma anche stavolta non aveva potuto vederlo bene in faccia perché era di spalle e, voltandosi, gli aveva sferrato un secondo pugno, facendolo svenire di nuovo.
Stavolta, per svegliarsi, Sam aveva impiegato diverse ore, e solo in quel momento era riuscito a chiedere aiuto.

Il racconto non sembra convincere i poliziotti, che fissano perplessi il cadavere della signora Sheppard. La donna giace riversa nel proprio sangue: sul cadavere sono visibili 35 ferite provocate da un corpo contundente non identificato.

Gli agenti cominciano a indagare con discrezione sul medico, scoprendo che l’uomo da tre anni ha una relazione extraconiugale con Susan Hayes, un’infermiera dell’ospedale dove lavora. Questo, pensano, potrebbe essere un buio movente.
Il pubblico ministero condivide le conclusioni della polizia e accusa ufficialmente il dottore di avere ucciso la moglie.

Al processo, che si tiene pochi mesi dopo, la difesa sottolinea che Sam Sheppard, durante la colluttazione con lo sconosciuto, aveva subito una commozione cerebrale e lesioni al sistema nervoso, tanto che la parte sinistra del suo corpo è diventata meno ricettiva agli stimoli esterni.
L’accusa non lo nega, ma afferma che i colpi gli sono stati sferrati da Marilyn, mentre cercava con tutte le forze di difendersi da lui.

Il caso giudiziario appassiona la nazione e praticamente tutti gli americani si dichiarano colpevolisti, tanto che, prima del verdetto, un giornale titola: “Perché Sam Sheppard non è ancora in prigione?”.
Lo stesso giudice, che dovrebbe dimostrare assoluta imparzialità, intervistato da una radio locale dichiara che il medico “è colpevole come il diavolo, non ci sono dubbi in proposito”.

In realtà, su Sam Sheppard esistono solo vaghi indizi, come il fatto che i vicini non abbiano sentito il cane di famiglia abbaiare all’arrivo dell’aggressore. Contro il medico gioca soprattutto la sua testimonianza vaga e confusa.

Il 21 dicembre, la giuria lo dichiara colpevole di omicidio di secondo grado (cioè non premeditato) e il giudice emette la sentenza di carcere a vita. Tre settimane dopo, per la disperazione, la madre di Sam Sheppard si suicida con un colpo di pistola alla testa e, meno di due settimane dopo, il padre muore per un’ulcera perforante.
In entrambi i casi, a Sam viene concesso di partecipare ai funerali, ma con le manette strette ai polsi.

In prigione, il medico si distingue per la sua buona condotta, tanto che accetta di sottoporsi come cavia umana alla ricerca sul cancro, facendosi iniettare alcune cellule tumorali.
Le tragedie non sono finite: nel 1963 anche il padre di Marilyn si suicida.

Un giorno, finalmente, le continue richieste per un processo di revisione fatte dal suo avvocato (in America non esiste il secondo grado di giudizio) vengono accolte dalla Corte suprema di Washington.

I giudici federali, verificato che il verdetto è stato emesso senza che ci fossero prove concrete, annullano la sentenza. Sam Sheppard deve essere liberato perché non si può condannare nessuno per dei semplici indizi.

Sempre secondo la Corte suprema, il processo si era svolto in una “atmosfera carnevalesca”, tanto che il giudice non solo si era dimenticato di ammonire i giurati a non lasciarsi condizionare dai pregiudizi dei giornali, ma li aveva alimentati lui stesso.

Così, dopo dieci lunghi anni, il medico esce di prigione. Appena tre giorni dopo sposa Ariane Tebbenjohannas, una donna tedesca con la quale aveva iniziato una relazione per corrispondenza.
Si tratta della sorella di Magda Ritschel, la moglie di Joseph Goebbels, il ministro della propaganda di Hitler, e anche questo fornisce benzina alle polemiche. La coppia divorzierà sei anni dopo.

Lo stato dell’Ohio decide di istituire un nuovo processo nel 1966, che finisce per riconoscere Sam Sheppard definitivamente innocente.
Ai conoscenti, il medico aveva detto che se fosse stato condannato di nuovo si sarebbe sparato in tribunale.

Torna a esercitare la professione medica, ma deve smettere poco dopo perché viene citato in giudizio due volte per negligenza professionale.
Decide di cambiare completamente attività e, lasciando tutti di stucco, sfrutta il suo corpo atletico per diventare lottatore di wrestling con il nome The Killer (l’Assassino)!

Ha sempre bevuto troppo, ma in pochi anni si trasforma in un vero alcolizzato. Alla fine del 1969 si sposa per la terza volta con Colleen Strickland, ma, pochi mesi dopo, il 6 aprile 1970, muore per cirrosi epatica all’età di 46 anni.

Il suo corpo viene riesumato nel 1997 per ordine di un giudice, quando suo figlio Sam Sheppard junior, di professione odontotecnico, chiede al tribunale la prova del Dna. Vuole ottenere un risarcimento di 250 mila dollari per ingiusta detenzione del padre.
Una detenzione sofferta anche da lui, che da bambino aveva perso l’unico genitore rimastogli e, poco dopo, anche i nonni adottivi.

Negli anni precedenti, Sam Junior aveva speso tutti i suoi risparmi per pagare le indagini di alcuni investigatori privati e ora ritiene di avere elementi sicuri per dichiarare che il vero assassino della madre sia Richard Eberling, una specie di vagabondo che ogni tanto andava nella casa degli Sheppard per fare qualche riparazione.

Era calvo e, secondo alcuni testimoni, a volte indossava una grande parrucca riccioluta. Diversi anni dopo il delitto, la polizia aveva trovato in suo possesso un anello di brillanti appartenuto a Marilyn.
Il tribunale fa analizzare il sangue attribuito all’assassino, ancora repertato negli archivi giudiziari, per confrontarlo con quello di Eberling e del dottor Sheppard.

Fatto non secondario, Richard Eberling sta scontando l’ergastolo per aver ucciso a pugni una ricca vedova nel 1984. L’uomo è sospettato anche della morte delle due sorelle della vittima, scomparse anni prima in circostanze misteriose. Si pensa che le abbia fatte fuori perché erano le uniche parenti della vedova. Che infatti, dopo la loro morte, aveva lasciato tutti i suoi beni in eredità all’amico Eberling.

In carcere, il nuovo sospettato mette le mani avanti raccontando che una volta, mentre faceva alcuni lavori in casa Sheppard, si era ferito perdendo alcune gocce di sangue. Quindi, le sue tracce in quella villetta ci sono per forza.
Eberling muore a 68 anni nel 1998, quando l’analisi del Dna, che si rivela particolarmente laboriosa, è ancora in corso.

Purtroppo, alla fine, i campioni di sangue attribuiti all’assassino di Mailyn risultano troppo contaminati per essere decifrati correttamente. I pochi frammenti di Dna rimasti inalterati corrispondono al 90% degli americani.

Contro Eberling rimangono le testimonianze di un compagno di cella e di un’infermiera che lo conosceva bene: entrambi dichiarano che aveva confessato loro di avere ucciso la moglie di Sheppard. I testimoni, però, vengono considerati inattendibili dal giudice.

Il 12 aprile 2000 la giuria dichiara che Sam Sheppard junior non è riusciuto a dimostrare con assoluta certezza che suo padre era stato imprigionato ingiustamente (evidentemente il fatto che nel secondo processo fosse stato dichiarato innocente non bastava), quindi il giudice non può condannare lo stato dell’Ohio a versargli il risarcimento.

Inoltre, due anni dopo, il processo viene invalidato perché si scopre che, secondo la legge americana, un figlio non può richiedere questo tipo di risarcimento.

 

(Immagine in apertura tratta dal film Il Fuggitivo)

 

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Di Sauro Pennacchioli

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