Nella metà degli anni ottanta, quando aveva lanciato Dylan Dog, lo sceneggiatore Tiziano Sclavi presenta alla rivista Comic Art (dell’omonima casa editrice) un suo atipico progetto che incontra subito il favore della redazione: Roy Mann.
A realizzare i disegni viene chiamato, dopo avere esaminato altre possibilità, Attilio Micheluzzi (1930-1990). Nel 1987, il frutto di questa collaborazione approda nel numero 34 di Comic Art. La storia, intitolata “In un strano mondo”, viene pubblicata a puntate e dovrebbe essere autoconclusiva, ma i due autori si lasciano ampia libertà di produrre un sequel.

Il primo episodio di Roy Mann ripubblicato nell’edizione formato albo

 

La vicenda parte dalla New York degli anni trenta. Nella grande metropoli, lo sceneggiatore Roy Mann (dotato di una fertilissima fantasia) sbarca il lunario scrivendo storie per i fumetti. È un tizio spensierato e bizzarro, che prende con allegria il suo mestiere limitandosi a esclamare ogni tanto, come supremo atto di ribellione, un furibondo “lamartina!”.
Incredibilmente, dopo lo scoppio accidentale della sua caffettiera, si ritrova proiettato in una dimensione parallela in cui si accorge di rivivere le stesse storie che ha scritto per la Wonder Comics. I personaggi di fantasia da lui inventati, come la bellissima e perennemente discinta principessa Lara o il malvagio Ling, diventano coprotagonisti di una trama che lo vede nelle vesti dell’eroe in un continuo gioco di specchi tra finzione e realtà (dai confini indistinti).

La dimensione che circonda Roy Mann è onirica e surreale, svincolata dalle leggi della logica e aperta a ogni possibilità. La decappottabile di Roy Mann può volare in un cielo nuvoloso, in cui i nembi sono fatti di cotone idrofilo, ed è assolutamente “normale” che bande di misteriosi banditi cinesi si esprimano con un inconfondibile slang partenopeo.
La storia sembra suscitare interesse tra i lettori della rivista e ne vengono prodotte altre due: “Orizzonti di gloria” (1988) e “Quante volte tornerai” (1991). Probabilmente ne sarebbero seguite altre ancora, ma la prematura scomparsa di Micheluzzi pose fine alla serie.

Le prime due storie hanno un tono scanzonato e divertente, la terza vira verso un’atmosfera più cupa. Il protagonista, interrogandosi sui continui sbalzi tra realtà differenti, scoprirà di essere stato lui stesso a scrivere i primi due episodi delle sue avventure, ma la rivelazione lo porterà a scoperte più dolorose. Roy Mann è tutto un rincorrersi di citazioni fumettistiche e letterarie.
La matrice dei tre personaggi principali è di chiara derivazione fumettistica, parafrasi solare e manifesta del Flash Gordon di Alex Raymond: Ling è la copia sputata di Ming e Lara rappresenta alla perfezione l’archetipo della bella in pericolo, ritoccato da venature “glamour”. Non mancano neanche precisi richiami a Little Nemo di Windsor McCay. Esiste poi una altrettanto palese ispirazione letteraria al romanzo “Assurdo Universo” (What Mad Universe) di Fredric Brown: in alcune vignette Roy legge questo libro e lo stesso primo episodio si conclude con una citazione tratta dal romanzo.

Il fumetto di Sclavi dà alle volte la sensazione di non avere alcun senso (nell’episodio “Orizzonti di Gloria” gli Stati Uniti dichiarano guerra… agli Stati Uniti!) ma, a cercarlo, il significato si trova, anche se ben nascosto. Il divertimento sta proprio nel trovarlo.
Dopo la prima pubblicazione, le tre storie furono raccolte in volume dalla stessa Comic Art e, successivamente, dalle Edizioni L’Isola Trovata. Roy Mann trovò modo di “riapparire” nel n. 250 di Dylan Dog (“Ascensore per l’Inferno”), naturalmente sceneggiato dallo stesso Sclavi. L’ultima ristampa di Roy Mann è dell’aprile 2013: l’intera saga venne pubblicata dalla Rizzoli-Lizard in un volume cartonato di 144 pagine in bianco e nero.
Ad arricchire questa edizione furono aggiunte cinque tavole inedite realizzate da Magnus, autore per il quale il fumetto era stato pensato originariamente, ma che, per motivi sconosciuti, non proseguì il progetto. Tutto sommato, a distanza di 30 anni da allora, possiamo dire che nel cambio la parte artistica non ci rimise, probabilmente lo stile arioso di Micheluzzi rese un servizio migliore rispetto al tratto un po’ grottesco proposto da Raviola, ma questo rientra a pieno titolo nei gusti personali.

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