Maschera Nera

L’albo mensile di Maschera Nera, scritto da Luciano Secchi e disegnato da Paolo Piffarerio, uscì nelle edicole al prezzo di 100 lire nel marzo del 1962 in un ampio formato (circa 19 centimetri per 24) che l’editore Andrea Corno, cognato dello sceneggiatore, già aveva sperimentato per altre pubblicazioni, come Gordon che presentava le avventure delle strisce quotidiane disegnate dal piacevole Dan Barry e quelle delle tavole domenicali di Mac Raboy.

L’albo ha le pagine alternate a colori e in bianco e nero, come si usava all’epoca per risparmiare stampando in quadricromia solo un lato del foglio.

Maschera Nera funziona, al punto che dopo pochi mesi al mensile viene affiancato un settimanale da 50 lire in formato “quadernetto” a due colori. Le due pubblicazioni vanno avanti fianco a fianco fino al febbraio del 1965. Del mensile escono in tutto 36 numeri divisi in due serie, rispettivamente di 22 e 14 numeri. Il settimanale, diviso in quattro serie (le prime tre, Nuova, Gialla e Rubino, di 42 numeri e l’ultima, la Verde, di soli 30) durerà ancora qualche mese, fino all’ottobre dello stesso anno.

Delle 48 pagine del mensile, 40 sono dedicate al titolare di testata, e le altre otto (al centro della pubblicazione) al supereroico Atomik scritto e disegnato da Paolo Piffarerio (solo inizialmente; poi sarà portato avanti in maniera meno personale ed efficace da vari disegnatori come Giuseppe Montanari e Raffaele Cormio, mentre dei testi si occuperà sempre Secchi), successivamente trasmigrato sul settimanale e sostituito dal Buck Rogers di George Tuska.

Come detto Maschera Nera piacque, nonostante le incertezze nella scrittura del neosceneggiatore che, oltre ai problemi con l’italiano che si porterà dietro per molti anni, all’inizio appare particolarmente confusionario, non riuscendo a gestire nemmeno i nomi dei personaggi. Non solo il cognome dei due protagonisti oscilla tra Rowant a Rowandt, ma anche il vecchio sceriffo viene alternativamente chiamato Spec e Spece, il giudice viene chiamato a volte Colt e altre Cast, e il paese si chiama talvolta Norsan City e in altre occasioni Norson. Per carità, magari è colpa del letterista, ma anche le altre lingue, in quegli anni in cui l’inglese e altri idiomi erano… arabo per la stragrande maggioranza degli italiani, peccano di precisione, a cominciare dall’insegna “Scerif” davanti all’ufficio di Rowandt padre. Sia pure con questi svarioni di cui, d’altronde, noi ragazzi non avevamo modo di accorgerci, Secchi mostra già tutto il suo geniaccio.

Maschera Nera è una “variazione sul tema” del giustiziere mascherato declinato in tantissimi modi da Zorro in poi, ma lo sceneggiatore milanese riesce a metterci del suo affermando la propria, già esondante, personalità. Se il trucco di leggere allo specchio la carta assorbente per decifrare il messaggio originale divertì noi giovani lettori, lo sparo attraverso la finestra calcolando di quanti gradi il vetro avrebbe corretto la direzione del colpo (scientificamente attendibile o meno che sia la cosa) ci innamorò definitivamente.

Mentre Zorro si celava dietro i panni del vanesio don Diego De La Vega, Secchi fa del figlio del “roccioso” sceriffo un avvocato pusillanime e pronto a mettersi al servizio dei peggiori delinquenti, creando situazioni inedite e coinvolgenti.

A completare il quadro, una serie di azzeccati comprimari come la graziosa Wilma Morrinson, il baldo Larry Smoll e il divertente tuttofare Slitta che, cambiando continuamente mestiere, si mette nella condizione di poter essere continuamente d’aiuto al cavaliere mascherato svolgendo il compito di spalla comica pur mantenendo una sua autonomia.

Il disegno di Paolo Piffarerio fa la sua parte. Quaranta pagine di grande formato al mese non sono uno scherzo (anche se già dal quinto episodio arrivano ad alleggerire il lavoro le chine un po’ rigide di Montanari), perciò le tavole dell’autore meneghino sono svelte e senza fronzoli; le anatomie qua e là vanno a farsi benedire, e le torsioni nel busto quando Maschera Nera sferra i suoi micidiali pugni sono al limiti dell’umanamente possibile, ma il disegno è gradevole, le scene d’azione trascinanti, i personaggi accattivanti, la recitazione adeguata. E, come abbiamo detto, la pubblicazione si conquistò subito un posto nel cuore dei lettori.

Il raddoppio (e più) della produzione di Maschera Nera con l’aggiunta del settimanale costringe i due creatori del personaggio a ricorrere all’aiuto di altri disegnatori sia sul mensile sia sul tascabile. Si alterneranno alle matite e alle chine del giustiziere dalla mise blu e gialla, più e meno felicemente, di volta in volta i già citati Montanari (Montag) e Cormio (Ralph Hunter), Saverio Micheloni (Mike Saver), Maurizio Ricci (Ricky Morris), Arnaldo Rosin (Rory Arnold), Erminio ArdigòVittorio Coliva, Umberto Sammarini, Renzo Capredoni, Antonio De Vita e Luigi Corteggi. Alle copertine si alternano Antonio Canale, Enzo Carretti, Cormio e Ricci.

Il giustiziere mascherato tornerà nelle edicole in più d’un occasione: nel febbraio del 1976 approda su un volumetto di formato tascabile della serie Eureka Pocket che ospita, in bianco e nero, le prime cinque storie del mensile.

Poco più di un anno dopo Luciano Secchi decide di rigiocarselo in formato bonelliano: strizza le tavole del mensile e rimonta quelle del tascabile per adeguarle al nuovo formato nella foliazione standard di 96 pagine. Questo lo costringe a spezzettare le storie inserendo nell’ultima pagina un minuscolo “continua sul prossimo numero”. La pubblicazione, una volta di più, sembra tenere l’edicola; lo fa per circa tre anni (32 numeri) ripubblicando le storie fino a circa metà della serie Rubino, poi anche la ristampa che pure ha solo il costo dei ritocchi redazionali deve arrendersi all’evidenza: il tempo è trascorso, il palato dei lettori si è fatto più raffinato e non è facile fargli digerire la qualità fin troppo altalenante dei disegni e i rozzi rimontaggi delle vignette.

Luciano Secchi, diventato editore in proprio negli anni ottanta, ristampa alcune storie nella collana I fumetti super.

Nell’aprile 2019, con la nuova casa editrice 1000VolteMeglio Publishing affidata alla figlia Raffaella, ci prova di nuovo oggi senza nemmeno cercare di “aggiornare” almeno i testi. L’unica correzione è nel colonnino iniziale del titolo: al posto di “Racconto completo di Paul Payne” ora c’è un “Scritto da: Max Bunker, disegnato da: Paul Payne”.

L’unica scelta positiva è quella di portare a 80 il numero della pagine, in modo da pubblicare due episodi completi del mensile. Immaginiamo che questo porterà presto a qualche problema sulla corrispondenza tra storie contenute nell’albo e immagini e titoli di copertina, ma forse Secchi non si aspetta di andare avanti a lungo. Dalle 350 lire del 1977 siamo intanto passati a 3 euro e 50 (circa 7.000 lire, al valore del momento d’introduzione dell’euro; un pesante segno in più del tempo trascorso), con copertina più lucida e carta più bianca ma anche più leggera. La resa tipografica non è all’altezza della precedente edizione: le tavole sembrano scansionate da quest’ultima e penalizzano anche la bella grafia di Piffarerio.
Insomma, una riproposta dal probabile fiato corto, riservata a pochi nostalgici abbastanza avanti con gli anni.

7 pensiero su “MASCHERA NERA, IL PRIMO SUCCESSO DI LUCIANO SECCHI”
  1. Ottimo articolo.
    Il personaggio si presterebbe anche a qualche considerazione sui tema giudiziario, visto che di mestiere sarebbe un avvocato (qualcuno, da qualche altra parte, ha notato analogie addirittura con DAREDEVIL).
    Vediamo se riesco a scrivere qualcosa sul tema rivitalizzando il blog GIUSTIZIA A STRISCE

  2. Non avevo mai letto prima Maschera Nera, ma ho voluto prendere il primo numero di questa ristampa. Beh, lasciatemelo dire: il tempo passato si sente indubbiamente, i limiti segnalati da Marcello ci sono tutti, ma… che freschezza! che ritmo! che invenzioni narrative! Insomma, il Bunker era partito col botto.

  3. Sul fronte legale è interessante anche la figura del giudice Colt/Cast, forse il primo personaggio “alanfordiano” di Secchi.

  4. Articolo interessante; albo preso e letto, storie forse un pò datate ma assolutamente godibili, e buoni i disegni. Per quanto riguarda i primi sei episodi però, la Guida al Fumetto Italiano di Gianni Bono li attribuisce interamente a Paul Payne (Paolo Piffarerio), sia testi che disegni.
    Leggendo Maschera Nera si ha una idea dello sforzo che deve aver fatto anni dopo Piffarerio per adeguarsi allo stile magnusiano su Alan Ford.

    1. Ho visto, ma nonostante lo spinto egocentrismo di Secchi soprattutto negli ultimi anni, dubito che sia capace di appropriarsi del lavoro di Piffarerio, visto che proprio in questa ristampa ha ritenuto di dover precisare che fin dai primi episodi il testo era suo. E’ più probabile che all’inizio non volesse apparire e abbia celato la sua partecipazione alla realizzazione del personaggio dietro un “anonimo”: testi e disegni di Paul Payne (nickname che poteva celare anche la coppia di autori), e dopo il successo del personaggio abbia deciso di uscire allo scoperto aggiungendo che i testi erano suoi (a firma Esselle). Suppongo che Gianni Bono si sia attenuto a quanto scritto sull’albo… e purtroppo Piffarerio non è più tra noi per dirci come stanno effettivamente le cose. Se ci leggesse, potrebbe farlo Secchi.

        1. Nella ristampa degli anni 70, così come nel volume della collana Eureka Pocket, c’era la dicitura originale “Racconto completo di Paul Payne”.

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