REAGAN

Voglio raccontare una storia che probabilmente è apocrifa, o forse solo abbellita. La racconterò così come è stata detta a me nel lontano 1996, da qualcuno che le cose “le sapeva”.

Quando nel 1981 Ronald Reagan diventò presidente degli Stati Uniti, venne accolto con una certa preoccupazione dalla comunità dell’Intelligence americana. Era sostanzialmente un outsider, senza un cursus honorum di prestigio e aveva lo stigma del passato da attorucolo western.
Credeva nell’assoluta superiorità del sistema economico americano e pensava che il comunismo sovietico non fosse lontanamente in grado di reggere la competizione. Per lui l’Unione Sovietica (Urss), per quanto all’epoca controllasse in un modo o nell’altro le nazioni di mezzo mondo, era un gigante dai piedi di argilla.

Ronald Reagan aveva la singolare stranezza di basare le sue opinioni sulle barzellette. Non scherzo. Amava ripetere tutte le centinaia di barzellette con cui i cittadini sovietici, più o meno in segreto, prendevano in giro il sistema lamentandosi dei problemi e della scarsità delle merci.
Le barzellette dicono molto di un popolo, sosteneva Reagan, e se le barzellette sovietiche erano tutte incentrate sulla povertà, sulla scarsità e sullo Stato che non funziona qualcosa doveva significare.

Gli analisti della Cia, il servizio segreto americano, non ne erano altrettanto convinti. L’Urss aveva certamente dei grossi problemi, ma l’economia non sembrava ridotta malissimo e comunque pareva potersi riprendere.
Del resto la Cia aveva una talpa nel segretariato del Politburo, il centro direttivo dell’Unione Sovietica, che aveva accesso alla documentazione economica. Per cui a Langley, sede della Cia, vedevano gli stessi numeri che leggeva Mikhail Gorbačëv, il leader sovietico. Ed erano chiari: l’Urss non era entrata in una crisi irreversibile, anzi, non stava malaccio.

Alla fine, il presidente degli Stati Uniti impose il proprio punto di vista e si fece come voleva lui: si lanciò il progetto avveniristico soprannominato “Guerre Stellari”, ovvero un sistema di autodifesa missilistica basato sui satelliti (che poi non venne mai realizzato), e si rilanciò con ampi mezzi la corsa agli armamenti al fine di spezzare la schiena all’Urss, costringendola a seguirli in queste dispendiose iniziative.

Ronald Reagan ebbe ragione. L’Urss non riuscì a competere, Gorbačëv dovette cedere e raggiungere un accordo mentre tentava di riformare il proprio Paese, ma era talmente tardi che l’economia gli crollò tutto intorno. Insieme all’Unione Sovietica, intesa come Stato.

Cosa era successo, dove era l’errore degli esperti? La talpa della Cia era un doppiogiochista? O il Kgb, il servizio segreto sovietico, aveva avvelenato la fonte?
No, i documenti passati dalla talpa erano autentici, esattamente quelli che arrivavano al Politburo… solo che erano pieni di sciocchezze.

La cosiddetta “sindrome del fallimento” è una distorsione tipica di tutte le burocrazie (anche nelle migliori aziende private): ai capi si dice quello che vogliono sentire. Si racconta solo delle cose che vanno bene, mentre gli errori e i problemi vengono minimizzati, se non nascosti. Magari sperando, in buona fede, di risolverli senza farli scoprire. Oppure che nessuno si renda conto di chi è il responsabile.

Questo è ancora più pronunciato nelle burocrazie statali e diventa patologico in quelle di regimi centralisti e pure totalitari, dove i compiti di ognuno sono rigidamente fissati e il fallimento può significare punizioni ben più gravi di una reprimenda.

Nella pratica, l’economia sovietica era totalmente allo sbando e nessuno sapeva cosa stesse succedendo realmente, neppure chi avrebbe dovuto controllarla e pianificarla.
Come scrisse un economista a posteriori: troppo spesso l’economia sovietica prendeva delle buone materie prime per trasformale in prodotti inutili o non funzionanti, letteralmente distruggeva valore invece di aggiungerlo.

Non so se la talpa esistesse davvero, o se il mio “contatto” stesse solo abbellendo la storia… ma la sostanza è questa.

Per finire vi consiglio una lettura. L’ultima favola russa (Red Plenty, 2010) di Francis Spufford, un libro pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2013. Piacevolissimo romanzo ambientato in epoca krushoviana: uno dei protagonisti è un economista della pianificazione centrale che vorrebbe proporre un innovativo sistema di controllo…

Gran bel libro che espone dall’interno tutte le magagne della pianificazione centralizzata sovietica, senza fare una lezione di economia.



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