Anni fa dirigevo una casa editrice di cui ero anche l’unico collaboratore, anche se sul sito web risultavano non meno di sette uffici (diritti, tecnico eccetera), ognuno con un suo interno. I soldi erano proprio pochi e mi resi presto conto che avrei dovuto occuparmi anche di molte fasi produttive di solito delegate esternamente. Prima fra tutte, la composizione tipografica dei libri. L’ultimo software di composizione (desktop publishing, DTP) che avevo usato era stato Ventura della Xerox e poi Corel, alla fine degli anni ottanta. Vidi che rispetto a Ventura, i software moderni erano infinitamente più versatili e veloci, il problema era il loro costo.

Oggi il software di desktop publishing che va per la maggiore è InDesign di Adobe, ma fino a una decina di anni fa tutti usavano Quark XPress, un programma molto potente che nel 2007 costava più di millecinquecento euro. Giravano copie pirata, ma non volevo tenere in studio software illegali. Un giorno, mentre facevo la spesa al Lidl qui a Berlino mi cadde l’occhio su una rivista di software che offriva in omaggio una vecchia versione di XPress per cinque euro! La comprai di corsa. Quella versione era molto essenziale, tuttavia faceva tutto quello che serviva per produrre un libro. Certo, l’annullamento di una modifica era limitato a una sola azione, non c’era alcun file di help, la gestione dei colori era primitiva, però funzionava.

Ma c’era un problema. Pochi sanno che nei libri e riviste composti come si deve, quando ci si trova di fronte a alcune sequenze di lettere, come fi, fl o ff eccetera, non si usano lettere separate f + i oppure f + l, ma singoli caratteri che incorporano le due o tre lettere di quelle sequenze. Questo perché, per esempio, f + i non solo è tipograficamente brutto da vedersi, con quel puntino che cozza con la curva della f, ma ostacola anche la scorrevolezza di lettura, che è la qualità dei font migliori. Per risolvere la faccenda si usa un unico speciale carattere che fonde il puntino con la curva della effe:

Con le lettere affiancate f + l va anche peggio, la curva della effe sembra quasi molestare la lettera elle, e il trattino troppo corto lascia un poco elegante spazio bianco tra le lettere che tende a far incespicare l’occhio. Con un singolo carattere, che allunga il trattino e fonde la curva della effe con la stanghetta della elle, si armonizza la vicinanza di queste due lettere:

Ora, quel software da cinque euro era così arcaico da poter gestire solo i caratteri della vecchissima tabella Ascii (che più o meno corrisponde all’insieme delle lettere presenti in una macchina da scrivere), e non i caratteri della moderna tabella Unicode, che contiene tutti i caratteri dell’universo, tra cui quelli che stiamo considerando.

La tabella caratteri Ascii risalente agli anni Sessanta

Per risolvere il problema mi inventai una soluzione di cui sono tuttora molto contento: rimappai i caratteri non Ascii che mi servivano. Ai caratteri Unicode fi, fl, ff, eccetera, attribuii cioè i codici Ascii delle parentesi graffe, del simbolo del dollaro e di altri caratteri che non si usano praticamente mai. Così quando battevo il tasto del carattere { , in realtà usciva il carattere

mentre battendo il tasto } usciva il carattere

e così via.

A volte gli autori e i traduttori che ricevevano i pdf per la revisione, per qualche motivo li trovavano pieni di parentesi graffe. Ma il software di Grafica Veneta (la più grande e tecnologica tipografia europea) leggeva senza problemi i file. Feci la fotocomposizione di tutti i libri, divertendomi e con risultati eleganti. Con le traduzioni a volte modificavo il testo allungandolo o accorciandolo alla bisogna perché risultasse perfettamente impaginato, evitando per esempio i righini (un righino è una prima riga di una pagina che finisce con un a capo e risulta quindi corta, ed è tipograficamente proibita). Vantaggi dell’essere traduttore, redattore e compositore allo stesso tempo, e come direttore avevo sempre parole di lode per il mio lavoro.

Non tutti i font contengono i caratteri speciali che abbiamo visto, per esempio sono spesso assenti nei font cosiddetti a bastone, così amati dai grafici della mutua e così illeggibili:

Il font in alto è un Plantin, spesso utilizzato nei paperback americani per la sua grande leggibilità anche con corpi minuscoli; quello sotto è un font a bastone simile all’Arial, lo trovate nelle riviste trendy e fa venire il mal di testa dopo poche righe

E non tutti i font contengono tutte le possibili variazioni, come per esempio ff:

oppure ffi, che raduna ben tre caratteri in uno solo:

Se dovete mettere insieme una presentazione graficamente professionale, verificate se il font che avete scelto contenga questi caratteri, e nel caso usateli (ma non se il corpo del carattere è molto grande, da 16-18 in su). I metodi di inserimento variano a seconda del programma e del sistema operativo, è comodo copiarli dalla tabella caratteri del vostro computer e poi fare la sostituzione automatica.

(Testo e immagini Copyright © 2018 Andrea Antonini, Berlino).

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