Lo scrittore americano Henry Miller, autore di “Tropico del Cancro”, è tra le numerose personalità che nel film Reds (1981) discutono dei due protagonisti realmente esistiti (il giornalista John Reed e la femminista Louise Bryant, interpretati da Warren Beatty e Diane Keaton) e della loro epoca, segnata dalla Prima guerra mondiale e dalla Rivoluzione russa.

L’intervento di Miller arriva pochi minuti dopo la scena in cui i due si incontrano per la prima volta e fanno subito sesso, con una richiesta particolarmente esplicita da parte di lei: “Vorrei vederla senza pantaloni, signor Reed”.

Miller commenta dicendo che “anche allora si scopava tanto quanto oggi, solo che adesso lo si fa in modo più perverso: oggi non c’è più amore in nessuna cosa, mentre allora ci si metteva il cuore, un po’ di cuore”.
Allo spettatore viene allora un piccolo dubbio: se allora si scopava tanto quanto oggi, quando è iniziata la cosiddetta “rivoluzione sessuale”?

Quella che viene chiamata “rivoluzione sessuale” è in realtà lo “sdoganamento del sesso”, argomento un tempo tabù nei media e in ogni conversazione, anche privata, nonostante Miller avesse ragione sul fatto che comunque certe cose si facessero, e tanto.

L’inizio di questo sdoganamento risale agli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale, evento che mise in crisi il vecchio mondo ottocentesco, anche se si è trattato di un processo lento e particolarmente difficoltoso.

Chi ha visto la famosa serie televisiva Downton Abbey ricorderà certamente come Lady Mary, all’inizio della quinta stagione (ambientata nel 1924) passi del tempo con il suo pretendente (neanche fidanzato) Lord Gillingham in un albergo del Chesire. Senza neanche nascondersi troppo e dopo aver chiesto alla sua cameriera, tanto per non lasciare alcun dubbio negli spettatori, di procurarle dei preservativi per l’occasione. Con grande imbarazzo della cameriera, che comunque li trova, come oggi, in farmacia.

A ogni modo lo sdoganamento accelera dopo la Seconda guerra mondiale, evento che distrugge una volta per tutte il vecchio mondo e i vecchi valori, e diventa tumultuoso a partire dagli anni sessanta, specialmente dal 1968 in poi.

È allora che in Italia nascono riviste come la mondadoriana Duepiù (1968), che dell’argomento spiega tutto. E si girano film come Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci (1972) e Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini (1975), che vengono inutilmente sequestrati o massacrati da una censura rimasta parecchio indietro.

 

Nel resto del mondo occidentale lo sdoganamento incontra generalmente meno ostacoli.
Per esempio, in un film di fantascienza americano del 1976 che non avrebbe motivo di contenere scene di sesso, L’uomo che cadde sulla Terra di Nicholas Roeg, viene mostrato un professore universitario che si porta regolarmente a letto le studentesse.

Non solo la cosa non viene presentata in una luce negativa (oggi lo sarebbe senza dubbio), ma le scene esplicite non mancano, con nudi integrali maschili e femminili. Perfino un inizio di rapporto orale mostrato brevemente in campo medio.

Questa lunga premessa serve per capire come, nel lontano 1979, parlare dell’argomento “sesso” rendesse euforici e facesse sentire liberi, soprattutto in un paese come l’Italia che era riuscito a “liberarsi” un po’ in ritardo.

È solo in questo modo che si può spiegare la cantonata presa dal giornalista Piero Zanotto nella sua introduzione al volume disneyano “Le grandi storie di Topolino”, del 1979.
Poi ripresa dal saggista Franco Fossati nel suo testo “Topolino”, del 1980.

Cantonata in seguito riemersa periodicamente su saggi e riviste di ogni tipo, fino a diventare una sorta di verità universalmente accettata: i Topi, negli anni ’30 di Floyd Gottfredson, lo facevano!, questa la presunta grande scoperta.

Ancora in questi anni, se si cerca sul forum Papersera l’argomento “Topolino e la sessualità”, le affermazioni di Zanotto e Fossati vengono prese come oro colato e la discussione si sposta subito su altri “casi analoghi” e meno conosciuti di quello citato dai due esperti disneyani.

Ma andiamo con ordine: negli anni settanta le conoscenze sull’universo disneyano e i suoi autori aumentano progressivamente, in Italia come all’estero.
In Italia, da molti anni si leggeva il settimanale di Topolino, con le sue storie ristampate nei Classici, e poi molte storie minori nell’Almanacco e negli Albi.

Dopo gli anni trenta e quaranta, del Topolino di Floyd Gottfredson, che richiedeva pesanti rimontaggi delle strisce quotidiane, si sapeva relativamente poco. Erano più note alcune riscritture delle sue storie eseguite da Bill Wright negli anni cinquanta, proprio per favorire la pubblicazione in albo.

“Topolino e il mistero di Macchia Nera”: la scena iniziale, nella versione del 1939 (Gottfredson)
La stessa scena nella versione del 1949 (Wright).

 

Tra queste si possono ricordare “Topolino sosia di Re Sorcio”, cioè la storia con la vignetta che indusse in errore Zanotto e Fossati, ridisegnata nel 1950 e poi pubblicata sull’albo americano Walt Disney’s Comics and Stories numero 117, e “Topolino e il mistero di Macchia Nera”, ridisegnata nel 1949 per Walt Disney’s Comics and Stories numero 101.

La prima storia, in particolare, fu pubblicata in Italia, nella sua seconda versione, già su Topolino nel 1951, e poi nel famoso Oscar Mondadori del 1969 “Gli anni ruggenti di Topolino”.

Il 17esimo numero del “Topolino d’oro”: la bella copertina è di Marco Rota

 

Con l’arrivo della collana chiamata “Il Topolino d’oro” (primi anni settanra) e dei grandi volumi cartonati conosciuti come “Io…”, pubblicati al ritmo di uno all’anno a partire dal 1970, si inizia a conoscere meglio il Topolino di Gottfredson.

Alla fine degli anni settanta la storia editoriale di Topolino, come pure i nomi dei suoi principali autori, è ormai universalmente nota tra gli appassionati, anche se l’enorme parco di lettori dispone ancora di poche informazioni.

È anche per questo motivo che all’inizio del 1980 Franco Fossati, destinato a diventare di lì a breve responsabile delle sceneggiature disneyane, decide di mettere a frutto le sue numerose conoscenze sull’argomento, oltretutto molto accresciute da quando è entrato alla Mondadori, sia pure senza lavorare da subito alle pubblicazioni disneyane.

Vede così la luce, nell’ottobre del 1980, il fondamentale saggio “Topolino, storia del topo più famoso del mondo”, capostipite di una lunga serie di testi sul Topo che da allora in poi diventeranno sempre più numerosi.

In questo libro si parla un po’ di tutto: del coniglio Oswald, antenato di Topolino, dei cartoon, dell’ascesa di Paperino, del Topolino a strisce, di Nerbini e di Mondadori, degli autori italiani (oltre ai nomi più famosi vengono citati anche Luciano Gatto e Sergio Asteriti), del merchandising e di molte altre cose.

Tra queste cose c’è una sommaria descrizione dei personaggi che appaiono nelle storie con Topolino: Minni, Gambadilegno, Clarabella, Orazio, Pluto, Pippo, Paperino, Basettoni, Tubi, Eta Beta, Macchia Nera.
Di Minni si parla a lungo (da pagina 108 a pagina 111), anche perché questo personaggio offre l’occasione per segnalare alcune “stranezze” delle storie di Gottfredson.

La prima riguarda i famosi tentativi di suicidio che Topolino mette in atto dopo essersi convinto che Minni gli preferisca il Bel Gagà (storia del 1930, tra le prime). Dato che, secondo Fossati, “è abbastanza strano che Topolino (e i suoi autori per lui) arrivi a questi eccessi prima di avere una spiegazione con Minni e smascherare definitivamente il bel Gagà”.

È a questo punto che arriva la cantonata.
Fossati riprende quanto Piero Zanotto aveva scritto l’anno prima nell’introduzione all’ultimo volume della serie “Io…” (chiamato “Le Grandi Storie di Topolino”). Dove vengono presentate, in successione e nel formato originale (colorato), tutte le storie di Gottfredson da “Topolino sosia di re Sorcio” a “Topolino e i topi d’albergo” (1937-1940).

Volume davvero memorabile, come non si vedeva dai tempi del “Topolino d’oro”, ma…
Così scrive Fossati: “Secondo Piero Zanotto, nell’avventura Topolino sosia di Re Sorcio, del 1937, esiste almeno un altro episodio del tutto atipico. «Se guardiamo proprio al finale… quando Mickey e Minnie, lasciato il regno (da operetta balcanica) di Tassonia, soggiornano in un albergo, noteremo come egli sia in pigiama nella stanza da letto a due piazze con Minnie che gli mostra dei cappellini appena acquistati. In pigiama. Segno di una intimità che – per quei giorni – poteva significare qualcosa di più nel rapporto sentimentale ma platonico tra questi due eterni fidanzati». Da notare che questo episodio è stato completamente censurato nel “remake” di questa avventura, realizzato negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e pubblicato sull’Oscar Mondadori n. 206 mentre l’avventura originale è pubblicata su Le Grandi Storie di Topolino. Negli anni Trenta, evidentemente, alla Disney erano più permissivi!”

Quindi, incredibile ma vero, negli anni trenta Topolino e Minni lo facevano! E Walt tollerava!

O no? Che Fossati non riproduca la vignetta incriminata è significativo.
Fossati, persona intelligente e preparata, attento ai dettagli e profondo conoscitore della storia editoriale del Topo (e non solo: sua sarà la memorabile “Carl Barks Guide”, pubblicata nel 1992 e ancora oggi punto di riferimento per chi voglia approfondire la storia dei Paperi), aveva di certo bene in vista la storia in questione, in tutte le sue versioni, e difficilmente si sarebbe fatto ingannare.

Più facile che, intuito di avere sottomano una specie di scoop, abbia preferito assecondare la “scoperta” di Zanotto così da creare un piccolo caso e migliorare le vendite del suo saggio.
Oggi, nell’epoca di Internet e dei forum, una cosa del genere non sarebbe stata possibile: nel giro di poche ore la verità sarebbe venuta a galla. Ma nel 1980 il parere dell’esperto dettava legge, e fu così che nacque la leggenda dei Topi che “lo facevano”.

Vediamo dunque come stanno realmente le cose.
Qui sotto possiamo ammirare la vignetta incriminata nelle sue versioni più note: in alto, quella a colori che probabilmente ha “ispirato” Piero Zanotto, al centro quella in bianco e nero (tratta dall’edizione del Messaggero, 1989) e in basso la versione originale di Floyd Gottfredson (edizione Fantagraphics, 2012).

QUANDO TOPOLINO E MINNI FACEVANO SESSO QUANDO TOPOLINO E MINNI FACEVANO SESSO QUANDO TOPOLINO E MINNI FACEVANO SESSO

Che la vignetta sia questa è ovvio, dato che la descrizione corrisponde perfettamente: i cappellini, il letto, il “pigiama”, sono tutti particolari che si ritrovano qui e da nessun’altra parte.
Ma cosa mostra davvero la scena?

Sì, c’è un letto abbastanza grande: ma chiunque abbia frequentato alberghi degni del loro nome riconosce subito che si tratta di un letto singolo “king size”, non di un letto matrimoniale. Se si prendesse la briga di misurarne le dimensioni, scoprirebbe che (in proporzione) sono circa 130 x 190, appunto quelle del “king size” singolo.

Subito dopo noterebbe che accanto al letto c’è solo un comodino, sul lato destro (con il sinistro ostentatamente vuoto), e un solo lume da notte in posizione centrale. Nessun albergo di lusso (questo si chiama “Luxemore” e Topolino e Minni a questo punto della storia hanno molti soldi da spendere) lascerebbe due ospiti con un solo comodino e un solo lume da notte.

Serve altro per capire che stiamo guardando la stanza da letto della sola Minni e che i due fidanzati dormono in camere separate?
Sì, magari un’occhiata alla caption sulla sinistra ce ne darebbe la conferma definitiva, persino nella versione colorata, quella che presenta la traduzione (se proprio vogliamo) più ambigua, con “stanza d’albergo” e “Minnie” agli estremi della frase.

E il “pigiama” di Topolino? Basta non essere in preda a quella “euforia da sdoganamento” a cui si accennava per capire che Topolino indossa una normale veste da camera, di quelle che si usano per girare nei grandi alberghi. Topolino sta appunto girando: è andato a trovare Minni, ancora nella sua stanza.

E le ristampe che hanno censurato la scena? Probabilmente trovavano un po’ noiosa la “coda” di quest’avventura, con Topolino e Minni che rientrano in America limitandosi a fare shopping: sono ben dodici strisce che raccordano la storia con quella successiva.
Probabilmente servono a dare il tempo al nuovo sceneggiatore, Merrill De Maris, di iniziare a lavorare con i personaggi dopo l’addio di Ted Osborne (questa è l’ultima, e forse la migliore, delle storie da lui scritte).

Insomma, non solo i Topi dormivano in camere separate: l’attento e preciso Gottfredson, forse intuendo che la situazione fosse comunque un po’ ambigua, si era anche premurato di mettere le cose in chiaro riempiendo la stanza di dettagli che non avrebbero dovuto lasciare dubbi, e scrivendo a chiare lettere nella caption che questa era la stanza d’albergo della sola Minni.

La scena, alla fine dei giochi, serve a dipingere Minni come una tipica signora borghese, di quelle che alla prima occasione si danno allo shopping e coinvolgono il loro uomo negli acquisti (in genere come facchino, come infatti capita a Topolino nella strisca subito precedente).

QUANDO TOPOLINO E MINNI FACEVANO SESSO
Topolino, il più grande eroe dei fumetti, diventato facchino (edizione del Messaggero, sopra, edizione originale, sotto)

QUANDO TOPOLINO E MINNI FACEVANO SESSO

 

Come e perché Piero Zanotto abbia visto qualcosa che esisteva solo nella sua immaginazione rimarrà un mistero. Il resto lo hanno fatto l’euforia da sdoganamento e il peso degli esperti…

Facile che dal loro angolo di paradiso sia Zanotto (morto nel 2016) sia Fossati (morto a soli 50 anni nel 1996) si stiano facendo quattro risate ogni volta che in qualche parte del mondo, reale e virtuale, qualcuno riprende la loro ipotesi e afferma sicuro che sì, i Topi di Gottfredson lo facevano, in barba a Walt e a tutti i rigidi codici morali allora in vigore nei fumetti.

 

 

7 pensiero su “QUANDO TOPOLINO E MINNI FACEVANO SESSO”
  1. I maschietti (soprattutto non-“sinistri”) che da giovincelli hanno vissuto gli anni ’70, vi assicuro…. ODIAVANO la rivista Duepiù!! I ragazzi d’oggi che, buon per loro, non hanno vissuto quel periodo, non possono neppure lontanamente immaginarsi che rottura di cabbasisi fosse quella pubblicazione!

  2. Fantastico, troppo divertente questo articolo! Ricordo anch’io “Duepiù”, molto apprezzata dalle femminucce e un po’ meno dai maschietti (più spicci e diretti in materia :)).
    Una precisazione: il letto “alla francese” (una piazza e mezza), ossia 140×200 circa, in USA corrisponde all’incirca al QUEEN size. King corrisponde al nostro matrimoniale, circa 190×200.

  3. Forse sarebbe stato più corretto scrivere che si tratta di un letto “FULL” (qui si ha un’ottima idea degli usi e delle dimensioni dei vari letti: https://www.mattressfirm.com/mattress-sizes-dimensions.html), 137×190, ma ho preferito usare il termine “KING” applicato a un letto singolo per evidenziare che si tratta di un letto ad una piazza molto grande (“FULL” non lo conosce nessuno, “KING” si sente dire). Magari Sauro può correggere, se pensa che l’uso di “KING” sia improprio.
    Su Duepiù avete tremendamente ragione. Era un giornale gestito da sole donne e ne risentiva quasi tragicamente (non c’era articolo dove non si parlasse male dei maschietti). Ma almeno nei suoi primi anni non era affatto male.

  4. Topolino indossa un doppiopetto. Sarebbe assurdo una giacca da camera visto che ai piedi calza scarpe con le ghette. Le ghette si indossavano su abiti da esterno, non certo da camera.

  5. Concordo con Max: osservando con attenzione la striscia del 29-1 le scarpe sembrano le stesse, pure con le ghette. Però resto convinto che Topolino (come pure Minni) sia vestito per girare in albergo, non per uscire. I pantaloni sono chiari, quelli “da fuori” sono scuri.

  6. Sicuramente Topolino indossa un doppiopetto. Logicamente ci sta: durante il giorno i due fidanzati hanno fatto shopping, poi sono rientrati in hotel, Topolino si è vestito elegante per la cena, è andato a prendere Minnie in camera, la quale ancora non è pronta perché ha preso tempo a provare nuovamente i capi di abbigliamento.
    Precisata questa mia opinione, concordo sicuramente con l’autore dell’articolo sul fatto che non ci sono elementi che suggeriscano una sessualità tra i due fidanzati.

  7. È scritto chiaramente, anche in inglese, quella è la stanza DI MINNIE, LA SUA STANZA, MINNNIE’S ROOM

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *