Qualche tempo fa, in un commento su un social riguardante un film di fantascienza degli anni settanta, colui che l’aveva espresso faceva intendere che era andato al cinema a vederlo soprattutto per i centimetri di pelle esposta delle attrici. Il commentatore all’epoca era probabilmente in età adolescenziale o giù di lì.

In effetti, sin dai primi decenni il cinema di genere (avventuroso, horror, fantascientifico, eccetera), indirizzato soprattutto a soddisfare il gusto dei giovani maschi, ha puntato sull’esposizione del corpo femminile.
Facciamo dunque un breve excursus (è bene specificarlo, non esauriente e nemmeno del tutto oggettivo) sull’argomento.

Forse il film di genere (li riuniva un po’ tutti) più famoso degli anni trenta, King Kong (diretto nel 1933 da Ernest B. Schoedsack e Merian C. Cooper) esibisce le grazie dell’attrice Fay Wray, per quel che permetteva l’epoca. Riuscendo a irretire il pubblico e, ovviamente, anche il gigantesco Kong.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Lo stesso effetto suscitato da Fay Wray lo ottenne con ogni probabilità l’attrice Jean Rogers, che interpretò Dale Arden nella serie cinematografica in tredici episodi Flash Gordon, tratta dal fumetto di Alex Raymond e diretta da Frederick Stephani nel 1936. Se di Fay Wray si invaghiva King Kong, per le trasparenze della Rogers andava pazzo persino il malvagio imperatore Ming.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Un esempio di quanto il cinema avventuroso contasse sull’avvenenza spogliata delle attrici la si evince anche dal film italiano La corona di ferro, del 1941, nel quale il regista Alessandro Blasetti metteva a nudo il seno dell’attrice Vittoria Carpi. Una scena di pochi secondi che tuttavia, per ammissione diretta di chi assistette alla visione cinematografica dell’epoca, suscitò turbamenti non da poco negli spettatori, giovani e meno giovani, accorsi in massa nelle sale per godere di quei brevi istanti di nudità femminile. Blasetti fece il bis l’anno successivo con Clara Calamai ne La cena delle beffe, che suscitò se possibile ancor più interesse e clamore.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Gli anni cinquanta sono stati straordinari per il cinema americano. Tra l’altro, alcuni tra i migliori film di fantascienza vengono realizzati in questo decennio. Spesso con un senso del meraviglioso (ancorché ingenuo, magari, ma faceva parte del gioco) che non sempre è stato possibile ritrovare successivamente. Al sense of wonder davano un contributo non certo minimo le attrici: le quali, al pubblico, dovevano apparire davvero “fantascientifiche”. Prendiamo Il mostro della laguna nera, diretto da Jack Arnold, e mettiamoci nei panni di uno spettatore del 1954 che, a un certo punto, vede l’attrice protagonista, Julie Adams, attraverso gli occhi del mostro: in costume da bagno bianco, deve apparirgli estremamente seducente. Per i realizzatori del film, il mostro anfibio subisce il fascino erotico dell’attrice poco vestita e gli spettatori con lui.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Può apparire persino troppo facile supporre che gli autori di uno dei titoli imprescindibili della fantascienza cinematografica, Il pianeta proibito (1956, regia di Fred M. Wilcox), abbiano fatto indossare alla protagonista Anne Francis degli abiti che mettevano in risalto alcune parti del corpo (le gambe, in particolare), per un motivo ben preciso, e non perché avessero finito la stoffa.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

L’attrice americana Yvette Mimieux, protagonista dello straordinario film di fantascienza del 1960 L’uomo che visse nel futuro (tratto dal romanzo di H. G. Wells e diretto da George Pal), appare inizialmente e per pochi istanti in un costume da bagno. Nel prosieguo, però, indossa un abito rosa piuttosto castigato. Tuttavia, nelle foto promozionali mostra le gambe, evidente dimostrazione che George Pal, anche produttore, faceva parecchio affidamento sul sex-appeal della quasi esordiente Mimieux.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

I cineasti italiani, fino a qualche tempo fa, quando si trattava di mostrare attrici più o meno discinte non erano secondi a nessuno. Si trattasse dell’ultimo dei film comici o dell’opera di un maestro (vedi La dolce vita di Fellini), un seppur parziale nudo di donna rappresentava una potenziale attrattiva. Nei generi più marginali e non considerati per famiglie, come l’horror, registi e produttori si prendevano qualche ulteriore libertà, pensando di riuscire a evitare interventi censori. Non sempre andava così, però. Per esempio, il notevole nudo dell’attrice francese Sylvia Sorrente, che interpreta Elsie nel memorabile gotico Danza macabra, diretto da Antonio Margheriti nel 1964, venne tagliato dalla versione italiana.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Negli anni sessanta esplode definitivamente il fenomeno “attrici discinte nei film”. Dai titoli della casa di produzione inglese Hammer agli 007, dai film di Russ Meyer a Lolita, dai mondo-movies a Brigitte Bardot a Barbarella con Jane Fonda, il corpo femminile esposto la fa da padrone sul grande schermo. Non è detto che tale elemento predominasse sul resto. Lo spettatore attento sapeva però focalizzare lo sguardo sulle apparizioni dell’attrice pur senza accantonare gli altri motivi d’interesse del film (come d’altronde speravano i produttori). A maggior ragione quando i motivi d’interesse erano numerosi, come nel caso delle tre produzioni francesi incentrate sul personaggio di Fantomas. Avventura, situazioni comiche, meraviglie scenografiche e invenzioni visive. Ce n’era davvero per tutti i gusti. Compresa l’attrice, la francese Mylène Demongeot. Non molto spogliata, per la verità. Eppure, veli e scollatura esibiti nell’ultima mezz’ora di Fantomas minaccia il mondo, del 1966, ne fanno una figura erotica per nulla marginale.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Jessica Lange nel film King Kong, prodotto da Dino De Laurentiis e diretto da John Guillermin, è con ogni probabilità la donna più bella ed eccitante che sia mai apparsa in una pellicola. Questo non solo per gli adolescenti che la videro, nel 1976, svenuta su una scialuppa di salvataggio che sta andando alla deriva nell’oceano Indiano.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Il film a cui si riferiscono le righe iniziali è un altro gioiello fantascientifico del 1976, destinato a entrare negli annali, La fuga di Logan. Oggi a qualcuno potrà apparire un po’ datato, ma conserva un fascino visivo e narrativo che lo ha fatto entrare di diritto tra i classici del genere. Per quel che riguarda le attrici a cui si riferiva il commentatore, indossano in effetti costumi che lasciano esposte molti centimetri di carne. La protagonista è Jenny Agutter, ma si impone anche una giovane alle prime armi che in seguito farà parlare di sé: Farrah Fawcett.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

L’abbinamento attrici spogliate + locandine (o + foto di scena già citate) ha avuto in passato una certa rilevanza nella promozione dei film. Non sempre, sia chiaro, mantenevano ciò che promettevano. È il caso della locandina dell’italiano La montagna del dio cannibale, del 1978. Ursula Andress mezza svestita in mezzo ai cannibali rappresentava un’esca irresistibile. Nonostante la regia del maestro della commedia sexy Sergio Martino il film sotto il profilo del nudo femminile era invece tutto sommato deludente. Colpiva più che altro per le numerose scene truculente, da pellicola dell’orrore.

PROTAGONISTE SVESTITE DEL CINEMA AVVENTUROSO

 

Il regista americano Jonathan Demme ha iniziato la carriera cinematografica grazie a Roger Corman. Ha fatto l’apprendistato nella sua factory, poi il maestro gli ha prodotto i primi lungometraggi all’inizio degli anni Settanta. Demme ha raccontato che una delle regole a cui i giovani registi dovevano sottostare era quella di inserire un buon numero di nudi femminili. Corman questa regola l’ha sempre rispettata, specialmente quando si trattava di pellicole di genere avventuroso e fantasy, nelle quali una bella ragazza con un costume succinto non sarebbe apparsa fuori luogo. Come l’attrice Sybil Danning nel fantascientifico I magnifici sette dello spazio (1980), diretto da Jimmy Murakami.

 

Flash Gordon, diretto nel 1980 dal regista inglese Mike Hodges, può contare su un buon numero di detrattori. Coloro che lo criticano gli imputano vari difetti, dagli effetti speciali ritenuti poco sofisticati al numero eccessivo di situazioni umoristiche. Eppure un pregio innegabile del film lo si deve ancora una volta al fiuto del produttore Dino De Laurentiis. Pur essendo sostanzialmente rivolto a un pubblico di ragazzi (o forse proprio per questo), in Flash Gordon c’è una sottesa tensione erotica che certe pellicole “per adulti” si scordano. De Laurentiis non ha fatto altro che riproporre ai giovani le vicende e in parte l’impianto scenografico della vecchia serie americana (come aveva fatto con King Kong). Però le trasparenze, i costumi sottili, gli spacchi e le scollature hanno funzionato. Tanto che l’imperatore Ming e gli spettatori ne sono rimasti piacevolmente colpiti. Il film di Mike Hodges non è affatto mediocre come molti sostengono. E in ogni caso resteranno indelebili i fotogrammi delle attrici, discinte al punto giusto, che si chiamano Ornella Muti e Melody Anderson.

 

Un importante romanziere, l’inglese Martin Amis, ha firmato la sceneggiatura del thriller fantascientifico Saturn 3 (1980). Non è semplice attribuire le situazioni narrate in un film allo sceneggiatore, poiché si sa che il copione iniziale può subire rimaneggiamenti continui, anche durante la lavorazione, e così è stato per Saturn 3. In ogni caso, Amis ha costruito un meccanismo narrativo nel quale il personaggio femminile, Alex, è conteso da due uomini, a cui si aggiunge addirittura un robot, Hector. Nel ruolo di Alex troviamo Farrah Fawcett, che in quegli anni era una delle attrici statunitensi più desiderate per il ruolo di Jill nel telefilm Charlie’s Angels. Va da sé che il nucleo della vicenda induca il regista Stanley Donen a spogliare la sua protagonista per conferire maggior senso al tutto. Tanto che una scena, la più audace del film, nella quale la Fawcett indossa un costume vagamente sadomaso, è stata eliminata dalla versione uscita nelle sale.

 

Gli anni ottanta sono stati l’ultimo decennio nel quale il cinema erotico è stato rappresentato da un buon numero di pellicole di un certo livello (La chiave, La femme publique, Nove settimane e ½). Scene in cui compaiono attrici più o meno svestite si trovano, inoltre, in quasi tutti i titoli di Brian De Palma, nel western di Michael Cimino I cancelli del cielo (1980), in Top Secret! (1984) del trio Zucker-Abrahams-Zucker, in S.O.B. (1981) di Blake Edwards, Atlantic City Usa (1980) di Louis Malle, eccetera. Per non parlare dei thriller e dei film comici italiani (da Le foto di Gioia di Lamberto Bava a Rimini Rimini di Sergio Corbucci). Così come non mancano nel cinema fantascientifico e horror del periodo. Proprio un film fantascientifico (e horror al contempo), Space Vampires, diretto da Tobe Hooper, ha per protagonista una vampira spaziale che si aggira senza vestiti per Londra. Ciò non è bastato a trasformarlo in un successo al botteghino. Il che potrebbe far pensare che verso la metà degli anni ottanta le cose stessero cambiando: che non bastasse spogliare un’attrice per riempire le sale. Sia quel che sia, resta il fatto che chiunque abbia visto Space Vampires ha serbato indelebile nella memoria l’immagine di Mathilda May integralmente nuda.

 

La vampira di Space Vampires, per quanto estremamente seduttiva, è in ogni caso una creatura aliena, e rappresenta un pericolo per tutti gli uomini che incontra. I quali fanno una brutta fine. È desiderabile, ma letale. Il personaggio è ambiguo. Bella, anzi bellissima, nuda, appare vulnerabile e quindi una facile preda. Poi però si rivela una predatrice. Questo forse potrebbe spiegare lo scarso successo della pellicola di Tobe Hooper. Un horror dello stesso anno, ormai diventato un classico del sottogenere splatter, propone di nuovo un tema classico del cinema del terrore: la bestia che si innamora della bella. In Re-Animator, diretto da Stuart Gordon e prodotto da Brian Yuzna, la bionda e incantevole ragazza nuda, interpretata da Barbara Crampton, fa letteralmente perdere la testa (anche perché gli rimane solo quella) al cadavere resuscitato dello scienziato cattivo.

 

La lezione di Roger Corman (“regola” compresa) è stata seguita da altri registi/produttori nei decenni settanta e ottanta. Tra i vari Corman in formato ridotto (molto ridotto), spicca Fred Olen Ray, che ha diretto e prodotto più di duecento film orgogliosamente di serie b (e in qualche caso anche di serie c). Se si cercano dei capolavori da rivalutare di sicuro non li si troverà scorrendo la filmografia di Fred Olen Ray. In compenso mancano gli horror e i fantasy pretenziosi e privi di ironia, sottotitolati “vorrei ma non posso”, a cui il cinema dei nostri giorni ci sta tristemente abituando. Anzi, alcuni film di Fred Olen Ray sono talmente grezzi e strampalati da risultare oltremodo piacevoli. In questo senso va citato almeno Evil Toons (1992), nel quale il regista imbastisce una vicenda ai limiti del demenziale (quasi) solo per spogliare le tre protagoniste (Madison Stone, Suzanne Ager e Monique Gabrielle).

 

Gli ultimi tre decenni cinematografici non sono granché significativi. Le case di produzione sembrano sempre meno interessate ad attrarre gli spettatori adolescenti dei film avventurosi con il nudo (e gli adolescenti non hanno più bisogno di cercarlo nei film). Tuttavia sopravvive qualche caso sporadico. Nel 2002 è uscito Resident Evil, un discreto misto di fantascienza, horror e avventura diretto da Paul W. S. Anderson. L’inizio, con Milla Jovovich nuda, non ha lasciato indifferenti gli spettatori.

 

Ancora più indicativa è la presenza di Megan Fox nel campione d’incassi Transformers, del 2007. Lo stesso regista Michael Bay ha dichiarato senza mezzi termini che certe inquadrature della giovane attrice in minishorts erano state studiate per solleticare gli ormoni maschili, e avevano colpito nel segno. Parte del successo del film è quindi da attribuire senz’altro alle forme di Megan Fox, divenuta infatti in quegli anni un autentico sex symbol.

 

Si tratta comunque, come si suol dire, di eccezioni che confermano la regola. E a proposito di regole, la dimostrazione che quella cormaniana non viene più applicata risulta evidente se prendiamo in considerazione la terza versione di King Kong (2005, regia di Peter Jackson). L’accumulo stordente di effetti speciali e virtuosismi tecnici ha decisamente sostituito il richiamo erotico dell’attrice protagonista (in questo caso Naomi Watts), quasi del tutto assente. Lo stesso si può dire del genere cinematografico contemporaneo dominante, vale a dire i cinecomics. Le nudità femminili sono in pratica assenti nei titoli Marvel, mentre le cose vanno un po’ diversamente con quelli prodotti dalla Dc Comics. Non ci riferiamo tanto a Wonder Woman (la supereroina di Gal Gadot è tutto sommato ben poco sexy), quanto alla notevole Harley Quinn che in Suicide Squad (2016, David Ayer) ha le fattezze della bionda Margot Robbie. Resta da capire se i suoi pantaloncini abbiano portato al cinema un maggior numero di spettatori (come accadeva con Jessica Lange o Jenny Agutter negli anni Settanta), che è poi il punto fondamentale.

 

Probabilmente grazie al nudo di Lorenza Izzo qualche spettatore in più è entrato nelle sale dove si proiettava il cannibalico di Eli Roth The Green Inferno, del 2013, uno degli ultimi esempi del genere un minimo rilevanti. Va precisato che il film non ha proprio fatto sfracelli al botteghino, forse perché le immagini della bellissima attrice cilena spogliata dai feroci cannibali, ma lasciata pudicamente coperta dal reggiseno e dalle mutandine, smorzano un po’ l’appeal erotico dell’insieme.

 

Un altro nudo femminile cinematografico è esibito da Katherine Waterston nel film di Paul Thomas Anderson Vizio di forma, del 2014. Nudo integrale e inquadratura piuttosto lunga sull’attrice, ma l’intento del regista non sembra assimilabile a quello degli altri titoli citati. In linea d’altronde con le idee che nel complesso muovono le produzioni contemporanee.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *