Nel 1958 Tex passa dal formato striscia, molto economico e in gran voga nell’immediato dopoguerra, al formato “albo gigante”, che in una pagina riunisce tre strisce una sull’altra. Non si tratta di un passaggio indolore. L’idea, nata da un tentativo di riciclare dei resi si rivela, alle soglie del boom economico, un vero successo. Al prezzo di 200 lire il lettore poteva acquistare oltre 100 pagine di pura avventura per circa un ora e mezzo di intrattenimento a un prezzo molto inferiore al cinema. Il guadagno per l’editore era massimizzato dal fatto che tecnicamente si trattava di ristampe per cui gli autori erano già stati pagati.
Analizziamo ora l’andamento di questi albi nei primi vent’anni di uscite.

 

1958

Il primo numero di Tex formato striscia esce dal 1948, su testi di Gian Luigi Bonelli, mentre l’albo gigante nell’ottobre del 1958. Si tratta di albi spillati in formato leggermente più grande dell’attuale di ben 160 pagine. Nel 1958 escono solo due numeri, uno in ottobre e uno in dicembre. Il primo numero raccoglie i primi 15 albi a striscia pubblicati tra il 1948 e il 1949.

Troveremo quindi titoli arciconosciuti come “Il totem misterioso”, la prima avventura di Tex; “La mano rossa”, che dà il titolo all’intero albo, e “Nel covo di El Diablo”.
Galep (Aurelio Galleppini) è già un disegnatore di livello superiore come dimostrano le eleganti fattezze di Tesah, la giovane ragazza indiana che appare nella terza striscia.

 

1959

Nel 1959 escono quattro albi con una periodicità vagamente trimestrale. Il numero più interessante è il n. 3, “Fuorilegge”, dove Tex si trova coinvolto nella guerra messicano-statunitense (storicamente avvenuta tra il 1846 e il 1848). Qui facciamo la conoscenza di quello che diventerà l’arcinemico del nostro ranger, Steve Dickart alias Mefisto, il re della magia, e della sua bellissima sorella Lily.

I due agiscono come spie al soldo dei messicani. Si tratta di una storia ben riuscita, senza tempi morti e piena di colpi di scena. Basterà dire che Tex, mentre cerca di assicurare i due alla giustizia, viene creduto un fuorilegge.
I disegni di Galleppini diventano sempre più belli acquistando dettagli e pulizia.


1960

In questo anno le uscite arrivano a 6 numeri, quindi con una periodicità bimestrale. In questo periodo i disegni superano in bellezza le storie di Bonelli, che si assomigliano un po’ tutte, piene come sono di scazzottate, inseguimenti a cavallo, duelli con la pistola e via dicendo. Ce ne è una, però, che si distingue dalle altre sfiorando il capolavoro.

Si tratta del n. 7, “Il patto di sangue”, dove facciamo la conoscenza della bella indiana navajo Lilyth, che salva la pelle a Tex legato al palo di tortura, acconsentendo a sposarlo.
Tornando a Galleppini, autore di disegni molto efficaci anche se necessariamente essenziali e con gli sfondi ridotti al minimo per via delle scadenze incombenti, inizia a farsi aiutare dalle chine di Mario Uggeri e in qualche occasione cede le matite a Guido Zamperoni.


1961

Anche nel 1961 escono 6 numeri. Si tratta di storie molto simili tra di loro, dove i personaggi sono tagliati con l’accetta, diretti, immediatamente identificabili. Gian Luigi Bonelli certo non perdeva tempo con raffinate indagini psicologiche.

Caratterizza questo anno una lunga avventura che inizia sul n. 17, “Gli sciacalli del Kansas”, dove si fa riferimento all’imminente scoppio della Guerra di secessione (combattuta tra il 1861 e il 1865). Nella parte iniziale della storia le matite sono di Lino Jeva, nella parte finale le chine sono di Francesco Gamba.


1962

In questo anno i numeri usciti da 8 passano a 10, in pratica Tex esce tutti i mesi meno che a maggio e a dicembre. Per quello che riguarda i temi, alle classiche storie western Gian Luigi Bonelli si diverte ad affiancare suggestioni derivanti dai feuilleton e da tutta la letteratura di fine Ottocento-inizio Novecento che negli anni andranno a costituire uno dei punti di forza della serie.

Ricordiamo a questo proposito il n. 24, “L’enigma del feticcio”, dove Tex deve affrontare gli incappucciati “figli del bisonte bianco”. Galleppini è supportato dalle chine di Francesco Gamba.


1963

Continua anche per quest’anno la periodicità “quasi mensile” di 10 numeri all’anno. Tex sta quasi diventando una rivista “contenitore”, dove Gian Luigi Bonelli si diverte a far entrare tutte le diverse componenti del suo mondo. Dopo le tematiche ottocentesche, si ispira ora a un suo vecchio personaggio: il pugile italiano Furio Almirante, che Carlo Cossio aveva creato nel 1940 sull’onda del successo di Dick Fulmine.

Uno scazzottatore simile, stavolta di origini irlandesi, fa la sua apparizione sul n. 33, “La valle tragica”, dove si rifiuta di assecondare un sordido giro di incontri truccati. Si tratta di Pat Mac Ryan, un personaggio molto ben riuscito che permette a Bonelli di introdurre numerose e riuscite gag comiche.

 

1964

Durante l’anno gli albi cessano di essere spillati e diventano brossurati, mentre la periodicità diventa mensile a tutti gli effetti. “Tex albo gigante” stava diventando una cosa seria, anche se le storie nuove continuavano a uscire nel formato a striscia. In quest’anno appare anche quello che si può considerare il primo vero capolavoro della serie: il n. 39, “La gola della morte”. Si tratta di una storia mitica dove assistiamo alla nascita del Mefisto che diventa senza timore di smentita l’arcinemico numero uno del nostro amato ranger.

Qui Gian Luigi Bonelli elabora un meccanismo narrativo perfetto senza tempi morti, con una tensione sempre altissima e per la prima volta ci mostra un Tex umanissimo, per un certo periodo spezzato nello spirito, ma non per questo definitivamente domo. Altrettanto ben delineato risulta il suo superbo antagonista, un avversario che è, di fatto, all’altezza del protagonista (se non superiore in almeno qualche campo). Mefisto non sarà mai sconfitto definitivamente e tornerà a tormentare l’eroe più volte, diventando negli anni un idolo dei fan. In questo periodo vengono pubblicate alcune storie risalenti al 1960 dove esordiva il valoroso Virgilio Muzzi alle chine.


1965

Il n. 51, “Sangue navajo”, è indubbiamente una delle storie più belle di sempre, uscita in versione striscia nel 1961. All’epoca Gian Luigi Bonelli aveva già superato i cinquant’anni, ma non aveva ancora dato il meglio di sé, anzi questo sembra solo l’inizio di un periodo durante il quale il nostro sposterà l’asticella costantemente verso l’alto anno dopo anno.

Per questa storia epocale Bonelli ebbe due idee geniali, che riuscì a miscelare in un insieme estremamente armonico: una diversa visione del popolo indiano e gli effetti dell’influenza crescente della stampa sull’opinione pubblica.


1966

I numeri di questo anno corrispondono ad albi a striscia pubblicati nel 1964, in questo periodo le pagine degli albi a striscia erano passate dalle iniziali 32 a ben 80, dando vita a storie più elaborate e complesse rispetto alle precedenti. È il caso del n. 66, “Dramma al circo”, una storia insieme mitica e atipica. La trama e i disegni sono semplicemente fuori dall’ordinario, azzeccatissimi e pieni di pathos. Si resta incollati specialmente per la grande ricchezza di passioni che guidano le mosse dei personaggi.

Gian Luigi Bonelli si diverte a farci assistere agli spettacoli del circo (il lancio dei coltelli, il numero del mago, che ai nostri occhi assomiglia a Mefisto, al saltimbanco), non manca un pirotecnico finale dove tutti gli animali scorrazzano liberi nella confusione generale.
Esordiscono in questo periodo due tra i collaboratori di Galleppini più amati dai fan di Tex: l’inossidabile Guglielmo Letteri e l’iperclassico Erio Nicolò.


1967

Il personaggio dell’impavido ranger cresce, smettendo di essere unidimensionale come agli inizi, e con lui crescono i suoi pard, i vari comprimari e anche i suoi nemici. Con il crescere dei personaggi anche le storie diventano più complesse e con maggiore spessore. La saga è ormai abbastanza matura per spiccare definitivamente il volo come avverrà di lì a poco. Nel n. 78, “Incubo”, torna un Mefisto completamente rinnovato.

Ha sconfitto la morte grazie alle cure del saggio tibetano Padma, suo maestro di magia nera, ed è tornato più potente e malvagio che mai. Il vecchio mago da avanspettacolo ne ha fatta di strada, è diventato un personaggio complesso che qui mette in mostra addirittura tre personalità: la sua principale, quella di “mano sinistra del Drago” e quella del dottor Fiesmot. Sorprendente il finale dove Mefisto impazzisce e viene accompagnato al manicomio criminale. Un Mefisto così assume la dimensione di personaggio tragico.


1968

Il 1968 rappresenta una pietra miliare per la saga di Tex. La serie a striscia cessa le pubblicazioni nel giugno del 1967 e “Tex albo gigante” con il n. 96 comincia a presentare gli episodi inediti. Sul n. 96, “La caccia”, appare la prima storia inedita dell’albo gigante. Nella copertina Tex va a prendere colt, munizioni, lazo e il fedele cappello: si arma per una ripartenza, per un’avventura editoriale più ambiziosa. La storia è godibile anche se non memorabile, sono però i dialoghi a stupire e soprattutto le frasi iconiche che concorrono a creare l’aura di un personaggio unico e inimitabile.

“Si tratta soltanto della pensata di uno sceriffo che deve avere il fegato malandato e il cervello invaso dai moscerini!” (pag.87, n. 96). “Fra 24 ore dovrete aver già lasciato il paese!”. “Mi farò un nodo al fazzoletto, sceriffo, così me lo ricorderò!”. “L’espediente della ‘ley de fuga’ lo conoscevamo già quando voi avevate ancora i calzoni corti e andavate a rubar galline nei pollai dei vicini!” (pag.33, n. 97). “E voi cosa diavolo fate?”; Carson: “Non lo vedete? Sto dando fuoco all’albergo!” (pag.10, n. 98). “Non so cosa darei per vedere le loro facce”, Tex che sbuca da dietro: “Voltati piano e la potrai vedere subito e gratis, assieme al panorama di una bella 45!” (pag.36, n. 98).
Esordisce sul n. 91, “Vendetta indiana”, il grande Giovanni Ticci, che di lì a poco diventerà una delle colonne della serie.


1969

Inizia in questo anno il periodo aureo di Tex, dove la serie raggiunge i suoi vertici e dove i capolavori si susseguono uno dopo l’altro a testimonianza della vena felicissima raggiunta da Gian Luigi Bonelli. In quest’anno dobbiamo di necessità segnalare almeno due capolavori.

Il primo è il n. 101, “El Morisco”, vero e proprio trionfo grafico di un Guglielmo Letteri ai massimi livelli, dove Gian Luigi Bonelli ha l’idea di inserire una situazione che ha dell’incredibile, ma che ha reso la storia memorabile sotto tanti punti di vista. Bonelli già aveva abituato i lettori al suo spaziare in diversi campi, inserendo nelle storie incontri improbabili (i russi, l’alieno, una città ferma all’epoca dei conquistadores, animali preistorici, uomini delle caverne, mummie che ritornano in vita, scimmioni addestrati per uccidere…). Questa volta siamo di fronte ad un colpo di cerbottana che mummifica all’istante.

L’altro capolavoro è il n. 104, “Il giuramento”. Il mito di Tex è stato costruito su storie come questa, cariche di pathos, epica ed emozione. Quando Tex scagliando una lancia sulla tomba della moglie indiana Lilyth pronuncia il suo giuramento al cielo, mentre i suoi pard assistono muti e un vento impetuoso spinge le nubi sullo sfondo, una lacrima inevitabilmente scende sulla guancia del lettore.


1970

Se il 1969 è stato un anno eccezionale per Tex, il 1970 non è da meno, anzi. Anche in quest’anno si segnalano due capolavori.

Uno è il n. 113, “Tra due bandiere”, uno straordinario, epico e commovente apologo sull’assurdità della guerra. Tex non si schiera apertamente con nessuna delle due parti, ma partecipa come guida civile, considerando il conflitto in corso una assurda guerra tra fratelli. La storia è avvolta da un aura di magia soprattutto per via del drammatico finale durante la battaglia di Shiloh, quando Tex va a confrontarsi con la guerra in tutto il suo orrore, e cammina tra centinaia di corpi di sudisti e nordisti, divisi dagli ideali e dal colore della giacca, ma tutti identici nella morte.

L’altro capolavoro è il n.122, “Sulle piste del nord”, vera e propria consacrazione di Giovanni Ticci come uno dei più grandi disegnatori texiani.

 

1971

Col 1971, a detta della maggior parte dei fan, la serie raggiunge il suo punto massimo, che riuscirà a mantenere anche per il 1972. Siamo in presenza delle storie sulle quali il mito di Tex si è fondato e il ricordo delle quali spinge tanti aficionados a comprarlo ancora oggi. Gian Luigi Bonelli ha superato i 60 anni e la sua potenza creatrice non è mai stata così devastante.
Pentitosi di avere fatto morire un nemico carismatico come Mefisto sul n. 95, travolto dalle macerie del castello di Baron Samedi,
Bonelli inizia quasi subito a cercare un modo per recuperarlo.

Nel 1971 decide di farlo “resuscitare” nei panni di suo figlio: il diabolico Yama. Prende così il via sul numero 125 di Tex, “Il figlio di Mefisto”, la storia che molti fan considerano la più bella dell’intera serie. Una splendida avventura disegnata da un Galep davvero scatenato, che scompone e ricompone la tradizionale gabbia bonelliana, infrange i confini e ridisegna il tutto consegnandoci un lavoro che ancora oggi fa strabuzzare gli occhi per la modernità.
Bonelli da parte sua riesce a mettere in un’unica storia una serie quasi infinita di tormentoni pulp: sensuali sacerdotesse vudù, potenti stregoni seminoles, “bracciali protettivi”, inarrestabili zombie, tetri velieri e magiche sfere di cristallo. Poteva uscirne un minestrone e invece siamo di fronte a una delle migliori storie di Aquila della Notte.


1972

il 1972 è un anno davvero particolare. Le storie di altissimo livello si susseguono e finalmente viene dato il giusto spazio agli altri disegnatori, che da parte loro rispondono “presente” confezionando tre memorabili pietre miliari.

Il n. 135, “Diablero”, contiene una storia  disegnata da Letteri, il quale è stato ormai prescelto come massimo interprete del filone magico di Tex, che sta diventando sempre più importante e dove naturalmente non può mancare El Morisco, vero e proprio baluardo contro le forze oscure.

La seconda è il n. 141, “La trappola”, dove inizia una storia di circa 500 pagine disegnata da Erio Nicolò: un capolavoro di suspense, intreccio e ritmo narrativo. Un Gian Luigi Bonelli all’apice della capacità narrativa riesce magistralmente a tenere insieme i mille fili che si intrecciano per dare vita a una delle vicende più avvincenti del nostro ranger.

L’ultima è il n. 146, “Terra promessa”, una storia semplice e classica disegnata in maniera superba da Giovanni Ticci.


1973

Il 1973 segna un netto calo rispetto all’anno precedente. Non che le storie siano brutte, ma generalmente non raggiungono le impressionanti vette del 1971-1972. Alcune hanno un impianto piuttosto tradizionale. Altre hanno buone idee di partenza e personaggi interessanti, ma risultano troppo dilatate nel loro svolgimento risultando poco coinvolgenti.

Altre ancora, al contrario, sembravano estremamente promettenti, ma vengono chiuse frettolosamente senza un adeguato sviluppo e una costruzione drammaturgica soddisfacente. La cosa migliore dell’anno sono senz’altro i disegni di Galep, che ormai hanno raggiunto livelli monumentali. Lo vediamo bene nel n. 155, “San Francisco”, dove sfodera tavole di grande bellezza.

 

1974

Dopo un’annata non esaltante, anche il 1974 procede più o meno sulla stessa falsariga. Abbiamo la solita storia che oscilla tra il thriller, l’esoterico e la fantascienza disegnata da Guglielmo Letteri e impreziosita da una lunga parentesi alla fazenda di El Morisco. Segue il telefonatissimo ritorno di Yama, che purtroppo qui dimostra una volta per tutte di non avere lo stesso carisma del padre. Bonelli chiude in fretta la storia, probabilmente poco ispirato e Galleppini si dimostra un po’ in affanno con i disegni.

L’evento più significativo dell’anno è forse l’esordio di un nuovo disegnatore, il ligure Fernando Fusco, già apprezzato disegnatore di Lone Wolf per la Universo, che realizza il n. 168, “L’idolo di smeraldo”, storia piena di giovani indiane vestite in maniera piuttosto provocante.

 

1975

L’annata 1975 se non torna ai livelli del 1971-1972 almeno riesce ad alzare il livello rispetto al 1973-1974. Questo si deve soprattutto alla presenza di un capolavoro come il n. 172, “Il laccio nero”. È la quarta volta che una storia di Tex è ambientata a Frisco ed è sicuramente quella più riuscita. La gang cinese del Drago non è del tutto nuova agli appassionati di Tex, apparendo per la prima volta nel primissimi numeri (L’eroe del Messico n. 4 e Satania n. 5 ).

Qui però il livello è decisamente superiore. L’ambientazione nel caratteristico quartiere di Chinatown rivela il mai sopito amore di Bonelli per la letteratura pulp. Si tratta di una storia corale come poche altre, dove a ogni pard viene dato il giusto spazio. I dialoghi sono godibili ed efficacissimi e vedono Letteri sfoderare tutta la sua fascinazione per l’esotico.


1976

Con il 1976 torniamo improvvisamente ai livelli del 1971-1972. Il merito è tutto di Sergio Bonelli, che, poiché il padre Gina Luigi, era stato costretto a rallentare i ritmi in seguito a un incidente, dovette sostituirsi a lui nello scrivere i testi di Tex. Il creatore di Zagor e Mister No, il cui nome fu omesso dalla prima pagina per non turbare i lettori, è all’apice della forma e confeziona due capolavori.

Il primo è il n. 183, “Caccia all’uomo”, una storia che prende in prestito la trama da un film del 1966: “La resa dei conti” con Lee Van Cleef e Tomas Milian. In questa storia il Tex di Guido Nolitta (alias Sergio Bonelli) appare diverso da quello del padre: innanzitutto agisce perlopiù in solitaria, non è invincibile e sempre dalla parte del giusto, come eravamo abituati a conoscerlo, e spesso è in preda ai dubbi.

Il secondo capolavoro è il n. 190, “El muerto”. Storia votata tra le migliori in tutti i sondaggi, dove “Guido Nolitta” utilizza i personaggi in maniera personale e diversa dal padre, creando una storia particolare. La iconica scena del carillon rappresenta un omaggio che Sergio Bonellli dedica a Sergio Leone e al genere degli spaghetti western.


1977

Dobbiamo a Sergio Bonelli anche l’unico capolavoro del 1977, annata di alti e bassi clamorosi anche se tutto sommato positiva. Si tratta del n. 204, “I ribelli del Canada”, che vede Tex Willer e l’eroico capitano Jim Brandon cavalcare fianco a fianco nelle fredde terre del Saskatchewan. Sergio Bonelli decise di far affiorare dalle pieghe della storia del Canada un episodio discutibile, che vedeva schierati l’un contro l’altro le truppe coloniali dei conquistatori inglesi e i ribelli di sangue meticcio capitanati dall’irriducibile, carismatico Louis Riel.

Inutile dire che si tratta dell’ennesima scommessa vinta, anche se il Tex manifestamente “diverso” di Sergio Bonelli si attirò più di una critica, soprattutto per la famosa scena dello spettacolo alla “Moulin Rouge” di Lilly Bijoux e delle altre ballerine che Tex mostra “scandalosamente” di apprezzare parecchio.

 

 

3 pensiero su “I PRIMI 20 ANNI DI “TEX ALBO GIGANTE””
  1. Articolo in gran parte condivisibile per gran parte della sua lunghezza, anche se con un po’ troppe imprecisioni (Tex che scaglia la lancia davanti ai suoi pard?) e giudizi un po’ tagliati con l’accetta sulle prime storie ( va bene che impallidiscono di fronte a quelle del “periodo d’oro”, ma dire che Satania con lo scimmione e la Banda Dalton con Eugenia Moore o la storia canadese de il tranello “si assomigliano” fa ridere…). Peccati veniali comunque in un articolo “per il grosso pubblico” e non rivolto a chi non è già appassionato texiano.

    Crolla purtroppo nel finale, dove usce il fan sfegatato di Nolitta che dice assurdità… 🙁

    L’arrivo di Nolitta segna la fine del periodo d’oro, le sue prime storie sono non sono indigeribili, ma proprio inaccettabili, piene di errori logici e narrativa (nella storie “el muerto” che i nolittiani vogliono elevare a capolavoro per la singola scena del duello, facendo finta di niente su tutto il resto, Tex all’inizio è tanto indolente che dice che non sarebbe in grado di seguire le tracce DI MOLTI UOMINI A CAVALLO dopo POCHE ORE, e rinuncia all’inseguimento di chi ha riempito di botte Tiger – chiaramente Nolitta non voleva che Tex affrontasse subito El Muerto e ha trovano una scusa ridicola come “dopo tre ore è impossibile trovare tracce, in generale, sempre, lo so dalla mia comoda poltrona al villaggio senza nemmeno controllare”. – confrontare con l’albo “arizona” per vedere cosa fa il vero Tex quando qualcuno pesta a sangue Tiger. La storia “el muerto” è asfittica, un ideuzza picciona poicciò “uno sfida Tex, e continua a fargli fare figure di merda finché Tex accetta, e Tex vince), e serve soprattutto per far sfogare a Nolitta l’astio per Tex rappresentandolo come imbelle e come uno che in uno scontro a pugni perderebbe se non sparasse nello stomaco di un avversario disarmato, come prima in “mingo” l’aveva rappresentato come uno “sbirro ottuso ligio ai regolamenti” nella sua storia inaugurale.

    Per far risaltare queste storie orrende che fecero scappare i lettori a frotte, l’articolista si inventa un fantomatico “calo” di GL Bonelli che sulla qualità non avverrà ancora per anni, e per il momento influisce solo sulla quantità. Ma il GL Bonelli del Clan dei Cubani, Canyon Diablo, gli Eroi di Devil Pass, è ancora molto superiore alla scialba parodia nolittiana…

  2. Bell’articolo, ma per il 1973 io avrei citato “Una Campana per Lucero” che ritengo un capolavoro da ogni punto di vista.

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