Predator, un classico di culto conosciuto in lungo, in largo e sì, pure avanti e dietro. Negli anni è diventato una specie di universo espanso comprensivo di ogni sorta di paccottiglia e una serie di seguiti dalla dubbia qualità.

Sì, Predator è considerabile un vero e proprio pilastro della fantascienza. Tuttavia, era il 1987: nei cinema davano RoboCop, La storia fantastica e Ragazzi perduti.
Da tempo Steven Spielberg con E.T. e Ridley Scott con Alien avevano fissato il punto per quanto riguarda il discorso alieni.

 

Predator e i suoi fantastici amici…

PREDATOR, 10 COSE CHE MAGARI NON SAI

L’argomento sembrava esaurito e il trend superato. Predator nasce quasi per scherzo da una battuta in voga a Hollywood su Rocky.
Era il 1985, Rocky Balboa metteva a tappeto Ivan Drago, difendendo così l’onore e i valori degli Stati Uniti.

A quel punto, gli studios erano leggerissimamente a corto di idee: Rocky aveva battuto tutti, con chi doveva combattere ormai, con gli alieni? Contro E.T., magari? Ecco, su questa scemenza i fratelli Jim e John Thomas, ci si sono fiondati come disperati.

Dopo aver scritto la sceneggiatura, il cui titolo era inizialmente Hunter, ancora visibile sui ciak nelle scene eliminate messe nell’edizione speciale del Dvd, i due sono andati allegramente in giro a fare la collezione di “grazie… ma no, grazie” dagli studios.

PREDATOR, 10 COSE CHE MAGARI NON SAI

La storia di un alieno, super tecnologicamente equipaggiato, a caccia di un gruppetto di militari non suscitava proprio un grandissimo entusiasmo. Alla fine però i Thomas arrivano alla Fox, che, tutto sommato, ci vede del potenziale.

Tanto, che per lo sviluppo di Predator mettono sul piatto la “strabiliante cifra” di quindici milioni di dollari. La regia la danno a John McTiernan, che in quel momento pare fosse l’unico disponibile. Si sente, è nell’aria: Predator profuma di b-movie scrauso a km di distanza.

Eppure… visto il successo di Commando e come stava bene a fare il soldato super-cazzutissimo, quelli della Fox contattano Arnold Schwarzenegger. Arnoldone accetta e, proprio per questo, a ruota dicono sì pure Carl Weathers, Jesse Ventura e tutti gli altri membri del cast.

Le riprese di Predator in brevissimo si trasformano in un incubo. Il film è ambientato a Val Verde, un paese fittizio che a Hollywood usano quando serve una generica location sudamericana. Molti film, tra cui pure Commando, per dire, sono ambientati lì o ne fanno menzione.

PREDATOR, 10 COSE CHE MAGARI NON SAI

Nella realtà, per girare Predator la produzione è sbarcata nelle foreste del Messico. Quasi tutti i membri del cast, nella migliore delle ipotesi, si sono beccati una cacarella ai limiti del fatale a causa di acqua non potabile e cibo scadente. E questo succedeva in hotel.

Inotre, nonostante si trovassero in una giungla, si gelava. Per girare buona parte delle scene del film, per evitare che agli attori venisse un coccolone, bisognava trascinarsi appresso, montare e smontare, una serie di grosse lampade riscaldanti.

Predator è stato girato tutto su un terreno accidentato e collinoso, dove, siccome la storia prevedeva un ambiente incontaminato, primitivo quasi, quelli della troupe ci mettevano ore a spargere ogni volta fogliame ovunque.

Metti fogliame, togli fogliame a ogni ciak, per dare l’impressione di questa giungla inalterata. A quanto pare, l’unica cosa incontaminata era il pantano dove hanno girato il combattimento finale col Predator: una pozza stagnante, regno incontrastato delle sanguisughe.

PREDATOR, 10 COSE CHE MAGARI NON SAI

All’inizio delle riprese a John McTiernan anziché tirannosauri superdotati, gli attori parevano delle “ballerine delicate”. Per questo viene assunto come consulente/addestratore un veterano del Vietnam, che ha messo tutti sotto torchio.

Cicli di allenamento quotidiano, comprese sessioni di resistenza con lunghe corse all’alba, erano diventate la norma. Giusto per far mantenere il fisico a tutti, mentre lentamente deperivano con la cacarella. In seguito, durante il press tour, McTiernan disse: “Non è stato un film, ma un corso di sopravvivenza”.

A proposito di fisici, in un’intervista Carl Weathers raccontò di come a tutti, compreso lui, era venuta la smania di chi fosse il più grosso della giungla. Ovviamente, l’avversario da battere era Arnoldone.

Quindi, sia lui che gli altri fisicati del film si alzavano tipo alle 03:00 del mattino per mettere mano agli attrezzi e darsi giusto quella pompatina in più, che non guasta mai. Così, per arrivare belli tirati alle riprese della mattina, in scioltezza e disinvoltura.

PREDATOR, 10 COSE CHE MAGARI NON SAI

A un certo punto, Jesse Ventura si presentò dai costumisti del film, i quali, tra una cosa e l’altra, gli dissero che la circonferenza dei suoi bicipiti era di quasi due cm più ampia di quelli di Schwarzenegger.

Che te lo dico a fare: subito Ventura va a sfidare Arnold su chi avesse le braccia più grosse. Ci mise pure che il perdente avrebbe dovuto pagare da bere all’altro. Nello specifico, una costosa bottiglia di champagne.

Ventura è quello che alla fine ha dovuto sganciare il soldo. In realtà, erano le sue braccia a essere più piccole di oltre due cm rispetto a quelle di Arnold Schwarzenegger. Il quale, conoscendo Ventura, era andato dai costumisti a dire di raccontargli questa cazzata.

Ma probabilmente è Kevin Peter Hall quello a cui è andata peggio di tutti. Metti che in fase concettuale il Predator appariva molto diverso da come poi realizzato concretamente. Su carta, l’alieno doveva avere un aspetto snello, veloce. Elegante, quasi.

Per certi versi, aspetto e movenze avrebbero dovuto ricordare un ninja. Inoltre, l’intera fisionomia, proprio per sottolineare maggiormente quest’impressione slanciata e agile, era molto diversa: il collo, per esempio, appariva lungo e flessibile, mentre il cranio era piatto, ampio e grossomodo triangolare.

Il risultato della prima suit realizzata con queste specifiche somigliava più a una grossa papera che all’agile e letale alieno immaginato. Si prova comunque ad andare avanti su questa strada. Cosa nota ormai, a indossare il costume all’inizio c’era un giovine e pressoché sconosciuto Jean-Claude Van Damme.

L’idea era che le sue peculiari abilità fisiche avrebbero fornito il giusto contrappunto: un nemico in grado di sfrecciare, invisibile, tra le cime degli alberi. Magari il fatto che pare un bizzarro incrocio tra una papera e Pippo caduto nel tunnel della droga poi passa in secondo piano.

Sfortunatamente no, e non solo perché Van Damme si è rivelato un tipo difficile con cui lavorare. Metti che la sua faccia non sarebbe mai stata visibile a schermo. Che il nome non sarebbe finito nei credits. Che quel suo primo costume rosso abbagliante faceva a cazzotti col verde della giungla.

Metti questo e metti quello, tempo totale di Van Damme sul set di Predator: due giorni. Ora, tutto questo è vero, ma fino a un certo punto. Nel senso che, sia la tuta indossata da lui, sia quella finale che si vede nel film, erano incredibilmente pesanti.

Con quell’affare addosso moriva di caldo, non vedeva praticamente niente e, in generale, l’intero baracchino limitava quasi completamente la sua mobilità. In un’intervista, tornando sull’argomento, Van Damme disse che abbandonò il set a causa di un litigio riguardo una scena di stunt.

In pratica, tutto impupazzato da Predator, gli chiesero di balzare a terra da un ramo a circa quattro-cinque metri d’altezza. Lui rispose che era una pazzia, minimo si sarebbe rotto le gambe.

Kevin Peter Hall, l’uomo che alla fine ha interpretato il Predator, non è che si sia spezzato una gamba o altro. Piuttosto, il costume che indossava pesava davvero uno sproposito, ponendolo sempre in precario equlibrio.

Inoltre, attraverso la maschera non vedeva quasi niente, quindi posizioni e movimenti erano tutti a memoria. Per questo Schwarzenegger si è preso una valanga di papagni veri durante le riprese. Sia quel che sia, in realtà a Van Damme avevano dato il ben servito a causa della sua stazza.

Infatti rispetto ad Arnold Schwarzenegger, Jesse Ventura e Carl Weathers non sembrava per nulla minaccioso.
Per questo quelli Fox hanno poi assunto Kevin Peter Hall, precedentemente il Big Foot in Bigfoot e i suoi amici (Harry and the Hendersons).

Hall, che con i suoi due metri e venti d’altezza tirannosaureggiava letteralmente su tutti, riprenderà il ruolo dell’alieno in Predator 2 poco prima di morire, appena trentaseienne, per Hiv contratto da una trasfusione. La sua è una figura diventata leggendaria anche per merito di Stan Winston.

Winston è il genio del trucco e degli effetti speciali che ha progettato la suit del Predator che tutti conosciamo. Non solo: in fase di riprogettazione di quello schifo di costume a papera, un suggerimento per nulla indifferente è arrivato da James Cameron.

Cameron è il tipo a cui è venuto in mente il fatto che un alieno con le mandibole era inusuale e avrebbe potuto rivelarsi interessante. Qualcosa di strano, che ricordasse un granchio o qualcosa di simile. Winston accettò il suggerimento, realizzando così uno dei tratti più distintivi del Predator.

A proposito delle mascelle: nel 2012, un gruppo di ricercatori che lavorava nella foresta pluviale brasiliana ha scoperto un nuovo genere di ragno. Una volta identificato come appartenente agli Oonopidae, noti anche come ragni goblin, si sono accorti che questa specie presentava una strana particolarità.

In pratica, i cheliceri (le mandibole) dei maschi hanno una conformazione particolare, risultando così pressoché identici alle mandibole del Predator. Cosa che ha portato i ricercatori a battezzare questa nuova specie Predatoroonops schwarzeneggeri. Bello, eh?

 

Ebbene, con questo è tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

 

 

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