PETER PARKER IL RIVOLUZIONARIO

L’Uomo Ragno è il personaggio Marvel di maggior successo, il simbolo stesso della casa editrice, il suo figlio prediletto, il più amato dal pubblico.

Parte del merito va dato al costume e a una galleria di criminali con pochi eguali nel mondo dei supereroi creati da Stan Lee e Steve Ditko all’inizio degli anni sessanta, ma il vero segreto di tale successo è da attribuire all’alter ego dell’Uomo Ragno, ovvero Peter Parker, il ragazzo della porta accanto.

Peter Parker rompe ogni canone del prototipo del supereroe esistente fino a quel momento, offrendo al lettore un nuovo punto di vista.

PETER PARKER IL RIVOLUZIONARIO

 

Il modello supereroico precedente

La nascita del supereroe coincide con l’esordio di Superman nel 1938 su Action Comics, ma esistevano già personaggi simili. Eroi delle pulp come Tarzan, Doc Savage e The Shadow, uomini dalle abilità fisiche e mentali sopra la norma al servizio dei più deboli. Degli uomini superiori che si ergono sopra la massa, un po’ come gli eroi della mitologia greca.

In particolare Doc Savage ha una mente e un fisico fuori dal comune, è invicibile nelle arti marziali e ha un’ampia conoscenza in vari campi. Inoltre è un maestro dei travestimenti, ha una memoria fotografica, è un tiratore eccelso, padroneggia ogni arma e sa pilotare ogni mezzo. Allo stesso tempo è medico, scienziato, avventuriero, esploratore e detective.
Insomma, non propriamente un uomo comune.

PETER PARKER IL RIVOLUZIONARIOPETER PARKER IL RIVOLUZIONARIO

Questo prototipo di uomo ultra-competente e forte, quasi imbattibile, fa da base ai supereroi della Golden Age, a partire da Superman (una versione rafforzata di Doc Davage) e Batman (un nuovo The Shadow).
Un eroe infallibile e invincibile, forte e senza esitazioni, e quindi decisamente poco umano.

Quentin Tarantino nel film Kill Bill dice, forse semplificando un po’, che Superman quando si alza al mattino è Superman. Deve indossare i panni di Clark Kent per mimetizzarsi tra gli uomini, e per farlo deve fingersi insicuro, timido, impacciato e debole. Ma la sua vera essenza è quella dell’Uomo D’Acciaio, quella di Kent è una maschera.

 

Supereroi con superproblemi

Quando Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko creano l’universo Marvel prendono una direzione diversa.
I supereroi Marvel sono diversi da quello che era stato pubblicato fino a quel momento. Non sono infallibi e vincenti, ma tormentati e fallibili.

Nel 1961 sui Fantastici Quattro appare la Cosa, che, diversamente agli altri componenti del team, non può tornare in forma umana. È costretto a vivere dentro una pelle di pietra che si frappone a qualunque normale relazione umana, rendendolo un disadattato. Poi c’è Hulk, un uomo mostruoso simile a Frankenstein, perseguitato dall’esercito e temuto dagli uomini.

Ogni eroe Marvel ha il proprio tormento, che in un modo o nell’altro lo fa sentire un emarginato. Devil deve confrontarsi con la propria cecità, Iron Man ha una batteria attaccata al cuore che alimenta anche e l’armatura: se la spinge al limite rischia di farlo smettere di battere.

Thor deve dividersi tra i suoi doveri su Asgard, la città degli dèi, e i legami con gli umani sulla Terra. Mentre Capitan America è un uomo fuori dal suo tempo, gli anni quaranta, ed è divorato dal senso di colpa per la perdita di Bucky Barnes, la sua spalla. Fatto che lo rende perennemente malinconico e solitario. Gli X Men sono degli adolescenti freak, mutanti odiati e temuti dalla popolazione.

PETER PARKER IL RIVOLUZIONARIO

Ognuno di questi eroi, dunque, è molto diverso dal prototipo della generazione precedente. Non sono i “migliori del mondo nel loro campo”, ma uomini che vedono il proprio superpotere come una maledizione che impedisce di condurre un’esistenza normale. (Sulla possibile ispirazione dei supereroi Marvel si veda qui – NdR).

Con la creazione dell’Uomo Ragno, nel 1962, questa formula raggiunge la perfezione. L’Uomo Ragno, o meglio Peter Parker, è l’antitesi del modello Golden Age.
Peter è tutt’altro che perfetto. Mingherlino, occhialuto, di estrazione povera, deriso dai compagni che lo chiamano “topo di biblioteca” e “quattrocchi”, non è certo un vincente.

 

Peter Parker, uno di noi

Stan Lee e Steve Ditko rendono il loro personaggio più vicino al lettore reale che a un superuomo irreale. Clark Kent diventa il vero protagonista della serie.
Molto del merito va al co-creatore Steve Ditko, un tipo schivo, riservato e occhialuto proprio come Peter Parker, in cui riversa alcuni elementi di vita vissuta.

Fin dall’episodio d’esordio, l’Uomo Ragno ci viene mostrato come un supereroe assolutamente umano e fallibile.
Deriso da tutti, Peter Parker appena ottiene i superpoteri pensa di utilizzarli per fare soldi con lo show bussines. Preso dalla smania per il successo non ferma un ladro che gli passa davanti, il quale poco dopo uccide suo zio, la sua amata figura paterna.

Vittima di un crimine che poteva impedire, della sua trascuratezza, della sua umanità.
Altro che Superman e Batman, Spidey è un ragazzo che si trova in una situazione più grande di lui.
I ragazzini di tutto il mondo, con le loro contraddizioni, non possono che amarlo.
Da lì in poi, le avventure dell’Uomo Ragno vanno di pari passo con le disavventure di Peter Parker.

Se da una parte c’è il vivace scontro con i suoi grotteschi avversari, da Octopus a Lizard, dall’Uomo Sabbia all’Avvoltoio senza dimenticare il malefico Goblin, dall’altra Peter Parker deve confrontarsi con i problemi della persona comune: una zia apprensiva dalla salute cagionevole, dei compagni di classe odiosi, le incomprensioni con le ragazze e un datore di lavoro come J. Jonah Jameson che lo tratta come una pezza da piedi. Al tutto va aggiunto il perenne bisogno di denaro per mantenere la zia che lo ha adottato e lui stesso.

Ancora peggio è quando i due aspetti vanno a scontrarsi, ovvero quando la stentata vita di Peter Parker e i suoi doveri morali come Uomo Ragno si accavallano sacrificandosi a vicenda. Insomma, per l’Uomo Ragno non c’è mai una vittoria completa.
Proprio come nella vita reale.

 

Peter Parker dopo Steve Ditko

Anche se dopo l’abbandono risentito di Steve Ditko e l’arrivo di John Romita Sr, il giovane Peter Parker viene disegnato in modo più attraente e nelle storie non si scontra più duramente con i compagni, la sua vita non si fa più semplice.

I media continuano a diffidare di lui, al contrario di Superman, al quale vengono organizzate grandi parate in suo onore, o Flash, che ha un museo nella propria città.
Arrivare a fine mese è sempre complicato per Peter Parker e le relazioni sentimentali vengono continuamente sabotate dai suoi doveri da Uomo Ragno, tanto che la doppia vita diventa una maledizione e più di una volta è sul punto di mollare.

La formula di Peter Parker/Uomo Ragno viene sporadicamente ripresa dalla Marvel, sia pure quasi sempre con scarso successo.
Nel 1976 viene introdotto l’eroe cosmico Nova, di Marv Wolfman e John Buscema, anche lui insicuro e con una vita piena di insuccessi.
La Marvel fonde nel 1988 il potente Thor con un alter ego umano, l’architetto Eric Masterson: un padre single divorziato completamente a digiuno di come si faccia il supereroe, che si trova a disagio nel ruolo di “dio del tuono”.
Nel 1991 è la volta di Darkhawk, alias Chris Powell, anch’esso un ragazzo di estrazione proletaria dalla vita familiare assai complicata.
L’anno dopo, per la linea “2099”, la Marvel lancia Miguel O’Hara, l’Uomo Ragno del futuro, pure lui tormentato dalla doppia vita.
Più di recente (2012) c’è l’esordio di Miles Morales, il secondo Spider-Man dell’universo Ultimate, adolescente afroamericano apparso anche in un lungometraggio, che in un certo senso rappresenta il Peter Parker del nuovo millennio.

Non è solo la Marvel a riproporre questo modello. Potremmo sbagliare, ma ci sembra che altri personaggi sono stati pensati secondo quello standard ormai diventato popolare nella cultura americana. Come Marty Mc Fly di Ritorno al Futuro e Scott Howard di Teen Wolf, entrambi interpretati con successo da Michael J. Fox. O Daniel Larusso di Karate Kid, Harry Potter, Peter Petrelli della serie Heroes e altri ancora…

 

 

 

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