Gli anni settanta sono stati un decennio di grandi tensioni sociali, politiche ed economiche in Italia e nel mondo, segnati dalla disillusione verso le ideologie rivoluzionarie e i movimenti di protesta che avevano caratterizzato il decennio precedente. Se negli anni sessanta si era creduto nella possibilità di cambiare il mondo attraverso il radicalismo politico, la protesta di massa e il conflitto con le istituzioni, la fine degli anni settanta ha portato una consapevolezza sempre più diffusa che la rivoluzione tanto desiderata sarebbe stata impossibile, o comunque estremamente difficile da realizzare. Anche nella cultura popolare, inclusi i fumetti, la disillusione trova espressione, soprattutto nei personaggi che vengono creati in questo periodo, tutti accomunati da una
disillusione di fondo.

 

Il Commissario Spada – 1970

Il commissario Spada, scritto da Gianluigi Gonano e disegnato magnificamente da Gianni De Luca, è uno dei personaggi più iconici del fumetto italiano degli anni settanta. Pubblicato su “Il Giornalino”, le storie del Commissario Spada si distinguono per un taglio realistico e una denuncia delle contraddizioni e delle problematiche della società contemporanea. Il tema centrale è quello della corruzione.

 


Nelle storie del Commissario Spada la corruzione è rappresentata come una piaga che colpisce tutti i livelli della società, dall’élite politica agli strati più bassi. Molte volte Spada si trova a combattere contro figure istituzionali che sono compromesse da interessi privati e criminali.
Sebbene Spada creda fermamente nella giustizia, le sue indagini rivelano quindi che le stesse istituzioni che dovrebbe proteggere il cittadino sono spesso corrotte. Questo crea un conflitto interiore nel personaggio, che si vede costretto a navigare in una giungla di compromessi, tradimenti e manipolazioni, le quali non fanno che accrescere la sua
disillusione.

 

Jonny Logan – 1972

Il fumetto di Jonny Logan, creato da Romano Garofalo e Leone Cimpellin, si distingue come una delle opere satiriche più pungenti del fumetto italiano degli anni settanta. Ambientato in un’Italia che stava attraversando un periodo di grande instabilità politica ed economica, il fumetto utilizza  personaggi e situazioni assurde per mettere in luce le ipocrisie del potere e della vita quotidiana.
Jonny Logan, il protagonista, è goffo, sfortunato e spesso travolto dagli eventi. Si muove, insieme a un gruppo di personaggi bizzarri, in un mondo che sembra perennemente sull’orlo del caos.

 

 

Questo scenario surreale è una metafora perfetta di un’Italia segnata da tensioni politiche, scandali e disillusione. Uno dei bersagli principali della satira di Jonny Logan è la politica. I politici sono rappresentati come figure caricaturali, incapaci e corrotte, distanti dai bisogni del popolo.
Attraverso l’ironia e il grottesco, Garofalo e Cimpellin criticano un sistema che sembra incapace di risolvere i problemi reali del paese attraverso una burocrazia opprimente e assurda.

 

Gli Aristocratici – 1973

Nella serie Gli Aristocratici, creata da Alfredo Castelli e disegnata da Ferdinando Tacconi, il tema della lotta al sistema si sviluppa attraverso le avventure di un gruppo di “ladri gentiluomini” che, pur agendo al di fuori della legge, combattono le ingiustizie. Gli Aristocratici operano con classe e stile, rubando oggetti preziosi e opere d’arte.

 

 

La loro morale e le loro motivazioni li pongono in netto contrasto con i comuni delinquenti. Nonostante la loro professione, infatti, Gli Aristocratici agiscono seguendo un codice morale preciso: rubano solo ai ricchi e potenti, e mai agli innocenti. Questo codice d’onore li distingue dagli altri criminali e fa sì che il pubblico simpatizzi con loro. Sono una versione moderna dei fuorilegge romantici come Robin Hood, ma con un tocco di eleganza e raffinatezza tipicamente anni settanta.
Questa lotta al sistema, condotta con ironia, riflette una più ampia disillusione verso le istituzioni dell’epoca percepite come incapaci di garantire l’equità.

 

Il Maestro 1974

Nella serie Il Maestro, scritta da Mino Milani e illustrata da Aldo Di Gennaro, il malessere della società emerge come uno dei temi fondamentali, offrendo una riflessione su un mondo in crisi e su valori in declino. Pubblicato su Il Corriere dei Ragazzi, Il Maestro è un personaggio complesso, che si erge come difensore dei più deboli e oppressi, operando ai margini della legalità. Questa ambiguità morale riflette il malessere di una società che sembra incapace di risolvere i problemi o, peggio, è responsabile di ingiustizie sistemiche.

 


Il Maestro agisce come un giustiziere solitario, senza fare affidamento su leggi che sembrano ormai obsolete o inefficaci. In questo senso, rappresenta il desiderio di riscatto di una popolazione stanca e
disillusa dalle promesse non mantenute dello Stato.
Il Maestro esplora anche il malessere psicologico e interiore. Il protagonista stesso è un uomo tormentato, spesso diviso tra il desiderio di giustizia e la consapevolezza che i suoi metodi lo pongono in una posizione ambigua. Questa tensione riflette quella di una generazione che negli anni settanta si trovava in bilico tra i valori tradizionali e una crescente sfiducia nel sistema politico e sociale. Il fumetto diventa così una metafora del senso di alienazione e isolamento provato da molti in quell’epoca di transizione.

 

Johnny Focus – 1974

Johnny Focus, l’avventuroso reporter di Attilio Micheluzzi, è un personaggio che incarna il conflitto tra impegno civile e desiderio di evasione. Da un lato è un professionista spinto da un forte senso del dovere, pronto a rischiare la vita per scattare la foto perfetta o per scoprire la verità. Dall’altro lato, emerge chiaramente il suo desiderio di allontanarsi dalla realtà quotidiana dalla quale è disilluso e rifugiarsi in un mondo più leggero e movimentato. L’azione e il pericolo sono sia la sua vita sia la sua via di fuga, una forma di evasione da una realtà forse troppo grigia o difficile da affrontare.

Nel corso delle sue avventure, Johnny Focus non può fare a meno di essere coinvolto in vicende che richiedono grande impegno. Il suo lavoro è una forma di attivismo, anche se lui non si considera un eroe. Allo stesso tempo, il suo lavoro come fotografo d’assalto gli permette di vivere in una costante fuga dalla routine e dalle responsabilità che la vita quotidiana comporta.
Le ambientazioni esotiche e le trame spesso ricche di mistero e azione riflettono questo bisogno di prendere le distanze da un mondo percepito come limitante. Quindi Johnny, attraverso la sua professione, sembra cercare una libertà personale, una via di fuga dall’impegno sociale e morale.

 

Mister No – 1975

In Mister No, creato da Sergio Bonelli (sotto lo pseudonimo di Guido Nolitta), la fuga dalla realtà emerge come uno dei temi fondamentali. Il protagonista, è l’emblema dell’antieroe: disilluso, cinico e spesso in conflitto con le autorità, Jerry Drake ha scelto di fuggire dalle responsabilità e dai compromessi della vita moderna, in particolare dopo le esperienze traumatiche vissute durante la guerra.
Mister No rappresenta il sogno di molti che negli anni settanta cercavano un’alternativa alla società industrializzata e consumistica, desiderando un ritorno alla natura e una vita ritenuta più semplice e autentica. L’Am
azzonia selvaggia dei primi anni cinquanta, con i suoi paesaggi incontaminati, diventa il simbolo di una libertà perduta.

 


Jerry Drake rifiuta il conformismo che domina la società occidentale del dopoguerra, caratterizzato dall’ossessione per il successo materiale. Tuttavia la fuga dalla realtà non è mai completa. Nonostante Jerry cerchi di allontanarsi dalla società, si trova coinvolto in intrighi che lo riportano a confrontarsi con i problemi da cui sta scappando: la violenza, la corruzione, le ingiustizie. Questi elementi rendono il fumetto più complesso di quanto appaia a prima vista, mostrando che la fuga non è mai totale e che, anche in un ambiente apparentemente lontano dalla modernità, i problemi del mondo restano presenti.

 

Lo Sconosciuto – 1975

Lo Sconosciuto di Magnus (pseudonimo di Roberto Raviola), rappresenta uno dei lavori più significativi e maturi dell’autore e uno specchio potente degli anni settanta, caratterizzati da tensioni politiche, violenza, cinismo e disillusione. Attraverso il suo protagonista, un ex mercenario senza nome, Magnus esplora le inquietudini di un’epoca segnata dalla Guerra fredda, dai conflitti ideologici e dal malessere sociale. Vive ai margini della società, in un mondo dove le certezze sono crollate e la moralità è diventata ambigua. Non combatte per ideali, ma per sopravvivere in un contesto in cui tutto, dalla politica alla guerra, appare come una truffa ai danni dei più deboli.

 


La figura dello Sconosciuto riflette la
disillusione di una generazione che ha visto crollare i grandi ideali, travolta da scandali politici, conflitti e un senso crescente di sfiducia. Il contesto storico in cui è ambientato Lo Sconosciuto è fondamentale per comprendere l’atmosfera di costante tensione e violenza che permea il fumetto.
Gli anni settanta furono un periodo di grande incertezza e turbolenza politica: in Italia, si parlava di “anni di piombo”, con attentati terroristici e scontri tra estremismi di destra e sinistra. La figura del mercenario, in questo contesto, diventa il simbolo di una generazione che non crede più negli ideali, ma che vede la sopravvivenza come l’unico obiettivo.

 

Pentothal – 1977

Le “Straordinarie Avventure di Pentothal” di Andrea Pazienza rappresentano una critica feroce e malinconica della gioventù italiana degli anni settanta, intrappolata in una protesta ormai senza senso e priva di direzione. Attraverso il suo protagonista alienato, Pazienza esplora il senso di confusione, disillusione e ribellione che caratterizzava un’epoca in cui i grandi ideali sembravano svaniti, e le lotte politiche non offrivano più risposte soddisfacenti.
Pentothal è un personaggio che incarna il senso di ribellione tipico dei giovani dell’epoca, ma anche la loro frustrazione e l’incapacità di trovare un vero obiettivo o scopo. È un giovane che vive in uno stato di perenne dissociazione dalla realtà, immerso nei suoi pensieri, nell’arte, nelle droghe e in una costante fuga dal mondo circostante.

 


La sua protesta è frammentata e confusa. Egli si ribella non tanto contro qualcosa di specifico, ma piuttosto contro tutto, e perfino contro se stesso. Questa forma di protesta senza senso rappresenta il culmine della disillusione post-sessantottina e riflette la sensazione di impotenza che molti giovani dell’epoca provavano.
La narrazione non è lineare, ma segue il “flusso di coscienza” del protagonista, con disegni che cambiano stile a seconda del suo stato emotivo o mentale. Questo approccio artistico riflette l’instabilità di Pentothal e della sua generazione, incapace di trovare un senso di coerenza o stabilità in un mondo che sembra sempre più insensato.

 

Ken Parker 1977

Ken Parker di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo affronta il tema della rivoluzione impossibile con una narrazione profonda e sfaccettata. “Lungo fucile” è un personaggio che, pur non essendo un rivoluzionario in senso stretto, incarna i valori di giustizia, equità e umanità. La sua continua lotta per i diritti degli oppressi, dai nativi americani agli schiavi neri, riflette un profondo desiderio di cambiamento sociale. Ogni tentativo di cambiamento viene però ostacolato dalle forze dominanti, rendendo la ribellione contro queste ingiustizie un’impresa quasi impossibile e la disillusione inevitabile.


Berardi e Milazzo mostrano come i movimenti rivoluzionari, pur animati da nobili ideali, falliscano spesso di fronte a una realtà che sembra impossibile da cambiare. Nonostante il fallimento della rivoluzione su larga scala, Ken Parker continua a lottare per i valori in cui crede. La sua è una rivoluzione personale, una lotta continua per rimanere fedele ai suoi principi di giustizia e umanità. Questa “rivoluzione interiore” è forse la vera forza del personaggio che  non si arrende mai, anche quando la rivoluzione sociale appare impossibile. Il fumetto trasmette il messaggio che, anche se il cambiamento collettivo può essere fuori portata, l’individuo può fare la differenza attraverso le sue azioni quotidiane e le sue scelte morali.

 

Giuseppe Bergman – 1978

Ne “Le avventure di Giuseppe Bergman” di Milo Manara, il concetto di “avventura del reale” assume un significato centrale. L’opera esplora la tensione tra la ricerca dell’avventura intesa come evasione dalla monotonia e la consapevolezza che il mondo reale è il vero terreno d’avventura, spesso crudo, caotico e inaspettato.
Bergman è un uomo ordinario, spesso indeciso e perplesso, che decide di andare alla ricerca dell’avventura. L’avventura che trova non è però la ricerca di gloria o la scoperta di terre esotiche ma un viaggio interiore, in cui il protagonista si trova costantemente a riflettere sul significato della propria esistenza e sul senso della vita stessa.

 


Uno dei temi centrali delle avventure di Giuseppe Bergman è proprio la critica alla fuga, in proposito Manara arriva a dire che la vera avventura non consiste nell’evadere dalla realtà, ma nel confrontarsi con essa.
Le avventure di Giuseppe Bergman sono spesso caratterizzate dal caos. Non ci sono missioni chiare da compiere o nemici da sconfiggere. Bergman si trova a muoversi in un mondo disordinato, dove il significato sfugge e gli eventi si sviluppano in modo imprevedibile. Questa visione caotica dell’avventura riflette la vita stessa, dove le persone raramente hanno il controllo completo delle loro azioni e dei loro destini.

 

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