PAULINE PARKER E JULIET HULME

Pauline ha appena compiuto 16 anni e la sua amica Juliet ne ha 15. Sono due amiche inseparabili, fin troppo secondo Honora, la mamma di Pauline. Honora ha appena finito di fare shopping con le due ragazze e vorrebbe tornare a casa, ma loro la convincono a fare una passeggiata nel grande parco cittadino.

Arrivate in un punto fitto di alberi, le ragazze si scambiano uno sguardo duro. Allora Pauline estrae dalla borsa mezzo mattone avvolto in una calza e colpisce violentemente la madre alla testa. La figlia pensava che sarebbe bastato questo per ucciderla, ma l’ha appena tramortita.

Continua a colpire furiosamente la donna e a un certo punto, venendole meno le forze, passa il mattone all’amica, che finisce il lavoro. Dopo gli ultimi spasmi, il corpo di Honora rimane immobile. Un efferato delitto che parte da lontano.

Pauline nasce nel 1938 a Christcurch, una città sulla costa orientale della Nuova Zelanda. Il padre Herbert Rieper fa il pescivendolo, la madre Honora Parker la casalinga. La piccola prende il cognome dalla madre, Parker, perché i due convivono senza essere sposati.
A cinque anni, Pauline contrae una grave forma di osteomielite, malattia delle ossa a causa della quale subisce cinque interventi chirurgici, che la lasciano zoppa e le rendono difficili gli sforzi prolungati.

A 13 anni incontra Juliet. La ragazzina arriva dall’Inghilterra con il padre, Henry Hulme, professore di matematica e nuovo rettore dell’Università di Christcurch. La madre, Hilda, è una donna dell’alta borghesia che lavora come consulente matrimoniale. Da bambina, Julet ha avuto gravi infezioni ai polmoni mai guarite del tutto.

Appena si incontrano, Pauline e Juliet capiscono al volo di avere molto in comune: i lunghi periodi di cure le hanno rese solitarie, spesso guardano con invidia le altre ragazze fare sport mentre loro devono comportarsi da eterne malate.

L’amicizia che le lega diventa subito profonda, malgrado tra di loro vi siano anche delle differenze: Pauline è minuta e ha un carattere ribelle, Juliet è alta e posata. Insieme elaborano mille fantasie. Creano una strana religione tutta loro, con dei santi inventati, e chiamano l’aldilà “il Quarto Mondo”. È un luogo in cui credono di entrare nei momenti di “illuminazione spirituale”. Immaginano anche di essere attrici famose, amiche dei divi di Hollywood.

All’inizio, i rispettivi genitori incoraggiano la loro frequentazione, perché prima di allora erano prive di amicizie. Malgrado le differenze sociali, il padre pescivendolo e il padre professore iniziano a vedersi con le rispettive mogli per far piacere alle figlie.

Ad un certo punto la signora Honora Parker, preoccupata per aver intravisto le ragazzine scambiarsi qualche carezza di troppo, fa esaminare Pauline da uno psicologo. La diagnosi del medico non lascia spazio a dubbi: “Sua figlia è omosessuale”. Se lo sia veramente non è possibile saperlo, anche perché negli anni cinquanta l’omosessualità è considerata una malattia mentale e si preferisce non parlarne in giro.

Negli stessi giorni, Juliet scopre la madre a letto con un cliente, Walter Perry, e ben presto la tresca giunge alle orecchie del marito, che decide di divorziare. Inoltre, il professore Hulme, dato che la madre di Pauline le ha raccontato della presunta relazione omosessuale tra le loro figlie, decide che manderà Juliet da alcuni parenti in Sud Africa, dove, tra l’altro, il clima caldo gioverà ai suoi polmoni indeboliti dalle malattie contratte da piccola.

Sua moglie Hilda tornerà in Inghilterra per sposare l’amante che partirà con lei, dato che gli è stato appena offerto l’importante posto di direttore nel programma militare per costruire la bomba H.

Le due ragazzine, intanto, covano un profondo rancore nei confronti di Honora Parker, che considerano responsabile della loro futura separazione.
Nel primi giorni del giugno 1954 iniziano a studiare un piano per toglierla di mezzo definitivamente.

Passano un paio di settimane e, il 22, sono ormai pronte per metterlo in atto. “Abbiamo discusso di nuovo i particolari dell’omicidio”, scrive tranquillamente Pauline nel proprio diario, “mi sento euforica come se stessimo organizzando un party a sorpresa. Mamma c’è cascata in pieno e il felice evento avrà luogo domani pomeriggio. Così la prossima volta che scriverò su questo diario mamma sarà morta. Che strano, e che bello”.

L’odio e il disprezzo per la madre, come ha scritto in altre pagine del diario, deriva anche dalle sue umili condizioni sociali e culturali. Ucciderla, pensa, è un modo per cancellare una famiglia che considera troppo modesta per una ragazza sveglia come lei.

Dopo aver commesso il delitto nel parco, sudate e ricoperte di schizzi di sangue, Paula e Juliet tornano di corsa al chiosco del parco dove poco prima avevano fatto merenda. Dicono agitate che la mamma di Pauline è inciampata su una grossa radice scoperta e cadendo ha sbattuto violentemente la testa, rimanendo uccisa sul colpo.

Ma quando arriva la polizia, non riescono a spiegare le 45 ferite sul capo, il collo e il volto della donna. Né quel mezzo mattone infilato nella calza tutta insanguinata trovato nei paraggi. Poi, gli investigatori trovano il piano del delitto descritto nei minimi particolari nel diario della figlia della vittima.

C’è scritto anche che le due, dopo i funerali di Honora, sarebbero scappate a Hollywood. Dove, malgrado la loro giovane età, avrebbero fatto la bella vita scrivendo copioni per il cinema. In quelle pagine è spiegata la relazione tra le due ragazze in chiave esplicitamente sessuale, anche se Pauline sosterrà che si trattava solo di fantasie mai realizzate.

Il processo prende avvio due mesi dopo, ad agosto, suscitando l’interesse del pubblico per l’atrocità del delitto e per la supposizione che le due ragazzine siano lesbiche. Giudicate colpevoli di omicidio dalla giuria, il giudice non le condanna a morte solo perché molto giovani.

Saranno invece “detenute a piacimento di Sua Maestà”: anche se la Nuova Zelanda è diventata indipendente dall’Inghilterra, la regina Elisabetta ne è ancora simbolicamente la sovrana. Significa che rimarranno in prigione finché il ministero della Giustizia neozelandese lo riterrà opportuno.

Dopo cinque anni, spesi per proseguire gli studi scolastici dal carcere, le due sono di nuovo a piede libero. Pauline Parker, dopo aver vissuto ancora un po’ in Nuova Zelanda, cambia nome in Hilary Nathan e parte per la Gran Bretagna.

In un villaggio nella contea del Kent, trova lavoro come insegnante di equitazione per bambini. Nel frattempo, l’amica Jiuliet Hulme si è trasferita anche lei in Inghilterra, diventando una scrittrice di gialli con il nome di Anne Perry (il cognome è quello dell’amante che la madre ha poi sposato). Il primo romanzo, pubblicato nel 1979, si intitola “Il boia di Cater Street”. Ne sono seguiti una cinqunatina.

Nessuno dei lettori conosce il suo passato di sangue, finché, nel 1994, quel lontano omicidio in Nuova Zelanda viene raccontato nel film Creature del cielo (Heavenly Creatures), con Melanie Lynskey nella parte di Pauline e Kate Winslet in quella di Juliet.

Solo allora i giornalisti, chiedendosi che fine abbiano fatto le due assassine, scoprono che la scrittrice, in realtà, si chiama Juliet Hulme. Così come scoprono che l’insegnante di equitazione nel Kent è Pauline Parker, la quale, circondata dai giornalisti, dichiara di essere diventata una fervente cattolica e di sentire ogni giorno il rimorso per il matricidio commesso da giovane.

La scrittrice reagisce con più freddezza, dicendo di essere stupita per tanta curiosità nei suoi confronti. L’amicizia per Pauline, racconta, l’aveva spinta ad aiutarla nell’omicidio della madre temendo che, altrimenti, prima o poi si sarebbe suicidata.
Da quando sono in Gran Bretagna le due non si sono più incontrate.




L’immagine in apertura dell’articolo è tratta da una scena del film Creature del Cielo (1994) di Peter Jackson.




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Di Sauro Pennacchioli

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