Pauline Dubuisson

Pauline Dubuisson ha ormai capito che non riuscirà a riconquistare l’amato Felix. Compra una pistola calibro 25, poi scrive una lettera nella quale chiede perdono per quello che succederà. La signora Gerard, l’affittacamere, legge la lettera quando entra per riordinare la stanza. Pauline è già uscita, ma nei giorni precedenti ne aveva raccolto le confidenze e intuisce le sue intenzioni. Riesce ad avvisare Felix Bailey del pericolo, il quale chiede agli amici, un po’ per scherzo, di proteggerlo dalla “matta”. Non sa che la matta è armata. È il 17 marzo 1951.

Pauline Dubuisson, figlia di André e di Simone, nasce nel 1926 a Dunkerque, una città sulla costa settentrionale della Francia. Sin da ragazzina Pauline ha rapporti con vari ragazzi, dei quali commenta le prestazioni su un quaderno. Nel frattempo scoppia la Seconda guerra mondiale e dal 1940 al 1944, quando la Francia è occupata dall’esercito tedesco, Pauline si concede entusiasticamente al nemico.

A 14 anni prende come amante un marinaio tedesco, a 17 un colonnello. Il padre André possiede una piccola azienda di costruzioni: usando cinicamente l’attraente figlia per le relazioni pubbliche, riesce a ottenere le commesse dagli occupanti.

Quando sbarcano gli Alleati per liberare la Francia, insieme ad altre ragazze che hanno avuto rapporti troppo intimi con i tedeschi la bellissima e altera Pauline Dubuisson viene circondata da un gruppo di esagitati, rapata a zero, fatta sfilare nuda per strada e, in una sala del Municipio, subisce una violenza di gruppo. Quindi il “tribunale del popolo” la condanna alla fucilazione, ma Pauline riesce a scappare in tempo.

Nel 1947, Pauline Dubuisson si iscrive alla facoltà di Medicina dell’università di Lilla. Qui si lega a Felix Bailey, figlio di un famoso medico. Un ragazzo tranquillo, poco più grande di lei, ma la loro relazione è complicata. Durante una passeggiata al parco, per esempio, Pauline è capace di prendere la mano di Felix e di infilarsela sotto la gonna. Mentre lui la guarda sbalordito, lei si scansa piantandolo in asso.

Nelle feste, lo ignora in maniera ostentata. Ma appena Felix, seccato, fa cenno di andarsene, lo abbraccia forte supplicandolo: «Rimani, ti amo troppo». Infine Pauline decide di tradirlo con Marcel Senneville, un professore quarantenne ancora più timido di lui. Nel giugno del 1949, abborda il professore alla fine di una lezione: «Che caldo… perché non andiamo a prenderci un gelato?». Felix non tarda a scoprire la tresca, anche perché lei non la nasconde.

Un giorno, Pauline Dubuisson scorge appena in tempo il fidanzato che sta per entrare nell’ufficio del professore dove si trova anche lei. Mentre la ragazza si nasconde dietro una porta, Felix Bailey affronta il rivale chiedendogli di lasciar perdere la sua fidanzata. Senneville glielo promette.

Quando Felix se n’è andato, Pauline esce ridendo dal nascondiglio. Ma il professore l’apostrofa duramente: «Dovresti ritenerti fortunata di avere un fidanzato così innamorato. Ora vattene». Lei esce come una furia dirigendosi verso l’ufficio accanto, quello del professor Pascal Du Griffy: «Che giornata uggiosa… perché non andiamo al cinema?». Pauline, a braccetto dell’attempato prof, prende apposta la strada che passa davanti al bar dove si incontrano gli studenti dell’università.

Felix, vedendola dalla vetrata del locale, la raggiunge. Tremando per l’agitazione, le chiede perché gli faccia tutto questo. Imbarazzato, Du Griffy si scosta dalla ragazza, che alla fine decide di tornare a casa da sola. Tra gli amici del bar c’è anche Monique Lombard, una ragazza che da tempo ama segretamente Felix. Quando rimane solo, gli si avvicina e lo abbraccia per consolarlo.

Felix decide di dare un taglio a quella relazione malata e per non lasciarsi più tentare da Pauline, si iscrive all’università di Parigi. Quando riceve la lettera d’addio, lei fa spallucce e la straccia. Ma nel giro di un mese di sente persa. Non riesce più a concentrarsi, rimanda gli esami. Infine, decide di suicidarsi ingerendo cianuro.
Riescono a salvarla perché il veleno, scaduto da tempo, ha perso gran parte della sua tossicità.

All’inizio del 1951, Pauline Dubuisson si trova nel solito bar degli studenti, quando vede entrare Felix, tornato a Lilla per una vacanza. I due si evitano, ma lei non può fare a meno di sentirlo dire agli amici: «Sapete che presto mi sposo?».

Alcuni giorni dopo, per la prima volta Pauline va a trovare Felix nel suo appartamento di studente a Parigi. Gli dice di essere di passaggio nella capitale, e che le è venuta voglia di vedere come sta. Al momento dell’addio, lo abbraccia con gli occhi colmi di lacrime: «Tienimi con te, ti prego!». Sforzandosi di non cederle, Felix risponde: «Ormai siamo separati da un anno e mezzo, torna a Lilla e dimenticami».

Poi Felix va a trovare Monique, la ragazza che lo aveva consolato il giorno in cui Pauline gli aveva riservato l’ultima umiliazione. Anche lei si era trasferita all’università di Parigi, e alla fine è riuscita a conquistarlo. Ora, infatti, sta confezionando l’abito da sposa.

Pauline Dubuisson torna a Lilla, compra la pistola e lascia il biglietto che viene trovato dall’affittacamere, mentre lei è già ripartita per Parigi. La mattina presto del 17 marzo, Felix torna a casa insieme a Bernard, uno degli amici che a turno lo accompagnano per proteggerlo dalla “matta”.

Poco dopo, Pauline bussa alla porta, ma Bernard la manda via in malo modo. Vedendo la ragazza andarsene tranquillamente, Felix pensa che l’affittacamere abbia esagerato il pericolo, e sapendo che l’amico ha un parente ricoverato all’ospedale, gli dice di andare pure a trovarlo.

Quando Bernard ritorna alcune ore dopo, alle 10.20, dalla porta chiusa sente un forte odore di gas. All’arrivo dei pompieri, Felix Bailey viene trovato morto con tre proiettili in corpo, mentre Pauline Dubuisson giace sul pavimento priva di sensi: dopo aver sparato, aveva staccato il tubo della stufa per suicidarsi. Invece, verrà salvata.

Quando si risveglia all’ospedale, Pauline racconta che, dopo aver visto Bernard andarsene, era riuscita a farsi aprire da Felix. Tirando fuori la pistola, avrebbe detto all’ex che si sarebbe uccisa davanti a lui. Lui avrebbe cercato di disarmarla e durante la lotta erano partiti i colpi che l’avevano ucciso.

Per la polizia, invece, Pauline gli ha sparato a bruciapelo con l’intenzione di ucciderlo. Quando André Dubuisson apprende quello che ha combinato la figlia, strappa il tubo della stufa nel suo studio e se lo infila in bocca trovando rapidamente la morte.

Poco prima del processo, Pauline si taglia le vene nel suo terzo tentativo di suicidio. In una lettera al giudice, scrive che l’ha fatto perché non è stata accolta la sua richiesta di celebrare il processo a porte chiuse, dandola così in pasto alla folla. Il medico che la salva con una trasfusione di sangue si meraviglia che una studentessa al quarto anno di Medicina abbia tentato di suicidarsi tagliando una piccola vena del braccio.

Al processo, Pauline cerca di spiegare il crudele comportamento tenuto durante la relazione con Felix dicendo che, in quel modo, cercava di capire quanto fosse veramente attaccata a lui. Tra i testi chiamati a deporre, c’è un’amica della famiglia Dubuisson, la signora Dewulf.

La donna sostiene che l’aridità di Pauline deriva dall’educazione ricevuta. Il padre André chiedeva ai figli obbedienza cieca, mentre la madre Simone era caduta in depressione dopo la morte del primogenito in guerra. Così nessuno le aveva insegnato l’importanza degli affetti.

Il pubblico ministero accusa Pauline di avere ucciso per orgoglio: non sopportava che qualcuno potesse lasciarla. Il difensore sostiene, invece, che la ragazza fosse rimasta traumatizzata per sempre dalle violenze subite nei convulsi giorni della Liberazione.

Giudicata colpevole, l’imputata scampa alla ghigliottina per essere condannata all’ergastolo. Viene rilasciata per buona condotta nel 1959, dopo solo otto anni di prigione.

Nel 1960, la vicenda ispira La verità, un film diretto da Henri-Georges Clouzot e interpretato da Brigitte Bardot (nell’immagine in apertura dell’articolo), che vince il premio Oscar come migliore pellicola straniera. Il regista Clouzot ha trasformato Pauline in una specie di eroina, forse perché anche lui era stato condannato per avere collaborato con i tedeschi.

Intanto la vera Pauline Dubuisson cambia nome in Andree e si trasferisce in Marocco, dove trova lavoro come infermiera. A 36 anni si fidanza con un ingegnere petrolifero, ma la rivelazione del suo passato impedisce il loro matrimonio. Subito dopo, siamo nel 1963, Pauline riesce infine a suicidarsi ingerendo barbiturici. Secondo le sue disposizioni, viene sepolta in una tomba senza nome.



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Di Sauro Pennacchioli

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