Da decenni sento ripetere il lamento del libro in crisi, e in Italia non si legge, e i giovani vanno avvicinati alla lettura e avanti così, e prima era colpa dei fumetti e poi era colpa della televisione, poi era colpa di Berlusconi, poi era colpa di Internet e poi degli smartphone, e che palle tutto quanto.

Stessa solfa peraltro per i fumetti, che da corruttori di bambini e giovanotti, dagli anni Settanta sono diventati oggetti di acritica nostalgia, sempre con toni vagamente indignati e persino stupiti: ah, i giovani che non leggono fumetti! Mai uno che dica: be’, se quarant’anni fa per svagarsi c’erano solo i fumetti e i cinema ovvio che si comprassero fumetti e si andasse al cinema (altra menatona, la crisi del cinema), se le possibilità di svago diventano duecento, ovvio che l’interesse si diluisca in quelle duecento.

Si leggono libri o riviste o giornali per studiare, per conoscere cose nuove o approfondire quelle che si conoscono, per restare aggiornati su ciò che accade nel mondo, per ascoltare una varietà di punti di vista, si può leggere per una infinità di motivi, ma soprattutto si legge perché è piacevole farlo, e perché sia piacevole bisogna che il testo veicolato dalla carta stampata sia interessante e gradevole, da tutti i punti di vista. Non riuscite a leggere Tonio Kröger di Thomas Mann? Vuol dire che siete sani di mente.

La lettura di svago giustappunto svaga, presentando al contempo due enormi vantaggi rispetto a qualsiasi altro passatempo percettivo (la trasmissione cioè a senso unico di un contenuto, che sia televisione, cinema, partita di calcio, ecc.). Il primo è che permette alla mente di costruire paesaggi interiori che a loro volta si traducono in intelligenza. Leggendo un romanzo, ognuno di noi si figura in modo diverso sia gli ambienti (case, città, campagne, rumori, suoni, ecc.) in cui si svolgono le vicende sia le fattezze fisiche e psicologiche dei protagonisti. È una dimensione transizionale alla Winnicott, nella quale uno stimolo esterno si fonde con una fantasia interiore, alimentandola e dando vita alla costruzione di microuniversi che sono al tempo stesso sia reali sia immaginari. Questo attiva una infinità di nuove connessioni cognitive e in definitiva porta a un ampliamento del proprio mondo interiore. È una creazione artistica privata vera e propria, di grande utilità per sé e gli altri. I giovani dei tempi attuali, per vari motivi privati di lettura, sono sempre più legati a un mondo fantastico clone del mondo reale, trovando a volte sollievo nei generi fantasy, anche quelli però presentati precotti in serie televisive o film o anche fumetti tendenzialmente stereotipati. Di fatto sono sempre meno dotati di mondi interiori in cui vivere alternativamente al mondo esterno, e se sono per natura o volontà sognatori e dunque solitari, ecco che le istituzioni cercano di classificarli come asociali e bisognosi di aiuto psicofarmacologico.

Il secondo vantaggio della lettura, anche di svago, è linguistico. La mente umana funziona benone con il linguaggio verbale. La parola costruisce la mente e, ancora, l’intelligenza dell’individuo. Quanti più vocaboli padroneggia una persona e quanto più è esperta nel destreggiarsi con la lingua (o le lingue), tanto più è capace di capire il mondo e di rispondere al mondo in modo adeguato e, non da sottovalutare, elegante. Chi legge poco può cavarsela in situazioni facili, ma quando le situazioni si fanno critiche non ha strumenti per orientarsi efficacemente e neppure è in grado di offrire agli altri buone vie d’uscita. Lo vediamo in questi tempi di pandemia, il caos del pensiero individuale dato da un sempre più basso livello di istruzione si traduce in caos sociale e in mancanza di dialogo, verbale per antonomasia. Ad alcuni che non sanno da che parte girarsi resta solo l’espressione di una sconsolata indignazione: “Non ho parole” dicono, senza sapere che è proprio così.

Torniamo alla solita crisi del libro. La maggior parte dei libri pubblicati negli ultimi sessant’anni è sostanzialmente inutile. Ne ho parlato in altri articoli, sono uscite e escono tonnellate di roba che serve solo a far numero o a soddisfare l’ego di persone di scarso spirito, per non parlare dei libri che pur buoni sono legati a un definito e limitato momento storico o sociale del passato. D’altra parte anche le cose nuove che varrebbe la pena leggere sono oramai buttate nella mischia senza alcuna cura. I traduttori sono pagati una miseria, i redattori non esistono più, i revisori di traduzione nessuno sa manco più che cosa siano, l’arte tipografica è in rovina e un numero crescente di persone di buona volontà tende a capire sempre meno quando quello che legge è roba buona o no, e nel dubbio collassa su Facebook: “Ehi ragazzi, ho appena finito di leggere la storia dell’oppressione giamaicana in Piemonte, bellissimo!!!”. E giù di like, e di che bello, libro fantastico, quanto dolore e via di cretinate che però rassicurano il lettore confuso. Alla fine la lettura, non sostenuta da capacità critica (che inevitabilmente si crea con la lettura stessa) diventa un valore in sé, perde il valore di strumento e la frase tipica di molte persone male addestrate è: “Mi piace molto leggere”. Che cosa, perché, non importa, ma la loro buona volontà andrebbe premiata con edizioni migliori.

In ogni caso esistono migliaia di libri che invece vale la pena leggere. Considero fondamentali i libri di Achille Campanile e di Jerome K. Jerome, ma anche alcuni saggi di Ernst Jünger. Li trovate in edizioni economiche, ma io mi domando: perché spendere otto o dodici euri per un paperback del 2022 stampato malino con copertine così così se per tre euri posso comprarne magari la prima edizione stampata benone e con una bella copertina? E con le pagine cucite al bordo, non semplicemente incollate per risparmiare?
Se mi piacciono i polizieschi, perché comprare a 24 euri l’ultima novità del giallista di fama se per pochi spiccioli posso comprarmi titoli favolosi in edizione dei primi anni Settanta, tradotti da Dio? Perché in linea di massima, i Gialli Mondadori e in generale i polizieschi e i libri di spionaggio sono stati sempre tradotti bene, in Italia. I lettori non perdonavano (perdonano?) sviste e qualsiasi errore era segnalato alle redazioni con gran vergogna del redattore responsabile. E con buona pace degli intellettualini che assieme ai fumetti disprezzavano quel genere di letteratura considerandola adatta solo ai deboli di mente o nociva per il diffondersi della coscienza di classe o corruttrice dei buoni costumi in ispecie sessuali. Comunque, vorrà dire che la novità dell’autore oggi di punta la leggerò fra un paio d’anni, quando ne arriveranno carrettate sulle bancarelle dell’usato.

Già sessant’anni fa Bianciardi descriveva la difficile condizione dei lavoratori del libro, ma oggi i traduttori son pagati meno di un lavacessi della stazione di Bangkok, e di conseguenza in numero crescente ormai non traducono neanche più, passano il testo in google translator e poi sistemano alla meno peggio. Sì, molti si fanno ancora un mazzo così, ma molti altri no. O proseguono con l’antica tradizione italiana di affidare la traduzione trenta pagine a testa ad amici e parenti cui poi offrire una pizza. È da dire che a volte il risultato è migliore di quello prodotto da un traduttore aspirante professionista di nuova generazione, che di media non si fa neanche pagare, contentandosi della visibilità che un libro stampato in duecento copie da un microeditore gli fornirà. Con quella visibilità potrà poi lavorare gratis per un altro microeditore che gli darà nuova visibilità. Non avendo mai lavorato nell’editoria vera non conoscerà i trucchi del mestiere e produrrà risultati mediocri, d’altra parte come dicono gli americani, you get what you pay for. Analoga situazione vivono i redattori, che autori e editori sembrano a volte considerare un fastidio, essendo gente da pagare non si sa bene per che cosa, come se un gommista trovasse offensivo dover usare il compressore.

L’editoria libraria è sempre stata un posto non particolarmente gradevole, particolarmente pieno di invidie, rancori, raccomandazioni di ogni genere. Certo dispiace, perché l’idea romantica della cultura vorrebbe che esistessero zone dell’esistenza illuminate dalla conoscenza e libere dal male. Ma in mezzo alle solite miserie che popolano le attività umane, soprattutto quelle vaghe e imprecise come quelle culturali, in passato tra uno sgambetto e l’altro, con i libri lavoravano persone notevoli. Mi vengono in mente certi traduttori cui da redattore su trecento pagine non riuscivo a cambiare neanche una virgola da quanto tutto era perfetto; o viceversa colleghi redattori in grado di riparare i peggiori disastri di traduzione. Sono quasi tutti morti. Grazie a persone come loro, le traduzioni italiane fino a fine anni Ottanta sono di qualità mediamente buona, così come sono buoni i testi di autori italiani: a dispetto di quello che pensa lo scrittore dilettante, molti autori italiani (e non) famosi devono la loro fortuna al redattore che ha seguito da vicino le loro opere, talvolta stravolgendole e non di rado riscrivendole in buona parte. Adesso i redattori si chiamano editor, chissà perché.

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Libri vecchi di un secolo, ancora perfettamente leggibili

 

Se quindi leggendo una traduzione recente ci sono delle cose che non vi tornano, non siete voi rinscemiti, forse è la traduzione che non funziona. Come ho accennato prima, è un problema di risparmio produttivo. Fino agli anni Novanta, prima che arrivasse alle librerie un libro era sottoposto a due correzioni di prime bozze, eventualmente con il confronto con il dattiloscritto se l’autore aveva fornito solo quello (il computer non era granché diffuso); c’era poi sempre una terza correzione di bozze e talvolta una quarta: si correggevano i refusi, ma soprattutto si sistemavano le cose che zoppicavano, piccole modifiche virgola dopo virgola verso una perfezione impossibile. Se si trattava di una traduzione, il testo era revisionato da un esperto della lingua di provenienza per verificare la fedeltà, non letterale ma traspositiva, del testo tradotto, e se si trattava di un testo scientifico o tecnico o storico, si chiedeva spesso l’intervento di esperti dei vari settori per controllare i contenuti. Prima delle ristampe si ripeteva una correzione bozze, aggiungendo anche le correzioni inviate dai lettori. L’ufficio tecnico provvedeva a confezionare il libro secondo gli standard grafici stabiliti dall’editore.

Adesso arriva il file, se ne cavano le pagine del libro composte in automatico con tutti i possibili difetti del caso, si fa rileggere il tutto all’autore, che ovviamente l’ha già riletto cento volte e non è più in grado di accorgersi di alcunché, e il libro va in stampa. Esperti? Dove? Chi? E magari di suo sarebbe teoricamente un buon libro.


Ho comprato di recente un libro sul design tecnico-industriale di Marco Zanuso. Un libro piuttosto bello, con immagini che ne giustificherebbero da sole l’acquisto, e alcuni testi critici talora dotati di acute osservazioni. Parlando del televisore Algol, disegnato da Marco Zanuso e prodotto da Brionvega nel 1964, uno degli autori scrive che sono “previste due antenne distinte per suono e immagine – una circolare come un palloncino”. Ma quando mai, nel 1964 era arrivato il secondo canale RAI e ai televisori fu aggiunta una seconda antenna per la sua ricezione su frequenze diverse da quelle destinate al primo canale; l’antenna migliore su un televisore portatile era di forma circolare. Non è grave, in fondo l’autore è un architetto, non un radiotecnico, ma tra altre cose questo svarione indica che un libro dedicato al design di oggetti tecnologici non è stato rivisto da alcun esperto di tecnologia.

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Quindi, detto tutto questo. Se vi interessa un certo libro, date un’occhiata sui siti internet di libri usati, che pomposamente si chiamano librerie antiquarie, che fa fino. Come se i negozi di vestiti usati si facessero chiamare atelier antiquari. D’altra parte ci sono oggidì panetterie che si autonominano officine della farina.

Se non cercate titoli specifici, frequentate i mercatini benefici, le svendite periodiche della Don Gnocchi, se siete a Milano. Di recente nel capannone di una cooperativa di aiuto a non so quale categoria di infelici ho comprato una cinquantina di polizieschi Garzanti, tradotti benissimo, titoli molto belli e difficili da trovare, tre volumi un euro, e siccome erano cinquanta me ne hanno regalati altri cinque. Un euro tre libri? Sì, certo, quanto dovrebbero costare? Quanto paghereste per delle calze usate?

Non leggo mai traduzioni, se mi è possibile leggo in lingua originale, oltre tutto i libri originali costano spesso meno delle traduzioni; e se l’originale è in una lingua che non conosco compro la traduzione in una lingua che conosco, oggi fatta probabilmente meglio di una italiana (anche perché un traduttore inglese guadagna almeno cinque volte a pagina rispetto a un collega italiano). Grazie alla cooperativa di cui sopra, in questo periodo mi sto invece godendo libri nella lingua che ho imparato da bambino. Mi fa un po’ strano tornare a leggere buone traduzioni, rispetto ai romanzi letti in lingua originale ho notato che cambiano le strutture fantastiche delle immagini mentali correlate ai testi. Una faccenda piuttosto interessante.

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IGIENIZZARE I LIBRI USATi

I libri vecchi non sono oggetti rassicuranti dal punto di vista igienico. Anche ignorando le peculiari muffe che popolano la carta, soprattutto se abbandonata per decenni in una cantina umida, i libri esposti sulle bancarelle sono stati smanacciati da centinaia o migliaia di mani perlopiù sporche, e il venditore che appena uscito dal wc chimico sfoglia il volume da voi scelto prima di spararvi il prezzo non aiuta a rasserenarsi.

Non leggerei mai a letto un libro usato appena comprato. Anni fa, un amico chimico e io abbiamo fatto delle prove per capire come igienizzare alla meno peggio un libro. La procedura che alla fine si è rivelata decentemente efficace è semplice e antica: aerazione e esposizione al sole, possibilmente con il libro steso aperto lungo la costa su una corda da bucato. Un paio d’ore sotto i raggi UV del sole in una giornata ventosa e non dico che il libro sia purificato, ma diventa maneggiabile. Se la copertina è plastificata o di carta patinata o semipatinata, un rapido passaggio con un foglio di carta casa appena umido e una immediata asciugatura toglie patine di sporco incollato alla carta. Vedendo il giallo di sporcizia che resterà sullo Scottex non potrete più farne a meno. Ma non bagnate la carta delle pagine, la polvere bagnata si trasforma in zozzeria nerastra inguardabile. Teoricamente, per le copertine si può anche usare alcol isopropilico, non lascia residui e igienizza quasi al 100 per cento, ma pur avendo verificato che non danneggia minimamente la carta, ho una qualche remora istintiva a usarlo e quindi non lo uso.


Ci sono eccezioni specifiche, Per esempio, alcuni libri di esoterismo  asiatico, in particolare roba sanscrita, pubblicati con grande successo dagli anni Trenta ai Settanta del Novecento, erano spesso traduzioni dal francese o dall’inglese, che a loro volta erano traduzioni da chissà che lingua. Libri che una volta rivisti da sanscritisti provetti si sono rivelati riscritture sulla falsariga di un originale ignoto nella sua realtà. Le edizioni recenti di questa letteratura, certificate da revisori competenti, sono da preferire. Un sacco di gente ha tratto comunque ispirazione e conforto spirituale da quelle vecchie e inaffidabili traduzioni di libri spirituali, il che dovrebbe dar da pensare, a che cosa, non saprei.

Ma per romanzi e saggistica (ovviamente non di attualità scientifica) è di solito meglio una vecchia edizione. Potrei finirla qui, ma a parte che oggi mi sento ciarliero, va ritirato purtroppo in ballo il fatto che in Italia i robivecchi diventano antiquari. Ora, capisco vendere un libro posseduto e autografato da Petrarca lui medesimo, ma un paperback Einaudi pubblicato nel 1971, in tutta onestà dovrebbe costare un euro, facciamo due per non fare i pezzenti. E invece spesso quei libriccini che non vuole più nessuno stampati in decine di migliaia di copie sono presentati a dieci, venti euri o più. Sto cercando di ricomprarmi un libro di Ugo Mulas che mi hanno fregato anni fa, un Einaudi da 10.000 lire che ai tempi i librai ti pagavano loro per portartelo via, adesso vogliono almeno 200 euri. Le copie di questo titolo disponibili sul mercato sono sempre le stesse e il loro prezzo lievita solitariamente di anno in anno. Mi costa infinitamente meno fotocopiarlo a colori: mi interessa il contenuto e il libro in sé non è roba da collezionismo (visto oltre tutto che non lo vuole nessuno). Ho domandato a un paio di noti librai antiquari perché loro e molti loro colleghi si ostinino a vendere libri a prezzi fuori mercato, e la risposta è stata un borbottare irritato di spese di gestione della libreria, di mercato che soffre, di giovani che non leggono, insomma la solita crisi. E ho capito, ma se non li vendono?  Boh, anche perché per queste librerie spesso la merce arriva gratis dalle cantine o dalle soffitte dei morti. Stessa cosa succede con i fumetti, su ebay ho scelto e messo in osservazione una cinquantina di vecchi numeri di “Eureka”, sono quelli che mi mancano per avere la collezione completa. Non li compro perché costano davvero troppo, aspetto una svendita: a volte i venditori si rompono le scatole e ti mandano un’offerta a metà prezzo basta che svuoti lo scaffale. Ma alcuni sono in memoria anche da nove anni e continuano a essere proposti a cinque-otto euro l’uno. Io otto euri per un vecchio “Eureka” ciancicato non li pago, e come me non li paga nessuno. Perché questi librai si ostinano a non venderli? Aspettano il gonzo? Ecco, non siate gonzi. E non tiratemi fuori la storia che una cosa usata vale il prezzo che si è disposti a pagarla, un fumetto vecchio di cinquant’anni stampato in 500.000 copie non vale economicamente quasi niente, in più se lo pagate troppo create un pericoloso mezzo precedente.

"Andrea Antonini" "Giornale Pop"
Tutti presi ai mercatini, spesa complessiva 10 euri

 

A proposito di ebay, a volte aiuta parecchio la notifica automatica della messa in vendita di materiale di proprio interesse. Se cercate un certo volume, mettetelo nelle notifiche di ebay o siti analoghi, quella roba che i librai chiamano desiderata. Sempre più  spesso saltano fuori persone che vogliono liberarsi della cantina del parente defunto e che vendono i libri a un euro l’uno o poco più. Arriva la mail e si compra al volo il titolo cercato. Un’occasione per portarsi a casa anche libri di per sé interessanti ma che non interessano, tornano buoni per i regali di Natale: “Ho visto questo libro in un negozio antiquario di Misano Adriatico e ho subito pensato a te“.

Quindi per finirla qui, comprate libri usati, non nuove edizioni, sono migliori per molti motivi e se avete nel cuore la menata del risparmio energetico aiutate anche la natura, o almeno potete crederci e farvi belli: “Sai, compro solo libri vecchi, ma hai idea di quanta CO2 si risparmia?!“. I libri usati valgono un decimo del prezzo di copertina attuale, un quinto se volete attaccar bottone con la libraia. Occhio che se avete aspirazioni di approfondimento politico, alcune traduzioni pubblicate da editori di sinistra dagli anni Cinquanta agli Ottanta erano qui e là censurate, incomplete. Ho risistemato personalmente traduzioni di ottimi libri di storia che all’improvviso omettevano frasi che avrebbero potuto dispiacere ai compagni sovietici o ai dirigenti comunisti del tempo. Non è un mistero da tempo e peraltro gli svarioni voluti di traduzione sono tuttora attuali, anche se in altri campi. Quando nel 1954 il compagno Einaudi pubblicò gli inutilissimi aforismi Minima Moralia  dell’inutilissimo compagno Adorno, evitò di inserire quelli che avrebbero potuto dispiacere l’anima del compagno Stalin, appena defunto. Solo nel 1976 alcuni depravati proposero gli aforismi dimenticati, e tutti si indignarono per la censura, soprattutto i censori. I pochi o tanti adattamenti non sarebbero così gravi di per sé, oggi suonano quasi patetici nella loro meschinità, ma inevitabilmente sollevano dubbi sulla correttezza delle traduzioni nel loro complesso.

"Andrea Antonini" Giornale Pop"

Termino rivolgendomi ai miei colleghi ed ex colleghi del magico mondo editoriale. Lo so che in molti insistiamo a lavorare bene, anche se i caporedattori ci invitano a fare il minor numero possibile di correzioni per risparmiare. Lo so che in molti traduciamo ancora paragrafo dopo paragrafo libri di una noia da suicidio guadagnando pochi euri a pagina, sorretti unicamente da un forse malinteso senso del dovere. Che ormai la contestazione delle traduzioni è una prassi corrente per pagare meno chi in realtà ha fatto il suo lavoro con diligenza (autorizzati per contratto, capita che alcuni editori contestino, saltuariamente o sistematicamente, le traduzioni ricevute sostenendo che non sono all’altezza degli standard della casa editrice. A volte è ovviamente vero, altre volte non lo è, semplicemente una traduzione contestata costa meno). Non scrivo certo contro di voi (o contro me stesso), ma la realtà è questa e lo sapete anche voi.
Mi rivolgo anche a quei microscopici o grandi editori che di loro vorrebbero far bene i libri: lasciate perdere, non si vendono più copie sufficienti a coprire i costi di una produzione ben fatta, e chiedere agli autori di pagarsi i loro libri non è davvero dignitoso. Sogno una moratoria, per dieci anni non si pubblica più niente e nel frattempo si smerciano i miliardi di copie di vecchi libri in circolazione. Poi fra dieci anni si ricomincia da capo, con altri sistemi distributivi, imparando da chi i libri sa farli (dico dieci anni perché di più non so in quanti ci arriviamo) e con titoli che interessano davvero il pubblico. Ma non accadrà.


Pressoché tutti i negozi di libri vecchi del mondo hanno un sito web, collegato a megasiti che fanno da accorpatori. Collegandosi a uno di questi accorpatori potete trovare facilmente il libro usato che vi interessa mettendo anche a confronto i prezzi dei vari venditori. Per l’Italia c’è Mare Magnum, per la Germania ZVAB, per il mercato di lingua inglese Abebooks. Tuttavia la divisione geografica è ormai caduta e il libraio che trovate su un sito lo trovate anche sull’altro. Una buona alternativa soprattutto per i paperback americani e inglesi è la solita Amazon, che li propone spesso  a dieci centesimi o meno: io ne ho presi decine se non centinaia, certo ci sono le spese di spedizione dagli Stati Uniti o dal Regno Unito, che per motivi misteriosi variano fra i due euro e i venti, bisogna esplorare.
Ebay è motivo a volte di soddisfazione, con prezzi bassissimi e libri tenuti benino, a volte di frustrazione, con prezzi bassissimi e libri da buttar via subito. Non fidatevi troppo dei feedback, molta gente non sa valutare correttamente, nel bene e nel male; se trovate un venditore che ha molti titoli che possono interessarvi cominciate a comprarne due o tre e vedete se le descrizioni corrispondono alla realtà. Perlopiù non è malafede del venditore, è che spesso chi mette il feedback positivi non si rende conto che no, un  libro strappato e con macchioni di muffa non è in “buono stato”, e i grandi commercianti hanno spesso stagisti che una volta verificato che il libro ha più o meno tutte le pagine che deve avere lo classificano come ottimo, santo ragazzo.

In Italia i libri godono di una tariffa di spedizione agevolata chiamata piego di libri. Con 1,28 euri potete farvi spedire un bel po’ di volumi, però molti negozianti non la applicano perché non essendo il pacchetto tracciabile, l’acquirente disonesto può fregarsi la merce ricevuta dicendo che non è arrivato niente e il venditore è obbligato a rimborsarlo. Per questo motivo capita che vi chiedano sei euri di spedizione raccomandata ordinaria per un libro che ne costa due. Per esperienza, se scrivete al venditore presentandovi e rassicurandolo sul fatto che conoscete bene la lentezza (da due giorni a un mese o più) e i rischi del piego di libri (più che altro per lui) e chiedendo una eccezione per via della transazione di valore modesto, di solito questi accetta. Però se poi il libro non arriva davvero non piantategli una grana. Poi ci sono quelli che proprio non vogliono vendere: pochi giorni fa ho pensato di comprare un vecchio settimanale su cui è pubblicata una mia foto di quand’ero DJ, il venditore vuole 13 euri, un furto, ma si può fare. Però vuole anche sette euri di spedizione. Quando gli ho domandato di fare una eccezione con il piego libri mi ha risposto che lui spedisce solo per corriere, non ha tempo di andare in posta. Si tenga la rivista e la mia faccia, scommetto qualsiasi cosa che fra cinque anni ce l’avrà ancora sul groppone, la rivista intendo.

Ma le bancarelle restano le fonti migliori. Se un prezzo vi sembra alto, allora è alto, è una regola che funziona sempre. Fregatevene se i libri hanno firme o timbri, personali o di biblioteche; io addirittura li preferisco, in fin dei conti è un libro di seconda o terza mano, non mi dispiace sapere come si chiamava il precedente proprietario e in che giorno del 1977 lo aveva comprato. Attraverso i timbri è anche interessante scoprire che quel libro un tempo di una biblioteca, in trent’anni è stato richiesto solo una volta, che è il motivo per cui la biblioteca l’ha buttato via.

Confrontate sempre, sempre, sempre i prezzi. La bella libreria online IBS propone spesso materiale usato, che altrettanto spesso è troppo costoso, benché presentato con eleganza. Credo che esistano ancora i negozi Remainder’s, compravano a prezzo di macero le rimanenze di magazzino che poi vendevano a metà prezzo di copertina (che a volte raddoppiavano con un appiccichino). I prezzi finivano per essere non particolarmente convenienti, però a volte si trovavano libri sorprendenti di editori specializzati (in ferrovie, acquari, musica rock eccetera), che non avreste mai trovato da nessun’altra parte.

(Testo e immagini copyright  © 2022 Andrea Antonini, Berlino).

 

 

4 pensiero su “COMPRATE LIBRI USATI, SONO MIGLIORI DI QUELLI NUOVI”
  1. condivido il discorso all’inizio sull’importanza di crearsi un proprio mondo interiore… non sono d’accordo invece sulla parte successiva in cui si esalta il linguaggio verbale, trovo che lo si faccia anche troppo al giorno d’oggi, viviamo in una società basata sul continuo dibattito in cui purtroppo si trascura il linguaggio non verbale, che racconta molte più di cose di noi stessi…
    Secondo me ogni epoca ha i suoi libri belli e brutti, sta al lettore esercitarsi a capire quali sono i libri migliori, che poi in realtà vuol dire i libri che gli piacciono di più, poiché c’è sempre una componente soggettiva da cui non si può prescindere…

    1. il dibattito e il raccontare se stessi non c’entrano un tubo; è una questione di neurolinguistica, di strutturazione cognitiva;

  2. In gran parte condivisibile. Trovo numerosi marchiani errori in testi di alta divulgazione, che fanno cadere le braccia. Oppure periodi oscuri, quasi incomprensibili, che rivelano la scarsa comprensione del testo originale da parte del traduttore.

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