NATHAN E RICHARD UCCIDONO PER SENTIRSI SUPERUOMINI

Il 21 maggio1924 Nathan Leopold e Richard Loeb, due ragazzi di 18 e 19 anni, si stanno comportando in maniera piuttosto sospetta. Entrambi già laureati con diversi anni di anticipo, sono intelligenti e coltissimi. Seminascosti dentro un’auto, scrutano con attenzione gli studenti che escono da una scuola superiore di Chicago, la metropoli dell’Illinois.

Sembrano alla ricerca di una ispirazione. Ecco, Richard riconosce Bobby Franks. Un ragazzo di quattordici anni, figlio del proprietario di una fabbrica di confezioni che abita vicino a casa sua e che è anche suo lontano parente. Il fatto di conoscerlo permette ai due di invitarlo in auto con la scusa di offrirgli un passaggio. Arrivati in un luogo isolato, i due si avventano su Bobby.

Non si riuscirà mai ad accertare con sicurezza se l’aggressione si è stata perpetrata per motivi sessuali, come peraltro è probabile date le inclinazioni dei due. A un certo punto lo colpiscono con uno scalpello, senza riuscire a ucciderlo. Allora gli spingono una calza arrotolata in gola, per soffocarlo. Stavolta raggiungono il loro obiettivo criminale. Avvolgono il cadavere in una coperta e lo chiudono del bagagliaio.

Arrivati in una località boschiva dell’Indiana, lo stato che confina con l’Illinois, cospargono dell’acido cloridrico sul volto della vittima per sfigurarla e la gettano in una conduttura sotterranea. Quindi scrivono una richiesta di riscatto alla famiglia Franks e la spediscono. Trascorrono il resto della serata giocando tranquillamente a carte.

Nei primi anni del Novecento le idee del filosofo Friedrich Nietzsche vengono pesantemente manipolate dalla sorella Elisabeth, una fanatica attivista dell’estrema destra. La quale pubblica un libro postumo e apocrifo sotto la firma del fratello, intitolato “La volontà di potenza”.

Questa collezione di testi inediti, tagliati in maniera maldestra e messi insieme scorrettamente, ha immediata risonanza mondiale dato che Nietzsche è molto apprezzato per i suoi precedenti libri (quelli che aveva veramente scritto lui). A seguito di ciò, la concezione del “superuomo” di Nietzsche, in realtà utilizzabile solo in ambito filosofico, si trasforma nell’immagine di un essere “al di là del bene e del male”, cioè al di sopra della morale corrente.

Due dittatori europei, Mussolini e Hitler, faranno propria questa lettura travisata del filosofo tedesco, con il risultato di provocare la Seconda guerra mondiale. Negli Stati Uniti, invece, i presunti insegnamenti di Nietzsche esaltano solo intellettuali che non hanno la possibilità di fare danni concreti. Salvo eccezioni.

Nathan Leopold nasce nel 1904, in una delle famiglie più ricche di Chicago. Forse perché da bambino non può uscire all’aperto a causa di una lunga serie di malattie che lo affliggono, si dedica interamente agli studi. Il padre, disprezzando quel ragazzino malaticcio e saccente, decide che il suo posto giusto è un collegio femminile. Una umiliazione indelebile, per il piccolo.

Forse il genitore non lo ama anche perché, dandolo alla luce, sua moglie è rimasta invalida per sempre. In ogni caso, oltre che nel corpo, Nathan diventa fragile nel carattere. Mentre l’intelletto non ne risente affatto: parla perfettamente 5 lingue e ne comprende altre 15, ed è affascinato da quello che comunemente viene considerato il pensiero “superomista” di Nietzsche.

D’altra parte, Nathan sente il disperato bisogno di trovare una persona dal carattere forte che lo sappia guidare nella vita. La sua fantasia ricorrente è quella di essere uno schiavo che salva la vita al proprio re, e quando quest’ultimo lo premia concedendogli la libertà, lui la rifiuta.

Richard Loeb, nato nel 1905, appartiene pure lui a una ricchissima famiglia di Chicago. Suo padre è il vicepresidente della più grande catena di supermercati d’America. Anche Richard non riceve affetto dalla famiglia e la madre fa continue pressioni su di lui affinché eccella negli studi. In effetti, diventa un piccolo genio riuscendo a laurearsi a soli 18 anni, quando gli altri ragazzi iniziano a frequentare l’università.

Nelle sue fantasie, diventare superuomo significa commettere ogni genere di delitto e non subirne le conseguenze. Un punto in contatto con Nathan sono i problemi fisici, Richard soffre di balbuzie e di tic nervosi. Provenendo entrambi da facoltose famiglie ebree, i due finiscono per frequentare gli stessi ambienti. Quando si incontrano per la prima volta, Nathan ha 15 anni e Richard 14.

Insieme stanno bene perché odiano le ragazze, che considerano inferiori, e hanno tendenze omosessuali. Nathan vede nel nuovo amico la figura forte che cercava disperatamente. Gli fa capire che vorrebbe avere una relazione omosessuale con lui, ma Richard, che in effetti ha una personalità decisa, rifiuta i rapporti completi e gli consente solo i preliminari per tenerlo sotto controllo.

Ricchi, annoiati, scontenti della vita ed esaltati da idee filosofiche mal interpretate, i due adolescenti iniziano a sfogarsi commettendo piccoli furti. Per quanto, navigando nell’oro, non hanno certo bisogno di soldi. Non contenti, per tre anni si dilettano anche in atti vandalici e incendi dolosi. Un modo per condurre una vita eccitante senza correre troppi rischi, dato che, nel caso venissero scoperti, le loro potenti famiglie li toglierebbero facilmente dai guai.

Con il tempo, però, queste azioni trasgressive danno sempre meno soddisfazioni. I superuomini, pensano, dovrebbero dimostrare in maniera più evidente la loro superiorità sulla gente “comune”. Ormai hanno 19 e 18 anni, ritengono sia arrivato il momento di fare un passo avanti: togliere la vita a una persona, ecco un’azione che li eleverebbe veramente al di sopra dalla grigia morale.

Un’azione ancora più “eccitante” se la vittima sarà una persona qualsiasi, verso la quale non nutrono alcun risentimento. Progettando l’omicidio cercano di renderlo più elettrizzante possibile: dopo aver rapito e ucciso la vittima, bisognerà continuare il gioco chiedendo un forte riscatto. Naturalmente tutto deve essere studiato nei minimi particolari, per evitare che la polizia li scopra.

Credono nel mito del “delitto perfetto”, di cui parlano gli scrittori dei gialli. Vivendo in un mondo astratto, i due giovani non si rendono conto che niente può essere programmato in tutti dettagli, perché la realtà presenta sempre degli imprevisti.

Per mettere in azione il loro piano rubano una macchina per scrivere all’Università, che frequentano ancora per ottenere il dottorato di ricerca. Quando la polizia analizzerà la lettera con la richiesta di riscatto non potrà arrivare a loro, dato che usano altri modelli di macchine per scrivere. Si procurano anche un’auto, corde per legare la vittima e dell’acido per renderla irriconoscibile dopo averla uccisa. Decidono di agire il 21 maggio 1924, senza sapere ancora chi sarà il malcapitato.

La famiglia Frank sta raccogliendo i soldi per pagare il riscatto richiesto, quando un vagabondo scopre casualmente il cadavere del loro figlio Bobby, malgrado fosse stato nascosto con molta cura. Accanto al corpo, la polizia trova un paio di occhiali dalla montatura personalizzata. Sono stati realizzati solo tre esemplari di quel tipo a Chicago, uno dei quali per Nathan Leopold.

Agli agenti che lo interrogano, con la massima calma Nathan spiega di averli persi durante una gita nel bosco per studiare gli uccelli con il binocolo, essendo lui un appassionato ornitologo. Il giorno della scomparsa di Bobby, continua, era altrove con il suo amico Richard Loeb. Non essendosi messi d’accordo bene prima, Richard conferma l’alibi di Nathan, ma cade in alcune contraddizioni.

Una volta smascherati, ciascuno inizia ad accusare l’altro dell’omicidio. A questo punto le loro famiglie assumono l’avvocato Clarence Darrow, noto per essere un fermo oppositore della pena di morte e fautore del reinserimento nella società dei giovani che si sono macchiati di gravi delitti.  

Lo sconvolgente omicidio di Bobby Franks finisce sulle prime pagine dei giornali come “delitto del secolo”, un’espressione coniata proprio per questo caso. Per la prima volta una persona non viene ammazzata per interesse o per vendetta, ma semplicemente per il brivido di uccidere, da due annoiati rampolli dell’alta società. Colpisce anche la cura con la quale gli assassini hanno studiato i dettagli del delitto, anche se poi si sono fatti incastrare con estrema facilità.

Secondo gli psichiatri che li esaminano in prigione, la figura dominante è senz’altro Loeb, che vorrebbe essere una specie di Fantomas invincibile. Ama commettere delitti, gli spiace solo di non essere abbastanza bravo da non venire scoperto. Quanto a Leopold, seguiva l’amico solo per avere in cambio favori sessuali. Il primo vuole spadroneggiare, il secondo essere schiavo. Due personalità complementari.

L’editore del Chicago Tribune, il principale quotidiano cittadino, offre 25 mila dollari a Sigmund Freud per esprimere un parere sul caso. Il fondatore della psicanalisi risponde che non può farlo, perché dovrebbe esaminare i due giovani di persona e per il momento non intende lasciare Vienna. Se Freud si tira indietro, altri famosi psicologi accettano i soldi della difesa per cercare di dare una spiegazione meno atroce del delitto.

Durante le sedute del processo affermano che tutti noi non riusciamo sempre a reprimere le pulsioni distruttive che provengono dalla parte più profonda della nostra psiche, e detta così anche un omicidio diventa meno grave. Lo stesso Darrow, l’avvocato difensore, cerca di mantenere alto il tono: «Che colpa può avere una persona se prende sul serio la filosofia di Nietzsche e plasma la propria vita su di essa? Non è giusto condannare un ragazzo per le concezioni filosofiche che gli sono state inculcate all’università».

Gli imputati, però, non cercano di rendersi più simpatici. Durante le sedute stupiscono per le loro arie di superiorità, evidentemente annoiati di stare in mezzo a quella gente “normale” che vorrebbe giudicarne i comportamenti.

Comunque, per il loro aspetto curato e gli abiti eleganti suscitano l’interesse della stampa femminile, che ne parla come se fossero dei divi: “Vestiti in maniera impeccabile, la classe nella moda e la grazia nella forma”, scrive una giornalista ammirata. “Dickie”, diminutivo affettuoso di Richard, “cammina con la leggiadria e il portamento di un Rodolfo Valentino sullo schermo”, scrive un’altra. Il colore e il tessuto dei loro costosi abiti non manca mai di essere descritto con estrema cura dalle corrispondenti.       

Entrambi i ragazzi vengono condannati all’ergastolo per omicidio, più 99 anni per sequestro di persona. Una condanna apparentemente durissima, ma in realtà “mite”, dato che gli assassini meno ricchi e meno ben difesi di Leopold e Loeb vengono sempre condannati a morte. Se non altro, questa sentenza sarà d’esempio per i futuri processi limitando la pena capitale.

Nella prigione di Joliet e poi nel penitenziario di Stateville, dove scontano la pena, i due “assassini per gioco” cercano di ammazzare il tempo in maniera più utile, organizzano corsi per detenuti. Nel 1936, a 31 anni, Richard Loeb muore dissanguato a causa di 50 colpi di rasoio sferrategli dal compagno di cella. L’uccisore, James Day, viene scagionato perché riesce a dimostrare di essersi difeso da un assalto sessuale.

Nathan Leopold, invece, continua a distinguersi per il suo comportamento di detenuto modello. Accetta persino di farsi infettare dalla malaria, per permettere agli studiosi di sperimentare una nuova cura. Dopo 33 anni di prigione, e altre 12 lingue imparate, viene liberato nel 1958. Si rifà una vita a Porto Rico, nei Caraibi, dove si sposa e scrive un libro sulla sua vita. Muore nel 1971, a 66 anni, per infarto.       

Nel 1948, Alfred Hitchcock ha girato un film con James Stewart ispirandosi al caso dei due giovani intellettuali assassini, intitolato Nodo alla gola (nell’immagine di apertura). Il re del brivido era riuscito ad aggirare la severa censura del tempo accennando solo indirettamente all’omosessualità dei due. Questo film, su un assassinio perpetrato solo per assaporare emozioni forti, era considerato talmente scabroso che, nella versione italiana, sono stati alterati i dialoghi in modo da lasciare intendere che i due giovani avessero commesso un omicidio involontario.




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Di Sauro Pennacchioli

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Un pensiero su “NATHAN E RICHARD UCCIDONO PER SENTIRSI SUPERUOMINI”
  1. C’è un altro film, meno noto di quello hitchcockiano ma pregevolissimo : “Compulsion” ( tradotto da noi come “Frenesia del delitto”) di Richard Fleischer, che riprende anche più fedelmente la vicenda Leopold-Loeb.

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