Il 26 febbraio 2020 un noto personaggio della BéDé franco-belga ha compiuto 50 anni. Noto nel suo Paese, giacché nel nostro non si è mai visto. La protagonista è l’hostess dell’aria Natacha, una bella ragazza dal seno prosperoso e dalle belle gambe poco nascoste da un’audace minigonna.
In un’Italia da sempre sessuofobica i direttori di giornali per ragazzi che pubblicavano altre serie francesi non se la sono sentita di inserire un’eroina che poteva suscitare le proteste di educatori e genitori. Mentre i ragazzini, di nascosto, sfogavano la loro “sana e inconsapevole libidine” sui tascabili di Satanik e Isabella.
Fatto sta che Natacha non ha mai parlato italiano.

NATACHA NON HA MAI FATTO SCALO IN ITALIA

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In realtà quella serie ha rischiato di essere più che presentabile anche sulle pagine del Corriere dei Piccoli o de Il Giornalino dato che, come si scopre ricostruendone la genesi, il protagonista avrebbe dovuto essere un uomo.
L’idea iniziale del suo creatore François Walthéry risale agli anni sessanta, quando il disegnatore belga aiutava Peyo sulle pagine di Benoît Brisefer (da noi Poldino Spaccaferro). La volta che il titolare della serie, portatosi avanti con la produzione delle sue collane, decise di prendersi una lunga vacanza, i suoi aiutanti si ritrovarono con dell’inaspettato tempo libero.
Così Walthéry e Gos pensarono di inventarsi un altro personaggio. Per farlo muovere liberamente a tutte le latitudini, si indirizzarono verso uno steward, che avrebbe potuto saltare di aeroporto in aeroporto.

A questo punto ci mise lo zampino Yvan Delporte, caporedattore/direttore del settimanale Spirou a cui i due autori presentarono il progetto: “Un altro uomo!”, sbottò davanti alla proposta. “Tintin e Milù, Tif e Tondu, Spirù e Fantasio… sempre maschi! Perché non mettete una ragazza, al suo posto?”.
Quello che Waltéry e Gos scoprirono solo più tardi è che sopra l’appartamento di Delporte abitavano alcune giovani hostess, e la nuova serie consentiva al marpione di fargli ripetutamente visita con la scusa di documentarsi sul loro lavoro.

NATACHA NON HA MAI FATTO SCALO IN ITALIA
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Walthéry e Gos correggono il tiro e lo steward diventa l’hostess Natacha. Per le caratteristiche del personaggio, Walthéry si ispira al contempo ad alcune sue amiche che ogni tanto gli chiedevano di essere ritratte, in particolare Céline detta Linette. Altre fonti d’ispirazione sono le vedette dell’epoca: Dany Carrel, Mireille Darc e Sylvie Vartan, quest’ultima protagonista anche dei varietà televisivi italiani.

Prendendo un particolare a destra e uno a manca, la giovane hostess acquista rapidamente forma. Gos scrive la sceneggiatura e il collega la disegna. Sua moglie suggerisce il nome russo Наташа, che in italiano viene traslitterato dai caratteri cirillici in Natascia e in francese in Natacha (o Natasha).

È il 1967, ma Natacha dovrà attendere ancora qualche anno per diventare realtà. Infatti anche in Francia non è automatico pubblicare un character del genere su una rivista per ragazzi. È vero che l’editore, Charles Dupuis, appena vide le tavole del nuovo progetto esclamò: “Questo è mio!”.
Voleva però che prima fossero finiti i volumi in lavorazione di Benoît Brisefer, che era il suo personaggio preferito. Walthéry si getta a corpo morto sul disegno e finisce “Le Cirque Bodoni” e il successivo. Ma non è finita. Approfittando di un’assenza di Charles, i familiari dell’editore temporeggiano facendo slittare il tutto al 1968 e oltre.

Per fortuna anche il nuovo caporedattore Thierri Martens (che diventerà uno degli sceneggiatori della collana) si dimostra un sostenitore della graziosa hostess e alla fine telefona agli autori invitandoli a completare il primo episodio, intitolato sobriamente “Hôtesse de l’air”, che comincia a uscire a puntate su Spirou nel 1970 dal n. 1663 suscitando immediatamente l’entusiasmo dei lettori.

Un ultimo ostacolo si para davanti al progetto: la minigonna e l’abbondante seno dell’eroina continuano a creare perplessità, e quando si tratta di mandare in libreria il volume che raccoglie la storia il servizio commerciale teme che “l’aggressività sessuale” del personaggio possa tenere lontana una parte dei lettori.
Preoccupa soprattutto, in copertina, l’importanza del seno in primo piano. Viene suggerito di celarlo parzialmente mettendoci davanti l’avambraccio dell’hostess. Così viene fatto e il successo di lunga durata di Natacha può… decollare.

Quella di Natacha è una piccola rivoluzione: si tratta infatti di una delle prime eroine del mondo della BéDé. C’erano già state Barbarella, Epoxy e Pravda, ma si rivolgevano a un pubblico scelto e adulto, mentre l’avventurosa hostess approda su una rivista “per tutti”, preceduta cinque anni prima da Sophie che era però solo una bambina. Con Natacha al grande pubblico viene offerta una figura femminile dal carattere deciso, seducente quanto indipendente.

Walthéry la fa nascere nella sua città di nascita, Liegi, e la fa abitare, come lo steward Walter (il compagno d’avventure un po’ goffo e pasticcione che pian piano diventa un vero e proprio alter ego dell’autore), nella zona del Carrè.

Per la precisione, François Walthéry era nato nel 1946 in provincia, ad Argenteau e cresciuto a Cheratte. La sua tranquilla infanzia in quelle cittadine gli servirà per due sue opere, le nostalgiche Le P’tit Bout d’Chique e Le Vieux Bleu. Cresciuto poveramente nell’immediato dopoguerra, François sviluppò precocemente l’amore per i fumetti e ci si dedicò con passione, sostenuto dalla famiglia.
Adorava Hergé e André Franquin. Di quest’ultimo, ancora bambino, si dilettò a copiare “La Corne de Rhinocéros”. Venne poi influenzato da Maurice Tillieux e dagli artisti della statunitense Mad, in particolare Wallace Wood e Jack Davis.

A quindici anni iniziò a far vedere in giro i suoi lavori, cominciando con l’artista Jean Mariette meglio conosciuto come Mittéï, che abitava vicino a a casa sua. Fu lui, nel 1961, a incoraggiarlo a continuare e a iscriversi all’istituto Saint-Luis di Liegi. L’anno successivo gli affidò i disegni di una sua sceneggiatura della serie Pipo per il giornale Junior.
Nel 1963 la carriera di Walthéry accelera: a soli diciassette anni viene preso come assistente nello Studio Peyo. Lì conosce Derib, Bennet, Gos, Lucien De Gieter e tanti altri. Inizia realizzando una parte degli sfondi di “Schtroumpfonie en ut”, episodio dei Puffi, poi riprende la serie di Jacky et Célestin (1963-1964) e infine gli viene affidato Benoît Brisefer di cui disegna quattro volumi fino al 1972.
A quel punto lascia lo studio e crea una nuova serie, la citata Le Vieux Bleu, scritta da Raoul Cauvin e continua a collaborare a Spirou con storielle di due-quattro pagine e copertine dei numeri speciali. 
Nel 1988 porta il suo personaggio alle edizioni Marsu Productions, per le quali realizza anche Le P’tit Tout d’Chique. Quell’anno si sposa e l’anno successivo gli nasce un figlio.

 

Il successo della serie e i molti impegni dell’autore belga comportano un vorticoso alternarsi di autori sulle pagine di Natacha. Il primo a tirarsi indietro è Gos. L’editore pagava le storie alla consegna delle tavole complete, e visto che Walthéry, tra un lavoro e l’altro, rimandava continuamente la realizzazione di Natacha, Gos non poteva permettersi di aspettare troppo prima di riscuotere la parte che gli spettava per la sceneggiatura. Decise perciò di dedicarsi completamente alla sua serie, les Scrameustache.

Dal terzo volume lo sostituì così un altro amico e collega dello Studio Peyo, Marc Wasterlain. Ma nuovi problemi, stavolta personali, si presentano sulla strada della collana: al padre di Walthéry viene diagnosticato l’Alzheimer e, nonostante le cure, muore alla fine del 1972. Per il giovane autore è un colpo terribile che lo spinge a lasciare lo Studio Peyo.

Il passaggio dalla Dupuis alla Marsu Productions lascia libero l’autore di aggiungere un po’ di pepe ulteriore alla serie, arrivando a nudi abbastanza espliciti.

Il succedersi degli autori, da Tillieux a Cauvin, non danneggia la serie, anzi, la arricchisce. Walthéry resta il disegnatore di Natacha, ma ogni collaboratore apporta il suo contributo inserendo elementi ora polizieschi, ora fantascientifici, ora esotici o umoristici. Il registro delle storie cambia continuamente, passando da episodi più divertenti a storie cariche di tensione, dall’avventura alla suspence, al fantastico.

 

 

 

 

 

 

Walthéry ha un’altra passione, il jazz, e in qualche modo riesce a riversarlo nelle storie della sua eroina dando alla collana un ritmo sincopato e “d’improvvisazione”. Dai suoi viaggi intorno al mondo riporta poi impressioni e immagini che riversa nella serie iniettando dosi di realtà e colore locale.

Si diverte anche a inserire nelle storie caricature di amici e colleghi, come Dany in “La Veuve Noire'”; a Victor Hubinon, il disegnatore di Buck Danny, fa interpretare la parte di un aviatore in “Les Nomades du Ciel”; in “Natacha et les Petits Miquets” inserisce l’intero art staff di Spirou. Ne “La Mer des Rochers” assegna ai politici Elio di Rupo e Louis Michel la parte dei gangster.

Dopo ventitré album, la corsa di Natacha non sembra destinata a concludersi. Walthéry non è più il giovane autore che la mise in pista cinquant’anni fa, ma a 74 anni sente di avere ancora più d’una storia da raccontare. “I miei cassetti sono pieni di sceneggiature”, spiega. “Tra cui una di Michel Dusart, che ha già scritto per me l’episodio della Vedova Nera. Ho anche un altro testo di Étienne Borgers, ben conosciuto dai lettori, e pure un nuovo adattamento di avventure scritte da Maurice Tillieux“.
“Avrò il tempo di disegnarle?”, si domanda. “Francamente, non lo so. Una tavola mi richiede quaranta ore di lavoro. Potrei farne un paio alla settimana, ma non m’interessa, perché voglio che il disegno resti un piacere. Non mi sono mai annoiato, nella vita. Ho bisogno di disegnare, anche se in modo meno compulsivo rispetto ad altri autori. Per me resta un piacere, lavorare (per quanto il mio sia considerato come un lavoro), e mi auguro di poter continuare a dividerlo con il massimo dei lettori finché sarà possibile”.

François Walthéry disegna spesso e generosamente per gli appassionati come per beneficenza. “Vivo in un paesino, che adoro. Forse è vero che faccio disinteressatamente più disegni rispetto ad altri miei colleghi, ma non so se loro vivono in un villaggio come il mio, dove tutti si conoscono. Amo uscire di casa e intrattenere contatti con tutti, e se posso aiutare qualcuno con un disegno, perché non farlo? Questa condivisione mi fa piacere”.

In occasione dei cinquantennale del personaggio, l’autore belga ha pubblicato con le Éditions Khani un volume fuori serie intitolato “50 anni di charme”. Si tratta di una raccolta di disegni quasi tutti a pagina intera. Da più di trent’anni il titolare della casa editrice, Bernard Grailet, ha messo al posto d’onore Natacha e il suo autore.
Aveva già realizzato l’album “Nostalgia” e organizzato una festa a sorpresa per i vent’anni dell’eroina con la partecipazione del cantante Renaud oltre che di una trentina d’autori e altri 150 invitati! Stavolta ha riunito un centinaio tra le più belle dediche realizzate da Walthéry e un buon numero di disegni inediti di Natacha realizzati nel corso dei decenni. In un’edizione speciale del libro, ha aggiunto sedici ulteriori pagine con ex-libris e un montaggio particolare, una specie di diorama.

NATACHA NON HA MAI FATTO SCALO IN ITALIA

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NATACHA NON HA MAI FATTO SCALO IN ITALIA

 

 

 

3 pensiero su “NATACHA NON HA MAI FATTO SCALO IN ITALIA”
  1. Che poi, anche se fosse stata pubblicata in Italia, almeno nella sua prima versione, era un personaggio che, escludendo alcune mises leggermente osè, era talmente castigata, oltre a vivere avventure in definitiva piuttosto noiosette, che non avrebbe certo scandalizzato i lettori italiani. Vuoi mettere la più dozzinale “Hostess” della Edifumetto!

  2. Sì, ma tu non hai idea della sessuofobia presente nelle redazioni dei giornali per ragazzi (che d’altronde erano sotto perenne esame delle nefaste “associazioni di genitori”)! Al Giornalino volevano mettere le mutande ai miei Hominidi (e il bikini alle femmine della specie), cioè piccoli personaggi umoristici con il corpo fatto a pera e fittamente coperto di pelo. Dovetti fare una mezza scenata in redazione e minacciare di riprendermi il lavoro, perché facessero marcia indietro e li pubblicassero come erano.

  3. Sì, conosco abbastanza bene le idiozie della censura. Un difetto di Natacha che mi sono dimenticato di dire prima e che a mio avviso è importante notare sono le ambientazioni aeroportuali ed aeree. Erano spesso troppo “quotidiane”, ben lontane da quelle glamour, stile Jet Age world, o più seventies “Concorde & Peter Stuyvesant World” tanto per intenderci, che uno si aspettava in un fumetto imperniato su quel mondo, magari influenzato da (deleterie?) letture (come il famigerato libretto “Caffè, tè, me?”).

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