Mike Kaluta è un disegnatore sopraffino, insieme a Neal Adams e Bernie Wrightson formò un terzetto di artisti nati negli anni quaranta che avrebbero potuto rivoluzionare il mondo del fumetto americano durante gli anni settanta e invece, salvo che per Adams, rimasero ai margini del mainstream. Del resto, per un motivo o per l’altro, la Dc Comics non seppe sfruttare a pieno il loro talento.

Kaluta arriva a New York dalla Virginia nel 1969 per aiutare Al Williamson a disegnare le strisce quotidiane di Secret Agent Corrigan (X-9) e ben presto trova lavoro alla Dc Comics tramite Dick Giordano. A quei tempi Mike Kaluta impiegava circa tre giorni per completare una pagina. Questa sua lentezza gli impedì l’accesso alle serie mensili, che erano le più vendute, e lo relegò su quelle bimestrali di seconda linea anche se spesso di alta qualità.

Quando poi, ormai conosciuto e apprezzato dai lettori, cominciò a non rispettare le consegne, si diffuse la voce che passasse più tempo con le ragazze che al tavolo da disegno e il direttore Carmine Infantino fu costretto a togliergli The Shadow, il suo capolavoro.

A quel punto la sua avventura alla Dc Comics era alle battute finali. Vale però la pena di ripercorrerla ricordando i tanti piccoli gioielli che il giovane disegnatore realizzò nella prima metà degli anni settanta.

Gli inizi New Horror

All’inizio Mike Kaluta, come altri giovani disegnatori, viene messo alla prova sugli albi antologici del “New Horror” resi possibili dall’allentamento, alla fine degli anni sessanta, delle censure del Comics Code. House of Mystery e House of Secrets, due testate dirette da Joe Orlando, stanno ottenendo un discreto sucesso.
Contengono brevi fumetti dell’orrore presentati rispettivamente da Abel (Abele) e Cain (Caino), nello stile ironico di Zio Tibia della Warren. I disegni di Kaluta ricchi di ombre e di distorsioni anatomiche ben si prestano al genere.

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Dapprima si dedica alle storie secondarie, ma con “The Beast’s Revenge”, apparsa su House of Mystery n. 200 del marzo 1972, Mike Kaluta ottiene la storia principale.
Un contadino uccide sua sorella per impadronirsi dell’intera proprietà terriera e venderla, in modo da tornare in città perché odia gli animali della fattoria. La sorella è invece amata da tutti gli animali e così finisce che gli animali della fattoria gli bloccano la strada…

I disegni sono fantastici, la tridimensionalità delle figure ricorda certe cose di Richard Corben, all’epoca impegnato nel fumetto underground, e il lavoro sulle ombre non ha niente da invidiare a Bernie Wrightson.

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Ma la sua prova migliore è “Born Losers”, apparsa su House of Secrets n. 98 del luglio 1972, per la quale disegna una splash page iniziale che raffigura una camera da letto devastata e piena zeppa di insetti striscianti.

Le figure umane di Mike Kaluta sembrano malate, deformi e abbruttite, rese tridimensionali da una misurata disposizione delle ombre. Gli ambienti sono deteriorati, devastati e consunti, infarciti di oggetti inquietanti e consumati dal tempo. La storia racconta di uno scienziato pazzo che inietta in un pugile afroamericano un siero ricavato dagli insetti che dovrebbe renderlo più forte, ma che lo trasformerà in un insetto.

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Il fumetto è pervaso da una tensione costante creata mediante l‘uso ripetuto di deformazioni anatomiche e di prospettive sghembe. La paura sui volti è ottenuta calibrando sapientemente le fonti luminose e il posizionamento delle ombre, il disgusto è immediato alla visione del gigantesco insetto, ripugnante risultato di una metamorfosi kafkiana. 

Carson of Venus

Nel 1972 l’editor Joe Orlando comunica a Mike Kaluta che la Dc ha appena acquistato i diritti delle opere di Edgar Rice Burroughs e gli chiede che cosa gli sarebbe piaciuto disegnare. Kaluta sapendo che Joe Kubert ha già scelto Tarzan e Murphy Anderson ha preso John Carter di Marte, il personaggio di fantascienza più famoso di Burroughs, ripiega su Carson di Venere, personaggio fantascientifico meno celebre.

Così Kaluta realizza storie di nove pagine che escono in appendice sul bimestrale Korak Son of Tarzan, in origine pubblicato dalla Gold Key come Tarzan, e da poco rilevato dalla Dc Comics che ne continua la numerazione.

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Len Wein, lo sceneggiatore, adatta le storie di Edgar Rice Burroughs con molta fedeltà e Mike Kaluta le disegna con uno stile già maturo, un segno definito e utilizzando, a differenza che nei racconti horror, poche ombre.

Wein spinge l’acceleratore sulle atmosfere fantasy cercando forse di rincorrere il successo che in quegli anni sta ottenendo Conan il barbaro. Abbiamo principesse in pericolo, amori che sbocciano, combattimenti contro ragni giganti e via dicendo. Kaluta adatta sempre più il proprio stile, che come quello di Barry Windsor-Smith su Conan comincia ad accogliere influenze legate all’art nouveau dei primi anni del Novecento.

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Leggendo l’adattamento di Len Wein si rimane colpiti da quanto fossero efficaci i romanzi delle pulp. La caratterizzazione dei personaggi è notevole ed è avvincente vedere come Carson coltivi le proprie amicizie, come pensino e agiscano i nativi, le differenze e le somiglianze con la nostra cultura.
  

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Il lavoro di Mike Kaluta è notevole soprattutto nel layout delle pagine e nel modo in cui compone inquadrature e prospettive di ogni singola vignetta. Stupisce in particolare la rappresentazione della tecnologia aliena, che mette in mostra immaginazione e creatività.

Dalla vita dei selvaggi alle viste spettacolari della città, della giungla o del mare, ciò che vediamo ha sempre un significato preciso. Kaluta, inoltre, cura particolarmente gli sfondi che riempe di dettagli: anche quando potrebbero essere vuoti, vi disegna uccelli o nuvole.

Spawn of Frankenstein

Lo Straniero Fantasma è un personaggio creato da John Broome e Carmine Infantino negli anni cinquanta che viene rilanciato nel 1969, pure lui come “presentatore” di storielle horror. Per un po’ di tempo ospita, nell’albo a cui dà il proprio nome, The Spawn of Frankenstein, brevi fumetti scritti da Marv Wolfman ispirati al mostro del romanzo di Mary Shelley.

Il Frankenstein di Mike Kaluta assomiglia molto a quello più famoso di Bernie Wrightson, che però viene dopo. Kaluta conferma la sua predisposizione per le atmosfere horror che crea ad arte infarcendo le vignette di ombre.

MIKE KALUTA ALLA DC CON FURORE


Marv Wolfman si trova davanti al problema di tutti gli scrittori che hanno provato a continuare il romanzo della Shelley. Il libro si conclude con il mostro che va alla deriva su una zattera tra i ghiacci del Polo Nord. Quindi, a parte l’ovvio recupero del corpo in stile Capitan America, come si prosegue?
Intanto, Wolfman nel primo episodio fa uccidere dal mostro Victor Adams, l’uomo che lo ha recuperato dai ghiacci.


In tutto Mike Kaluta realizza tre episodi, che per i testi bizzarri e i disegni raffinati sembrano uscire dai fumetti americani dell’inizio degli anni cinquanta.

Mentre la vedova di Victor Adams giura sulla sua lapide che ne vendicherà la morte, viene rapita da un satanista che intende immolarla in un rito di magia nera. Per sua fortuna nel bel mezzo del rituale arriva il mostro di Frankenstein a rimettere le cose a posto.
Kaluta ci sta prendendo gusto e il suo mostro diventa più spaventoso puntata dopo puntata. Poi, all’improvviso, gli autori della serie vengono cambiati.


Joe Orlando non spiegherà mai in modo chiaro la partenza di Wolfman e Kaluta da The Spawn of Frankenstein. Per la cronaca Marv Wolfman passa alla Marvel, il che gli rende difficile se non impossibile continuare a lavorare come freelance per la Dc, e Kaluta si sta preparando per iniziare a lavorare su The Shadow, un impegno che coinvolgerà completamente il nostro disegnatore molto scrupoloso ma anche molto lento.

The Shadow

All’inizio del 1973 alla Dc non riescono a trovare qualcuno che disegni The Shadow (l’Ombra), il tenebroso vigilante creato da Walter B. Gibson protagonista della letteratura pulp degli anni trenta, di cui hanno appena acquistato i diritti.

Avrebbe dovuto disegnarlo Bernie Wrightson, che aveva già realizzato una bellissima pagina introduttiva, ma ormai era troppo occupato con Swamp Thing. L’avevano chiesto anche a Jim Aparo, ma pure lui era troppo impegnato. Il grande Jim Steranko lo voleva per lui, ma esigeva il controllo delle sceneggiature quando alla Dc avevano già deciso che lo avrebbe scritto Denny O’Neil. Persino Alex Toth avrebbe voluto farlo, a patto di scriverlo lui stesso.


La scelta cade infine su Mike Kaluta, che però non se la sente: “Non ho mai disegnato storie di 20 pagine”, cerca di giustificarsi.

Oltre che per la sua risata sinistra, l’Ombra è famoso per alcuni tormentoni, in particolare l’introduzione del suo programma radiofonico (dove era nato all’inizio degli anni trenta): “Chissà quale male si annida nei cuori degli uomini? L’Ombra lo sa!”. E le battute finali ricorrenti degli episodi: “L’erba del crimine porta frutti amari! Il crimine non paga… L’Ombra lo sa!”.


Anche se le storie di O’Neil sono buone, la fama di questi numeri sta principalmente nei disegni di Mike Kaluta. Il suo lavoro ha dato fama imperitura al personaggio nel mondo del fumetto, facendone una delle serie più iconiche degli anni settanta benché di scarso successo commerciale.

Kaluta parte con il rendere omaggio alle copertine delle riviste pulp, con vecchie auto, signore eleganti alla moda e delinquenti armati che indossavano i cappelli borsalino. Ci aggiunge poi deliziose interpretazioni di fumo e nebbia, o di pioggia e pozzanghere che riescono a recuperare l’atmosfera di certi film polizieschi di serie B del periodo.

Infine, c’è l’incredibile lavoro fatto sulle figure umane rese tridimensionali mediante una sapiente distribuzione delle ombre, le quali rivelano le loro emozioni mediante espressioni facciali ampiamente modulate.


Tutta questa magnificenza ha un prezzo. Nonostante The Shadow esca a cadenza bimestrale, Kaluta è comunque troppo lento: riesce a realizzare soltanto le copertine dei numeri 1-4, 6, 10-12 e i disegni interni dei numeri 1-4 e 6.

Per rispettare le scadenze deve farsi aiutare da Bernie Wrightson per il numero 3 e da Wrightson, Steve Hickman e Howard Chaykin per il numero 4. Non riesce a consegnare in tempo il n. 5, che uscirà disegnato da un ottimo Frank Robbins, e Carmine Infantino lo solleva dall’incarico. La serie perde mordente, anche se in realtà non ha mai venduto molto, e termina con il n. 12 nell’agosto del 1975.

In seguito Mike Kaluta continuerà a collaborare con grandi e piccole case editrici, ma sempre marginalmente e, del resto, il suo momento d’oro dal punto di vista creativo è già finito. Il suo momento creativo era finito forse perché non saprà più legarsi a lungo con bravi sceneggiatori come era successo fino a quel momento, sceneggiatori in grado di far risaltare i suoi originalissimi disegni.





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