Il MarvelMan di Alan Moore rappresenta uno dei più importanti capitoli nella evoluzione dei supereroi.
Si tratta di un personaggio nato negli anni cinquanta in Inghilterra e finito, dopo una lunga odissea, alla Marvel.

Un successo nato nel primo boom dei supereroi
Superman, creato da Jerry Siegel e Joe Shuster, viene lanciato nel 1938 dalla casa editrice che, dopo avere cambiato diversi nomi, diventerà la Dc Comics. Poco dopo diverse case editrici pubblicarono un supereroe dopo l’altro, compresa la Fawcett Comics, che nel 1941 presentò Captain Marvel, la cui testata arrivò a vendere fino a un milione di copie.


Captain Marvel, creato da Bill Parker (testi) e C.C. Beck (disegni), divenne persino più popolare di Superman. Nel 1941 venne realizzato un adattamento cinematografico su di lui: un serial di 12 cortometraggi intitolato The adventures of Captain Marvel, interpretato da Tom Tyler.

Cliccare sull’immagine per vedere il serial

Nel primo episodio del fumetto, il giovane Billy Batson, un fattorino orfanello, grazie al fortuito incontro con un misterioso mago chiamato Shazam viene investito di un immenso potere. Pronunciando il nome del mago, infatti, evoca un fulmine magico che lo trasforma in un adulto in costume facendolo diventare l’essere più potente della Terra.

La prima trasformazione del giovane Billy Batson in Captain Marvel

 

Intorno a Capitan Marvel la Fawcett aggiunse un’intera famiglia Marvel: Miss Mary Marvel, Uncle Marvel e soprattutto Capitan Marvel Junior.
Il segreto del successo di questi fumetti era da ricercare nelle trame dalla struttura semplice ed immediata, capaci di conquistare un bacino di lettori più ampio rispetto a Superman. I giovani lettori non avevano molte difficoltà a identificarsi in un loro coetaneo, capace non solo di trasformarsi, grazie alla magica saetta, in un adulto, ma in un adulto con superpoteri.

La fortuna del Capitano perdurò  fino al 1953, anno in cui la Fawcett, in un momento di crisi diffusionale dei supereroi, decise di darla vinta alla Dc dopo una battaglia legale durata un decennio. Una guerra combattuta nelle aule di tribunali in cui la Fawcett era accusata di plagio, di aver cioè creato il personaggio di Capitan Marvel copiando Superman.
In verità, tra le decine di imitazioni di Superman, Capitan Marvel era quello che meno di tutte meritava una simile accusa, ma evidentemente la vera causa dell’azione legale era data dal fatto che i fumetti di Capitan Marvel e famiglia minacciavano seriamente la popolarità del kryptoniano.
La Fawcett, con un accordo stipulato fuori dall’aula del tribunale, rinunciò formalmente di continuare a pubblicare Capitan Marvel e i personaggi correlati negli ultimi mesi del 1953.

Otto Binder
, il principale sceneggiatore di Capitan Marvel, finì proprio alla Dc Comics, dove rivitalizzò il personaggio secondo la ricetta di Capitan Marvel (creandogli, quindi, una “famiglia” formata da Supergirl, il supercane Krypto, eccetera).
Nei primi anni settanta la Dc Comics comprò dalla Fawcett i diritti del personaggio, ma dovette intitolare la testata “Shazam!” in quanto la Marvel aveva già fatto uscire il suo Capitan Marvel (vedi qui).

Illustrazione relativamente recente di C.C. Beck con Captain Marvel e Sivana, il “mad doctor” calvo


Intanto dall’altra parte dell’oceano…
In Inghilterra il personaggio della Fawcett veniva pubblicato anche lì con successo dalla L. Miller & Son Pub. in seguito alla chiusura delle pubblicazioni di Capitan Marvel in America si ritrovò priva di materiale da portare nelle edicole inglesi.
Fu così che la Miller & Son commissionò a Mick Anglo, un affermato autore locale, la creazione di un nuovo personaggio che ricordasse molto da vicino lo scomparso Capitano per colmarne il vuoto.
Nacque così Marvelman, un supertizio che, malgrado la tutina aderente blu invece di rossa, era quasi identico a Capitan Marvel. Per questo motivo raccolse una risposta entusiasta dal pubblico inglese. La sua vita editoriale (la prima) durò nove anni, dal 1954 al 1963.


Il giovane Billy Batson fu sostituito da Mick Moran, un fattorino del Daily Bugle (ovviamente non lo stesso giornale che anni dopo avrebbe comprato le foto di un certo Peter Parker), il quale, dopo aver salvato da un’aggressione l’astrofisico Guntag Barghelt, venne designato da quest’ultimo custode di un immenso potere cosmico, che lo scienziato aveva scoperto nel corso dei suoi studi in un laboratorio segreto.
Così Mick Moran, pronunciando la parola Kimota (atomic sillabata al contrario), invece di gridare Shazam come faceva Capitan Marvel, era in grado di evocare un fulmine che lo trasformava nel potentissimo MarvelMan.
Ispirandosi alla serie Fawcett, Anglo introdusse personaggi simili come Young MarvelMan, Kid Marvelman e Doctor Gargunza, il quale ricordava nel suo machiavellico modus operandi il perfido Dottor Sivana (nemico numero uno di Captain Marvel).

Prima di fare un salto ventennale e arrivare agli anni ottanta, vi segnalo che, nel 1966, l’Editoriale Europa pubblicò in Italia la testata MarvelMan, un albo dal formato gigante di 48 pagine in bianco e nero che raccoglieva le avventure firmate da Anglo e di cui furono pubblicati 8 numeri.

Arriva Alan Moore
Dopo il 1963 MarvelMan cadde nel dimenticatoio fino al giorno in cui Dez Skinn della Quality Communications rilevò i suoi diritti di pubblicazione e commissionò a un giovane, ma promettente Alan Moore, la rivisitazione del vecchio personaggio.

Moore fu scelto in base alla sue stesse dichiarazioni rilasciate durante un’intervista alla Society of Strip Illustrators, la quale aveva chiesto a molti autori inglesi quali fossero le loro ambizioni. In quella sede, Moore disse che avrebbe scritto volentieri una nuova serie di storie per il vecchio personaggio di Mick Anglo. Il direttore di Warrior, la rivista contenitore che avrebbe serializzato anche V for Vendetta dello stesso Moore, non si fece scappare l’occasione chiamando per i disegni prima Garry Leach e poi Alan Davis.


L’arrivo del metaumano
La nascita del cosiddetto metaumano con una concezione più adulta di superpotere e l’approfondimento sul rapporto tra i superesseri e i comuni umani nasce qui.
Alan Moore si misura con questa decostruzione introducendo, quasi in sordina su Warrior, le linee guida che caratterizzeranno buona parte del fumetto supereroistico dagli anni novanta in poi, a partire dalla versione perfezionata che ne fa lui stesso nei Watchmen.

A little bit of hype – A Dream of Flyng
Il Mick Moran di Alan Moore è un adulto stanco, terribilmente anonimo, spaventosamente umano, che non ha ricordi del suo passato di supereroe. Un passato che però ritorna prepotentemente durante l’attentato terroristico a una centrale nucleare. La bellezza del MarvelMan di Moore (che sarà ribattezzato MiracleMan solo quando l’Eclipse Comics lo ristamperà su suolo americano, per evitare possibili ritorsioni legali da parte della Marvel) risiede nel disadattamento del superuomo in un mondo realistico, dove le sue doti sono viste con scetticismo e terrore dalla popolazione. Il cinismo e la paura di Liz, compagna di Mick Moran, nei confronti delle nuove doti sovrumane di MarvelMan è terribilmente attuale se pensiamo che si tratta di materiale del 1982.
L’alienazione del supereroe che distrugge, danneggia e persino uccide con il suo potere, fanno quindi la loro prima comparsa nel MarvelMan di Alan Moore.


Nel MarvelMan pubblicato su Warrior è innegabile anche una rivoluzione grafica. I disegni di Leach e successivamente di Davis tendono al realismo, contro lo spirito scanzonato della serie di Anglo: in alcune tavole è persino emulato per evidenziarne il superamento. Un nuovo tratto che rafforza la certezza che Mick Moran si trova in un mondo diverso da quello dove ha vissuto le prime gloriose (ed al tempo stesso innocue) avventure.
In poche didascalie, Alan Moore rende anacronistico il personaggio della golden age inglese inserendolo nella disillusa realtà degli anni ottanta.



Da MarvelMan a MiracleMan
Con la chiusura della testata antologica Warrior, la serie di MarvelMan fu bruscamente interrotta, ma la qualità della saga fece in modo che non restasse troppo fuori dai circuiti di distribuzione. Anche perché dal 1983 Alan Moore aveva riscosso un grande successo di critica in America grazie alla sua run su Swamp Thing della Dc Comics. Fu così che la Eclipse Comics decise di pubblicare la serie negli States: nell’agosto del 1985 vede la luce MiracleMan, nuovo nome per MarvelMan, che fino al numero 6 riproporrà l’arco di storie pubblicato da Warrior.
Il settimo numero, dell’aprile 1986, contiene materiale inedito scritto da Moore, commissionato dallo stesso editore dopo il successo dei primi numeri e la crescente popolarità dell’autore inglese, che nel frattempo per la Dc Comics sta resuscitando il fumetto supereroistico con la sua opera più famosa, Watchmen.
L’ultimo numero di MiracleMan firmato da Alan Moore è il 16, del dicembre 1989. Dal 17 arriva un altro inglese, Neil Gaiman, che ne scrive le storie fino alla chiusura della testata avvenuta con il numero 24 (1994), per i problemi finanziari della casa editrice che dichiara bancarotta nel 1994.

Todd vs Neil
Nel 1998, il famoso e famigerato disegnatore Todd McFarlane si accaparra a un’asta i diritti dei personaggi Eclipse, ma in realtà l’unico ad interessargli davvero è Miracleman, che vuole introdurre nell’universo narrativo del suo Spawn pubblicato dalla Image. Il buon Todd non fa in tempo a commissionare a Steve Niles uno story-arc che dovrebbe introdurre MiracleMan nella sottoserie di HellSpawn, ciclo di storie che il devastatore di anatomie supereroistiche aveva già pensato di accompagnare con una nuova linea di ActionFigure, ispirate al character di Moore (prodotte dalla sua azienda di pupazzetti), che si ritrova con una diffida vergata dai legali di Neil Gaiman sull’uso del personaggio.
Nonostante le agguerrite difese degli avvocati di McFarlane, la battaglia legale dura ben più di una decade. Il problema è che i diritti comprati all’asta valgono per tutti i personaggi Eclipse salvo MarvelMan/MiracleMan, in quanto il suddetto character è orfano di una specifica proprietà. Infatti, ripercorrendo a ritroso la tribolata vita editoriale del personaggio, viene fuori che né la Miller & Son, né Anglo e tantomeno la Quality Comics, detengono specifici copyright sul personaggio, la cui paternità finisce legalmente attribuita all’ultimo scrittore e all’ultimo disegnatore prima della chiusura: Gaiman e Buckingam.

La guerra legale (la seconda se consideriamo quella della Fawcett-Dc Comics) si prolunga fino al 2009. Nel frattempo, a dare sostegno economico a Gaiman e alla sua neonata Marvels and Miracles Llc, arriva Joe Quesada, a quei tempi Editor in Chief della Marvel Comics, che evidentemente ha in mente un recupero del personaggio in quanto, parallelamente, la casa delle idee tratta l’acquisizione delle vecchie storie di Mick Anglo degli anni cinquanta e sessanta.


MiracleMan alla Marvel
È il 2009 quando arriva l’annuncio che la Marvel pubblicherà in America una serie di volumi con le storie di MarvelMan firmate da Anglo.
Al buon Todd non resta che gettare la spugna: la Marvel ha la proprietà dei diritti sul materiale firmato da Anglo, che così è riuscito a essere accreditato per la prima volta, e anche i diritti sulle storie di MiracleMan ben salde nelle mani di Gaiman (che a quei tempi per la Marvel realizza la miniserie 1602).

In seguito la Marvel ristampa anche il MiracleMan di Alan Moore, il quale però vieta l’utilizzo del suo nome nella nuova edizione: il bardo si è sempre mostrato refrattario a qualsiasi riedizione, ricostruzione o reinterpretazione dei suoi lavori. Oltre che alle major dei comic book in generale.

Oltre a continuare le ristampe, la Marvel realizza una storia inedita di MiracleMan nel 2014 con i testi dell’inglese Grant Morrison e i disegni di Joe Quesada.

2 pensiero su “COME L’INGLESE MARVELMAN È FINITO ALLA MARVEL”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *