Luke Cage è il primo supereroe afroamericano della Marvel di una serie tv in cui si intrecciano politica e finzione.

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Ancora proteste negli Stati Uniti per l’uccisione di un altro afroamericano, un ragazzo di 18 anni, Carnell Snell Jr, da parte della polizia a Los Angeles. Dopo i disordini e le manifestazioni di Charlotte, seguite all’uccisione di un afroamericano da parte della polizia e costate la vita a un altro giovane di colore sempre per mano di un poliziotto, Luke sfida anche i pregiudizi e gli stereotipi sul genere.
È l’ennesimo capitolo di una sequela di fatti di sangue che contrappongono la popolazione nera e le forze dell’ordine degli Stati Uniti. Mentre il movimento Black Live Matters assume sempre più importanza proprio alla luce di queste vicende, anche un eroe della Marvel, Luke Cage, la cui serie ha debuttato il 30 settembre su Netflix, si trova a rivestire un ruolo “politico” di un certo rilievo, e non solo sul teleschermo.

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Una delle cose migliori delle serie su Netflix tratte da fumetti Marvel è che, pur senza allontanarsi troppo dal family feeling della casa editrice fondata da Martin Goodman, in ognuna di esse i personaggi hanno un carattere specifico, uno stile distintivo. Daredevil è letteralmente dark, e contiene alcune scene di efferata violenza. In Jessica Jones lo squallore degli eventi è compensato da un profluvio di battute brillanti.
Luke Cage è una serie priva di spigoli, lineare, una storia in cui l’eroe interpretato da Mike Colter lotta per uscire dal ghetto storico ed economico in cui si trovano a vivere lui e tutti gli abitanti del quartiere. Tutti e tre i personaggi della serie lottano per un ideale di eroismo, in un mondo cambiato per sempre da “The Incident”, la battaglia di N.Y. Ma ognuno lo fa percorrendo la propria strada, attraverso un percorso che alla fine li porterà, tutti insieme, con Iron Fist (Pugno d’acciaio), a diventare I Difensori.

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Ma per adesso le loro storie procedono parallele, e anche se sappiamo che Luke Cage ha avuto un ruolo importante nella vita di Jessica Jones (è il padre di sua figlia), la serie Netflix lo vede lontano da quegli eventi. Si svolgeranno mesi dopo, nel momento in cui Cage si è trasferito ad Harlem da Hell’s Kitchen e sta tentando di mantenere un profilo basso. Riesce a malapena a sbarcare il lunario, mentre spazza il pavimento della bottega del barbiere del quartiere (di proprietà di Pops, figura paterna interpretata da Frankie Faison di The Wire e Banshee), e lava i piatti in un locale notturno di proprietà del boss Cornell “Cottonmouth” Stokes ( Mahershala Ali). Non ci vuole molto perchè le storie dei vari personaggi si colleghino tra loro e si sblocchi l’impasse: l’idea balzana dei giovani clienti del barbiere di fare soldi facili si trasforma in una carneficina che spinge Cage a muovere il culo e ad accettare il destino di super-eroe-il-cui-scopo-è-proteggere-i-deboli.

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La serie fa un ritratto realistico della vita di strada nell’America dei giorni nostri, mostrando in dettaglio non solo il funzionamento interno delle organizzazioni criminali, ma anche una polizia che si sente assediata e reagisce con la violenza, politici squallidi e i giovani neri che vedono in armi e droga un modo per fare soldi facili.

Luke Cage invece odia le armi, e una delle cose più interessanti delle sequenze di combattimento non è solo la fisicità che impiega per sopraffare i nemici (non per niente nei fumetti è chiamato anche Power Man), ma il modo in cui distrugge le loro armi da fuoco. Perché, come dice a Pops, “un uomo con la pistola non ha padre”.

Cage è un duro dal fisico bestiale, come dimostrano un certo numero di scene piuttosto eccitanti e testosteroniche, ma ha anche un lato molto tranquillo. Legge il settimanale New Yorker, che è anche più intellettuale del nostro L’Espresso e discute della sua passione per le crime novels di George Pelecanos. È un vero signore, il classico eroe riluttante. Ma quando è minacciato da un giovane armato di pistola che per giunta lo chiama “negro”, dopo una lunga e faticosa giornata, accetta il confronto.
“Vedi un negro qui davanti a te?” chiede al ragazzo, e chiede anche se conosce l’eroe nero Crispus Attucks, raffigurato sulla parete del palazzo di fronte.
“Vedo solo un negro morto” risponde il giovane. E Cage gli strappa la pistola da mano e il ragazzo scappa via.
Ma quello che sorprende è la qualità, il modo in cui questo serial rappresenta Harlem, con stile e rispetto. Con un’intimità che si estende a tutti gli aspetti, alla specificità culturale e ad ogni dettaglio. L’idea che Luke Cage non sia solo un eroe, ma sia un supereroe nero, è messa in risalto in ogni inquadratura.

luke-cagePer questo e per tanti altri motivi, Luke Cage non è solo la storia di un giustiziere. In Jessica Jones si è trattato il tema degli abusi fisici e psicologici, del consenso, del potere, il dramma dell’essere un “sopravvissuto”, e in questa serie si affrontano i problemi del mondo reale, andando ben oltre le vicende di metaumani e cattivi da cartoni animati. Come in Daredevil, si tratta di cambiare il punto di vista della comunità e di non permettere a un cattivo di governare solo perché è più facile disinteressarsi di questioni politiche. Il criminale Cornell e la cugina, la politicante Mariah (Alfre Woodard) sono come le due facce del Kingpin dalla duplice personalità antagonista dell’Uomo Ragno. Cornell vuole denaro, potere, e pretende rispetto, mentre Mariah tollera le malefatte del cugino e le sfrutta per raggiungere i suoi scopi altruistici: una trama sofisticata in cui il confine tra il bene e il male non è mai netto.

Parlando degli altri Difensori, ai fan di Jessica Jones mancherà l’investigatrice interpretata da Krysten Ritter (Breaking Bad) con la sua brillante mente analitica e le sue capacità di combattimento, ma un’altra eroina la sostituirà presto nel cuore dei fan: Misty Knight (Simone Missick), cinica ex-agente del New York City Police Department dotata di un braccio bionico, non del tutto insensibile ai problemi altrui. La Missick è straordinaria in questo ruolo, riuscendo a dare un’energia ardente a Misty e facendone un personaggio intelligente, sexy, e un pò misterioso. È una spalla perfetta per Cage, soprattutto perché è forte, ben scritto e non il solito comprimario o l’innamorata di turno. Lo stesso vale per la moglie di Luke, Reva Connors (Parisa Fitz-Henley), che appare in un flashback non solo per spiegare le origini dei superpoteri di Luke e il proprio ruolo nella loro comparsa, ma anche per farci conoscere le vicende passate che hanno coinvolto Jessica Jones.

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La regia e la sceneggiatura danno a ciascuno degli attori, anche quelli cui sono affidate parti minori, la possibilità di interpretare personaggi e scene memorabili che danno profondità al plot. Come Theo Rossi, che non è solo lo scagnozzo di Cornell, ma ha la sua storia, strettamente legata al passato di Cage. Oppure Frank Whaley Rafael Scarfe, il partner di Misty nel comic, che pur non essendo un personaggio indispensabile, ha un suo pur piccolo ruolo. Come dire che in questo mondo, ognuno ha un posto, e tutti sono importanti.

Ma nessuno brilla con la luminosità di Colter. Come abbiamo visto nelle poche scene con Jessica Jones, Colter dà a Cage reticenza mista a sfida, toccando le corde giuste per rendere il personaggio dell’eroe che usa la sua forza solo come ultima risorsa, e lo fa a voce bassa, con stile. Anche se Cage non sempre è sicuro di sé, è un uomo di ferrei principi, dotato di un carisma magnetico, una sorta di Capitan America in questo gruppo disordinato di vigilantes. Anche se deve lottare per dare un senso al proprio eroismo e per comprendere cosa questo significhi per se stesso e per Harlem, per gli spettatori non ci sono grosse complicazioni: è lui l’eroe che stavamo aspettando.

Di Tuzzo

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