L’ombra delle Torri è un fumetto di grande formato realizzato da Art Spiegelman. Inizialmente venne pubblicato a puntate dal quotidiano tedesco Die Zeit, dal 2002 al 2004. Le tavole furono poi raccolte nel 2004 in volume. Il tema è l’attentato alle Torri gemelle di New York dell’11 settembre 2001.

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L’autore racconta il terrore vissuto da lui e dalla sua famiglia vedendo le Torri gemelle crollare dopo essere state colpite dagli aerei. L’idea della morte da eventualità lontana diventava di attualità stringente per lui e gli altri newyorchesi.

Art Spiegelman al momento dell’attentato viveva a pochi isolati dalle Torri, nella zona di Lower Manhattan.

Gli attentati dell’11 settembre 2001 furono quattro attacchi suicidi compiuti contro obbiettivi civili e militari degli Stati Uniti d’America. Furono realizzati da volontari appartenenti all’organizzazione terroristica di Al Qaeda. Causarono la morte di circa tremila persone e il ferimento di seimila.

 

Maus di Art Spiegelman

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Art Spiegelman, autore de L’Ombra delle torri, è figlio di una coppia di ebrei tedeschi sopravvissuti al campo di concentramento di Auschwitz. Raccontò in Maus la storia della Shoah cioè la cattura, la deportazione e lo sterminio degli ebrei attuato dai nazisti. Usò come mezzo espressivo il fumetto. Gli ebrei sono rappresentati come topi e i nazisti come gatti. L’opera ebbe un grandissimo successo e vinse il premio Pulitzer.

 

Art Spiegelman ridiventa un topo

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In qualsiasi situazione in cui la nostra vita sia in pericolo ci preoccupiamo dei nostri cari. Ad Auschwitz il padre di Art si preoccupava della moglie Anja, mentre Art e la moglie Françoise cercano di entrare in contatto con la figlia Nadja che si trova in una scuola vicino alle Torri. Art è terrorizzato: si aspetta altri attacchi alla città. L’aria è diventata irrespirabile.

 

La fede nell’aldilà contro la paura della morte

Una raffigurazione dei dannati nell’affresco di Giovanni Canavesio, nella cappella di Nostra Signora delle Fontane

 

In una condizione di pericolo incombente, l’uomo cerca consolazione. Cerca anche qualcosa che lo distragga dall’angoscia del momento che sta vivendo. Tutti noi abbiamo vissuto momenti simili, per esempio all’ospedale, in attesa di una sentenza di vita o di morte per noi stessi o per qualcuno dei nostri cari.
E che cosa facevamo? Alcuni pregano, altri leggono una rivista di gossip, altri ancora telefonano a un amico. Ci sono quelli che digitano sul telefono e altri che ascoltano musica dalle cuffie.

Lo stato di angoscia legato alla paura della morte ha ispirato grandi opere d’arte. Qui sopra possiamo ammirare una parte di un affresco che copre le pareti della Cappella di Notre Dame des Fontaines a Briga (Brigue), in Francia, vicino al confine italiano.
Siamo nel 1492, anno della scoperta dell’America, alla fine del medioevo. Però questa è un’opera ancora tutta medievale, piena di fede nella predicazione della Chiesa. La zona in cui è stata affrescata è periferica, forse non ancora raggiunta dai dubbi e le incertezze dell’uomo rinascimentale.

Giovanni Canavesio, grande affrescatore pinerolese, rappresenta il giudizio universale dopo la morte. Per lui, come per gli altri cristiani, la morte non è la fine di tutto. I giusti saranno accolti da Dio e vivranno in eterno.

 

Art Spiegelman non crede nella vita dopo la morte

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Intervistato nei panni di Fortunello

 

Art Spiegelman viene intervistato nei panni di Fortunello, ovvero Happy Hooligan di Frederick Burr Opper, uno dei primi personaggi a fumetti creato nel 1899. Si rifiuta di fare il tifo per l’America, eppure confessa che dopo l’attentato alle Torri sente un profondo affetto per quelle strade così indifese. E si aspetta che avvenga un altro attentato.
Spiegelman probabilmente non crede nella vita nell’aldilà, ma non crede neanche nell’America in modo acritico. Forse per questo motivo ebbe difficoltà a pubblicare negli Stati Uniti L’ombra delle Torri.

 

Dante e la Divina Commedia

Santa Maria del Fiore, Firenze, affresco di Domenico di Michelino (1465)

 

Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!

Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte.

(Inferno, canto I, versi 1-9)

 

Dante a 35 anni si ritrova in una foresta tenebrosa, cioè in una condizione di vita tale per cui la morte è poco più amara. Siamo nel 1300. Dante è un uomo del suo tempo. Crede ancora negli insegnamenti della Chiesa. Ha una visione dell’aldilà che lo riporta sulla retta via. Vedrà l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Nella sua visione l’aldilà è come lo predicava la Chiesa a quel tempo. La fede è una grande consolazione per il credente.

 

Il ricordo dei tempi felici

 

E quella a me: Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.

(Inferno, canto V, versi 121, 122,123)

 

In questa terzina dell’Inferno, Dante osserva che ricordarsi della felicità quando si è infelici è fonte di grande dolore. Anche Art Spiegelman prova questo. Da giovane era stato molto infelice, soprattutto per la morte della madre che si era suicidata, e i conflitti con il padre. Ma poi ha sposato un’artista francese intelligente e sensibile con cui ha cresciuto due figli.

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Le reazioni dei giovani e delle altre persone all’attentato

 

Con il crollo delle due Torri il suo mondo vacilla. Art Spiegelman non riesce subito a trovare la figlia Nadja. La piccola alla fine lo incontra terrorizzato, timoroso di averla persa per sempre. Lei ritiene che il genitore sia paranoico proprio come Art considerava suo padre, il reduce da Auschwitz.

 

I vecchi fumetti di Art Spiegelman

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Terrorizzato da Al Qaeda e dal governo del suo paese

 

Traduzione della didascalia nel fumetto: “Terrorizzato in egual misura da Al Qaeda e dal governo del suo paese… anziché lavorare, il nostro Eroe dà un’occhiata ad alcune pagine di vecchi fumetti. Si appisola e rivive il giorno del disastro dal suo posto in prima fila, cercando ancora di capire che cosa ha visto davvero”.

Se il ricordo della felicità passata può essere fonte di dolore nel tempo dell’infelicità, rivivere la felicità passata è fonte di consolazione.
I vecchi fumetti, quelli delle origini, sono per Art Spiegelman una fonte di consolazione, di calma. Sono la felicità.

Dopo il crollo delle Torri, nella Lower Manhattan le letture di poesie si intensificavano perché molte persone cercavano consolazione.

 

Petrarca cerca il volto di Laura

Il velo della Veronica con il volto di Cristo

 

Movesi il vecchierel canuto et biancho
del dolce loco ov’à sua età fornita
e da la famigliuola sbigottita
che vede il caro padre venir manco;
indi trahendo poi l’antiquo fianco
per l’extreme giornate di sua vita,
quanto piú pò, col buon voler s’aita,
rotto dagli anni, e dal camino stanco;
e viene a Roma, seguendo ’l desio,
per mirar la sembianza di colui
ch’ancor lassù nel ciel vedere spera:
cosí, lasso, talor vo cerchand’io,
donna, quanto è possibile, in altrui
la disïata vostra forma vera.

(Petrarca, Canzoniere 1336-1374, 16)

Il vecchierello canuto e smorto s’allontana
dal dolce luogo dove ha consumato la sua vita
e [lascia] la famigliola incredula
nel vedere il caro padre andarsene;
trascinando poi da lì il corpo affaticato
alla fine
 della sua vita,
per quanto riescesi aiuta con buona volontà,
stremato dagli anni e indebolito per il lungo viaggio;
e arriva a Roma, assecondando il suo desiderio,
per contemplare l’effigie di colui
che ancora spera di vedere lassù, in cielo:
così, afflitto, o donna, talvolta io vado cercando
nelle altre donne, per quanto mi è possibile,
la vostra amata vera immagine.

Dante è nato nel 1265, Petrarca nel 1304. I 39 anni che li separano sono cruciali per la storia dell’Occidente.

Nella poesia, il “vecchierel canuto e biancho” vuole fare un pellegrinaggio a Roma per vedere il volto di Cristo nel velo della Veronica, una reliquia. Si diceva che la Veronica avesse asciugato il volto di Cristo che andava al calvario e il suo velo ne avesse conservata l’effige.

Petrarca fa un paragone: come il vecchietto desidera riconoscere il volto di Cristo nella reliquia, così lui cerca il volto dell’amata Laura nel volto delle altre donne. Il poeta è afflitto e l’immagine della donna è la consolazione.
Petrarca è un’umanista, cioè ama e legge i classici, non è completamente immerso nel medioevo. È in crisi. La sua fede non può più essere un dato di fatto. Vive un tormentato rapporto personale con Dio. L’amore per la donna amata, Laura, è fondamentale. Paragonabile all’amore per Dio.

 

Vivi intensamente ogni giorno!

 

Carpe diem

Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius quicquid erit pati!
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum, sapias, vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

(Ode 11, Libro ! di Orazio)

Traduzione: Afferra il giorno.
Tu non cercare, non è dato saperlo, quale a me, quale a te termine ultimo gli dei abbiano dato, Leuconoe, e non tentare i calcoli babilonesi. Quant’è meglio sopportare tutto ciò che accadrà, quale che esso sia! Sia che Giove abbia assegnato molti inverni, sia che (abbia assegnato) come ultimo (inverno) questo che ora fiacca contro le opposte scogliere il mar Tirreno: sii saggia, filtra i vini e, poiché il Tempo è breve, riduci la lunga speranza. Mentre parliamo, il tempo invidioso sarà già fuggito: cogli l’attimo, il meno possibile fiduciosa nel domani.

La lettura dei classici latini è una delle concause della crisi dell’uomo medievale. I latini non credevano nell’aldilà come lo intende la Chiesa cattolica. Nell’ode del poeta latino Orazio, l’uomo, se è tale, oppone la ragione alla superstizione. Noi dobbiamo morire e non sappiamo quando.

La miglior cosa è vivere intensamente ogni attimo e non sprecare il tempo.

 

Boccaccio: sollievo dal timore della morte con il novellare

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Scuola del maestro di Bedfort (1460 circa), dieci giovani fuggiti dalla Firenze appestata del 1348

 

Nel 1348 Firenze fu colpita da una grande epidemia di peste nera o bubbonica. Nell’opera in prosa Il DecameroneGiovanni Boccaccio narra che dieci giovani (sette ragazze e tre ragazzi) fuggono dalla città per sfuggire al contagio.
I giovani vanno in campagna e, per passare il tempo, iniziano a raccontarsi delle storie.

Le novelle del Boccaccio sono una raccolta di racconti medievali che facevano parte della tradizione orale e di quella scritta. Lo scopo del “novellare” era quello di divertire i giovani, di intrattenerli e di far dimenticare la peste e la morte. Anche per Boccaccio l’arte (nel suo caso quella del novellare) ha una funzione consolatoria e salvifica.

 

La morte e Il settimo sigillo

Il settimo sigillo di Ingmar Bergman (1956)

 

Il settimo sigillo di Ingmar Bergman è un film svedese del 1956. Il tema verte intorno all’uomo e la morte. Il regista immagina che il cavaliere Antonius Bloch, reduce dalla Terrasanta, approdi sulla terra natìa in Svezia nel 1349. Nella  sua patria infuria la peste nera, la stessa che ha descritto Boccaccio.

Confessione di Antonius Bloch

 

Il cavaliere non crede con fede medievale, dichiara di avere il cuore vuoto. Come un uomo moderno è pervaso da dubbi. Gioca a scacchi con la Morte per avere qualche ora in più, in modo da sciogliere le proprie incertezze.
Nel film si salvano dalla morte una coppia di saltimbanchi e il loro bambino.

Il settimo sigillo ci dice che dobbiamo morire e a questo non c’è rimedio. Ma chi vive intensamente la propria vocazione, per esempio il teatro, si realizza. Non spreca il tempo soffrendo inutilmente e non fa del male a nessuno.
In questo caso sono il teatro e le buffonerie a essere considerati un rimedio.

 

Vecchi fumetti contro la paura degli attentati

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Kin-Der-Kids (1906) di Lyonel Feininger: partenza trionfale dei Kids, nella tinozza di famiglia

 

Qui sopra una grande tavola di Lyonel Feininger, un fumettista di origine tedesca, che divenne poi un apprezzato pittore.

Art Spiegelman per intrattenerci, divertirci e per farci dimenticare l’attentato alle Torri, inserisce nelle sue tavole i personaggi dei fumetti dei primordi. Poi, in fondo al volume, l’Ombra delle Torri, aggiunge alcune grandi tavole che ha adorato, e che erano l’unica cosa che riusciva a distoglierlo dalla paura che il cielo cadesse.

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Little Nemo di Winsor McCay

 

Little Nemo in Slumbertland di Winsor McCay iniziò ad uscire sul New York Herald alla fine del 1905. Piccolo Nemo è il bambino di una famiglia benestante che di notte viaggia in un mondo dei sogni ricco di un’architettura a metà tra il barocco e lo Jugendstil.
Il regista Federico Fellini era affascinato da Little Nemo. Nella vignette sopra, Little Nemo fra i grattacieli di New York.

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Il timore di una guerra in Hogan’s Alley di Richard Outcault

 

La grande vignetta sopra era pubblicata in uno dei primi supplementi a colori domenicali dei quotidiani che cominciarono a uscire negli ultimi anni dell’Ottocento. Mostra una banda di monelli in un quartiere malfamato di Lower Manhattan. Il protagonista è l’allegro furfantello sulla sinistra in basso con una camicia da notte di un giallo vivace, soprannominato per questo Yellow Kid.

Come dare torto ad Art Spiegelman? Anche per noi i vecchi fumetti sono stati d’aiuto nel periodo del Covid…

 

 

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