Lobo Kid

Quasi una scoperta Lobo Kid, il fumetto western scritto da Gian Luigi Bonelli e disegnato da Loredano Ugolini.
Loredano Ugolini
(Firenze, 1927) è un disegnatore dallo stile svelto e accattivante, autore di alcuni personaggi molto popolari realizzati per le testate della Casa Editrice Universo, primo fra tutti Billy Bis, su testi di Antonino Mancuso. A parte una variegata produzione di storie autoconclusive per gli Albi dell’Intrepido dello stesso editore, i suoi character di maggiore successo sono tutti di ambientazione moderna, avventuroso-poliziesca come il su citato Billy Bis e Cristall, o fantascientifica come Junior e Atlas.

Lobo Kid

Al western Loredano Ugolini si è applicato con pochi episodi di Rocky Rider, con Black Jack per le pubblicazioni francesi di Mon Journal e con Lobo Kid, unica sua pubblicazione per l’editore Bonelli.

Il personaggio nasce in appendice al periodico in formato libretto spillato Furio con il quale la casa editrice e Gian Luigi Bonelli, il creatore di Tex, hanno cercato a metà degli anni sessanta di rinverdire il successo che Furio Almirante aveva avuto qualche lustro prima con i disegni di Carlo Cossio.


La pubblicazione non avrà grande fortuna: passato da settimanale a quindicinale dopo una dozzina di numeri, concluderà la sua corsa dopo poco più di un anno con il n. 40. Anche il western affidato all’agile pennello di Loredano Ugolini (che però si firma Dano, forse per non entrare in urto con la Universo, suo editore principale) è scritto dal vecchio Gian Luigi Bonelli che replica i suoi cliché texiani aggiungendo l’originale tema della vendetta.

Il protagonista è l’adolescente Larry Clayton, il quale dimostra subito il suo buon cuore e la sua capacità di valutare l’animo umano offrendo ospitalità all’abile e robusto indiano Yagor in fuga dalla legge. Curioso come l’autore abbia deciso di affibbiare alla spalla del futuro eroe un nome che pare ricalcato da quello di Zagor in edicola già da un paio d’anni e di cui Gian Luigi Bonelli aveva anche già scritto qualche episodio (prima che passasse saldamente nelle mani del figlio Sergio). Forse nella sua mente si sono mescolati il nome del giustiziere di Darkwood e quello di un altro suo personaggio, l’indiano Yado. Tant’è.

Lo sceneggiatore presenta il personaggio come “colui che fu per lungo tempo il più famoso desperado del west… un cavaliere inimitabile, un tiratore infallibile, un uomo dai nervi d’acciaio, uno che affrontò con una temerarietà senza pari le più disperate imprese. Pochi conoscevano il suo vero nome, ma tutti, dalle selvagge tenebrose savane della Florida alle grandi pianure assolate del Texas, lo chiamavano Lobo Kid”.

Come si vede, il programma dello sceneggiatore milanese era di farne un giustiziere-desperado, “lonesome and a long way from home”. E nell’introdurre il personaggio se la prende molto comoda, come se immaginasse di avere davanti a sé una produzione di amplissimo respiro come quella della sua più fortunata creatura. Così non sarà. Chiusa dopo 40 numeri la pubblicazione che lo ospitava, Lobo Kid verrà abbandonato da Bonelli e concluso (vedremo come) da Glauco Verozzi.
Gian Luigi Bonelli, come detto, stende un ampio prologo di taglio feuillettonistico dove il giovanissimo Larry perde la sua famiglia a opera dello zio Fred, deciso a impadronirsi delle ricchezze del fratello, e dal prezzolato Ben Ford, che attua il piano criminoso con la sua banda: travestiti da soldati nordisti attaccano la grande casa dei Clayton uccidendo i proprietari. Il ragazzo, grazie all’intervento di Yagor, si salva e dopo essersi fatto credere risucchiato dalle sabbie mobili nella vicina palude, raggiunge la solitaria capanna della madre dell’indiano, Nayda, sulla Mesa del Muerto. La donna, molto simile alla strega Zhenda apparsa negli stessi mesi sui volumetti a striscia di Tex, vive con un coguaro e un corvo e possiede poteri magici.

Lobo Kid

Per farla breve, dopo una serie di rocambolesche avventure, Yagor riesce a riconquistare la posizione di capo dei comanche strappatogli da Faccia Tagliata (nome che ho usato anch’io un bel po’ di anni più tardi per un nemico di Zagor… ricordo inconscio?). Quest’ultimo, con la complicità dell’agente indiano Dunbar, l’aveva fatto accusare dell’uccisione di un mercante di cavalli, ma adesso l’indiano si vendica dei due malvagi e viene scagionato da tutte le accuse.

Qui dovrebbe iniziare l’epopea del desperado Lobo Kid. Non è difficile immaginare che lo sceneggiatore avesse intenzione di fargli vivere un duro apprendistato a fianco dell’amico pellerossa per fargli acquisire quelle abilità nella lotta e nell’uso delle armi decantate all’inizio della storia, per diventare poi un ricercato dopo aver consumato la sua vendetta nei confronti dello zio e del suo compare. Ma, con la chiusura di Furio, la storia rimane in sospeso e verrà ripresa solo un paio d’anni più tardi, raccolta in due volumi, per “riempire” la programmazione della Collana Rodeo che non tutti i mesi riusciva a presentare la laboriosa serie principale, la “Storia del West” di Gino D’Antonio. Gian Luigi Bonelli ha ormai, evidentemente, altro da pensare, e la prosecuzione di Lobo Kid viene affidata al peraltro poco conosciuto Glauco Verozzi che fa subito deragliare il racconto, snaturandolo e concludendolo frettolosamente. Tanto che, dopo il primo albo “Lobo Kid” su testo di Gian Luigi Bonelli (suppongo siano sue, ancorché non accreditate, pure le primissime pagine del secondo) che presenta la storia fino al riscatto di Yagor, il volume successivo, “Il giorno della vendetta”, ospita solo per tre quarti della foliazione il personaggio principale e in appendice un racconto western autoconclusivo di provenienza straniera disegnato da Del Castillo (o da un suo imitatore) con l’innesto di qualche pagina riempitiva attribuibile al texiano Muzzi.

Il nuovo sceneggiatore elimina qualsiasi ipotesi di apprendistato e spedisce un cresciuto ma ancora abbastanza imbranato Larry a compiere da solo la sua vendetta dopo che una premonizione (da sottoterra! Troppo anche per le pur ampie scivolate nel magico abituali al vecchio Bonelli) della defunta Nayda lo ha avvertito di guardarsi “dalla treccia d’oro”. Dopo aver romanticizzato la vicenda inserendo la graziosa squaw Suyana e il di lei geloso innamorato Poddok, Verozzi fa arrivare il giovane in città dove si procura degli abiti da cow boy appena in tempo per essere accusato di una rapina in banca. Ferito, viene soccorso da una bella ragazza bionda (che non ha però una treccia “d”oro”, ma una poco plausibile coda di cavallo) e per il resto della storia, a parte mettere in piedi un trucchetto per farsi credere per qualche minuto un fantasma dallo zio, non fa che scappare e finire in gattabuia. A compiere la vendetta sono altri: Fred Clayton uccide il complice e viene a sua volta fatto fuori dallo sceriffo dopo che la ragazza (che assurdamente si rivela essere la figlia di Ben Ford) lo ha fatto confessare. Larry, senza mai assumere il nome di Lobo Kid, lascia la fanciulla (inevitabilmente innamorata di lui) e torna a vivere tra i comanche con Suyana dopo che Poddock… si è banalmente rassegnato a non essere amato.

Se la storia, condotta con l’abituale grinta (anche se un po’ di maniera) dal vecchio Bonelli, è molto piacevole nella prima parte per finire in vacca nelle mani del suo continuatore, anche i disegni di Loredano Ugolini soffrono il passaggio al formato bonelliano. Le belle e ariose vignette apparse in appendice a Furio, una volta rimontate su tre strisce per adeguarle al nuovo formato, perdono tutta la loro eleganza, fisicamente costrette e straziate da aggiunte (forse opera dello stesso autore fiorentino) che le snaturano, comprimendole e deformandole. Una riproposta, dunque, quella nella Collana Rodeo, di cui si sarebbe fatto volentieri a meno. Anche se per l’epoca l’operazione era abituale, vista con gli occhi di oggi meglio una bella “incompiuta” che una vicenda senza capo né coda con disegni rimaneggiati decisamente poco godibili.

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