Non doveva essere per nulla facile farsi strada nell’universo delle strisce per i quotidiani, quando questa forma artistica era al massimo del suo splendore. Era un mondo popolato quasi esclusivamente da personaggi anglofoni e le altre lingue sembravano scontare pesantemente questa prevalenza.
Eppure, qualcosa stava per cambiare perché in una terra prodiga per il fumetto, l’Argentina, stava spuntando una ragazzina dai capelli neri e crespi, con una larga faccia a forma di pera completata da due occhietti a capocchia di spillo, un nasone a patata e una bocca che sembrava tagliata col rasoio: il suo nome era Mafalda!

Era il 29 settembre del 1964 quando la rivista Primera Planta commissiona una striscia a Joaquìn Salvador Lavado Tejòn. Nato nella città di Mendoza il 17 Luglio 1932, da immigrati spagnoli in fuga dal franchismo, l’autore dal nome lunghissimo è soprannominato Quino per distinguerlo dall’omonimo zio artista.
Quino presentò ai lettori argentini la più simpatica rompiscatole della storia del fumetto. Come spesso succede nelle cose della vita, la casualità giocò un ruolo non marginale nella nascita del personaggio. Mafalda, infatti, doveva essere la testimonial di una campagna pubblicitaria per la Mansfield, una catena di elettrodomestici, ma l’agenzia che l’aveva commissionata si tirò indietro all’ultimo momento. Per fortuna, l’autore non si lasciò sconvolgere dall’accaduto e decise di farla diventare il personaggio della striscia.
mafalda%2bcoerenzaLe fonti d’ispirazione, sempre correttamente dichiarate dall’artista, sono abbastanza evidenti. Infatti non sfuggono a nessuno i richiami a Peanuts di Charles Schulz e Blondie & Dagobert di Chic Young. Però Mafalda aveva ottime carte da giocare.
Il libro con la raccolta delle sue prime strisce, pubblicato in Argentina nel 1966 in 5000 copie, andò esaurito in un battito di ciglia. A quel punto il quotidiano El Mundo di Buenos Aires cominciò a pubblicare le strisce ogni giorno e, nel giro di pochi anni, le vicende di Mafalda furono tradotte in 10 lingue e diffuse dappertutto, tanto che anche oggi rimane il personaggio latinoamericano più venduto nel mondo.
Nel 1968, l’eroina iraconda (la definizione è di Umberto Eco) sbarcò anche in Italia con immediato successo. Ciò che davvero rappresenta un’anomalia è il fatto che la vita di questa ragazzina bizzosa e soave è durata solo 9 anni perché, coraggiosamente, nel 1973 Quino decise di mettere fine alla saga. Vero è che saltuariamente Mafalda e i suoi amici prestarono in seguito la loro immagine per numerose iniziative sociali.
Nel 1977 Quino aderì alla campagna mondiale per la Dichiarazione dei diritti del bambino promossa dall’Unicef; qualche anno dopo, la combriccola di Mafalda fece da testimonial a una campagna sull’igiene dentale e così via.

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Uscito dalle pagine dei quotidiani, il mondo di Mafalda entrò della dimensione del cartone animato. Grazie all’amicizia tra l’artista argentino e il regista cubano Juan Padròn, nel 1986 furono prodotti i Quinoscopios, cortometraggi basati sulle storie e sui disegni di Quino. L’esperimento fu ripetuto nel 1992 e fu perfezionato nel 1993 quando una rete televisiva spagnola finanziò 104 episodi a cartoni animati della durata di un minuto che ottennero un grande riscontro.

Niente male per una bambina dalla chioma arruffata che vide la luce in calle Cile 371, nel cuore dello storico quartiere di San Telmo di Buenos Aires. Di anni ne sono passati tanti, ma lei non è cambiata per nulla. Mafalda continua a contestare, a provocare con le sue frasi apparentemente ingenue e nello stesso tempo scabrose. Non è stata piegata dalle convenzioni e dal politicamente corretto e ha conservato tutta la libertà dei suoi sei anni, continuando a proporre quesiti assurdi e a smascherare le ipocrisie e le contraddizioni del mondo degli adulti. La bimba col fiocco rosso continua ad osservare con attenzione la società che le sta intorno, a preoccuparsi per le sorti del mondo, a vivere in contatto con i media per informarsi di ciò che la realtà propone, continua la sua quotidiana battaglia dialettica coi genitori (la mamma Raquel e il papà talmente grigio da non avere neppure un nome) e con gli adulti in generale, e a odiare la minestra (allegoria di tutti gli indigeribili regimi militari argentini).

Le sue armi sono l’ingenuità e la franchezza, la sua abilità di sorprendere con osservazioni e battute che pesano come macigni, la sua capacità di dimostrare ogni volta che “il re è nudo!”. Eppure, Mafalda non rinuncia alla sua condizione di bambina, continua a frequentare l’universo dei suoi coetanei pur consapevole che i suoi discorsi “adulti” talora suscitano perplessità. È un mondo in cui i bambini sono già grandi in miniatura: quello popolato dal rozzo Manolito, figlio del droghiere del quartiere già legatissimo al denaro e al profitto; o dalla noiosa e petulante Susanita, la cui unica aspirazione è quella di diventare mamma; ma anche dall’ingenuo e ottimista Miguelito e dal timido e sognatore Felipe. Completano il cast i più piccoli del gruppo, Libertad e Guille, il fratellino di Mafalda che pur con il ciuccio in bocca ha già una infatuazione per Brigitte Bardot!. Dopo più di cinquanta anni il successo planetario della “bambina contestataria” non accenna a diminuire.

In patria (nel 1994 le è stata intitolata una piazza di Buenos Aires) e nel mondo, Mafalda rimane l’icona di chi non vuole soggiacere alla logica del sistema e molte nazioni si sono attivate per celebrare degnamente il primo mezzo secolo di vita della impertinente capellona. Bruxelles le ha dedicato una via e il Belgio ha realizzato uno speciale francobollo celebrativo. La città francese di Angouleme ha omaggiato Quino e la sua “figliola” con una mostra di 250 metri quadrati intitolata “Mafalda, una bambina di cinquant’anni”. Prestigiosi riconoscimenti sono arrivati all’autore sempre dalla Francia con la Légion d’Honneur, e dalla Spagna; persino la sonnacchiosa Italia ha dedicato numerose iniziative alla terribile brunetta. Davvero un trionfo per quella che doveva essere solo la risposta sudamericana a Charlie Brown. Non possiamo che compiacerci di questo e invitare Mafaldita a non smettere mai di fare domande e a protestare contro le ingiustizie.

 

 

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