Il 21 febbraio è stata riportata la notizia che Facebook ha tolto dal gruppo “Noi che amiamo Lino Banfi official” una serie di video relativi ad alcuni film con Lino Banfi, i cui contenuti sono stati ritenuti offensivi dal social network.

C’è da chiedersi se abbia senso prendersela con il politicamente corretto, che, secondo alcuni, avrebbe motivato l’intervento censorio. In passato in fin dei conti si è visto di peggio. La commedia sexy, di cui Lino Banfi è stato uno degli interpreti di punta, conta un buon numero di appassionati, ma, più di altri generi del nostro cinema, anche molti detrattori. Si può appartenere all’uno o all’altro schieramento, oppure si possono apprezzare alcuni film senza per questo definirli capolavori e senza scandalizzarsi se qualcuno li ritiene mediocri.

In ogni caso, uno dei motivi che inducono a considerare con attenzione L’onorevole con l’amante sotto il letto e Cornetti alla crema è proprio la presenza di Lino Banfi. Che vada in visibilio per le grazie di Edwige Fenech, Michela Miti e altre star della commedia scollacciata, o perda le staffe con Alvaro Vitali, è innegabile che in questi film si manifestino appieno il suo talento comico e la personalità attoriale.

LINO BANFI, UN ATTORE DA CENSURARE?

 

Uno dei primi ruoli cinematografici di Lino Banfi è quello di metronotte accanto a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel film diretto da Lucio Fulci 002 – Operazione Luna, del 1965. I due comici siciliani, ladri maldestri, vengono spediti nello spazio dai russi.

 

Nel 1971 Banfi interpreta il direttore del carcere dove viene rinchiuso Giuseppe Di Noi, accusato di un delitto che non ha commesso. Detenuto in attesa di giudizio gli permette di recitare a fianco di Alberto Sordi, che fornisce una prova magistrale anche grazie alla regia di Nanni Loy, qui particolarmente ispirato.

 

La storia del film di Franco Nucci Stangata in famiglia, del 1976, non è malvagia: un agente del fisco viene incaricato di indagare su alcune massaggiatrici. Dopo vari incontri erotici, l’uomo scopre che anche i suoi familiari (cognato nullafacente, figlie e nipote) hanno messo in piedi un centro di massaggi, e a dirigerlo c’è nientemeno che il direttore dell’ufficio. La divertente conclusione riscatta un film poco riuscito: Mazzarella in uno dei rari ruoli da protagonista è bravo anche se Lino Banfi gli ruba spesso la scena. Tra le signore e signorine, da segnalare Femi Benussi, Helene Chanel e una giovanissima (e avvenente) Gabriella Golia, futura presentatrice televisiva.

 

La bella Angela, nuova arrivata in una classe di ripetenti, è fidanzata con Tonino, figlio del professor Pinzarrone. L’inimicizia tra costui e il padre di Angela, Zenobio, spinge Pinzarrone a una messinscena per far sì che Angela e Tonino si sposino. Ma Pinzarrone non ha fatto i conti con Carletto che, innamorato di Angela, scopre l’inganno e conquista la ragazza. Il regista Mariano Laurenti dimostra di saper costruire un film godibile e divertente anche con una storia priva di una struttura forte, cucendo insieme gag ripetute (l’insegnante di musica Alvaro Vitali alle prese con gli scherzi dei suoi studenti), scherzi, scene di nudo e d’amore. Con La liceale nella classe dei ripetenti, del 1978, siamo alla quintessenza del cinema-avanspettacolo, poggiato sulle spalle di Lino Banfi, affiancato da Gianfranco D’Angelo (spassoso nel ruolo di nostalgico fascista) e sulla bellezza qua davvero statuaria e mozzafiato di Gloria Guida.

 

Un’altra commedia sexy di Mariano Laurenti è L’infermiera di notte, del 1979, nella quale Lino Banfi è il dentista Nicola Pischella. Un ladro (Mario Carotenuto), che vuole impossessarsi del prezioso gioiello nascosto in un lampadario, si introduce in casa sua facendosi passare per un vecchio zio miliardario in fin di vita. Ad assisterlo viene chiamata un’infermiera (Guida) che fa perdere la testa al padrone di casa e si innamora di suo figlio (Leo Colonna). Gloria Guida è qui all’apice dello splendore, tanto che Laurenti la fa persino esibire come cantante, e Banfi domina la scena. Ma anche Alvaro Vitali, assistente del dentista non scherza. Scene clou: la consegna del telegramma (il postino è Origene Soffrano alias Jimmy il Fenomeno), Banfi che mette una stufa nella camera dello zio per far sì che la Guida si spogli.

https://www.youtube.com/watch?v=BBOWOeO4zjE

 

Lino Banfi nel 1979 è il commissario Scappavia che prende il posto di Mario Carotenuto come superiore della poliziotta Gianna D’Amico (Edwige Fenech) nel comico-sexy di Michele Massimo Tarantini La poliziotta della squadra del buoncostume (che segue La poliziotta fa carriera, diretto nel 1976 dallo stesso regista). Gianna vuole essere trasferita nella sezione del buoncostume e per convincere il commissario delle sue capacità si infiltra in una banda che controlla il racket della prostituzione e che gestisce la tratta delle bianche. La Fenech, di cui viene accentuato il lato sexy (con almeno due momenti notevoli sotto questo profilo: la scena della doccia e l’esibizione dell’attrice che canta con un costume succinto), e il rapporto tra il commissario che non riesce a far funzionare nulla e l’agente Tarallo (Alvaro Vitali) che gli viene in aiuto, rappresentano i punti di forza del film. Da sottolineare l’apporto di alcuni caratteristi di vaglia molto attivi nella commedia scollacciata, come Gianfranco Barra, Franco Diogene e Giacomo Rizzo.

 

Il colonnello chirurgo Anacleto Punzone (Banfi) vorrebbe vivere una relazione con la nuova dottoressa (Nadia Cassini), ma, ossessionato dalle dimensioni esigue del suo membro, decide di trapiantarsi l’organo del suo assistente superdotato (Alvaro Vitali). Il trapianto, invece di risolvere la sua situazione, la peggiora. Diretto da Michele Massimo Tarantini nel 1980, La dottoressa ci sta col colonnello prende in giro la mania delle “dimensioni”, con un finale (la caduta del membro trapiantato) di grottesca efficacia. Alcuni giochi di parole dovuti alla scarsa padronanza della lingua italiana da parte della Cassini («coglionello») sono gustosi.

 

Sempre nel 1980 Lino Banfi interpreta per l’ultima volta un film del sottogenere sexy-scolastico, La ripetente fa l’occhietto al preside, diretto da Mariano Laurenti. Angela Pastorelli (Annamaria Rizzoli), figlia di un noto industriale, si iscrive al liceo scientifico Enrico Fermi di Trani, dove è sicura che nessuno la conosca. Si fa passare per la figlia di uno spazzino, ma uno studente, Carlo, scopre chi è. Il padre di Carlo, che ha rapporti d’affari con Pastorelli, gli ingiunge di non corteggiarla, così Carlo, che pure è attratto dalla ragazza, è costretto a respingerla. Per ingelosirlo, Angela flirta con il preside del liceo, Calabrone. Le scene sexy non sono molte (la Rizzoli si mostra nuda in una sola scena, però duetta con Banfi in maniera disinvolta), ma in compenso i momenti di autentico divertimento non mancano, e i dialoghi della sceneggiatura scritta dallo stesso Laurenti e da Francesco Milizia (figura chiave della commedia scollacciata) particolarmente curati: basta quello in cui il preside racconta alla studentessa come divenne un ragazzo padre per rendersene conto.

 

La moglie in vacanza… l’amante in città (1980), di Sergio Martino, è una storia di tradimenti ambientata tra Bologna e Courmayeur. Andrea Damiani (Renzo Montagnani), ricco proprietario di una ditta di salumi e sposato con una bella donna, Valeria (Barbara Bouchet), ha anche un’amante altrettanto bella e molto gelosa, Giulia (Edwige Fenech). Per restare sola con lui deve aspettare che la moglie parta per una vacanza in montagna. Anche Valeria, però, stanca della routine coniugale, ha deciso di trovarsi un amante. Particolarmente istrionico Lino Banfi nella parte del cameriere Peppino, che deve fingersi omosessuale.

 

Mariano Laurenti nel 1981 realizza L’onorevole con l’amante sotto il letto, uno dei suoi film più riusciti. Banfi è l’onorevole Battistoni, che ha un’amante, Anna (Janet Agren), insegnante di scienze. Per nasconderla agli occhi della moglie (Marisa Merlini), fa credere che si sia appena sposata con il suo segretario Teo (Alvaro Vitali), e manda i due in viaggio di nozze in montagna, dove conta di raggiungerli. Ma le cose non vanno come previsto. Laurenti imprime alla narrazione un gran ritmo, che è uno dei pregi del film, insieme al cast di ottimo livello: oltre ai citati, Teo Teocoli, Leo Gullotta, Gigi Reder, Giacomo Furia e Lory Del Santo.

 

In Fracchia la belva umana, girato nel 1981 da Neri Parenti, un pericoloso delinquente fuggito di galera si rifugia in casa di un suo sosia, un mite impiegato, sfruttando l’incredibile somiglianza per sfuggire alla cattura. Nei due ruoli è impegnato Paolo Villaggio, mentre Lino Banfi è il commissario Auricchio, che dà la caccia all’evaso.

 

Il film di Sergio Martino Spaghetti a mezzanotte è ancora una storia di tradimenti e amanti focose. Lino Banfi interpreta un avvocato poco capace alle prese con un boss mafioso e il cadavere di un killer, che l’avvocato cercherà in ogni modo di occultare durante la festa per il suo compleanno.

https://www.youtube.com/watch?v=khYhq3m1k2Y

 

Il successo di Spaghetti a mezzanotte spinge i fratelli Sergio e Luciano Martino (produttore) a tentare nello stesso anno il bis con Cornetti alla crema (1981). Lino Banfi interpreta Domenico Petruzzelli, il proprietario di una sartoria che confeziona abiti talari e che, durante un viaggio a Rovigo, conosce Marianna (Edwige Fenech), aspirante soprano. Per farle credere d’essere scapolo, Domenico gli dà il nome di un suo amico, Gabriele, donnaiolo impenitente che abita nel suo stesso palazzo. Quando Marianna si trasferisce a Roma, Domenico confessa tutto a Gabriele chiedendogli di prestargli l’appartamento.

 

Luciano Salce mette in scena un omaggio agli sketch tipici dell’avanspettacolo e del teatro di rivista in Vieni avanti cretino, del 1982. Il protagonista è Pasquale Baudaffi, in cerca di lavoro dopo essere uscito di galera. La performance comica di Banfi qui è davvero notevole e vari momenti del film sono ancora oggi tra i migliori della sua carriera: da quello nello studio dentistico che Pasquale crede sia una casa d’appuntamenti (ne nasce un equivoco con lo straordinario Gigi Reder) all’incontro con la provocante Michela Miti durante il turno di notte in un garage, fino alla famosa scena delle sberle con il prete pugliese Dino Cassio e quella nella quale viene assunto come impiegato in una ditta di cibernetica dal direttore pieno di tic Alfonso Tomas.

https://www.youtube.com/watch?v=l8FBAkVDMwk

 

Vai avanti tu che mi vien da ridere è un comico/poliziesco nel quale Lino Banfi interpreta il commissario di polizia Pasquale Bellachioma, che segue le tracce di un killer. Agostina Belli ha il ruolo di una donna che si finge un transessuale per sfuggire a chi la vuole uccidere. Girato da Giorgio Capitani nel 1982, è costruito su un azzeccato meccanismo giallo/parodistico.

 

Nel primo episodio di Pappa e ciccia (1982, regia di Neri Parenti), Lino Banfi è l’emigrante italiano Nicola Calore, trasferitosi in Svizzera per lavorare come imbianchino. Ai parenti rimasti in Italia però ha fatto credere di aver fatto fortuna, per cui quando viene raggiunto dalla nipote Rosina (Milly Carlucci) deve nascondere la sua condizione. Nel secondo episodio, che ha per protagonista Paolo Villaggio, appare invece nel ruolo del capitano Tombale, pilota di un aereo alquanto scalcinato.

 

Nell’episodio Il pelo della disgrazia del film Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, diretto nel 1983 ancora da Sergio Martino, Banfi è Altomare Secca, convinto che il nuovo vicino di casa gli porti sfortuna. La sua amante, Helen, è interpretata nuovamente dalla splendida attrice svedese Janet Agren.

https://www.youtube.com/watch?v=QP6HaYEfpd8

 

Il 1983 Banfi è anche protagonista della commedia di Francesco Massaro Al bar dello sport, in cui è l’emigrante pugliese Lino, ospitato malvolentieri a Torino dalla sorella e dal cognato. Un giorno Lino grazie ai consigli dell’amico sordomuto Parola (Jerry Calà) vince più di un miliardo al Totocalcio.

 

L’allenatore nel pallone, diretto da Sergio Martino nel 1984, è ancora oggi uno dei titoli più popolari con protagonista Lino Banfi. Nel ruolo di Oronzo Canà, chiamato ad allenare la squadra di calcio della Longobarda, dà vita ad alcune battute che sono diventate degli autentici tormentoni. Nel 2008 è tornato a vestire i panni di Canà nel non eccelso L’allenatore nel pallone 2, sempre di Sergio Martino.

 

Tra il 1985 e il 1986 in due film di successo Lino Banfi viene diretto ancora da Neri Parenti. Nel primo, I pompieri, entra a far parte di un nutrito cast di comici: Christian De Sica, Paolo Villaggio, Gigi e Andrea e Massimo Boldi. Il suo personaggio, Nicola Ruoppolo, è un vigile del fuoco in pensione che viene richiamato in servizio e assegnato alla squadra 17, la peggiore del reparto.

 

Successivamente affianca Boldi e Villaggio in Scuola di ladri. Amalio Siraghi, che si guadagna da vivere come dog-sitter, viene convocato insieme ai cugini Egisto e Dalmazio dal loro zio Aliprando (Enrico Maria Salerno), di cui non sospettavano l’esistenza. Scopo di Aliprando e trasformare quelli che definisce “relitti umani” in autentici ladri.

 

Uno dei registi più importanti con cui ha lavorato Lino Banfi è senza dubbio Dino Risi, che nel 1986 gira la commedia gialla Il commissario Lo Gatto. Il film è ambientato nella piccola località insulare di Favignana, in provincia di Trapani, dove il commissario Natale Lo Gatto è stato inviato per punizione. Lo Gatto a un certo punto si trova a indagare insieme all’agente Guidelli (Maurizio Ferrini) sulla scomparsa di Wilma (Isabel Russinova), una giovane donna molto chiacchierata. I due ritengono che sia stata uccisa.

 

Lino Banfi, sin dall’inizio della carriera, ha partecipato o è stato protagonista anche di numerosi film, varietà e miniserie trasmessi dal piccolo schermo. Dal 9 novembre del 1989 va in onda su Rai 1 la serie in 13 episodi Il vigile urbano, prodotta da Mario e Vittorio Cecchi Gori e diretta da Castellano e Pipolo. Come è scritto su un articolo del quotidiano La Repubblica, Il vigile urbano ha per protagonista “un bonario tutore dell’ordine, impegnato a risolvere i piccoli grandi problemi quotidiani di una città come Roma”.

 

Nel 1992 Lino Banfi è l’inviato Rai Damiano Tarantella nella serie in otto episodi Un inviato molto speciale (regia di Vittorio De Sisti), trasmessa questa volta da Rai 2.

 

Nell’episodio intitolato Il conte di Montecristo del film Un’estate al mare (regia di Carlo Vanzina), del 2008, Lino Banfi ripropone per certi versi il personaggio interpretato in Pappa e ciccia. Qui si chiama Nicola Larussa, ed è un emigrante che è andato a lavorare in Svezia dopo aver scoperto d’essere stato tradito dalla moglie. Dopo trent’anni torna nel paese d’origine ricco e sposato con una ragazza svedese molto appariscente (Victoria Silvstedt).

 

Probabilmente la serie televisiva che ha fatto registrare gli ascolti più elevati tra quelle interpretate da Banfi è Un medico in famiglia. Trasmessa da Rai 1 per ben dieci stagioni, dal 1998 al 2016 (Banfi non partecipa solo alla settima), ricavata da un format spagnolo, narra le varie vicende della famiglia Martini, seguendole nel corso degli anni. Lino Banfi è nonno Libero, padre di Lele Martini (Giulio Scarpati), un medico dell’Asl vedovo e con tre figli piccoli.

 

 

11 pensiero su “LINO BANFI, UN ATTORE DA CENSURARE?”
  1. Non mi è mai piaciuta la “commedia sexy all’italiana”. Anzi, non ho mai capito “a chi” potesse piacere! Negli anni ’70 e ’80 andavo a vedere film diversi, e non l’ho neppure “riscoperta” in televisione successivamente. Tranne rare eccezioni, in film un tantino più curati, Banfi era volgarotto e poco divertente all’epoca (e non è che Montagnani e meno che mai Vitali fossero migliori!), mentre nelle orrende fiction attuali è diventato “nonno” buonista, piagnucoloso e patetico. Francamente, non so cosa sia peggio!

    1. Banfi piaceva a quello sterminato pubblico perlopiù contadino e operaio che era sinceramente soddisfatto e appagato nel vederne i film, così come di leggere “Le ore” e “Cronaca vera”; e i fumetti, Il Monello, Intrepido, Lando i più giovani;
      i fighetti intellettuali che frequentavano la libreria Feltrinelli di via Manzoni a Milano, che leggevano Elsa Morante e apprezzavano il primo Moretti erano una piccolissima minoranza, il resto della popolazione si divertiva in altro modo, e probabilmente godendosi la vita molto di più di chi andava a suicidarsi al cinema con i film di Antonioni;
      nel 1968 mi capitò di andare a vedere un film di Franco e Ciccio, allora innominabili tra gli intellettuali: il cinema (il Centrale di Milano) veniva giù dalle risate; erano risate meno nobili di chi con la pipa (allora si poteva fumare al cinema) si degustava Jacques Tati?
      Banfi e i suoi hanno fatto del gran bene a un sacco di gente; se non per altro, oggi i loro film sono particolarmente interessanti perché girati in luoghi che non esistono più, paesini della Maremma ancora non tirati a lucido, case dell’alta borghesia romana con un misto di design e gusto indecifrabile; un valore documentario ben superiore a quello patinato di un Ermanno Olmi, per dirne uno;
      i nonni sono perlopiù piagnucolosi e buonisti per definizione;
      di Banfi mi pare non sia segnalato un bellissimo film del 2016, uscito in Germania con il titolo “Maria, ihm schmeckt’s nicht!”, nel quale recita – in tedesco! – il ruolo di un papà italiano immigrato in Germania negli anni Cinquanta; è un film bellissimo, non intellettualoide, divertente e serio allo stesso tempo; uno dei miei preferiti in assoluto; credo esista anche in italiano, ma non so come abbiano risolto con i dopppiaggio;

      1. Ehm, premetto che io non andavo a vedere i film “colti”, non avevo la puzzetta sotto il naso! Ma non mi piaceva l’erotismo (?) da “buco della serratura” ipocritamente mistificato in salsa comico-consolatoria (non so se mi sono spiegato). Scusami, se dubito che chi andava a vedere quei film si “godesse la vita molto di più di chi andava a suicidarsi al cinema con i film di Antonioni”. Comunque, il film con Banfi del 2016, in Italia s’intitolava “Indovina chi sposa mia figlia!”.

        1. neanche a me piacevano, ma capisco che potessero piacere a un sacco di gente; peraltro, lo spettacolo a volte era nello spettacolo: se si aveva la fortuna di capitare in un cinema con presente un gruppone di militari di leva in libera uscita, lo spettacolo erano i commenti fragorosi, non il film;
          per Antonioni so solo che le mie morose che mi trascinavano a vedere Rohmer erano una palla micidiale, noia pura, pesantezza allo stato puro, sensualità pressoché nulla; ma per esempio, dopo quarant’anni ricordo ancora con nostalgia quanto mi sono divertito con una ragazza che credo fosse sorella di un boss di Quarto Oggiaro; Quarto Oggiaro Story all’incontrario (cfr. Ricky Gianco);

  2. notizia incommentabile, il politicamente corretto ormai dilaga…
    comunque io sono di Trapani e conosco una persona che ha fatto una comparsa nel film del Commissario lo Gatto, detto come curiosità 🙂

  3. Vorrei sostenere Dick73. Il cinema italiano ha avuto un successo straordinario di popolo con Rocco e i suoi fratelli, La Dolce Vita, i film di Lattuada e Zurlini, la commedia all’italiana importante con Sordi e Tognazzi ecc
    Allo stesso pubblico, dopo il ’75 circa, hanno dato Banfi con i suoi film che erano barzellette di barbiere sceneggiate che insieme al cinema poliziottesco violento e fascio (non tutto ma tanto) hanno trasformato la gente delle sale dalla seconda alla terza visione in guardoni e dementi.
    Che i suoi film siano oggi documenti di un’italia che non c’è più si può dire di tutti i film di quei tempi.
    Lo prendevano perché costava poco e i film costavano poco e incassavano il doppio o il triplo di quanto costavano. Banfi è stato una operazione commerciale di basso livello e di basso livello è rimasto quando è andato in tv a fare la pornografia sentimentale della tv italiana.
    Se c’è qualcosa da dire è che i suoi colleghi erano anche ma non sempre attori bravi che in teatro erano bravissimi come Carotenuto, Carlo Giuffé, il povero Montagnani ecc che lavoravano perché quel tipo di cinema gli faceva guadagnare facilmente il pane e il companatico.
    Ma parlate del cinema italiano importante e serio e basta con questo rimasticamento del peggio che se anche è diventato cult sempre schifezza rimane.
    La schifezza è schifezza anche se il critico che vuol stare alla moda dice che è la torta sacher.
    Per mezzo dei film di Banfi (e non solo) siamo passati da 2°cinema del mondo agli ultimi gradini della scala della schifezza degli anni 80, 90, 2000 e 2010 ecc ecc

  4. Sono solo io che trovo a tratti spassosi, sempre divertenti e nella peggiore delle ipotesi spensierati almeno la metà dei film citati? Non li ho visti tutti, ma le gag ed i modi di dire di alcuni erano talmente folgoranti da essere entrati nell’immaginario collettivo della mia generazione, i cinquantenni di oggi.

    Siamo cresciuti a pane e commissario Lo Gatto, ci siamo divertiti molto con Banfi (che E’ un vero mattatore della commedia italiana) e non abbiamo tutti la terza media, any problem? Certo, mostri sacri come Tognazzi, Gassman, Sordi, Giannini nei film della Wertmüller stanno su un altro piano culturale. Ma non per questo il cinema popolare di Lino Banfi va considerato con minore dignità: si rischia la spocchia con cui fu liquidato dalla critica quello di Totò, oggi intoccabile (ma che personalmente, al netto di alcuni film mitici, trovo meno divertente dell’attore pugliese). Sono convinto che passato il nefasto vento del politically correct anche il Lino nazionale avrà i giusti onori; speriamo non postumi.

    Comunque, ovviamente rispetto le opinioni di tutti, sempre a patto che la cosa sia reciproca: la vostra soddisfazione è il nostro miglior premio.

  5. I film di Banfi non erano capolavori e non lo potranno mai diventare, erano rivolti al pubblico di massa e titillavano i loro “bassi ” istinti, a volte facevano ridere a differenza di capolavori assoluti che per quanto osannati dalla critica spesso conciliavano il sonno. (Penso ai film di Antonioni con la sua musa Monica Vitti divenuta poi la regina della grande commedia all’Italiana)
    E’ giusto che i film di Banfi oggi siano rivalutati e addirittura esaltati un pò come è accaduto ai film con Totò e Franco e Ciccio attori che in vita erano amatissimi dal pubblico e disprezzati dalla critica?
    Francamente non credo , nel senso che i film scollacciati interpretati da Banfi ( prima della svolta televisiva ) restano quello che erano ovvero, come ho detto, dei filmetti volgarotti, pruriginosi, conditi con qualche apprezzabile nudo che potevano strappare un risata e niente più.
    Riguardo alla polemica relativamente all’intervento di Facebook credo dipenda dal fatto che sono stati censurati molti brani di film di Banfi in cui vengono presi in giro gli omosessuali. Oggi questo non è più tollerato.

  6. Non ci siamo molto capiti. Non ho mai snobbato il cinema popolare. D’altronde, non è che andassi a vedere Antonioni, che detestavo e detesto tuttora, al massimo qualche film di Alberto Lattuada e Pietro Germi (ho amato anche “La prima notte di quiete” di Zurlini, ma forse solo perché “innamorato” del personaggio interpretato dalla Petrovna!). Non amavo le commedie sexy perché non le trovavo né erotiche, né divertenti (infatti, vedendone qualcuna in televisione anni fa, mi chiedevo “ma facevano davvero ridere ‘ste cose qui…?”, ma non fateci caso, me lo chiedo anche per molti cinepanettoni & C. dei giorni nostri!). Ora, non dico che per me l’erotismo made in Italy debba essere sempre “serioso”, ma non nego che preferivo erotici come “I dolci inganni”, “Paolo il caldo”, “Le farò da padre”, “Così come sei” o certe imitazioni italiche di ‘Emmanuelle’, tipo “Laure” o “La fine dell’innocenza”.

  7. Mi sembra che Dick73 ha spostato la discussione su cinema italiano erotico di gusto e cinema italiano erotico di pessimo gusto se ho capito bene.
    Ma prima voglio dire che il cinema italiano di qualità tirava benissimo prima dell’arrivo delle commediacce e, se effettivamente ce n’era una parte che rompeva i coglioni (ma non a tutti rompeva i coglioni, allora Pasolini con la trilogia della vita non rompeva i coglioni anche se metteva in mostra qualche nudo o qualcosa che allora attirava il pubblico infoiato ?) l’altra tirava anche se non era comica, anzi, la commedia all’italiana è nata sul mettere insieme un discorso comico-commedia su un discorso di critica alla società cioè politico (da Guardia e Ladri con Totò e Fabrizi a In nome del Popolo Italiano con Tognazzi e Gassman che anticipava Berlusconi nel 1971 !) poi c’era il discorso sul sesso che camminava un pò in tutte da quando si è allentata la censura (Sesso Matto con Giannini e la Antonelli, Mio Dio come sono caduta in basso con Lionello Alberto e sempre la Antonelli, Giochi Particolari con Tognazzi e Senta Berger che era completamente nuda nel film di Comencini su Casanova che era una commedia all’italiana in un mondo storico diverso da quello di allora) e poi c’erano i film drammatici che andavano benissimo e cito proprio la Prima Notte di quiete che andò benissimo, Metello con Ranieri, e poi c’era il cinema di satira che non sempre toccava il sesso (Dillinger è morto di Ferreri secondo me uno dei migliori anche se l’ho visto qualche anno dopo l’uscita) e quello drammatico che piaceva per la sua profondità (La caduta degli dei non è un capolavoro che fece anche un mucchio di soldi ?).
    Insomma restingere tutto al sesso non è sbagliato (il sesso era presente nella società e con il divorzio e l’aborto e altre conquiste degli anni70 si capiva che la gente voleva vederlo. E di film con il sesso, anche se non si potevano ancora fare vedere i nudi integrali ecc ce ne sono sempre stati : I dolci inganni non è una storia di sesso dove una ragazza diventa donna facendo la sua esperienza di sesso eppure è un film drammatico, Io la conoscevo bene dove una ragazza crede di farsi strada con il sesso e poi invece una società di merda la spinge a non credere più a niente e a amazzarsi non è un film dove c’è il sesso ma si tratta di un film duro ?
    Senza le commediacce sexy il cinema italiano (che allora andava fortissimo in tutto il mondo) si sarebbe evoluto lo stesso e sarebbe andato avanti per una strada che metteva in crisi la società e non la usava solo come mondo di scemi e di allupati.
    Questa io la chiamo degenerazione.
    Una degenerazione che venne fatta anche dal cinema dei poliziotti iniziato con film a posto ma di grande successo (La polizia ringrazia, Milano Calibro9, La Mala Ordina ma io ci metterei anche i film come Confessione di un commissario….. ecc che parlavano di mafia) e è finita con i film con Merli che faceva il giustiziere in una Italia dove tutte le banche erano rapinate, rapimenti dovunque ecc. Ma io ci ho vissuto in questa Italia e me la ricordo come più sana e tranquilla di quella di dopo (anni80 ecc) e oggi soprattutto.
    I film con Banfi sono nati solo, mettetevelo in testa, come questione di soldi. Siccome si producevano 300 film l’anno e si esportavano un pò dovunque (la strada l’aveva aperta anche la canzone perché io ricordo che Gianni Morandi vendeva 3 milioni di dischi 45 giri nel solo Giappone, me lo ricordo bene per ragioni anche personali) allora i cinematografari più furbastri hanno cominciato a fare queste commedie dove il sesso (becero) sovastrava su tutto (l’inizio fu credo Malizia che però era ancora una commedia fatta bene e con punte drammatiche anche se i soldi li ha fatti con il vedo e non vedo o il vedo e basta della Antonelli che era davvero sturbante) scenendo sempre di più di qualità e di intelligenza.
    ‘Noi parlavamo a un pubblico di imbecilli malati di sesso che vengono al cinema a vedere il comico che fa delle battutte che fanno cagare e la Gloria Guida che si spoglia’ disse un certo regista che adesso è morto ma lo disse e lo riportavano anche su un gruppo facebook su questo cinema di capolavori di ‘sto ca….
    Ora se a voi piace questo cinema non dico che siete malati di sesso ma dico che dovreste vedere anche il resto e fare la tara se siete dei lettori intelligenti come credo di questa rivista intelligente in cui solo sul cinema troviamo questi articoli un pò discutibili che poi ognuno la pensa come vuole.
    E basta qui per me che ho già detto tutto e forse senza utilità ne per me per nessuno.

    1. Il cinema italiano non è solo “commedia”. Molti film che vere commedie non erano venivano erroneamente così definite. Per esempio, Mario Monicelli era cattivissimo e i suoi film sono presi per commedie ma sono in realtà cinici e “spietati” (“Amici miei” è la storia – in realtà drammatica – di cinque patetici vecchi coglioni che hanno paura della vecchiaia e della morte, e reagiscono a questo facendo scherzi idioti). Prendi quello che tu chiami “il film di Comencini su Casanova”: NON è una commedia all’italiana per niente. Ancora mi ricordo come mi impressionò, la vidi in tv da bambino, per il suo contenuto grottesco e l’atteggiamento “menefreghista” del dottore, la sequenza iniziale dell’operazione alle orecchie del padre di Casanova. In una intervista, Mariano Laurenti si attribuì la paternità della commedia erotica, affermando d’avere messo insieme lui, per la prima volta, sexy + commedia, in particolare con “Quel gran pezzo della Ubalda, tutta nuda e tutta calda”. Forse non è proprio così, ma in effetti, sebbene ci fossero stati già esempi deprimenti ben prima, orientativamente fu quel film che segnò pian piano la discesa dell’erotico italiano, accelerata più o meno dal 1975-76 in poi, nel pantano del becero e del triste trionfo dei comicastri. Se ci fate caso, anche se erano considerate commedie erotiche, alcuni esempi che mi vengono in mente, tutti datati 1974, presentavano ancora una certa dignità nella confezione e non erano “stupidamente” comiche (mi riferisco a “Le farò da padre”, “La cugina”, “Cugini carnali” e “La sbandata”).

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