In italiano i due volumi realizzati finora di Le Dernier Atlas sono in corso di serializzazione sul settimanale Skorpio di Editoriale Aurea, dal n. 2262 del luglio 2020.
Al momento non ci sono notizie della pubblicazione in volume nel nostro paese.

Ismaël Tayeb, un piccolo gangster della città di Nantes, riceve l’incarico di trovare una batteria nucleare da Jean Legoff, suo capo e padrino dell’organizzazione criminale per cui lavora. Tayeb decide di andare in India per rubare quella montata sul Georges-Sand, l’ultimo Atlas ancora funzionante. Gli Atlas sono possenti e titanici robot nucleari costruiti, nella finzione del fumetto, dalla Francia negli anni sessanta per essere utilizzati nell’industria, specialmente quella delle costruzioni e petrolifera.

Nel frattempo, nel deserto del Maghreb, dove anni prima è avvenuta una catastrofe nucleare che ha causato la morte di migliaia di persone e portato alla dismissione di tutti gli Atlas, si verificano strani fenomeni naturali. Françoise Halfort, una ex reporter di guerra, fa una scoperta ecologica che stravolgerà il precario equilibrio mondiale, portandolo sull’orlo di drammatici e imprevedibili cambiamenti.

LE DERNER ATLAS, UNA SAGA RETROFUTURISTA

 

Gli sceneggiatori del fumetto, Fabien Vehlmann e Gwen De Bonneval, immaginano uno scenario molto complesso, che si dirama su più continenti. Per farlo godono di un “privilegio” raro nelle bande dessinée: lo spazio. Questo primo volume, pubblicato inizialmente in bianco e nero in dieci fascicoli di una ventina di pagine, usciti a cadenza mensile tra giugno 2018 e marzo 2019, è difatti composto da più di duecento pagine (mediamente gli albi a fumetti francobelgi vanno dalle 48 alle 64 pagine), così come il secondo (uscito lo scorso maggio) ed il terzo e ultimo, previsto per il prossimo anno.

La vicenda è ricca di personaggi che spaziano dai fuorilegge ad anziani contadini, tra i pochi ad avere ancora memoria di quando gli Atlas furono costruiti e venivano utilizzati, passando per la polizia e una giornalista in possesso di troppe informazioni. Tutta questa umanità, viva e credibile, ha motivazioni diverse che la pone in contrapposizione.

Gli autori creano trame multiple, alcune appena accennate, che coinvolgono personaggi e situazioni all’apparenza secondari rispetto alla vicenda principale, e allo stesso tempo gettando indizi, i quali fanno capire che tutti i pezzi disseminati fanno parte dello stesso scenario e andranno a incastrarsi gli uni con gli altri.

I due sceneggiatori orchestrano una storia mossa dai motivi personali dei protagonisti, non sempre chiara e in divenire, ma emozionante dalla prima all’ultima pagina.
Quella di De Bonneval e Vehlmann è un’opera enorme, una storia ucronica mozzafiato, un mix di fantascienza, thriller, hard boiled e noir (e anche un po’ di soprannaturale), in un universo che presenta elementi storici sufficienti da risultare comunque autentico e coinvolgere pienamente il lettore. Tutto questo senza dimenticare le tematiche politiche, le critiche alla vecchia guerra d’Algeria (una ferita ancora aperta nella società francese) e alle sue conseguenze.LE DERNER ATLAS, UNA SAGA RETROFUTURISTA LE DERNER ATLAS, UNA SAGA RETROFUTURISTA LE DERNER ATLAS, UNA SAGA RETROFUTURISTA

Il disegno semirealistico di Hervé Tanquerelle presenta personaggi dai tratti spesso sgraziati, ma al tempo stesso di gran carattere. È un disegno funzionale, a volte ruvido, che passa da immagini considerevoli ad altre meno per non distogliere l’attenzione del lettore, permettendogli così di concentrarsi maggiormente su quanto sta accadendo in quel momento. Quello di Tanquerelle è un disegno “utilitaristico”, che però funziona bene e arricchisce l’esperienza complessiva di lettura.

A Fred Blanchard è affidata l’ideazione degli Atlas e dei macchinari in generale. Il suo design è un misto di retrofuturismo meccanico e realismo industriale, che dona ulteriormente veridicità allo scenario complessivo, facendo sembrare “perfettamente normali” anche dei giganteschi titani d’acciaio.

Infine, i colori di Laurence Croix, perfetti e ben misurati nei toni, danno letteralmente vita ai disegni riuscendo a donare una dimensione in più alle tavole, divenendo una versione alternativa, assolutamente non inferiore, a quella splendida in bianco e nero.

 

Il primo volume di Le Dernier Atlas è pieno di intrighi, problemi ambientali, gangster, guerre e politica internazionale. È un giallo teso, un thriller che avanza senza dare respiro e immerge completamente nella lettura. Gli autori hanno messo in scena molti misteri e una storia che diventa più appassionante pagina dopo pagina. Alcuni misteri trovano una risposta già in questo volume, ma altri restano irrisolti traghettando il lettore verso il secondo volume. Il quale conferma tutte le buone impressioni del precedente, con meno attenzione politica, ma con un aumento di ritmo che porta letteralmente a divorare (ancora più del precedente) le oltre duecento pagine che lo compongono e che lasciano molto impazienti per l’uscita, il prossimo anno, del terzo (e ultimo) volume.

Le Dernier Atlas è un’opera da leggere a ogni costo, possibilmente in volume (in francese, al momento non ne è prevista un’edizione italiana) o serializzata sul settimanale Skorpio, anche se le piccole dimensioni del periodico non rendono giustizia alla bellezza dell’opera.
I primi due volumi sono un vero capolavoro e niente fa dubitare che il terzo ne concluderà la storia in modo altrettanto esaltante.

 

Le Dernier Atlas
Tome 1

sceneggiatura: Fabien Vehlmann
Gwen de Bonneval
disegni: Hervé Tanquerelle
Frédéric Blanchard
colori: Laurence Croix

Dupuis
cartonato
colore
pag. 232
2019

Le Dernier Atlas
Tome 1

Dupuis
edizione speciale
cartonato
bianco e nero
pag. 240
2019

Le Dernier Atlas
Tome 2

sceneggiatura: Fabien Vehlmann
Gwen de Bonneval
disegni: Hervé Tanquerelle
Frédéric Blanchard
colori: Laurence Croix

Dupuis
cartonato
colore
pag. 232
2019

 

 

Un pensiero su “LE DERNIER ATLAS, UNA SAGA RETROFUTURISTA”
  1. Sto seguendo la storia su Skorpio e devo dire che concordo pienamente col recensore: un’opera da leggere assolutamente.
    Pur con le dovute differenze di ambientazione, stile narrativo e grafico, mi ricorda la visionarietà dell’Akira di Otomo.

    P.S.
    Non mi pare che l’attuale formato (maggiorato rispetto ad alcuni anni fa) di Skorpio penalizzi le tavole.

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