La commedia brillante, uno dei tradizionali generi cinematografici americani, sta attraversando una crisi creativa che appare irreversibile.
Il regista Blake Edwards ne è stato, nel passato, uno tra i maggiori artefici, sempre in bilico tra commedia sofisticata, comicità volutamente grossolana e cupa malinconia crepuscolare. Come solo pochi riescono a fare, con furiosa misantropia nichilista, non ha mai cercato di trovare un equilibrio buono per tutti i palati.

Scomparso nel 2010, Blake Edwards ha diretto Roberto Benigni nel suo ultimo film del 1993 ne Il figlio della Pantera rosa (Son of the Pink Panther). Il film non è del tutto riuscito, ma sempre meglio della maggioranza delle commedie attuali.

 

Di film brutti comunque Edwards non ne ha mai girati. Ha diretto anche film su commissione, o rovinati dai produttori, ma sempre con competenza e talento. In compenso, titoli come La pantera rosa (The Pink Panther, 1963) e Hollywood party (The Party), del 1968, sono capolavori unanimemente riconosciuti. Quantomeno da chi si intende di cinema.

 

Altri film godono di minor considerazione critica perché ritenuti dei semplici sequel. Ad esempio Uno sparo nel buio (A Shot in the Dark, 1964), secondo titolo con protagonista l’ispettore Clouseau, il cui splendido incipit basta da solo a dimostrare le doti narrative del regista.

 

Forse il film più “teorico” di Blake Edwards è La grande corsa (The Great Race), del 1964. Dentro c’è di tutto: il romanzo d’avventura, la farsa, la parodia e il musical, la presa in giro del divismo hollywoodiano, Laurel e Hardy (tanto amati da Edwards), il romanticismo e la fantasia più sfrenata. Il regista gioca anche con tempi volutamente lunghi: la sequenza delle torte in faccia sembra non finire mai.

Blake Edwards ha girato ben sette film con protagonista Peter Sellers, . L’ultimo, Sulle orme della Pantera Rosa (Trail of the Pink Panther, 1982), in realtà è stato realizzato assemblando sequenze scartate dai titoli precedenti, poiché il grande attore inglese era scomparso nel 1980. Tra le pellicole dirette da Edwards con Closeau/Sellers svetta La Pantera Rosa sfida l’ispettore Closeau (The Pink Panther Strikes Again), del 1976. Un grande film con un fuoco di fila di gag irresistibili che, come ha scritto Roberto Vaccino (Blake Edwards, Il Castoro Cinema, novembre 1979), “è solo e semplicemente cinema, scrittura fantastica deliberatamente lontana dall’illusione mimetica e dall’attualità, strip dissestata e caotica zeppa di stereotipi e di citazioni”.

 

Se Peter Sellers per una decina d’anni è stato l’attore feticcio di Blake Edwards, Julie Andrews è stata la sua musa (e sua moglie, sposata nel 1969). Anche con lei il regista ha realizzato sette film, non solo commedie. Del 1974 è la spy story romantica Il seme del tamarindo (The Tamarind Seed), nel quale la Andrews interpreta Judith, segretaria del ministro degli esteri inglese che stringe una relazione con la spia sovietica Feodor (Omar Sharif). I due hanno poi girato un rifacimento ritenuto non all’altezza del originale come I miei problemi con le donne (The Man Who Loved Woman, 1983), remake americano del film di Francois Truffaut L’uomo che amava le donne, o ancora il film, solo parzialmente riuscito per una serie di vicissitudini, Operazione Crêpes Suzette (Darling Lili, 1970). Si tratta del primo con protagonista Julie Andrews, rimaneggiato e accorciato, un insuccesso commerciale ma tutt’altro che fallimentare dal punto di vista artistico. Lili Smith è una soubrette inglese che durante la Prima guerra mondiale svolge attività spionistica per la Germania.

 

Nella carriera di Blake Edwards ci sono film sottovalutati, forse perché hanno avuto troppo di successo, per esempio 10 (id., 1979), che lanciò Bo Derek, a fianco della Andrews e di Dudley Moore, quarantenne in crisi esistenziale. Per spiegare la personalità di Blake Edwards, può servire questa sua dichiarazione: “Credo che la follia possa a volte essere di gran lunga più creatrice della ragione: forse non è una cosa desiderabile, ma alla lunga è infinitamente più inventiva di ciò che è normalmente ammesso come ragionevole”.

 

Questa dichiarazione di sicuro sarebbe stata sottoscritta da Frank Tashlin, regista per certi versi simile a Blake Edwards. Un altro cineasta che rischia seriamente di finire nel dimenticatoio, capace di spaziare dalla commedia sofisticata alla comicità slapstick e iconoclasta, ma con una raffinatezza creativa, una personalità e un rispetto per il proprio lavoro (e quindi per il pubblico) esemplari. Adorato negli anni sessanta dai critici della rivista francese Cahiers du Cinéma e in particolare da Jean-Luc Godard, che quasi lo preferiva a Billy Wilder, Tashlin nasce nel 1913 nel New Jersey e muore nel 1972. Comincia come fumettista per le strisce dei quotidiani, gagman per i cartoni animati, autore di libri per ragazzi e sceneggiatore (suoi alcuni script per i fratelli Marx, Una notte a Casablanca, del 1946, e Una notte sui tetti, del 1949).

Frank Tashlin con Jerry Lewis

 

Passa dietro la macchina da presa nei primi anni cinquanta con Il figlio di Viso Pallido (Son of Paleface, 1952) e Il bisbetico domato (Marry Me Again, 1953). Di lui Godard ha scritto: “Frank Tashlin non ha rinnovato la commedia americana. Ha fatto di meglio. Fra Hollywood or bust e Accadde una notte, fra Gangster cerca moglie e Partita a quattro non c’è una differenza di grado ma di natura. Insomma, invece di rinnovare Frank Tashlin ha creato”. Tashlin appartiene a un’epoca in cui per fare cinema a Hollywood bisognava avere fantasia, e lui ne aveva parecchia, riversata in più di venti film. I suoi film sono quasi tutti di genere comico o brillante, alcuni con soggetti spionistici, come i due con Doris Day: La mia spia di mezzanotte e Caprice: la cenere che scotta, girati tra il 1966 e il 1967.

https://www.youtube.com/watch?v=CRDRuEMp_qY

 

Dall’esordio fino alla metà degli anni sessanta Frank Tashlin ha diretto una serie di gioielli irripetibili, alcuni con protagonisti Jerry Lewis e Dean Martin. A cominciare da Artisti e modelle (Artists and Models, 1955), con una deliziosa Shirley MacLaine e Anita Ekberg pre-Dolce vita.

 

Segue Hollywood o morte! (Hollywood or Bust, 1956), in cui Lewis e Martin per l’ultima volta insieme vanno a Hollywood e incontrano nuovamente la Ekberg.

 

Sempre del 1956 è Gangster cerca moglie (The Girl Can’t Help It), nel quale Tom Ewell un anno dopo Quando la moglie è in vacanza (di Billy Wilder) passa dalle curve di Marilyn Monroe a quelle di Jane Mansfield. Ewell deve invece fare i conti con la moglie arruolata nell’esercito per errore in Mia moglie è di leva (The Lieutenant Wore Skirts, 1956).

 

Del 1957 è La bionda esplosiva (Will Success Spoil Rock Hunter?), scatenata satira del mondo pubblicitario ancora con la bomba sexy Jane Mansfield

 

Jerry Lewis è stato per Tashlin l’attore di riferimento. Dal 1958 al 1964 lo ha diretto in sei pellicole. A cominciare da Il balio asciutto (Rock-a-Bye Baby, 1958), altra sapida e mai moraleggiante satira del mondo dei mass-media e dello spettacolo.

 

La collaborazione si conclude con Pazzi, pupe e pillole (The Disoderly Orderly, 1954), uno dei migliori, interpretati e non diretti da Lewis. Infermiere in una clinica privata, Jerome combina un sacco di guai anche a causa di un disturbo psicosomatico. Probabilmente più di ogni altro regista di commedie e film comici, Tashlin ha attraversato e lasciato il segno in un’epoca irrimediabilmente perduta, nella quale far ridere era una cosa seria per cineasti intelligenti.

 

 

2 pensiero su “LE COMMEDIE SCATENATE DI FRANK TASHLIN E BLAKE EDWARDS”
  1. Non condivido l’accostamento Blake Edwards – Frank Tashlin. Per certi versi erano molto differenti. Io preferisco senza alcun dubbio Tashlin e invece ho sempre detestato Edwards (l’unico suo film che non mi dispiaceva era “Il seme del tamarindo”).

    1. Mi correggo, i film di Edwards che non mi dispiacciono (e che ho entrambi in dvd) sono due. Oltre a “Il seme del Tamarindo”, l’altro è “Operazione terrore”, con Lee Remick, attrice oggi dimenticata ma che a me è sempre piaciuta moltissimo — voglio dire fisicamente nonostante fosse piatta come un’asse da stiro (come un’altra celebre “bella bionda” del cinema statunitense, Carroll Baker!).

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