Nel paese natale, il Giappone, Yokomizo Seishi è un famoso scrittore di gialli, un po’ come Andrea Camilleri in Italia.
Nato nel 1902 nella città di Kobe, nella parte costiera meridionale dell’arcipelago, è scomparso alla fine del 1981, lasciando romanzi, saghe e un premio annuale per opere inedite di genere giallo e mystery a lui intitolato, il Premio Yokomizo, fondato nel 1980.
Yokomizo è il cognome che, secondo l’usanza giapponese, si antepone al nome.

Laureatosi in Farmacia, negli anni Venti Yokomizo Seishi si trasferisce a Tokyo dove lavora come editor e curatore presso l’editore Hakubunkan e si fa promotore di letteratura gialla presso il grande pubblico, un genere di cui è appassionato fin da ragazzo. Negli anni Trenta decide di dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e pubblica con successo i suoi primi romanzi gialli, complice la salute malferma che lo obbliga a una lunga convalescenza dopo aver contratto la tubercolosi.
La Seconda guerra mondiale lo costringe a sfollare presso la casa del padre. Povertà e impossibilità di curarsi lo portano nuovamente in pericolo, ma dopo la guerra riprende a scrivere e nel 1946 pubblica una serie di romanzi d’indagine che ne sanciscono la fama. I suoi lavori saranno bandiera di una nuova detective story giapponese, influenzata dalla cultura occidentale.

Yokomizo ha vissuto quasi l’intero Periodo Shōwa, quello del regno dell’imperatore Hirohito, iniziato con la sua incoronazione nel 25 dicembre 1926 e terminato con la sua morte il 7 gennaio 1989. Un periodo tormentato e di forti rivolgimenti che nella prosa dello scrittore, seppure animata da profonda ammirazione per alcuni maestri del giallo occidentale, come vedremo, non tradisce la sua appartenenza a un mondo che con l’Occidente ha poco a che fare. 

Il primo dei romanzi del dopoguerra, pubblicato a puntate nel 1946 sulla rivista letteraria Hōseki è Il detective Kindaichi (Honjin satsujin jiken), testo fondativo del genere e Premio Mystery Writers of Japan nel 1948, poi raccolto in volume e pubblicato da Kadokawa Corporation nel 1973. È il romanzo di cui parleremo, senza dimenticare le trasposizioni manga o le serie anime in cui Kindaichi, detective fuori dalle righe per eccellenza, compare.

Come è possibile che non ne abbia mai sentito parlare? si chiederà qualcuno. È molto semplice. In Italia di Yokomizo è stato tradotto un solo romanzo, L’ascia, il koto e il crisantemo nel 1986 (“Giallo Mondadori 1969”). Poi più nulla. Per fortuna ci ha pensato l’editore palermitano Sellerio che, nell’arco di quattro anni, ha dato alle stampe ben tre titoli: Il detective Kindaichi, La locanda del Gatto nero (2020), Fragranze di morte (2022), tutte con traduzione di Francesco Vitucci.

Una edizione speciale di Il detective Kindaichi è poi apparsa nel 2022, pubblicata dal Corriere della Sera nella collana in allegato “Giappone, crimini e misteri, 4”. La collana ospita dodici opere di maestri giapponesi del giallo.

Yokomizo Seishi
Yokomizo Seishi: Il detective Kindaichi (“La memoria 1133”, Sellerio, 2019). Prima edizione italiana

Ambientato nel Giappone tradizionale, Il detective Kindaichi è un giallo a camera chiusa, in cui fa l’esordio Kosube Kindaichi, il bizzarro detective balbuziente protagonista di oltre venti romanzi, popolare tanto quanto in Europa è il commissario Maigret di Georges Simenon.

Un enigma della camera chiusa è un racconto poliziesco classico in cui avviene un delitto in un luogo sigillato dall’interno. Chi indaga si trova di fronte al mistero di un assassino che non c’è, sebbene il luogo non presenti spiragli di fuga. Spesso può accadere anche che non si trovi l’arma del delitto.
L’atmosfera generale diventa al limite del sovrannaturale, vista l’inesplicabilità delle dinamiche delittuose: è stato commesso un omicidio, sul luogo l’assassino non può essere entrato né uscito. Tutta l’attenzione si appunta non tanto sul movente o sull’identità dell’assassino, ma piuttosto su come è stato commesso.

Chi voglia interessarsi a misteri della camera chiusa ha di che scegliere, perché la bibliografia in merito conta centinaia di esempi, a cominciare da I delitti della Rue Morgue di Edgar Allan Poe e Uncle Silas di Joseph Sheridan Le Fanu.
Alessandro Bullo, in un articolo dal titolo I delitti della camera chiusa comparso sul sito thrillercafe.it nel 26 settembre 2016, offre un’ampia trattazione sull’argomento, completa di bibliografia.

 

Il detective Kindaichi (Corriere della Sera, 2022)

Quattro note sulla vicenda per inquadrare la storia. È il 1937 e ci si muove in un Giappone dove animi e passioni sono fortemente tradizionali. Siamo nella prefettura di Okayama. Nella grande e ricca magione della famiglia Ichiyanagi si celebra il matrimonio di Kenzō e della bella Katsuko. A fine matrimonio i due novelli sposi si spostano in una dépendance della tenuta, ma la notte è rotta da urla che provengono proprio dalla dépendance. Alcuni familiari si precipitano sul luogo. Tutto è chiuso dall’interno. Quando riescono a entrare sfondando una persiana, si trovano di fronte a uno spettacolo raccapricciante, le cui dinamiche si presentano insolubili.
Solo a metà romanzo, entra in scena il detective Kōsuke Kindaichi, chiamato da Ginzo, lo zio della sposa.
È un giovane con un passato burrascoso da cui è uscito grazie all’aiuto di Ginzo, e che si fa notare per il comportamento eccentrico e l’abito dimesso, ma già famoso per le sue doti investigative.

Come già accennato, pur appartenendo alla tradizione letteraria alta, il romanzo presenta influenze giallistiche occidentali. Si pensi, per esempio, all’inglese Arthur Conan Doyle oppure al giornalista e scrittore francese Gaston Leroux, autore del romanzo Il fantasma dell’opera, trasposto più volte al cinema e a teatro.
L’autore non ne fa mistero. È anzi una caratteristica del romanzo incontrare a più riprese citazioni e riferimenti di Yokomizo a libri o autori gialli d’Occidente.
Nasce una vera e propria mappa di lettura in cui entrano in gioco anche autori giapponesi. Si potrebbe supporre che l’incanto narrativo ne sia spezzato; tutt’altro, l’autore è abilissimo nell’operare gli inserti, in un gioco metanarrativo in cui la stessa mappa diventa oggetto dell’indagine.

In fondo a questo testo, farò un piccolo elenco di nomi e libri citati, che costituisce al tempo stesso una proposta di lettura gialla.


Kōsuke Kindaichi Best Sellection Comics, volume 1

Tutti i romanzi con protagonista Kōsuke Kindaichi hanno avuto un’edizione a fumetti, Kōsuke Kindaichi Best Sellection Comics, pubblicata da Kadokawa Shoten su Asuka Comics DX.

Nel manga Kindaichi shōnen no jikenbo il liceale Hajime Kindaichi è un investigatore dilettante, supposto nipote del famoso Kōsuke.

Nelle arti visive, ma ci sono esempi anche in letteratura, un cameo o cammeo (il primo è una inglesizzazione) sta per significare la veloce comparsa in un film o in un’opera teatrale di un personaggio prestigioso o molto noto, con uno scopo simbolico inerente all’argomento oppure per fornire una citazione o rimando ad altra opera. Famosi sono i cameo di Alfred Hitchcock nei suoi stessi film.
Nel sesto volume del manga Detective Conan compare un cameo di Kōsuke Kindaichi.

Numerose sono le trasposizioni cinematografiche. Cinque sono le pellicole del regista Kon Ichikawa, l’ultima delle quali è apparsa nel 2006. Recentemente, nel 2013 e 2014 sono stati realizzati due film in cui il detective Kindaichi lavora in coppia con un altro famoso detective giapponese di fantasia, Kogoro Akechi.


Kon Ichikawa: Inugami-ke no ichizoku (La famiglia Inugami), 1976. Locandina

 

La mappa di Yokomizo

Il detective Kindaichi inizia con un affascinante prologo dell’autore che quasi diventa personaggio, nel quale spiega cosa lo portò a scrivere il romanzo. Si trovava sfollato nella prefettura di Okayama e più volte la gente del posto gli aveva parlato di un delitto avvenuto nella residenza di una famiglia del posto, gli Ichiyanagi, ma ogni racconto appariva solo come una parte di verità.
Yokomizo confessa che prima di allora non aveva mai provato alcun interesse nei delitti descrittigli dalla gente quando venivano a conoscenza che era scrittore di gialli, ma per quel caso fu diverso perché si rese conto di trovarsi davanti a un delitto a porte chiuse.
Seguendo le dinamiche dei fatti, cita le somiglianze del caso con alcuni libri letti, pur ritenendolo ancora diverso da ognuno dei diversi assassinii a camera chiusa descritti. È questa la prima traccia della mappa di lettura: Il mistero della camera gialla di Leroux, I denti della tigre di Leblanc, La canarina assassinata e La tragedia in casa Coe di Van Dine, La casa stregata di Dickson Carr, Omicidio in casa Angell di Roger Scarlett.

Nel capitolo 8 compare per la prima volta il detective Kindaichi. L’autore entra ancora nella trama. Descrivendo il detective dice: “Probabilmente doveva assomigliare a Tony Gillingham, il protagonista di un romanzo noir di uno dei miei autori preferiti: Alan Alexander Milne.”.

Nel capitolo 10 si parla di una biblioteca presente nella tenuta, in cui Kōsuke trova una gran quantità di romanzi di investigazione. È l’elemento che lo fa decidere di prendersi in carico il caso. Tra i libri che sfoglia o di cui parla il detective, tornano i già citati Il mistero della camera gialla e La casa stregata, mentre compare Il cappellaio matto di Dickson Carr.

Quando Kōsuke ha un convegno risolutivo con chi lo sta coadiuvando nelle indagini, nel capitolo 3 della Seconda parte cita un romanzo ben preciso di Conan Doyle dove è protagonista Sherlock Holmes. Non menziono il titolo perché la storia di Yokomizo è agli sgoccioli e per chi conosce il romanzo di Conan Doyle è implicita la risoluzione.

Con la sua prosa asciutta ed elegante e le atmosfere sospese e significative, Yokomizo si rivela gran maestro di storie del crimine.

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Un pensiero su “LA MAPPA GIALLA DI YOKOMIZO SEISHI”
  1. Ciao, Tea. Splendida recensione, come sempre. Avevo letto titolo e autore nei cataloghi Sellerio, senza farvi mai caso. Andrò a cercarlo.
    Non ci sentiamo dai tempi di Nuova Solaria. Come stai?

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