La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
col cappello alla romana:
viva viva la Befana!

Questa è la versione che ho sempre sentito. In realtà sono numerose le varianti. Per esempio: La befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, con la scopa di saggina: viva viva la nonnina!, oppure La befana vien di notte, con le scarpe tutte rotte, se ne compra un altro paio, con la penna e il calamaio. O ancora: La befana vien di notte , con le scarpe tutte rotte; viene, bussa e scappa via; la befana è mamma mia.

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L’esistenza di questa figura misteriosa e notturna ci accompagna da tempi antichissimi investendo l’immaginario religioso e tradizionale di molte popolazioni. In tutte coincide nei termini temporali, cioè la Befana rappresenta l’interregno tra la fine dell’anno solare, il solstizio invernale che avviene all’incirca il 21 dicembre, e l’inizio dell’anno lunare.
In parole povere, è un simbolo legato ai cicli stagionali agricoli, proveniente da religioni misteriche e iniziatiche come il mitraismo di origine persiana (II-I secolo avanti Cristo) o come quelle celtiche (IV-III sec. a.C.), in cui l’anno vecchio è al suo termine e viene sostituito da quello nuovo. Il solstizio invernale è il giorno più corto dell’anno, dopodiché le giornate tornano a farsi lentamente sempre più lunghe.

Fin dall’età preistorica del Neolitico esisteva un culto legato a una divinità con sembianze femminili che incarnava lo spirito degli antenati e che si manifestava in inverno, davanti alle famiglie riunite intorno al fuoco. La Befana sembra essere, dunque, una sorta di divinità che porta nuova vita e luce nel freddo e buio inverno e, sebbene possa assumere anche un bellissimo aspetto, affascinante e giovane, in questa circostanza  appare raffigurata come vecchia e brutta “a rappresentare un ciclo completo dalla nascita alla morte e alla rinascita” per dirla con le parole dell’archeologa Marija Gimbutas (“Le dee viventi”).

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Ottorino Respighi – Feste romane: con suoni di trombe, danze e festa “La Befana” è il movimento conclusivo dell’opera e trasforma una tradizione popolare in partitura per orchestra.

Con l’avvento del cristianesimo, la chiesa, impossibilitata a cancellarla dalla tradizione popolare perché radicata da sempre e, al tempo stesso, non potendo accettare la coesistenza di una festività pagana, tentò di nasconderne l’esistenza sovrapponendola all’epifania dei Re Magi.
Da qui tutte le mutazioni della Befana che, a seconda del luogo e dei periodi storici, prende varianti e fisionomie diverse, e viene raccontata in termini leggendari e tradizionali diversi pur designando lo stesso antichissimo simbolo.
In Italia, per esempio, esistono tradizioni regionali. E una, importante, riguarda la sua bruttezza che ha una funzione apotropaica: tutti gli eventi negativi dell’anno andato, racchiusi simbolicamente nella Vecchia (Vecia), che così viene ad assumere anche un ruolo sacrificale, vengono bruciati in quei riti collettivi di falò che in alcune zone vengono denominati Giubiana, in altri Pignarûl, Cabossa, Bruja e altri ancora.

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La Befana Trullalà, di Gianni Morandi: sembra che il testo provenga da un’antica filastrocca di autore sconosciuto.

Vecia che comunque assume anche aspetti liberatori di vecchina positiva e benevola che porta dolci e piccoli regali ai bambini buoni. È quindi una figura che, nel tempo, ha acquistato un significato di equilibrio fra il bene e il male. Perché anche se è buona la Befana è pur sempre una strega e, nello scenario tristemente fantastico formatosi dal Basso Medioevo, la stregoneria è sempre stata associata alla magia nera.

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Anche il Quartetto Cetra si esibì in una manifestazione canora: la fiaba di Trombolino e Pennacchietta.

Oggi credo che la Befana rappresenti un grande archetipo fondamentale: lo psicanalista C. G. Jung direbbe quello della Grande Madre. Archetipo che ha due valenze: Madre Buona, rappresentata da elementi femminili (e maschili) positivi; Terribile, rappresentata da elementi femminili (e maschili) negativi; Buona e Cattiva, dove elementi positivi e negativi sono unificati. Da qui partono tante considerazioni, che un libro non basterebbe  a raccontarle, sul processo di individuazione e la crescita armonica dell’individuo.

Mi auguro che questa antichissima e bellissima tradizione, relegata in un certo senso da sempre, da dopo l’occultamento storico che ebbe, a un ruolo secondario, continui. Penso che in ogni famiglia non debba mai mancare la calza: regalucci simbolici e… anche un po’ di carbone.

Buona Befana!
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2 pensiero su “IL MITO MISTERIOSO DELLA BEFANA”

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