LA BANDA BONNOT INVENTA LA RAPINA IN AUTO

Il 27 aprile 1912, la polizia francese individua alcuni uomini dell’inafferrabile “Banda Bonnot” nascosti in un grande garage nei dintorni di Parigi. Dopo un primo scontro a fuoco, con morti da entrambe le parti, gli agenti iniziano un lungo assedio. Sul posto si radunano 500 persone armate tra gendarmi, soldati e volontari. Il garage pare inespugnabile, e allora la polizia decide di usare i candelotti di dinamite per abbatterlo, muro dopo muro come in guerra. Quando l’edificio è un cumulo di macerie fumanti, gli agenti irrompono sparando in ogni direzione. Colpito da diversi proiettili, Jules Bonnot, il leggendario capo dei banditi, cerca di suicidarsi con un colpo di pistola al petto, ma la sua forte tempra gli impedisce di finire subito all’altro mondo. Muore alcune ore dopo, mentre viene condotto in ospedale.

LA BANDA BONNOT INVENTA LA RAPINA IN AUTO

 

Jules Bonnot nasce nel 1876 in una famiglia povera di Pont-de-Rode, una località francese al confine con la Svizzera. A cinque anni perde la mamma. Il papà lo tira su da solo facendo molti sacrifici, perché con i pochi soldi che porta a casa non sempre c’è abbastanza da mangiare. A 14 anni entra nel mondo del lavoro, facendosi licenziare ogni volta perché litiga con i superiori. Non ancora maggiorenne, Jules è già stato arrestato per piccoli reati, dalla pesca di frodo alla rissa. Dopo una condanna a tre mesi di prigione per aver malmenato un agente di polizia, nel 1895 il padre lo caccia di casa.

Non sapendo dove andare, Jules si arruola nell’esercito, dove viene incaricato della manutenzione dei veicoli a motore, dei quali si innamora subito: sono gli anni in cui escono le prime automobili. Durante le esercitazioni, scopre anche di essere un abile tiratore. Lasciato l’esercito dopo tre anni, nel 1901 diventa un attivista del movimento anarchico, organizzando scioperi e manifestazioni.

Nello stesso periodo, a 25 anni, conosce e sposa una bella ragazza, Sophie-Louise Burdet. Per qualche tempo conduce una vita tranquilla, ma quando la figlia Emilie muore dopo pochi giorni di vita, ritorna a fare il rivoluzionario. Purtroppo per lui la Svizzera, il Paese nel quale si è trasferito, non gradisce i sovversivi e viene rispedito in Francia. A Lione, Jules sembra avere trovato un lavoro stabile in un’officina, il luogo adatto per un appassionato di motori.

Nel 1903 suo fratello, a cui era molto legato, si impicca per una delusione amorosa. La nascita di un figlio, l’anno dopo, non impedisce a Jules di tornare all’estremismo politico, ma dopo avere colpito il datore di lavoro con una sbarra di ferro deve lasciare la città. Si trasferisce nella vicina Saint-Étienne, e torna a fare il meccanico. Con moglie e figlio viene ospitato nella casa di un capo del sindacato, un certo Besson. Il quale fa anche assumere la moglie di Jules come segretaria nel proprio ufficio. Sophie-Louise si innamora del sindacalista e, portandosi dietro il figlio, scappa con lui in Svizzera.

LA BANDA BONNOT INVENTA LA RAPINA IN AUTO
Foto segnaletiche di Jules Bonnot

 

Lasciato dalla moglie, alla quale scrive lettere disperate, Bonnot viene pure licenziato. Spinto dalla rabbia, passa all’ala illegalista dell’anarchia, composta da militanti che commettono reati come protesta politica oltre che per guadagno personale. Insieme all’italiano Giuseppe Platano, Jules organizza una banda di falsari per stampare e diffondere banconote da dieci franchi. Dal 1906 si passa ai furti e Jules diventa ben presto abile nello scassinare casseforti. Il ricavato, però, è modesto, perché i banditi non dispongono di informatori che li avvertono sugli spostamenti di denaro. Qualche soldo in più lo fanno rubando le poche automobili che circolano tra Francia e Svizzera.

Questa vita “avventurosa” finisce nel 1910, quando, per sfuggire alla polizia sulle sue tracce, Jules Bonnot decide di trasferirsi a Londra.
 Siccome i furti non gli hanno procurato molti soldi, si fa assumere come autista. Il suo datore di lavoro è un noto scrittore: Sir Arthur Conan Doyle, ideatore del detective Sherlock Holmes. Licenziato quasi subito, Jules deve lasciare il volante della lussuosa Lanchester Landaulette da sedici cavalli che adora. Torna in Francia, dove i vecchi amici lo riaccolgono a braccia aperte. Stavolta non nella regione tra Lione e la Svizzera, dove avevano operato finora, ma nella capitale, Parigi, dove è più facile nascondersi.

Subito dopo, il suo vecchio braccio destro, Giuseppe Platano, muore in circostanze poco chiare. Qualcuno dirà perché gli era partito un colpo mentre puliva la pistola. Secondo altri, invece, è stato Jules Bonnot a ucciderlo per rimanere l’unico capo della banda. Nel 1911, Jules partecipa alle riunioni di un circolo anarchico parigino, predicando l’illegalismo: «Non aspettate la rivoluzione. Quelli che promettono la rivoluzione sono dei buffoni. Fate voi stessi la vostra rivoluzione. Siate uomini liberi, vivete da veri compagni». Alcuni giovani, ipnotizzati dalle sue parole, accettano di unirsi a lui come forma di rifiuto verso un sistema sociale rigidamente diviso tra ricchi e poveri. Oppure perché attirati dall’avventura e dalla possibilità di fare molti soldi.

LA BANDA BONNOT INVENTA LA RAPINA IN AUTO
Vignetta d’epoca sulla Banda Bonnot

 

La Banda Bonnot si specializza nelle rapine alle banche, dove gli odiati borghesi conservano i soldi. Jules ha un’idea geniale: usare l’auto per fuggire velocemente. Non avendo i soldi per comprarne una, ruba una Rolls Royce. Così il 21 dicembre 1911, per la prima volta nella storia, un’automobile viene usata per un colpo. Inseguirla con biciclette e cavalli è impossibile per la polizia: la rapina con fuga in auto è un’innovazione a cui i giornali danno grande risonanza e che presto troverà nei gangster americani i più convinti imitatori. Anche le armi dei banditi, moderni fucili a ripetizione, sono molto più efficienti di quelle in dotazione alle forze dell’ordine. E gli uomini della Banda Bonnot non esitano ad adoperarle, uccidendo chiunque cerchi di contrastarli. La superiorità tecnologica li rende invincibili e inafferrabili, ma i frutti dei colpi non sono mirabolanti. Comunque abbastanza per riempire provvisoriamente le tasche di Jules: finalmente può indossare vestiti costosi, tanto che i compagni lo prendono in giro chiamandolo “il Borghese”. Jules si giustifica dicendo che si veste così solo per infiltrarsi tra i ricchi, in modo da studiarli per organizzare i prossimi colpi.

LA BANDA BONNOT INVENTA LA RAPINA IN AUTO
Una rapina della banda nell’illustrazione di un settimanale

 

La polizia, stufa di farsi sbeffeggiare dalla Banda Bonnot, decide di andare a scovarla nei ritrovi dei gruppi anarchici. Il 24 aprile 1912, Louis Jouin, capo aggiunto del corpo nazionale di polizia, fa irruzione con i suoi uomini in una sede clandestina degli illegalisti alla periferia di Parigi. Per puro caso, dentro c’è Jules Bonnot in persona. Il quale fa subito fuoco uccidendo Jouin, ma a sua volta viene ferito da un poliziotto. Scappando sui tetti, Bonnot raggiunge il retro di una farmacia dove si fa curare la ferita. Intanto la polizia rastrella la zona: ferito e a piedi, il bandito non può essere andato lontano. Alla fine le ricerche si stringono attorno a un grande garage, il nascondiglio ideale per Jules.

Dopo un serrato scontro a fuoco, la polizia decide di abbattere i muri del garage con la dinamite per costringere Jules Bonnot a uscire. Tra le macerie verrà trovata una lettera di Jules, scritta mentre aspettava di morire: «Era la felicità che avevo cercato per tutta la vita, senza essere capace neppure di sognarla. L’avevo trovata e scoperto che cosa fosse. Avevo il diritto di viverla, ma non me lo avete concesso. Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi».
Gli altri membri della banda vengono catturati nei giorni successivi. Alcuni di loro saranno condannati alla ghigliottina.

 

Nel 1968, il regista Philippe Fourastié dedica alla Banda Bonnot il film omonimo interpretato dal cantautore Jacques Brel.

 

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Di Sauro Pennacchioli

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