Con film come La bambola assassina (Child’s Play, 1988) di Tom Holland è piuttosto difficile rapportarsi. Soprattutto con il passare degli anni. Perché sono prodotti figli del loro tempo, del quale ne rispecchiano pregi e difetti. A lungo andare assumono lo status di cult ad honorem grazie ai tantissimi che, indipendentemente da tutto, vi si sono legati sentimentalmente.

La bambola assassina, in questo senso, è un classico. Per carità, il film è un horror vecchia scuola energico, allegro e divertente. Tuttavia, forse, e dico forse…

La bambola assassina è invecchiata maluccio.

 

La bambola assassina

 

Il famigerato serial killer Charles Lee Ray (Brad Dourif o Grima Vermilinguo, se preferite) è messo alle strette dall’agente Mike Norris (Chris Sarandon, Jerry, l’amichevole vampiro della porta accanto). Giocano ad acchiapparella sparandonsi allegramente per strada e Charles resta ferito a una gamba.

Adoro questa sequenza, è quanto di più simile possa esserci a un cartone animato. Charles, ferito piuttosto gravemente e zoppicante, si trova di fronte a un’auto della polizia. A una distanza di circa quattro-cinque metri gli agenti non lo vedono. Lui passa davanti, si nasconde dietro il pilone di un ponte più o meno largo quanto lui, e puff! Charles è scomparso.

 

La bambola assassina

 

Charles, abbandonato dal complice che lo lascia a piedi appena capito l’andazzo, si rifugia in un negozio di giocattoli. Qui viene ferito a morte da Norris, che imperterrito continua l’inseguimento.

Sì, il negozio è grande. Ma non sono le sterminate pianure del Wyoming, eh. Perciò è strano che Norris non riesca a capire dove si sia nascosto Charles. Visto che il tipo gli urla pure male parole.

 

La bambola assassina

 

Arriva la svolta: Charles, come ogni buon assassino seriale psicopatico che si rispetti, conosce la magia nera. Con le ultime forze rimaste afferra ‘sta bambola chiamata Tipo Bello, urla quattro cazzate e scaglia un incantesimo in grado di far trasmigrare la propria anima. Tempesta di fulmini, tutto che esplode minimo diciotto volte, e l’anima di Charles è finita nella bambola. Alé.

Stacco. Il giorno dopo, il piccolo Andy (Alex Vincent, praticamente bloccato in questo ruolo da tutta la vita) sta a scimunirsi di televisione. Vista la pubblicità di Tipo Bello è un attimo mettersi nelle orecchie della madre per farsene comprare uno. Solo che il prezzo è orribile tanto quanto quell’orrore di plastica. Segue scena magnifica.

 

La bambola assassina

 

Karen, la madre di Andy, per comprare la bambola gira mari e monti e alla fine dove trova Tipo Bello? Da un senzatetto. No, capiamoci: Karen, insieme all’amica Maggie, comincia ad avventurarsi tra i vicoli dei bassifondi. Tra barboni, tizi ambigui e loschi figuri per…? Comprare una bambola. Ma certo.

 

La bambola assassina

 

Dopo essersi messa pure a contrattare con il barbone, Karen si accaparra la bambola. Sorpresa! Quella è “La bambola assassina”, cioè il Tipo Bello in cui Charles aveva riversato l’anima la sera prima.

Sub trivia: Karen, la madre di Andy, è interpretata Catherine Hicks. Famosa per essere stata Annie Camden, la moglie del reverendo Camden in Settimo cielo.

Comunque sia, Karen torna a casa con la bambola e il piccolo Andy tutto felice fa le feste. Si fa sera. Maggie, rimasta a fare da babysitter, ha il primo incontro ravvicinato con il “Chucky Tipo Bello”: in una scena pregna di pathos Maggie viene aggredita da Chucky.

 

La bambola assassina

 

Si becca una martellata giocattolo in faccia (sì, una martellata con un martello giocattolo), fa dieci passi di balletto all’indietro e via, giù dalla finestra. Gli sketch di Benny Hill erano più credibili.

A indagare sull’incidente arriva Norris, il quale, con giusta ragione direi, inizia a sospettare che il piccolo Andy non stia benissimo con la testa. Siccome sostiene sia stato Chucky ad aggredire Maggie.

Sospetto avvalorato dalle impronte di piccole scarpe da bambino, uguali a quelle di Andy, trovate sul luogo del delitto. Ovviamente, Karen si arrabbia e caccia Norris.

 

 

Sub trivia: come faceva notare Roger Ebert, la sequenza della morte di Maggie è uno studio abbastanza interessante del Falso Allarme. Una meccanica basilare in tutti i film horror del sottogenere mad slasher. Si tratta, in pratica, della dissimulazione dello spavento, prima del jumpscare vero e proprio.

C’è uno strano rumore che viene dallo scantinato buio. Andiamo a vedere, con calma e circospezione.

Piano… Piano… Ah, ok. Non c’è niente, tutto a posto. Bam! Jumpscare.

Non so di preciso quando sia stato usato la prima volta, ma negli anni ottanta era una meccanismo molto comune. Oggi è abusatissimo in lungo e in largo.

 

 

Il giorno dopo Andy, anziché andare a scuola, va a fare un bel giro in metropolitana con il bambolotto. Beh, erano altri tempi, un bambino di otto anni da solo in metropolitana doveva essere una cosa normale. Destinazione: casa di Eddie. Il complice di Chucky che l’aveva abbandonato all’inizio del film.

Qui la bambola assassina mette in pratica i suoi propositi di vendetta, facendo saltare in aria la casa dell’ex complice. Con questa, fanno due le scene del crimine sul quale Andy viene trovato. Sostenendo ancora che l’assassino sia la bambola, lo portano, a giusta ragione, in un ospedale psichiatrico.

Karen, sentendo per l’ennesima volta la stessa storia, separa il figlio dal pupazzo e torna a casa. Qui la rivelazione: il bambolotto Tipo Bello parlava e funzionava, sì, ma senza le pile. “Smascherato”, Chucky assale la donna e fugge dall’appartamento. Via, verso nuove avventure e omicidi.

 

 

Da qui in poi c’è il classico crescendo che porta i protagonisti alla “rivelazione” del pericolo, la consueta presa di coscienza di ciò che sta accadendo e la relativa pezza da mettere per giungere al finale. Finale che, del resto, è pure inframezzato da sequenze alquanto “ignoranti”.

Allora, il film La bambola assassina è, in una parola, stupido. Riguardandolo oggi, a trent’anni di distanza, mostra il fianco a troppe esagerazioni. Una volta, in tempi decisamente più semplici, cose del genere potevano far presa sul pubblico. Ma oggi…

Per esempio, il fatto che all’inizio sospettino Andy di essere uno spostato non è per niente male come risvolto. Tuttavia, una volta che i protagonisti scoprono la realtà dei fatti il personaggio diventa superfluo e il suo ritorno in scena è una forzatura mostruosa.

 

 

Viene fuori che Chucky deve necessariamente impossessarsi di Andy. Questo perché, il lato negativo di essere entrato nel corpo di una bambola, è che più tempo si passa in questa condizione di “metavita”, più la bambola si umanizza. Rischiando di lasciarlo intrappolato in questa condizione.

Difatti, a un certo punto, Chucky si becca un proiettile in una spalla, sanguina e prova dolore. Ok, bene. Però poi, alla fine del film, si piglia un’infinità di proiettili, perde un braccio, una gamba e pure la testa. Nonostante ciò, proprio in virtù del fatto che si stava “umanizzando”, continua a cercare di uccidere i protagonisti. Proprio come farebbe una persona “vera” in quelle condizioni, giusto?

 

 

La bambola assassina è invecchiato male, ma… non così tanto. Certo, oggi come oggi a tratti può risultare noioso. Di certo “far paura” è un concetto da non prendere neanche lontanamente in considerazione. Tuttavia è stupido perché ingenuo, non perché sia un brutto film.

Prende un’idea totalmente infantile, la convinzione dei bambini che i giocattoli possano essere in qualche modo vivi, e la porta agli estremi. Ficcandoci dentro serial killer, magia nera, esplosioni, omicidi, giocattoli. Qualunque cosa, insomma. Per il solo e semplice scopo d’intrattenere.

La bambola assassina è il manifesto di tempi più semplici. Tutto sommato dimostra che proprio la semplicità può funzionare indipendentemente dal passare degli anni.

 

Ebbene, detto questo credo che oggi sia tutto.

Stay Tuned, ma soprattutto Stay Retro.

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